La chiacchiera librosa di oggi è dedicata all'incontro con Wulf Dorn organizzato da Corbaccio lunedì scorso. Insieme a molte altre blogger, ho avuto la possibilità di fare all'autore domande sul mestiere di scrivere, sulle sue fonti d'ispirazione e, sul suo ultimo romanzo, "Incubo" appena uscito per Corbaccio (rilegato a 16,90€):
Simon è un ragazzo difficile, rinchiuso da sempre nel suo mondo. La sua vita precipita in un incubo dopo la morte dei genitori in un terribile incidente d'auto, dal quale Simon esce miracolosamente illeso ma, da allora, soffre di fobie, allucinazioni, sogni che lo tormentano ogni notte. Costretto a trasferirsi dalla zia Tilia dopo un periodo di riabilitazione in ospedale, passa le sue giornate esplorando la campagna sulla bicicletta del fratello Michael. Nella zona sembra aggirarsi un mostro: una ragazza è scomparsa, e una notte si perdono le tracce anche di Melina, la fidanzata di Michael, il quale diventa l'indiziato principale. Insieme a Caro, una ragazza solitaria che ha conosciuto nella sua nuova scuola, Simon affronta le proprie paure più nascoste e va a caccia del lupo che miete le sue vittime nel bosco di Fahlenberg. Ma niente è come sembra. Oscuro, inquietante, avvolgente, Incubo è il nuovo psicothriller di Wulf Dorn.
Sarà un post molto lungo, quindi vi consiglio di prepararvi uno spuntino e poi rimettervi a leggere.
Ecco, ora che siete pronti, possiamo dare il via alla chiacchierata!
1) Ho trovato delle novità in questo libro, a cominciare da questa: il personaggio principale è un ragazzo, non un adulto come nei romanzi precedenti, e il nemico è la paura. Perché questa scelta?
Avevo già trattato una volta un personaggio giovane, nel romanzo "Il mio cuore cattivo". Qui però si tratta soprattutto di elaborare la paura della perdita, che è il tema centrale di tutto il romanzo. Mi interessava partire dal punto di vista di un ragazzo, perché trovarsi proprio nel momento di passaggio tra l’infanzia e l’essere adulti rappresenta secondo me un processo estremamente interessante, che riguarda tutti. È il momento in cui ci troviamo di fronte alle nostre prime vere paure. Durante l’infanzia non hai mai paura di perdere qualcosa o qualcuno, tutto ciò comincia quando entri a far parte del mondo degli adulti. Proprio il tema della perdita assume dunque grande importanza, perché nel bambino non c’è mai l’idea di perdere qualcuno attraverso la morte, sei solo proiettato nella vita.
Ma se, proprio in questo momento, fai sì che il tuo personaggio perda qualcuno, questa perdita acquisisce un’intensità maggiore che se avvenisse in un altro momento.
C’è una scena che l’ha coinvolta maggiormente mentre la scriveva?
Una scena molto intensa è quella che si svolge nel vecchio hotel, quando i ragazzi lo scoprono e cominciano a entrarvi. È una scena che ho amato molto, e trovo sempre affascinante che dei personaggi giovani come questi due vanno incontro al passato attraversando queste rovine. C’è uno scambio tra presente e passato, è una scena molto emozionante, dove ho veramente provato la sensazione di esserci dentro anch’io.
Un’altra scena che ho vissuto intensamente, anche se ora non voglio aggiungere troppo per chi non avesse ancora letto il libro, è quella in cui Simon e suo fratello parlano di come Michael voglia cambiare la propria vita. Quello è il momento in cui Simon deve diventare adulto, ma protesta e cerca di ribellarsi a questa cosa, mentre Michael tenta di appianare il conflitto tra loro.
Secondo lei è più difficile sopportare una morte, una perdita, da giovani oppure a una certa età?
È difficile questa domanda, ma direi che in ogni fase della nostra vita affrontare questi dolori è sempre difficile. Quando sei giovane e inesperto, queste cose ti colgono impreparato e la grande difficoltà sta proprio in questo: non hai gli strumenti per reagire.
Per quanto riguarda la mia esperienza personale, anche se ho dovuto affrontare questa cosa quando ero già ultraquarantenne, è stato comunque molto difficile, perché avevo costruito una relazione in tanti anni e poi avevo perso la persona alla quale avevo voluto bene, quindi è stato difficile affrontare la situazione, ma soprattutto accettarla, anche se in verità non hai altra scelta: l’unica cosa che puoi fare è accettare, e provare a guardare in avanti.
