venerdì 30 marzo 2018

Di quando ho intervistato Silvio Muccino

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Oggi il blog ha un ospite speciale, anzi: specialissimo.
Da Marzo in libreria con il suo primo romanzo (dopo due lavori a quattro mani usciti negli scorsi anni) "Quando eravamo eroi", edito La nave di Teseo (brossurato a 17€), ecco a voi.... Silvio Muccino!
Alex ha trentaquattro anni e sta per tornare in Italia. Dalla sua casa ad Amsterdam guarda una vecchia foto che lo ritrae adolescente insieme ai quattro amici che allora rappresentavano tutto il suo mondo. Gli stessi che ha abbandonato da un giorno all'altro senza una spiegazione, quindici anni prima. Lui, Melzi, Eva, Torquemada e Rodolfo erano indissolubili, fragili e bellissimi, esseri unici e uniti come alieni precipitati su un pianeta sconosciuto a cui non volevano, non sapevano conformarsi. Poi, qualcosa si è rotto. Ora Alex sta per affrontare il passo più importante della sua vita, ma, prima di chiudere i conti con quel passato e con la causa della sua fuga, ha bisogno di rivederli perché sente di dover confessare loro la verità. Una verità che nel corso di quegli anni lo ha portato ad un punto di non ritorno oltre il quale, di Alex, non resterà più nulla. Per Eva, Alex è stato il grande amore, per Rodolfo il rivale-amico che aveva rubato il cuore della ragazza di cui era innamorato, per Melzi un dio messo su un piedistallo, per Torquemada un enigma da risolvere. Nessuno è mai riuscito a superare il dolore di quell'abbandono che ha alterato il corso delle loro vite. È per questo che, nonostante tutto, decidono di accettare l'invito di Alex a trascorrere tre giorni nella sua casa in campagna - meta e rifugio di tanti momenti passati insieme. Ma quando vi arriveranno, la rivelazione che li attende sarà infinitamente più scioccante di quanto avessero mai potuto immaginare. Sarà solo l'inizio di un weekend fatto di verità e confessioni, pianti e risate. Al loro risveglio, il lunedì mattina, nulla sarà più lo stesso.

Una delle letture più emozionanti del mese, in cui ho trovato tantissimo della mia generazione. Soprattutto dei miei ricordi.
Incontrare l'autore a Tempo di Libri e poterlo intervistare è stato un piccolo sogno che si avverava, perchè io quando ero un'adolescente timida, confusa e con un pessimo carattere (ehm...) avevo il suo poster appeso sopra il letto.

Ho apprezzato tantissimo che al centro del tuo romanzo ci fosse non solo l'amicizia e l'affetto di quello che diventa il piccolo mondo di ognuno di noi nel momento del passaggio dall'infanzia all'età adulta, ma anche l'amicizia che Alex ci ha messo 34 anni a riuscire a provare per se stesso.
Che bella definizione, mi piace molto!
Da lettrice, ho avuto la sensazione che solo nel momento in cui Alex riesce davvero a essere amico di se stesso può tornare a essere amico anche dei suoi compagni di adolescenza.
Non avrei potuto dirlo meglio, davvero.
Quindi la mia domanda è: secondo te, oggi, é importante parlare di amicizia anche in questo senso, non solo solo raccontando le grandi amicizie di infanzia e adolescenza e guardando indietro, ma anche imparando a essere amici, in primo luogo, di noi stessi?
È fondamentale, anzi. Direi che hai colto il senso più profondo di questa storia, e mi hai emozionato con le tue parole. L'imparare ad amarsi e il fare amicizia con un sè che a volte non ha l'identità che con la testa cerchiamo di appiccicargli addosso. Cerchiamo di inventarci, a volte, per assomigliare a qualcun altro o accontentare qualcun altro, o anche solo per assomigliare a una visione ideale di noi stessi, e facendo così in realtà non facciamo altro che mettere una distanza tra noi e la nostra anima.
Fare amicizia con quell'anima significa riconoscere invece la sua unicità e amarne la peculiarità, i difetti e le virtù. Alex ci ha messo trentaquattro anni ma anche gli altri, in realta, hanno tradito la loro anima crescendo.
Questa è una storia di riconciliazione e amicizia vera proprio in questo senso: possiamo essere amici tra di noi, ma la condizione per esserlo è che siamo sinceri con noi stessi e che siamo amici di noi stessi.
Hai toccato un tema che non credevo fosse cosí percepibile, e sono molto contento che tu l'abbia colto.
Ogni amico, ogni membro del gruppo, nel momento in cui arriva la lettera di Alex, sta vivendo un momento simile a quello che sta vivendo il tuo protagonista, ma al contrario.
Lui scrive nel momento in cui finalmente raggiunge un punto in cui si riconosce nella sua identitá, ed è pronto ad abbandonare questa parte di sé in cui non si è mai ritrovato e abbracciare il suo io vero, e allo stesso tempo i destinatari della missiva si trovano in una vita che non li rispecchia assolutamente e dalle quali non sanno come uscire. Hai giocato tantissimo con queste contrapposizioni.
Assolutamente sí, perché mi piaceva mettere in scena questo paradosso, in cui l'elemento traditore, colui che ha abbandonato, è l'unico, come dice Eva, a non aver mai tradito la promessa che si erano fatti. L'unico che non é mai sceso a compromessi.
Gli altri, cosí sicuri nel loro essere rimasti, e nel loro vestire i panni degli abbandonati, sono in realtá quelli che hanno tradito maggiormente.
Sono forse anche quelli che hanno avuto meno coraggio?
Certo. Hanno subito di più l'assenza di una persona che forse, oggi come allora, era un'iniezione di amore nelle loro vite. Venendo a mancare quell'amore, l'assenza di Alex ha proprio cambiato il corso delle vite degli altri, portandoli a un punto in cui sono ufficialmente persi, smarriti, ostaggi di una vita che non li rispecchia in nessun modo.
Per cui sí, ho cercato di giocare molto su alcuni paradossi, che peró per me non sono così antitetici: anche il percorso di Alex é un percorso in cui l'uomo che si ritrova é quello che accetta il rischio di perdersi piú degli altri, di smarrirsi e cambiare sempre piú. Si avvicina a se stesso cambiando in maniera costante.
Grazie a Rosdiana Ciaravolo per la possibilità di utilizzare uno
dei suoi splendidi scatti realizzati durante l'intervento
di Silvio Muccino a Tempo di Libri.
Al centro del tuo lavoro ho sempre trovato non tanto l'attenzione sul sentimento d'amore quanto un focus a 360 gradi sull'amicizia, pensando per esempio al tuo primo film "Come te nessuno mai", che nonostante includesse anche uno sguardo sul primo amore era sostanzialmente la storia di questi amici che partono insieme e che, nel corso del viaggio, scoprono chi sono.
Sì, pensando a "Come te nessuno mai", era la storia di ragazzi che nascono. Il "pio pio" gridato dal traghetto alla fine del film non era solo il richiamo verso il loro amico, ma anche il loro primo pigolio che esprimeva la loro nascita come adulti.
"Come te nessuno mai" raccontava l'incantamento della nascita, dell'inizio della vita.
Alex mi ha ricordato tantissimo anche Paolo, l'amico sempre affidabile e quadrato che stupisce tutti con una scelta drastica e rivoluzionaria quando era forse quello che potevamo giá immaginare senza difficoltá anche adulto.
Ecco, nel loro stupore ho visto la stessa emozione provata dagli amici di Alex, quando realizzano che una persona alla quale erano cosí legati é cambiata drasticamente.
É vero, perche e una dinamica che ho vissuto in prima persona e che forse proprio per questo è ricorrente nei miei lavori. Ho sempre fatto la scelta spiazzante, per il mondo delle persone che mi conoscono. Quando tutti credevano di avermi compreso, e incasellato in un particolare cassettino, io saltavo fuori e andavo altrove.
A volte è stato difficile confrontarmi con quegli sguardi sbigottiti, sentire qualcuno dirmi "aspetta, non ti riconosco più", ma ho sempre pensato che fosse un percorso necessario. Non ho mai creduto al detto "non cambiare mai".
Non c'è niente di peggio!
Non solo non c'è niente di peggio, ma è una vera e propria condanna.
È la condanna di Peter Pan: Peter Pan ha il diritto di crescere e di cambiare!
Quindi immagino tu abbia apprezzato "Hook".
Assolutamente sì! È la voce non della fine dell'innocenza, ma della necessitá del cambiamento e di non vestire mai i panni dello stesso personaggio, perchè altrimenti si resta intrappolati.
"Quando eravamo eroi" è anche un tributo agli anni Novanta.
Quelli della nostra generazione hanno un rapporto forte con gli anni Novanta, un rapporto nostalgico e d'amore. Ci commuoviamo per un walkman ritrovato in fondo all'armadio. o per una Smemoranda piena di scritte con gli Uniposca.
La Smemoranda! Che diventava alta un metro, e che era praticamente Facebook analogico, tra foto, adesivi, canzoni trascritte.
Ecco, appunto!
Pensando agli adolescenti di oggi, per i quali il mondo è quasi esclusivamente digitale, non rischiano di trovarsi senza ricordi?
Dici che si sono persi qualcosa, o è la percezione della nostra generazione?
In fondo anche Alex tira fuori una vecchia foto, ha una casa da chiudere piena di oggetti del suo passato... È legato al passato attraverso i ricordi materiali.
Hai detto una cosa molto bella, perchè gli anni Novanta sono quelli del non selfie, in cui dovevi chiedere a qualcuno di farti una foto e che scattavi sempre rivolto verso qualcun altro, non verso te stesso. C'era una maggiore apertura verso il mondo, e erano meno ego-riferiti. Ogni ricordo ci legava a qualcun altro, e non solo a noi stessi.
Oggi tutti si guardano, ma si stanno perdendo il fatto di guardare gli altri, di aprire occhi e mente e assimilare "la big picture".
Ora diciamo "guarda me".
Siamo solo sul "guarda me": scatto me stesso, da solo, e ritocco tutto in modo che non ci sia nemmeno un briciolo di imperfezione.Noi amavamo l'imperfezione!
Pensa alle Superga e alle Converse, che dovevano essere vissute già appena indossate.
La prima cosa che facevi appena indossate era sporcarle, esatto. Le Dr Martins le sfregiavi sul davanti, altrimenti non era cool.
Erano anni in cui musica, fotografia, moda erano il modo in cui raccontavamo noi stessi agli amici, mostrando anche con fierezza la nostra imperfezione.
Non ritoccavamo nulla, anzi!
Ed essere fieri della propria imperfezione è ciò che impara a fare anche Alex, no? Abbraccia il fatto di essere nato in un modo, e voler invece essere diverso, realizzando che va bene così.
Sì, abbiamo fatto uno splendido percorso attorno al significato dell'amicizia e dell'imperfezione.
Che dici, ci lasciamo così?
Peccato, era bello. Mi sarebbe piaciuto andare avanti!