Credo che in ogni fase della nostra vita questo tipo di esperienza sia complessa, così come trovare gli strumenti adatti per elaborarla.
All’inizio del romanzo scrive “Niente dura per sempre. La sicurezza è un’illusione.
Simon Strode fece questa amara esperienza un sabato di marzo”.
Cosa significa per lei sicurezza e quanto è importante essere al sicuro?
Direi che la sicurezza è per tutti molto importante, perché è ciò che ci dà stabilità. Nel vita dobbiamo tutti imparare che questa sicurezza non ci proviene dall’esterno, ma è qualcosa che abbiamo dentro di noi: quando tutto attorno a noi va male, possiamo trovare dentro di noi qualcosa che ci dà energia e fiducia, e allora riusciamo con maggiore facilità a gestire le situazioni difficili. Per me, almeno, è così. La sicurezza mi sembra che sia la fiducia nei nostri mezzi che riusciamo a trovare nel momento della difficoltà, e che ci permette di reagire e di guardare al futuro.
Lei parte con un riferimento a Cappuccetto Rosso.
Qual era la favola che proprio non sopportava da bambino?
Non c’è nessuna favola che non mi piacesse, tuttavia ci sono alcune favole che mi hanno particolarmente colpito, soprattutto certe scene che mi sono rimaste fissate nella memoria Una di queste è “la guardiana delle oche” (dei fratelli Grimm), dove si parla di una ragazza che parla in continuazione con la testa tagliata di un cavallo, una scena veramente raccapricciante: mi è rimasta impressa anche se non ricordo più tutta la storia. E poi ci sono dei personaggi delle favole che ricordo in modo particolarmente vivido, come il lupo cattivo che è un simbolo molto preciso, direi freudiano, di tutto ciò che è negativo e cattivo, quindi sta bene sulla copertina del romanzo.
La cosa che più m’impressiona è che rileggendo certe favole con gli occhi dell’adulto si vede come ciò che è lì nero su bianco sia un autentico horror da cui, rimanendo fedeli alla lettera, si potrebbe trarre un vero film dell’orrore. Pensate al cannibalismo di Hansel e Gretel o alla matrigna di Cenerentola che danza con i piedi sanguinanti (sempre nella versione dei Grimm), eppure si leggevano tranquillamente ai bambini. Se io oggi inserissi una scena del genere in uno dei miei libri, il mio editor mi direbbe “dacci una limatina per favore, perché sei troppo brutale.”
Qualcuno le ha ispirato il personaggio di Caro, oppure l’ha immaginato con la fantasia?
Caro era proprio il personaggio che volevo creare, che fosse l’opposto di Simon: parte all’offensiva, non è proprio bravissima però lo aiuta a diventare grande. In comune hanno questo fatto, che si sentono costantemente persi in una sorta di terra di nessuno al confine tra l’infanzia e l’età adulta. Non sanno mai dove si trovano, non sono mai accettati né da una parte, né dall’altra. Credo che questo personaggio sia stato in qualche modo influenzato dalle mie giovani lettrici, che mi scrivono spesso, mi mandano fotografie e mi fanno veramente un grandissimo piacere. Amo molto Caro e mi sento molto legato a lei.
Aggiungo un dettaglio su Caro, a proposito delle scarpe che indossa: una sera ero a un concerto con amici e accanto a me c’era una ragazzina proprio con quelle stesse scarpe. Quando le ho viste, ho capito subito che Caro le avrebbe indossate la prima volta che entra in contatto con Simon, che le nota immediatamente. In questo modo riesco a renderla più viva e reale, perché sono qualcosa di stravagante.
Quanto è stato difficile, a livello emozionale, costruire un finale come quello del libro? È da interpretare come la chiusura di un cerchio oppure, viceversa, come una discesa ancora più forte attraverso un baratro?
È sempre difficile parlare pubblicamente della fine di un libro però in qualità di autore hai un grande vantaggio: quello che quando cominci a scrivere un romanzo ne conosci già la fine. Almeno per me è così: quando comincio la stesura di un romanzo so già anche come andrà a finire. Effettivamente è un finale molto emotivo che mi ha impegnato tantissimo. Io mi pongo però in maniera neutrale e lascio al lettore la facoltà di decidere come potrebbe evolversi se in senso positivo o negativo. In generale, questo è un finale aperto. Tutta la questione ruota attorno a cosa credi tu, lettore, che possa accadere dopo ai personaggi.