Io ringrazio tantissimo Silvio Muccino e La nave di Teseo per la splendida opportunità, a Michela Monti per avermi fatto da fotografa entusiasta, e vi consiglio la lettura di "Quando eravamo eroi" perchè è uno dei romanzi più coinvolgenti che io abbia preso in mano in questo 2018.

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

giovedì 29 marzo 2018

"La misura eroica" di Andrea Marcolongo: due chiacchiere con l'autrice

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Ieri abbiamo avuto il piacere e l'onore di incontrare Andrea Marcolongo, che ci ha raccontato il suo ultimo libro, "La misura eroica", in libreria grazie a Mondadori (brossurato a 17€):
Giasone è solo un ragazzo quando, inesperto del mare e della vita, insieme ai compagni Argonauti salpa con la nave Argo, la prima costruita da mano umana, verso la remota Colchide alla ricerca del leggendario vello d’oro. Per poi, vittorioso, fare ritorno con l’amata Medea nell’Ellade, fra le paure, le tentazioni e le insidie proprie di ogni lunga navigazione in mare aperto.
Quella narrata da Apollonio Rodio nelle Argonautiche, e magnificamente ripresa da Andrea Marcolongo in queste pagine, è la storia universale e sempre attuale del delicato passaggio all’età adulta di un ragazzo e una ragazza, che trovano la «misura eroica» attraverso il viaggio e l’amore. Ed è il racconto della difficile arte di partire, abbandonando la terraferma e varcando quel confine che siamo chiamati a superare ogni volta che qualcosa di potente ci accade e ci cambia per sempre. Per diventare grandi, non importa quanti anni si abbiano.
Poiché, però, prendere il mare significa esporsi al pericolo di naufragare, ai versi del capolavoro della poesia ellenistica l’autrice affianca, in una sorta di controcanto, la prosa disadorna ma pregnante di How to Abandon Ship. Come abbandonare una nave, un manuale inglese del 1942 che qui, a dispetto del titolo, non rappresenta un manuale di fuga, ma un compendio di strategie per resistere e superare i naufragi della vita.
Dopo il bestseller La lingua geniale, in cui ha mostrato quanto profonde siano le tracce lasciate dal mondo greco nella nostra contemporaneità, Andrea Marcolongo torna a scrivere per raccontare il suo personale viaggio verso quella agognata Itaca che è per tutti l’età adulta. Forse l’unico modo, sicuramente il più sincero, per rispondere alle domande dei suoi tanti lettori. C’è ancora posto per il passato nel nostro futuro? Perché la paura deve essere necessariamente un sentimento di cui vergognarsi? Perché non ci siamo mai sentiti così soli nella storia dell’umanità? Perché ogni giorno tutti noi – umani e contemporanei Argonauti – navighiamo attraverso i mari per diventare diversi da come eravamo quando abbiamo lasciato la riva?
"La misura eroica" ci ricorda quello che ogni viaggiatore dovrebbe sapere. Qualunque meta non è mai il punto di arrivo, ma è innanzitutto il punto di svolta: il senso di qualunque scelta, di qualunque viaggio, non è il dove si arriva, ma il perché si parte.

Ho amato profondamente il libro, che non è un romanzo che coinvolge allo stesso modo, che è un saggio ma che si legge tutto d'un fiato, e che è impossibile chiudere senza aver sottolineato paragrafi interi.
È stato bellissimo poterne incontrare l'autrice, e scoprire in lei una persona affascinante, dolce e con tantissime cose da dire: ecco cosa ci siamo raccontati!
Ho apprezzato tantissimo il fatto che il tuo libro parta da un viaggio mitico per far compiere al lettore un viaggio dentro se stesso. In questo senso, non è un libro di autoaiuto ma è un libro che ti aiuta. Qual è il viaggio che hai compiuto tu scrivendolo?
Questa tua domanda sintetizza il libro, che di sicuro non è un libro di autoaiuto, ma di autodomande. Che viaggio ho fatto per scriverlo... sicuramente ho fatto un viaggio lungo, perché la verità è che, dopo il primo libro, non volevo più scrivere di cose antiche. Avrei scritto qualunque cosa, persino di botanica, pur di non scrivere più di greco, perciò ho preso tempo, ho fatto un viaggio interiore e ho cercato di capire cosa volessi. Dovevo mantenere una promessa con i miei lettori, quindi ho pensato che non potevo comunque scrivere qualcosa che non riguardasse l'antico, perché è tanta parte di me.
Alla fine ho scritto un libro che parla di contemporaneo, sì, ma attraverso l'antico.
Parlo di un viaggio che non è arrivo ma punto di svolta, e per me questo libro lo è stato.