Lei ha lavorato a lungo come logopedista. Quanto l’ha aiutata poi questa professione nell’essere scrittore? C’è per esempio un altro autore, Patrick McGrath, che è uno psichiatra, che ha scritto molti libri riguardanti la sua professione. C’è quindi qualcosa di autobiografico nei suoi romanzi oppure no?
Queste due esperienze vanno avanti insieme. C’è tutta l’esperienza legata alla mia professione, che è durata vent’anni, che però si lega bene con il bisogno di creare con la fantasia. Quando ho cominciato a scrivere, io ho scritto soprattutto dei racconti di horror di tipo classico, con fantasmi e personaggi horror, fino a quando ho capito che dietro a questi fantasmi se ne celavano degli altri: sono quelli che vivono dentro di noi, nel subconscio, all’interno delle nostre paure e dei nostri timori.
Quello è stato il momento in cui ho capito che potevo passare dall’horror classico a questo nuovo stile di psicothriller. In questo senso, dunque, la mia professione mi ha dato una mano.
Quando creo un personaggio, la prima cosa a cui penso è il suo punto di vista psicologico: quali sono le sue caratteristiche, che carattere ha, quali sono le sue paure. In questo senso mi sembrava che Simon fosse il personaggio ideale da mettere nella mia storia, perché si inserisce in maniera perfetta all’interno di un cambiamento drammatico.
Che cos’è un incubo per lei e quanto può essere spaventoso?
Io direi che per me l’incubo è qualcosa che va nella stessa direzione dell’incubo di Simon: la perdita di una persona cara mi impegna parecchio emotivamente e mi dà modo di avere cattive nottate di pessimo sonno. Però non è così legata a un’immagine come accade a Simon, non c’è il lupo: nel mio caso è qualcosa di più emozionale e meno figurativo.
Nel caso di questo romanzo, l’incubo ricorrente di Simon era uno strumento stilistico che mi consentiva di mostrare le paure del personaggio, perché è sempre difficile descriverle, e quindi mi serviva per dimostrarle.
A volte mi capita di essere in qualche tour promozionale, l’evento finisce e mi tocca poi rientrare in hotel, in taxi o a piedi. Mi è capitato una volta di trovarmi in una grande città, prima dell’avvento di Google Maps: era notte fonda, non c’era nessuno per la strada e mi sembrava di sentire dei rumori, e quindi ho avuto paura che da dietro il primo angolo saltasse fuori qualcuno che mi volesse aggredire. Lì ho avuto veramente paura, e sono sempre contento quando sto in mezzo alla gente.
Che cosa le fa più paura?
Credo che la cosa che mi fa più paura sia ciò di cui sono capaci gli esseri umani, soprattutto i fanatici. Mi fa molta paura il fanatismo: qualunque forma esso assuma, politica o religiosa, si tratta sempre di una cosa pericolosa. Queste persone non accettano le opinioni altrui e sono pronte a qualunque cosa, quindi noi dobbiamo sempre essere pronti a capire cosa è giusto e cosa no. La tolleranza è fondamentale nella nostra società.
Quali sono i tre scrittori che l’hanno ispirata di più?
Difficile sceglierne solo tre! Per se devo limitarmi a tre credo che un ruolo fondamentale l’abbia avuto Stephen King. Tre anni fa ho avuto modo di conoscerlo, ed è un personaggio affascinante quanto i suoi libri, pieno di un umorismo incredibile. Anche suo figlio Joe Hill, di cui sto leggendo ora un libro, scrive in una maniera fantastica, è pieno di fantasia. E poi mi piace molto anche Neil Gaiman.
Mi è piaciuto molto il rapporto tra i due fratelli, che promettono di non lasciarsi mai neanche da adulti, nonostante i cambiamenti della vita. Quanto è cambiata la sua vita da quando ha iniziato a scrivere e chi ha visto allontanarsi, e chi, invece, restare?
Mi è piaciuta subito la storia di questo legame tra i fratelli e mi è piaciuta anche l’idea della vita che ti impone dei cambiamenti, quindi questo loro rapporto è messo continuamente in discussione ed è stata una cosa che mi ha coinvolto moltissimo. Credo che all’inizio, quando ho cominciato scrivere, ci fossero delle cose che ancora non sapevo e che dovevo imparare. Per esempio, quando ho scritto "La psichiatra" vivevo ancora in una mansarda con mia moglie, avevo già un agente e anche l’idea di questo libro, ma non avevo nessun tipo di pressione, sceglievo io i tempi, non avevo una data di consegna, però dovevo ancora trovare un editore.