A me è piaciuta tanto l'analisi che lei fa sulla parola: la trovo coerente con i tratti della nostra società, che ormai fa fatica a usare le parole, ma allo stesso tempo non cerca più d'interpretare il silenzio. Lei cosa ne pensa?
Stamattina ero in una scuola a presentare il libro e un ragazzino, tra l'altro di origine straniera, osservava ammirato "quante parole abbiamo, in italiano" anche se la sensazione generale è proprio che queste parole le stiamo perdendo.
La mia ricerca e il mio voler tornare all'origine delle parole non è un "salviamole" o "troviamo le parole migliori", non vuole essere nozionismo: per quello esistono i dizionari. Però vedo senza dubbio una grande difficoltà nell'esprimersi, giri di parole e neologismi inutili, perché sostituiscono parole già esistenti.
Non c'è una differenza tra le parole che evitiamo nelle conversazioni reali e quelle che usiamo davanti a uno schermo, dove a volte si eccede con le parole?
Pensando al nostro momento storico e tecnologico, come cambia l'uso delle parole in rete?
È un argomento che mi tocca, visto che anch'io sono dotata di social network. Pensando a quello che scegliamo di condividere, a me viene da mettere solo le parti belle della mia vita: le foto in cui sorrido, il resoconto di momenti in cui va tutto bene. Mi verrebbe difficile postare una foto in cui piango, per esempio. Solo che a volte mi confondo tra vita privata e vita online, che è comunque la mia vita privata ma filtrata. Forse offro immagini migliori sui social network rispetto alla realtà: non sono finte, ma forse mi rappresentano come vorrei vedermi, creando una proiezione della mia parte bella. In realtà, faccio più fatica a raccontare come sto alle persone che mi sono vicine, mentre ho un dialogo meraviglioso con i lettori che incontro.
Perché a fronte di un numero sterminato di miti greci, tra cui parecchi affrontano il tema del viaggio, ha scelto proprio gli Argonauti?
In generale perché non so scrivere di quello che non amo, e ho sempre sentito di amare in modo particolare il mito degli Argonauti. Tutti conoscono la storia di Medea, ma pochi si ricordano della prima parte del mito. Mi sono laureata con una tesi sulla Medea latina di Seneca, ma evidentemente dovevo ripercorrere quel viaggio. È forse il mito più antico della letteratura greca, anteriore anche all'Iliade e all'Odissea, che racconta il viaggio della prima nave costruita al mondo. Questa esigenza della cultura greca di non dare nulla per scontato è affascinante.
Su questa prima nave viaggiano poi quaranta ragazzi, che non sono certo i più bravi marinai della storia della Grecia. Non sono supereroi. E poi cos'era mai questo vello d'oro che andavano a cercare?
E poi il motivo più emozionnte, forse: la prima nave al mondo non parte per una guerra ma per trovare l'amore, e lo  trova in una terra straniera e lontana. Fuori dalla Grecia. Questo mi è sempre sembrato molto bello.
Però c'è il timoniere, leggermente più esperto.
Sì, è innegabile l'importanza della guida di un timoniere esperto: da soli non si va molto lontano, c'è sempre bisogno di una guida che ci stia accanto, senza sostituirsi a noi.
Pensate anche a Dante, che non può raggiungere il Paradiso da solo.

Mi ha sempre sorpreso la modernità dell'amore tra Medea e Giasone, perché spesso l'amore rappresentato nel mito appare un po' artefatto, cristallizzato in un modello arcaico in cui è difficile ritrovarsi nel 2018. Invece nel tuo libro l'amore tra loro due è l'amore che ha il coraggio di chiedere, di dire di cosa ha bisogno è un amore attivo. È anche per questo che hai scelto questo mito?
Sì, questo è il cuore della questione. Sono sempre stata affascinata da una donna come Medea. Tutti conosciamo com'è andata a finire e la consideriamo malvagia, anche se quello che è successo dopo è descritto nell'ambito di una tragedia, mentre qui siamo nella letteratura. È una storia d'amore eccezionale, fuori della norma, che ho ritrovato forse solo in Orhan Pamuk, nel suo "Il museo dell'innocenza". In entrambe le storie c'è il coraggio d'innamorarsi, che sia la prima volta, o la seconda, la terza... poter dire che magari non è andata bene ma ne è comunque valsa la pena.
Ripercorrendo poi le varie "versioni" di Medea nel mito e in ltteratura, si vede come sia arrivataa  costituire proprio l'archetipo del personaggio femminile, e questo stupisce perchè di fatto Medea è una straniera. Nell'Iliade e nell'Odissea i personaggi femminili sono molto più semplificati – abbiamo la moglie, la madre, la brava ragazza, la ragazza cattiva, la ninfa seducente –, mentre Medea è tutte queste cose insieme, esattamente come noi. Medea non deve cercare nessun Vello d'oro, non ha una meta, parte solo per trovare l'amore. E il suo è il viaggio che richiede forse più coraggio in assoluto.

Non si può non chiedertelo, in chiusura: tornare è più difficile che partire?
Apollonio Rodio è più interessato al viaggio che a come terminerà la vita dei suoi eroi, e credo che forse sia più una nostra esigenza quella di sapere come va a finire. Di sicuro scrivere questo libro è stato un tornare indietro. Se scrivendo il mio primo libro tornavo alla me stessa quattordicenne liceale, qui torno alla me stessa venticinquenne, alla fine di una mia storia d'amore.
Sei partita da una fine per raccontare un inizio.
Esattamente, proprio così.
Grazie a Mondadori e ad Andrea Marcolongo per la bellissima opportunità di confronto, e vi consiglio la lettura de "La misura eroica" perchè vi entrerà nel cuore e nella testa, oltre a trasferirsi in pianta stabile sul vostro comodino.

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

mercoledì 28 marzo 2018

La primavera profuma di rose, con la crema "Senza Età Viso&Corpo" di Acqua alle Rose

Buongiorno a tutte, fanciulle!
Vi ho parlato spesso di Acqua alle Rose, e anche in questo momento nel mio piccolo bagno azzurro trovereste una bottiglia blu del tonico, ormai iconico, che profuma di rose appena colte.
Questa primavera, però, l'attenzione si sposta sul corpo, che dopo il freddo dell'inverno merita qualche coccola in più: perchè non massaggiarlo con una buona crema, per esempio, come "Senza Età Viso&Corpo" di Acqua alle Rose (16,99€)?
Grazie alla rivoluzionaria formula 2-in-1, non solo permette di semplificare la routine di bellezza ma anche di ridurre il tempo necessario per prendersi cura di sé in modo davvero completo (mi sentite, persone sempre di corsa alla mattina? Io adoro quest'idea!).
Dona anche al corpo lo stesso trattamento esclusivo riservato abitualmente solo al viso: un’azione anti-age globale, a 20 come a 40 anni, garantita da una texture ricca che si assorbe facilmente e che nutre la pelle in profondità, donandole compattezza, morbidezza ed elasticità.
Una pelle più compatta ed elastica sembra l'ideale anche in vista dell'estate, quando sarebbe bello poter esibile braccia e gambe al top della forma... o no?
Le rose sono, ovviamente, protagoniste: la Rosa Damascena tonifica i tessuti e rallenta la formazione delle rughe, l’olio di Rosa Mosqueta combatte gli effetti dell’invecchiamento, la Rosa Canina vanta proprietà antiossidanti e rivitalizzanti, la Rosa Centifolia è un defaticante e lenitivo naturale, l’acqua distillata di Rosa Gallica idrata la pelle intensamente.
Ma come applicare al meglio questo trattamento? Manetti & Roberts ce lo ha spiegato!

«È sufficiente prelevare una noce di crema, scaldarla leggermente tra le dita e iniziare dai piedi, dedicandosi al dorso e al tallone, le zone più disidratate e stressate.
Poi, con piccoli movimenti circolari dal basso verso l’alto, risalire lungo le gambe, una carezza alle ginocchia e sempre con movimento ascendente una delicata ma decisa attenzione a cosce e glutei per poi finire all’inguine con gesti che facilitano il drenaggio.
Successivamente passare alla zona addominale, facendo assorbire la crema dal centro verso l’esterno.
Di seguito, massaggiare dalle mani alle spalle, insistendo sui gomiti, zone soggette a maggior secchezza.
E, ancora, morbidi gesti che avvolgono collo e decolleté.
Per il viso, applicare un’altra noce di crema sulla fronte, il naso, le guance e il mento, sempre con movimenti circolari dei polpastrelli, dal centro verso l’esterno.»

Non so voi, ma io sono curiosissima di provarla!
Può essere anche un dolce pensiero per la vostra mamma, visto che a Maggio ci sarà la sua festa: prendete nota!

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

#PrimavereDiEbay: le tendenze della primavera 2018 secondo eBay

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Il freddo sembra aver allentato la sua morsa, e la sottoscritta è ormai in pieno mood primaverile da almeno una settimana, quindi partecipare alla serata #PrimavereDiEbay è stato un ulteriore passo avanti verso lo shopping di capi leggeri e svolazzanti, scarpe aperte... e piante, scoprendo insieme a giornalisti ed influencer l'esito dell'indagine "Primavere d'Italia"!
Ma cos'è, esattamente, "Primavere d'Italia"?
eBay, uno dei principali marketplace a livello mondiale, si è soffermata sull’andamento degli acquisti online, con particolare attenzione alle aree regionali.  Con più di 5 milioni di acquirenti attivi solo in Italia e oltre 100 milioni di prodotti nuovi a catalogo, il marketplace si presenta a tutti gli effetti come uno specchio dei consumi digitali, un riflesso degli interessi dei desideri e delle passioni degli italiani.
Al Nord, al Centro e al Sud compriamo, sì, ma cosa? Compriamo le stesse cose, o abbiamo abitudini molto diverse?
È stato divertente scoprire qualcosa di insospettabile sulle nostre abitudini d'acquisto (guardate con attenzione l'infografica del Sud Italia e ditemi che "quel dato lì" non vi fa sorridere!), e farlo in una sala piena di piante e poltroncine da giardino ci ha fatti sentire come a una festa di primavera.
Mancava solo la grigliata!
Cliccate per ingrandire l'immagine!

Oltre 35 mila venditori professionali italiani e un assortimento che propone, solo in Italia, oltre 100 milioni di prodotti nuovi in ogni momento: con questa vastissima offerta, eBay ha provato ad interpretare le tendenze della Primavera 2018 con una selezione di oggetti Must-Have simbolo.
Tutte idee individuate attraverso analisi interne di acquisti, monitorando le parole più ricercate nelle ultime settimane su eBay.it e interrogando i principali venditori professionali, grandi esperti nel proprio settore.
Dalle tendenze fashion viste sulle passerelle come il mood floreale e il ritorno delle frange (le frange non bastano MAI!) e fermandoci tutti un secondo sullo spesso criticato rosa, invece amatissimo dai consumatori (!), passando per l'home decor dove - oltre allo stile jungle - rimane sempre viva l’attenzione per il retrò con velluti e ottone, fino ai gadget più ricercati in fatto di tecnologia, come i droni di ultima generazione e la stampante portatile da collegare allo smartphone per avere subito in mano una foto, pochi istanti dopo averla scattata.
Tutti consigli d’acquisto per prepararsi a vivere la bella stagione con stile!

E voi, cosa acquisterete questa primavera? Avete già una wishlist?
La mia è lunghissima, ahimè...

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

martedì 27 marzo 2018

Ansia, non ti temo (più)!

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Oggi parliamo di quella cosa che tutti dicono di avere, di cui solo qualcuno soffre davvero e che, spesso, si combatte anche grazie a piccoli trucchi per ingannare il nostro cervello: la famigerata ansia.
Dire "ho l'ansia" è diventato un po' un intercalare, e se in alcuni casi è accompagnato da una vera condizione di malessere, in altri è spesso derivata dalla semplice disorganizzazione con costante affanno per mettersi in pari, dallo stress (che no, non è la stessa cosa) o altri fattori ambientali.
Mentre per chi ne soffre davvero non posso fare molto, non essendo un medico specialista, per tutti gli altri ho qualche piccolo trucchetto che può servire a farvi sentire con la situazione in pugno, anche quando sembra proprio che non sia così.
Per esempio, se avete l'ansia di...

... essere sempre in ritardo, la soluzione è duplice. Cominciamo dalla più banale: datevi un quarto d'ora di tempo in più, segnandovi ogni appuntamento con un quarto d'ora di anticipo.
Cena alle 20? Sull'agenda scrivete 19:45. Fatevi sempre, per ogni attività, e per non essere colti di sorpresa dal traffico o da strade interrotte (o altri imprevisti), segnate tutto su Google Calendar inserendo anche gli indirizzi precisi: avrete gli aggiornamenti sul traffico in tempo reale, direttamente dal vostro telefono. Ho scoperto un sacco di strade alternative da quando lo faccio, e sono sempre o in anticipo o in perfetto orario anche in una grande città.

... perdere le chiavi di casa, non siete soli: quante volte mi è successo di essere o bloccata davanti alla porta, a frugare disperata in una borsa troppo piena, immaginandomi già chiusa fuori per tutta la notte, oppure dentro casa, a cercare il mazzo apparentemente diventato invisibile proprio al momento di uscire? Un sacco!
Poi ho trovato una soluzione che, detta così, è di una banalità estrema, però funziona: appena entro in casa, metto le chiavi sempre nello stesso vasetto che ho posato sulla console nel mio ingresso. A prescindere da quanta roba io abbia in mano, quello è il primissimo gesto ogni volta che entro.
Per quanto riguarda la borsa, le chiavi vanno sempre nella stessa tasca. Ogni singola volta. Le borse cambiano, ma hanno tutte una tasca interna con la cerniera (le scelgo apposta così), e so che quella è la tasca delle chiavi. Magari frugo venti minuti per cercare il rossetto, ma le chiavi sono sempre dove voglio che stiano.
... dimenticare le password, visto che non è sicuro usare la stessa per tutto (anche se la tentazione è grandissima) e ormai qualsiasi sito richiede di inventarsene una.
Qui l'ovvia soluzione è di segnarsele tutte, su un documento dal titolo che nulla abbia a che fare con le password, da salvare in cloud in modo da potervi accedere anche da cellulare: ogni volta che fate una nuova registrazione, aggiungete il sito e la password, et voilà!