A quel punto, stavo ancora sperando che ci fossero quelle due o tre persone a cui il mio libro potesse piacere. Tre anni dopo, mi sono ritrovato a Bogotà ad una fiera del libro a parlare con un centinaio di studenti di psichiatria, e proprio a discutere di questo libro, che è diventato un bestseller in Sudamerica e anche in Italia. Una cosa incredibile: così tanta gente che aveva avuto per le mani il mio libro. Questa cosa era diventata vera e dovevo imparare che io ormai ero così.
Va anche detto che io sono una persona tendenzialmente timida, che ha qualche difficoltà a trovarsi di fronte a così tanta gente che ti fa così tante domande. Il crinale al di là e al di qua del quale si trovano la felicità, ma anche la paura del successo, è molto sottile e non sei mai preparato. Forse non puoi neanche prepararti, al successo.
Non riesci mai a pensare veramente che il tuo libro potrà diventare un bestseller.
Oggi sono felice di questo successo, però mi sembra di non essermi montato la testa, o almeno lo spero.
Nel libro lei parla di come riconoscere le persone giuste, quelle di cui fidarsi, ma dice anche che lo scrittore vive fuori dalla realtà. Questo è un rischio reale?
Gli autori, ma questo vale anche per gli attori, sono delle persone che si muovono tra vari mondi, tra quello della realtà – al mattino mia moglie mi dice di portare giù la spazzatura –
e quello del personaggio che sto creando. Volendo esagerare, mi muovo tra i bidoni della spazzatura e un personaggio destinato a salvare le sorti del mondo. Credo che il pericolo, in certe situazioni della vita, sia che si preferisca ritirarsi nel mondo virtuale e nascondersi lì.
Qual è il libro che le ha fatto venire più paura?
Penso che sia "L’esorcista", che ho trovato veramente terrificante. In Germania è uscito l’audiolibro, letto da un attore favoloso, in una maniera tale da farti venire la pelle d’oca.
Molti anni prima c’era stato un autore inglese, M.R. James (1862-1936, ndr), autore della storia più terrificante che mi sia capitato di leggere, anche se non è un horror in senso stretto, "Lost Hearts" (è un racconto pubblicato per la prima volta nel 1904 nell'antologia "Ghost Stories of an Antiquary", ndr). Dopo averlo letto credo di non essere più stato capace di andare in bagno da solo per un bel pezzo.
Ha mai pensato di scrivere qualcosa di diverso dai thriller?
Lo so che adesso vi metterete a ridere tutti, però stavo pensando a un libro di cucina, con delle ricette italiane, perché ritengo che la cucina italiana sia veramente la migliore. Da nord a sud, in Sicilia e in Sardegna, ogni regione ha delle specialità fantastiche e vorrei fare una sorta di giro d’Italia raccogliendo ricette, ma non quelle dei ristoranti, quelle della nonna, di famiglia, che si tramandano di generazione in generazione, e di cui si va così fieri.
Non ho ancora iniziato, ma l’intenzione è quella. So che c’è già un libro scritto da Jamie Oliver, che è proprio di questo genere ed è bellissimo, però credo che mi piacerebbe fare un libro che vada proprio in questa direzione.
Ha delle abitudini, delle manie di scrittura particolari? Come e dove scrive?
Sono uno scrittore noioso e ho una giornata di lavoro estremamente normale. Alle sei ci alziamo, alle sette mia moglie, neurologa, esce per andare al lavoro e io comincio a lavorare. Mi siedo alla scrivania e scrivo, faccio una pausa di metà mattina e una per il pranzo. Se dopo questa pausa non ho lavorato troppo e me la sento riprendo a scrivere, ma non è detto. Se non continuo faccio cose esaltanti, tipo la dichiarazione dei redditi, rispondo alla posta e mantengo i contatti con i lettori. Poi mi dedico al giardino e alla casa, oppure esco a fare un giro.
La musica mi serve per creare delle atmosfere, per scrivere determinate scene, ma durante la fase di scrittura vera e propria in genere non ascolto musica, ho provato ma non ha funzionato. Ho dei suoni, abbastanza monotoni e con una valenza ipnotica, che mi aiutano a mettere a fuoco il testo e a concentrarmi meglio. Un’altra cosa che mi aiuta è il tempo: quando fuori piove spalanco la finestra e ascolto il rumore della pioggia.