... non avere niente da mettervi, e anche qui si sfonda una porta aperta con la sottoscritta.
Guardare l'armadio al momento di uscire e avere la sensazione di non trovare niente e non avere nulla di adatto non solo rischia di farvi arrivare in ritardo, ma a volte anche di bloccarvi del tutto e dire "ma  non esco del tutto, e faccio prima". Invece no, e le soluzioni sono tre: la prima è prendervi un giorno, appena possibile, e sistemare DAVVERO il vostro armadio: tirate fuori tutto, pulitelo da cima a fondo e rimettete dentro solo quello che davvero vi entra, davvero vi sta bene e davvero avete voglia di mettere. Eliminate tutti quei capi che sì, fanno numero, ma che al momento di uscire non vi sono di nessun aiuto. Poi preparate e appendete già abbinati quei due o tre outfit in cui vi sentite a vostro agio: se sapete che con la tale camicia e i tali pantaloni state bene, appendeteli vicini, e sistemate già la collana adatta sopra alla camicia: al momento di uscire, sarete pronte in un attimo e non avrete bisogno di pensare anche a cosa mettervi. Prima di Tempo di Libri, ho sistemato nell'armadio i miei cinque outfit già pronti, con gli accessori giusti sotto, e anche se dovevo alzarmi presto e correre fuori per raggiungere la fiera non mi sentivo mai affannata perchè mi ci volevano pochi minuti per essere pronta.
E soprattutto, spendiamo due parole su quello che è forse l'aspetto più "concreto" e fastidioso dell'ansia: il sudore. Quando siamo sotto pressione per il lavoro, lo studio, le troppe cose da fare, è facile trovarci affannati e sudati come se avessimo corso una mezza maratona, e in questi casi l'alleato migliore è un deodorante che ci faccia sentire che è tutto sotto controllo, per tutto il giorno.
Quello per le giornate toste-tostissime, che non molla il colpo e a cui affidarsi senza se e senza ma, è Borotalco Intensive, in versione spray o roll-on.
Grazie a una tecnologia di nuova generazione e alla sua formula ultra-performante con attivi extra assorbenti e Microtalco, garantisce un effetto ancora più asciutto: mai più aloni su bluse svolazzanti e camicie che avete lavato e stirato con tanta attenzione!
Un deodorante studiato per essere performante anche quando ansia e stress ci mettono lo zampino, regalando così la certezza di sentirsi sempre a posto anche in caso di sudorazione improvvisa: panico da primo appuntamento, da colloquio di lavoro, da esame, da riunione importante... Resiste a tutto!

E voi, avete il vostro rimedio anti-ansia collaudato?
Qual è il vostro asso nella manica?

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

lunedì 26 marzo 2018

"Ogni attimo è nostro" di Luigi Ballerini

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Ogni attimo è nostro" di Luigi Ballerini, edito De Agostini (rilegato a 14,90€):
Giacomo ha un problema: se stesso. Troppo basso, troppo goffo, troppo medio. Per fortuna ci sono gli amici: senza Fabione e Martina sarebbe stato impossibile sopravvivere fino all'ultimo giorno di liceo. Lui, l'amico migliore del mondo. Lei, la ragazza che ha sempre sognato. Un trio perfetto. Un trio che ha superato ogni difficoltà, fino all'impossibile prova di maturità. Ma una cosa è certa: dopo gli esami arrivano le vacanze e dopo le vacanze c'è la libertà, la vita vera. E Giacomo non intende perdersi nemmeno un istante del futuro che lo aspetta. Il futuro però comincia nel peggiore dei modi, perché Giacomo, mentre fa le valigie, non si sente bene, e Fabione complica la situazione poco prima della partenza. E, come se non bastasse, piove, continua a piovere: un luglio caldissimo annegato da una pioggia ininterrotta. Sembra proprio che tutto voglia mettersi contro Giacomo e la sua avventura alla volta del Salento. Che tutto gli stia dicendo di non partire. Ma Giacomo non ascolta, e alla fine il viaggio inizia. Mille chilometri di musica, confidenze, segreti. Un viaggio in cui ogni attimo è unico e irripetibile e conta, e niente va sprecato. Perché tutto può finire all'improvviso.

Ve lo ricordate, l'esame di maturità?
Lo ammetto, il mio non è stato così denso di emozioni e di significato come quelli che ho ritrovato in film e romanzi: ero preparata, è andato bene, fine. Però è innegabile che sia un rito di passaggio, e che all'esame segua quella che è l'ultima estate di svago puro, prima dell'università o del lavoro.
Questo ci accomuna tutti, e nella voglia di Giacomo di abbracciare con cuore e mente aperta quel futuro che finalmente sembra a portata di mano mi sono sicuramente ritrovata.

Certo, il suo futuro non inizia nel migliore dei modi: il mal di testa fastidioso che lo coglie mentre dovrebbe prepararsi a partire per il tanto sognato viaggio con Fabione non è esattamente quello che ci vorrebbe, e nemmeno la pioggia torrenziale, o il caldo che mozza il fiato.
Nemmeno l'infortunio dell'amico durante una partita di calcetto, però, sembra essere in grado di fermarli, perchè i due ragazzi hanno l'estate e la vita davanti, e fermarsi ora non è previsto.
In questo desiderio di libertà mi sono ritrovata tantissimo: il viaggio post-maturità è stato splendido, il primo organizzato da sola e senza adulti a supervisionare il tutto, il primo a non essere una vacanza studio o un corso sportivo. Il primo viaggio vero.
Ricordo il panorama che scorreva veloce fuori dal mi finestrino, ricordo l'alba su una città che non era la mia, ricordo le chiacchierate e le risate, ricordo il bucato in una lavanderia a gettoni e i panini consumati sulla scalinata di una delle chiese più belle del mondo.
Ogni giovane lettore ritroverà in Giacomo la sua stessa voglia di crescere, di prendere in mano il proprio destino e il proprio cuore in subbuglio... perchè oltre al viaggio con l'amico di sempre c'è anche l'amore, oh sì. Un amore acerbo, tenero, il cui confine con l'amicizia è labile e non sempre chiaro, ma è un sentimento profondo, innegabile.
Quell'amore che ti fa sognare, che ti dà sicurezza e che ti fa credere che sì, forse è vero che non sei esattamente come vorresti essere, ma per qualcuno sei perfetto così come sei, e questo basta.

Lo hanno scritto anche i giornali, quindi posso dirlo: non finisce bene, per Giacomo. Lo si capisce dalle prime pagine, e l'epilogo non è una sorpresa per nessuno, ma una cosa voglio dirla: è un romanzo sereno, dolce, emozionante in cui si ride tanto, e si piange anche un pochino.
È un romanzo sull'adolescenza e sul momento più delicato di quest'ultima, quello in cui si entra nell'età adulta, e sull'importanza di vivere appieno ogni secondo perchè non si può riaverlo indietro e perchè ogni vita è ben spesa, se vissuta fino in fondo. Non importa quanto sia lunga.
Consigliatissimo, davvero.

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

"The Game" di Lucia Vaccarino e Davide Morosinotto

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "The Game" di Lucia Vaccarino e Davide Morosinotto, edito Mondadori (rilegato a 17€):
Cece ha tredici anni e nessuna voglia di andare a vivere con la madre, che non vede da un sacco di tempo e che per lei è praticamente un'estranea. Ma suo padre deve trasferirsi in America per lavoro e così lei si ritrova catapultata in un piccolo paese, dove i suoi compagni di scuola si conoscono fin dall'asilo, tutti sanno tutto di tutti e non c'è molto da fare per salvarsi dalla noia. Ma la tranquillità è solo apparente. Cece nota infatti che a scuola accadono cose strane, scherzi di cattivo gusto che sconfinano nella violenza, atti insensati di cui non si conosce l'autore... E comincia a sentir parlare di un terribile gioco, in cui i suoi compagni sono coinvolti e a cui finirà per dover obbedire anche lei. Un gioco mosso dalla vendetta, dominato dal terrore. Dove l'unico modo per vincere è avere il coraggio di cambiare le regole.

Un autore che adoro (Davide Morosinotto) e una da scoprire (Lucia Vaccarino), e una storia nata dalla fantasia di una lettrice, Francesca Carbotti, la cui idea è risultata quella vincente al concorso "Ce l'hai un storia?" rivolto agli under 18, il cui premio consisteva proprio nel vedere il proprio spunto sviluppato da uno o più autori affermati.
Ho affrontato la lettura di "The Game" con entusiasmo, e le 197 pagine di storia sono volate in poco più di due ore.