A quale dei suoi libri si sente più legato emotivamente?
È una bellissima domanda che mi viene posta spesso, ed è come chiedere a un papà qual è il suo figlio preferito. Per ogni libro si crea un rapporto particolare, nell’anno che impieghi a scriverlo. In quest’anno tante cose si mettono in movimento, cambiano, ci sono rapporti personali che subiscono un’evoluzione. Ogni singolo libro evoca dei ricordi particolari.
Nel caso de "Il superstite" vivevo ancora nella mia mansarda, l’ho scritto durante un’estate caldissima e l’appartamento era bollente, però volevo ambientare questa storia in pieno inverno. Quindi, mentre c’erano trenta gradi ho immaginato che i miei personaggi si muovessero in un inverno gelido e pieno di neve: credo che nel libro faccia così freddo proprio perché ho dovuto metterci tanta energia.
Ogni storia è legata a qualche piccolo racconto. Nel caso de "Il mio cuore cattivo" c’è la prospettiva di una ragazza sedicenne e io sono un maschio ultraquarantenne, quindi ho dovuto tentare di pensare come una sedicenne e provare le sue sensazioni, mettendomi letteralmente nei panni di una ragazzina. Mia moglie mi ha aiutato, e anche nostra nipote.
Tutto è stato filtrato attraverso ogni esperienza del quotidiano, ed è forse per questo che il personaggio poi risulta così vivo e reale.
Ci sono sempre rapporti particolari che tu ti strutturi con ogni libro che scrivi.
Caro studia psicologia ed è convinta che le persone siano un mistero dietro le loro maschere. Nella sua vita ha incontrato molte maschere, ed è riuscito a capire cosa nascondevano?
Io penso che Caro ci dica una cosa molto importante, che ognuno di noi porta sempre una maschera o tante maschere, con i colleghi, i superiori, gli inferiori: ci sono tante maschere diverse, se prendiamo un giorno qualsiasi della nostra vita. Io oggi, per esempio, indosso la maschera del passeggero, dell’ospite dell’hotel e del ristorante, dello scrittore che viene intervistato, e anche quella del marito atteso. Ma se le mettiamo insieme tutte salta fuori la persona che siamo.
Nel libro si parla anche di bullismo. Che dimensioni ha il fenomeno in Germania?
Se ne discute tantissimo. Due anni fa, quando ancora lavoravo in ambito psichiatrico, ho avuto modo di occuparmi di due vittime di cyber-bullismo. Internet ha mostrato un certo aspetto dell’essere umano che altrimenti non sarebbe probabilmente emerso. Attraverso l’anonimato che garantisce la rete, alcuni osano fare cose che altrimenti non avrebbero mai fatto, con effetti a volte decisamente drammatici. Ho presente il caso di una ragazza che è stata bullizzata e che è stata picchiata, svestita e filmata.
È un modo per distruggere psicologicamente una persona. In Germania la situazione sta peggiorando. Non vorrei sembrare uno di quei vecchietti che ce l’ha sempre con i giovani, però è vero che oggi ci troviamo di fronte a delle situazioni che non avremmo mai immaginato potessero esistere. Soprattutto, stiamo perdendo il rispetto per gli altri e il compito della mia generazione è di insegnare di nuovo ai nostri figli il rispetto per gli altri, anche quando sono più deboli o la pensano diversamente. Dobbiamo insegnare che va dato a tutti il rispetto che noi ci aspettiamo dagli altri.
Il libro è stato terminato nel mese di luglio 2015. Cos’ha fatto in questi mesi?
Ho cominciato a scrivere un nuovo libro. Sono una persona estremamente superstiziosa e quindi mi comporto come quando ti sta per nascere un bambino, ma non vuoi dire il nome prima della nascita. È ancora una storia terribile, con un argomento molto particolare, che mi stava estremamente a cuore. Il mio editore tedesco, quando gli ho raccontato come funzionava la mia idea, mi ha guardato veramente con degli occhi così e mi ha detto “ma sei sicuro?”
Ma io lo sto scrivendo, sono molto fiducioso e spero di finirlo il mese prossimo. L’uscita in Germania è programmata per la prossima primavera. Subito dopo uscirà anche in Italia.
Vi do solo un indizio: si parla di bambini.
E io non vedo l'ora di saperne di più!
Spero che la chiacchierata vi sia piaciuta, e che vi abbia incuriositi riguardo al romanzo.
Romanzo che potreste leggere, perchè il caso ha voluto che all'incontro partecipasse anche Madre (che scrive per un altro blog) e quindi ho deciso di far autografare la mia copia cartacea per uno di voi:
Per provare ad adottare una copia autografata di "Incubo" di Wulf Dorn è sufficiente essere iscritti al blog, e lasciare un commento con il vostro libro preferito di Dorn e la vostra email, da oggi al 13 Giugno compreso. Troverete il nome del nuovo proprietario della copia autografata sulla pagina Facebook del blog.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La definizione "esaltante" per la dichiarazione dei redditi ancora mi mancava! xD
RispondiEliminaUn'intervista davvero lunga, ma non mi sono persa neanche una parola ed è quasi confortante sapere che anche lui ha cose che teme nonostante il genere che scrive e ora voglio assolutamente informarmi su "Lost Hearts" perché la sua reazione post-lettura mi ha davvero colpita - un po' come me che non ho dormito tre giorni dopo aver visto The Ring.
Sono già inquietata dalle premesse del prossimo, ma al momento direi che il mio preferito è Follia profonda.
La mia email è lonely_dreamer@hotmail.it
PS: non sapevo che anche Mamma Devy fosse una blogger!
Adoro scoprire di più sulla vita degli autori e, il fatto che quella di Dorn sia assolutamente ordinaria e all'insegna del contatto con i fan, me lo fa apprezzare davvero molto (e sì, lo sto invidiando TROPPO per aver conosciuto King!)
RispondiEliminaPurtroppo, non avendo letto ancora nulla di suo, non posso esprimermi a riguardo, ma, da davvero troppo tempo, ho "La psichiatra", che bramo di leggere da tantissimo.
Credo sia ora di darsi una mossa!
Email: clarissa.neri@virgilio.it
Il mio libro preferito di Dorn? Ne ho letti ancora solo due, La psichiatra e Il mio cuore cattivo, e tra i due La psichiatra mi è piaciuto molto di più. Ho iniziato a entrare nelle atmosfere thriller proprio grazie a Dorn e mi sono ormai innamorata del suo stile semplice ed efficace. È adatto anche a un pubblico più giovane, secondo me, anche perché certe tematiche è bene conoscerle fin da ragazzi. Grazie a questo splendido autore posso dire di essere cresciuta dal punto di vista della sensibilità. Dopo aver letto La psichiatra, dopotutto, come si può rimanere gli stessi? ;)
RispondiEliminaLa mia mail: cosmicpegasus98@gmail.com
innanzitutto complimenti per l'intervista Elisa, è a dir poco strepitosa, adoro il pensiero di uno scrittore come Dorn attraverso le tue interessanti domande (mi sono già appuntato alcune cose che ha detto). Non posso non approfittare dell'occasione di poter vincere una copia di Incubo da lui autografato, la sola idea di tenere in mano un libro che ha sfogliato mi renderebbe felicissimo, insomma si è capito che amo Dorn, mo il suo genere letterario ma amo soprattutto il suo genio, perché a mio avviso è geniale. Per la cronaca io ho letto tutti i suoi romanzi e li amo tutti ma ho un debole particolare per Follia profonda, questo libro mi ha traumatizzato e lasciato senza parole, lì emerge tutto il suo genio... detto questo spero di vincere il libro, almeno ci sbaverò un po' su... la mia mail è albertobebo1@gmail.com e ancora complimentissimi per l'intervista... infine provo un invidia matta,hai incontrato Dorn e anche Cooper (ho letto la tua intervista tempo fa) due dei miei autori preferiti... Se grande.
RispondiEliminaLunga intervista ma molto dettagliata,mi piace come riesca a dar vita a personaggi prendendo spunto da piccoli dettagli di persone reali,la mente di quest'uomo è geniale e inarrestabile,concordo che ciò che fa più paura sia il genere umano. Il libro che mi ha tenuta col fiato sospeso fino all'ultima pagina,non sapendo davvero cosa aspettarsi è "La psichiatra"
RispondiEliminaMail mila.mali@hotmail.it
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EliminaPurtroppo non ho ancora letto nulla di Dorn, ma questa intervista mi ha convinto non poco e credo inizierò proprio da questo.Mi piace l'idea dell'incubo e la tua intervista è come sempre fantastica! E ha ragione l'autore, le fiabe lette da adulti sono come un horror!
RispondiEliminaBacione
Scusa forse mi sono persa l'estrazione del vincitore,è già stata fatta?
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