Ma veniamo a noi: il sipario si apre su Cece, all'anagrafe Cecilia, un'adolescente francese costretta a trasferirsi per un tempo indefinito a casa della madre che non vede da tempo mentre il padre si trasferisce a Denver e organizza una casa per accoglierla.
Non sarebbe drammatico, in fondo... se non fosse che la madre vive nella fatiscente casa di campagna che un tempo era appartenuta ai nonni di Cece, appena fuori dal paese più noioso e limitato che la ragazza abbia mai visto.
Un bel salto, per una persona cresciuta in città.
I suoi coetanei non sono particolarmente amichevoli, con la madre proprio non funziona, e come se non bastasse il paese sembra popolato da persone piuttosto eccentriche: cosa potrebbe succederle ancora?
Per esempio essere catapultata in un gioco perverso, che costringe i partecipanti a fare scherzi crudeli e dall'esito spesso tragico, senza sapere come fare ad uscirne...
"The Game" è, sostanzialmente, un incrocio tra "Nerve" e "Saw - L'enigmista", il tutto calibrato per un pubblico più giovane.
Da un lato abbiamo un'inquietante voce fuori campo che costringe i partecipanti a compiere gesti crudeli (come nella sempre più splatter serie di film), e dall'altra un sistema di giocatori e regole che ricorda molto il romanzo di Jeanne Ryan: dal gioco non si esce, bisogna continuare a giocare nonostante l'escalation di paura, ecc.ecc.
Però i più giovani potrebbero non aver visto "Saw" o letto "Nerve", quindi la storia di Cece, Spencer e Il Gioco potrebbe arrivare loro come qualcosa di molto originale, e sicuramente coinvolgente.
È impossibile non provare una profonda curiosità per gli strani personaggi che abitano il paese, dalla "gattara matta" che forse tanto matta non è alla tanto denigrata Nicole, vittima del bullismo più feroce e, allo stesso tempo, estremamente misteriosa. Ha forse qualcosa da nascondere?
E che dire del sorvegliante della scuola, che sembra essere sempre al posto giusto al momento giusto e che ha un passato da giovane eroe del quale non parla mai?

È una lettura accattivante, dal ritmo veloce e sostenuto, che è impossibile accantonare prima della fine e che funzionerebbe anche sul piccolo schermo: il piccolo paese sempre più inquietante, la scuola teatro di incendi improvvisi, lo spogliatoio delle ragazze imbrattato di sangue sono solo alcune delle ambientazioni che renderebbero tanto anche in tre dimensioni.
Sapevo che Davide Morosinotto non mi avrebbe delusa, e non vedo l'ora di scoprire il suo prossimo romanzo.

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

venerdì 23 marzo 2018

Dal libro al film: "Ready Player One" di Ernest Cline

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Oggi scopriamo insieme quello che si propone come il film da vedere assolutamente a Marzo, "Ready Player One", tratto dall'omonimo romanzo di Ernest Cline in libreria in un'edizione movie tie-in edita DeA Planeta (rilegato a 17€):
Nel 2045 il diciassettenne Wade (Tye Sheridan) cerca come tutti rifugio nella realtà virtuale dell'OASIS, creata dal leggendario programmatore James Halliday (Mark Rylance). Alla morte di quest'ultimo parte una caccia al tesoro, anzi a un easter egg contenuto nel codice stesso dell'OASIS: Halliday voleva infatti lasciare l'azienda a chi riuscisse a risolvere tre enigmi legati a pietre miliari della cultura nerd. Wade o per meglio dire Parzival, il suo avatar nell'OASIS, raccoglie la sfida, insieme alla misteriosa Ar3mis (Olivia Cooke) e altri amici virtuali. Purtroppo OASIS fa gola anche all'affarista Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn)...

Ho letto il romanzo anni fa, non vorrei sbagliarmi ma credo fosse il 2012 (!), quindi ho dovuto rinfrescarmi la memoria prima di vedere il film, che è un trionfo di citazioni che non solo i più appassionanti potranno cogliere e apprezzare: da Kubrick a John Hughes, passando per King Kong e Ritorno al Futuro, è una pellicola che rappresenta appieno quello che sono stati i 70s e gli 80s per un'intera generazione. Certo, dubito che i più giovani, i giovani adulti di oggi, possano effettivamente coglierli tutti, ma chissà. Di sicuro apprezzeranno l'ironia con cui il regista ha saputo smorzare l'eccessivo (a tratti) citazionismo del romanzo originale.
Di sicuro c'è la confidenza con cui Spielberg ha affrontato la regia di questo film, che gli ha permesso di andare a toccare ancora una volta argomenti che non gli erano del tutto estranei (ve lo ricordate "A.I. Intelligenza artificiale"?), e tutto sommato un mondo in rovina in cui però tutti posso ancora permettersi di giocare all'ultimo videogioco per la realtà virtuale non è così lontana dal nostro mondo, in cui sì, sembra che tutti fatichino ad arrivare a fine mese, ma lo fanno con lo smartphone di ultimissima generazione in mano.
Insomma, il futuro immaginato da Cline non è poi così futuristico, almeno dal punto di vista umano: siamo già così, e per quanto riguarda la discussione su quanto i videogiochi di ultima generazione portino all'alienazione e al distacco dalla realtà i giocatori più accaniti è già stato detto tutto.

Un film del genere sta in piedi anche grazie agli effetti speciali, e in questo "Ready Player One" non delude assolutamente: quasi si rimpiange la mancanza di maggior interattività, perchè si vorrebbe veramente prendere parte al gioco... possibilmente al fianco di Art3mis, la bad-ass girl della situazione, tosta-tostissima e che farà girare la testa a più di un giovane spettatore.
I kinghiani apprezzeranno l'inserimento dell'Overlook Hotel di "Shining" all'interno del gioco, e degli iconici ascensori sanguinolenti, ma anche in questo caso il riferimento potrebbe essere apprezzato più dai Millennials che dagli adolescenti ai quali è indirizzato il film.
Io rientro nella prima categoria, per mia fortuna, quindi ho vissuto il fattore "nostalgia" del film come una nota gradevole, a volte anche più di determinati effetti speciali troppo caricati.
È un film che rivedrei volentieri, però, perchè credo che una seconda visione permetta di cogliere meglio alcuni riferimenti, e soprattutto ci tengo a consigliarvi la lettura del libro, che secondo me è nettamente superiore:
Nell'anno 2045, la realtà è un brutto posto. Gli unici momenti in cui Wade Watts riesce a sentirsi davvero vivo sono quelli che trascorre connesso a OASIS, il vasto universo virtuale dove gran parte dell'umanità passa le sue giornate. Quando l'eccentrico creatore di OASIS muore, un video diffonde una serie di complicati indovinelli basati sulla sua ossessione per la cultura pop del passato. Chiunque riuscirà a risolverli per primo erediterà la sua immensa fortuna - e il controllo di Oasis. Wade riesce a scovare il primo indizio, e subito si ritrova assediato da rivali pronti a uccidere pur di sottrargli ciò che gli spetta. La gara è cominciata - e vincere è l'unico modo per sopravvivere.

Che dite, lo andrete a vedere? Avete letto il romanzo?
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

giovedì 22 marzo 2018

"Tutte le ragazze con una certa cultura hanno almeno un poster di un quadro di Schiele appeso in camera" di Roberto Venturini

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Tutte le ragazze con una certa cultura hanno almeno un poster di un quadro di Schiele appeso in camera" di Roberto Venturini, edito SEM (brossurato a 16€):
Luca ha 30 anni, è un assistente universitario, corregge bozze e crede nell'amore, anche se le sue relazioni non sono mai entusiasmanti. È cresciuto guardando Bim Bum Bam, va in giro su una Fiat 500L del '71 e pensa che i quadri di Pollock siano il risultato dello starnuto di un pittore sbronzo pestato a sangue davanti a una tela bianca. Una sera conosce Silvia, con la quale fa subito sesso. Lei ostenta disincanto e cinismo ma, in fondo, ha solo una paura tremenda: apparire normale. Inaspettatamente, se la ritrova davanti all'università: Luca vorrebbe riavvicinarla, ma Silvia non sembra interessata. All'esame, per vendicarsi le rifila un 29, «il più insignificante tra i voti alti». Segue una specie di aggressione da parte della ragazza, che culmina in uno scambio di baci. Così inizia la loro storia, angosciante come le carni livide di Schiele o esplosiva e policroma come i rapidi colpi di spatola di Monet. Ciclotimici sì, ma anche meravigliosamente normali. Un viaggio divertito e dissacrante nelle inquietudini di una generazione perduta tra aperitivi, mostre d'arte ed etichette come "radical chic", "new normal", "hygge" e "hipster". Una coppia che si tormenta e si compiace di tormentarsi. Un amore che precipita nel vuoto cosmico di una generazione disillusa, ma sempre molto ironica. E, in quel vuoto, risuona l'eco dei miti del passato con cui si racconta.

Recupero in corsa questa lettura chiacchieratissima, che va giù tutta d'un fiato come uno shot di tequila, e alla quale non mancano nè la sapidità del sale nè l'asprezza del limone, perfettamente bilanciate da parentesi di puro sentimento.
E lo dice una ragazza che il poster di un quadro di Schiele appeso in camera non ce l'ha (ma che ha un debole per Tamara de Lempicka, chissà cosa vorrà dire...).

Con Luca condivido la precarietà, un'infanzia a base di Bim Bum Bam e cartoni animati made in Japan, i dubbi sui quadri di Pollock (ma non solo sui suoi, ehm...) e una collezione di storie d'amore e di sesso che mi hanno lasciata con tanti dubbi e perplessità sull'altro sesso.
In Silvia, invece, credo che ognuno di noi riveda la sua stessa paura di non essere altro che una persona "normale", niente di più e niente di meno. Un parametro di quanto questa paura sia diffusa tra i Millennials (eccomi) e la generazione successiva è data da quanto tutti si affannino a definirsi "strani" o "pazzi", pero poi avere gli stessi identici gusti e preferenze di tutti i loro amici e coetanei: nulla di strano, insomma.
Come può essere l'amore tra qualcuno che in fondo vive una vita normale senza troppe preoccupazioni e qualcuno che invece quella normalità tenta di nasconderla in ogni modo?

Roberto Venturini ce lo racconta con un romanzo dal titolo lungo e indimenticabile, che tutti i Millennials dovrebbero avere sul comodino e che potrebbe facilmente diventare un manifesto generazionale, perchè la verità è che siamo cresciuti con il peso della responsabilità di dover fare cose straordinarie e ritrovarci immersi nella normalità non è affatto semplice.
Luca guida una vecchia 500L "perchè l'assicurazione costa solo cento euro all'anno", aspetta 90 giorni che gli paghino le fatture (abbraccio solidale) e scopre a suo rischio e pericolo cosa voglia dire hygge, tra candele e coperte che trasformano anche la coppia più focosa in due conviventi di mezza età in 3...2...1. Luca è #UnoDiNoi, pagina dopo pagina.
Quella con Silvia è una vera storia d'amore, fatta di quotidianità, pranzi con la di lui nonna, sesso, intimità, litigi, e così com'è nata, con uno sguardo, finisce: la consapevolezza di non volere le stesse cose prende il sopravvento sul desiderio di aversi accanto, e i due si separano.
Impossibile non rivedere almeno una delle proprie relazioni finite, in quelle che sono le ultime pagine di un romanzo perfettamente riuscito e che spero faccia da apripista a tanti altri.
Sul comodino c'è ancora posto, quindi...

Consigliatissimo: vi emozionerà, e vi regalerà il puro piacere di una prosa impeccabile, di dialoghi realistici e di scene perfettamente inquadrate, dal sapore cinematografico. Cinque stelle!

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

mercoledì 21 marzo 2018

"Come fai a fare tutto?!"

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Oggi parliamo di produttività, e lo facciamo con gli strumenti ed le abitudini che sono entrati a far parte della mia routine negli ultimi mesi e dei quali non credo di poter più fare a meno.
Dal giusto accompagnamento musicale al metodo infallibile per una casa splendente in pochi minuti, passando per il meal planning e gli audiolibri:
Partiamo subito da un'app gratuita che vi accompagnerà (letteralmente) durante tutta la giornata. Si chiama Focus@Will, e propone il giusto sottofondo musicale per le vostre sessioni di lavoro.
Potete provarla gratis per 14 giorni direttamente sul vostro smartphone, o sfruttare la prova gratuita da pc cliccando qui. L'iscrizione al programma a pagamento permette di selezionare la musica tra una moltitudine di canali ad hoc a seconda del tipo di attività che volete accompagnare, e io sono molto tentata! Un'alternativa gratuita sono le playlist tematiche su Spotify, che trovate qui, nella sezione Focus.
E di pari passo con la concentrazione va l'importanza di fare una pausa.
Non troppo di frequente, ma se siete persone che tendono a deconcentrarsi facilmente potrebbe funzionate la "Pomodoro Technique": organizzate il lavoro in cluster di 25 minuti di lavoro intenso, con in mezzo intervalli di 2/3 minuti.
È il tempo necessario per prepararvi una tazza di tè, per sgranchirvi le gambe e riposare gli occhi... ma non è abbastanza perchè perdiate del tutto il filo di ciò che stavate facendo. Potete scoprire di più su questo metodo sul sito ufficiale, e per metterla in pratica vi basta impostare sul telefono gli intervalli di 25 minuti grazie alle tante app gratuite dedicate.

Ma avevamo parlato di casa splendente, giusto?
Per me è fondamentale che sia così, visto che a casa ci lavoro oltre che viverci, e ho abbracciato con entusiasmo il metodo di Becky Rapinchuk perchè nessuno ha tempo di pulire per tre ore ogni giorno... ma dieci minuti si trovano sempre! Come funziona il suo metodo?
Si parte con uno sprint iniziale di 7 giorni e ci si dà poi un obiettivo di 28 giorni, durante i quali le pulizie si trasformeranno da incombenza faticosa ad abitudine che non comporta sforzo. Ci si concede anche un giorno di recupero, così da non doversi preoccupare quando un imprevisto rende impossibile i 10 minuti di pulizie: Becky fornisce tutorial dettagliati per la pulizia rapida degli spazi difficili da tirare a lucido, e consiglia decine di ricette per prodotti rispettosi dell’ambiente mettendo a disposizione le sue “liste” per controllare orari e abitudini. Cercatelo in libreria ("Il metodo rivoluzionario per pulire la tua casa in soli 10 minuti al giorno" di Becky Rapinchuk, edito Newton Compton Editori, 10€).
Restiamo in casa, o meglio, in cucina. A Gennaio ho finalmente padroneggiato il Meal Planning, dopo un paio di false partenze e qualche cena improvvisata di troppo.
Il frigo e il freezer sono i vostri migliori amici, se volete che ogni pasto fili liscio come l'olio.
Io mi sono abituata a mangiare la stessa cosa a pranzo ogni giorno da lunedì a venerdì, preparando di domenica sera cinque porzioni di pasta con il sugo della settimana, utilizzando così tutto il vasetto ed evitando sprechi: metto in frigo quella di lunedì, in freezer le altre quattro, e so che quando arriverà il momento di mangiare mi basteranno pochi minuti. È un modo veloce per mangiare ogni giorno un piatto preparato da me, con la pasta integrale e i sughi rigorosamente fatti in casa, e farlo velocemente. La colazione e la cena, invece, li pianifico con attenzione su base settimanale basandomi sui volantini dei tre supermercati che frequento, facendo la spesa di domenica.
Per avere sottomano tutti i volantini è utilissima l'app Dove Conviene, del sito omonimo: permette anche di "ritagliare" e salvare le promozioni d'interesse e raccoglierle tutte insieme in modo da velocizzare la spesa.
Infine, non posso non menzionare Audible, i migliori 9,99€ che spendo ogni mese. Non posso perchè grazie a lui recupero almeno quattro arretrati di lettura al mese, e senza dovermi sedere con un libro o l'iPad2 in mano.
Ascolto audiolibri mentre preparo le immagini per i social e il blog, mentre edito le foto, mentre sono sui mezzi pubblici, mentre faccio la spesa o, semplicemente mentre pulisco e riordino.
Sono momenti morti, e in cui ho però le mani e gli occhi occupate: ascoltare storie mi fa sembrare meno pesanti le faccende domestiche (non mi piace stare in un ambiente sporco, ma non è che pulire sia questa gran festa...) e ho recuperato un sacco di arretrati dallo scorso Novembre ad ora.
Il primo mese è gratuito, ci si registra con il proprio account Amazon e mi ha di sicuro resa una lettrice ancora più produttiva, visto che ora leggo anche quando non posso farlo ;)

E voi, quali sono i vostri must irrinunciabili per una settimana produttiva?

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

martedì 20 marzo 2018

"I figli dell'Eden" di Joey Graceffa

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "I figli dell'Eden" di Joey Graceffa, edito Fanucci Editore (rilegato a 14,90€):
Rowan è la secondogenita in un mondo in cui le misure di controllo sulla popolazione la considerano una fuorilegge ed è per questo condannata a morte certa. Da ormai sedici anni vive un'esistenza nascosta nell'ombra, senza poter frequentare la scuola, stringere amicizie o avere la possibilità di farsi impiantare negli occhi il chip che contrassegna ogni abitante di Eden. Inquieta e desiderosa di conoscere e vedere il mondo, fugge concedendosi una notte ricca di avventura e adrenalina. Finalmente scoprirà il valore dell'amicizia, incontrerà persone diverse dai suoi familiari, vedrà angoli inesplorati della città e luoghi lontani dalle quattro mura della sua casa. Ma le novità non saranno solo piacevoli scoperte e, in poche ore, Rowan diventerà una ricercata in fuga, scatenando una serie di eventi che potrebbero cambiare per sempre il mondo di Eden.

Volevo leggerlo sin dalla sua uscita nel 2016, e sono felice che sia arrivato in Italia il primo volume di questa serie distopica che arriva dritta dritta dalla tastiera di uno degli youtuber più amati in America, Joey Graceffa (quasi 9 milioni di iscritti, e che fino a un paio di anni fa seguivo divertendomi parecchio. Poi si è unito al clan "smorfie, versi e affini" e non ce l'ho fatta più).
Lo scorso Ottobre ha pubblicato il seguito, "Elites of Eden", quindi stiamo per imbarcarci in un viaggio lungo ben più di un volume!

In un futuro che riesce a sembrare lontanissimo e, allo stesso tempo, spaventosamente vicino, l'umanità è riuscita nell'intento di distruggere il pianeta Terra: a salvare parte della popolazione è stato l'operato di Aaron Al-Baz, lo scienziato ideatore dell'EcoPanopticon.
Cos'è? Una sorta di ipersistema operativo in grado di prendere il controllo di ogni briciola di tecnologia informatica a disposizione e far lavorare tutto in perfetta armonia per cercare di preservare ciò che resta dell'umanità e curare, dove possibile, il pianeta.
I superstiti, ovvero gli umani e ciò che resta del mondo vegetale (gli animali sono spariti da tempo, tanto per dirne una), vivono al sicuro in quello che prende il nome - azzeccato - di Eden.
Le risorse limitate, spazio incluso, implicano una rigida politica di controllo delle nascite, ed è qui che entra in scena Rowan, secondogenita e quindi, in automatico, fuorilegge.
Se le autorità la scoprissero sarebbe condannata a morte, ed è per questo che la ragazza è arrivata ai suoi sedici anni senza aver mai potuto frequentare un'aula scolastica o avere degli amici... ed è per questo che, a un certo punto, la tentazione di vedere cosa ci sia là fuori diventa troppo forte.
Joey Graceffa ci riporta in pieno mood distopico-adolescenziale, ma non solo: ci ho ritrovato anche un non troppo velato riferimento al Grande Fratello di Orwell, e a quell'idea di un'entità che, seppur in modo invisibile, esercita di fatto il totale controllo su tutto.
Rowan è cresciuta in trappola, consapevole della duplica natura materna e inquisitrice del sistema EcoPanopticon, e anche una volta sfuggita dal suo nascondiglio si trova, di fatto, a doversi nascondere dallo sguardo di ogni tipo di guardia o sorvegliante.
Nonostante sia la storia di una fuga, "I figli dell'Eden" non è un romanzo rocambolesco, dal ritrmo trascinante che caratterizza altri lavori dello stesso genere. Infatti l'unica "pecca", se così vogliamo considerarla, è che buona parte del libro è occupata dal world building: l'autore non ci ha risparmiato nemmeno un dettaglio, e se sicuramente questo servirà quando affronteremo i volumi successivi, per quanto riguarda il primo volume la sensazione è che accada molto meno di quando viene invece descritto. Tuttavia, non si può non apprezzare la cura e l'attenzione con cui Joey Graceffa ha costruito il mondo che avrebbe accolto le sue storie.
È ben scritto, ben sviluppato e ragazzi, c'è un colpo di scena che vale l'intero libro: lo si chiude bramando il secondo, e questo succede solo quando un primo volume di serie funziona.

Consigliato ai nostalgici del periodo "Hunger Games"/"Divergent"/"Maze Runner", a caccia di una nuova serie distopica per giovani adulti della quale innamorarsi. Aggiungo che potrebbe piacere ai fan di Pierce Brown: se avete aspettato con ansia "Morning Star", una volta finito buttatevi su questo!

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

lunedì 19 marzo 2018

"Coco" di Elena Triolo

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa - e colorata - di oggi è dedicata a "Coco" di Elena Triolo, edito Hop Edizioni (brossurato a 18€):
Gabrielle "Coco" Chanel incarna ancora oggi l'emblema della donna imprenditrice. Ha dimostrato a tutti e a tutte che con il solo lavoro è possibile arrivare laddove nessuno era arrivato prima: a costruire una fortuna immensa contribuendo in modo determinante alla causa femminile. Chanel ha infatti restituito alle donne la libertà e l'ha fatto attraverso la moda, eliminando busti, velette e imbottiture che limitavano i movimenti e definivano l'immagine femminile come immagine di fragilità e leziosità. Ricordata per il suo stile e il suo carattere inconfondibili - con le larghe narici, gli occhi vispi, il caschetto corto, la sigaretta tra le labbra, le forbici al collo e la verve polemica - rappresenta la donna sicura, sola e autosufficiente, amante delle arti e del lavoro. La sua è la storia di un'incredibile ascesa: la rivincita della contadina. Figlia di ambulanti, visse in orfanatrofio dai dodici anni e, "lavorando come nessun altro", divenne ricchissima e celebre in tutto il mondo, grazie alla creazione di uno stile unico. Elena Triolo ha elaborato - con il suo tratto sicuro e graffiante - un'interpretazione fiera e altera della stilista, non senza un tocco di ironia.

La vita di Gabrielle "Coco" Chanel è affascinante e ricca di eventi, e credo di aver letto ogni biografia della celebre stilista uscita nel corso degli anni, oltre a non essermi fatta sfuggire il bellissimo film "Coco Avant Chanel" e il meno noto "Coco Chanel" - entrambi da recuperare, qualora vi fossero sfuggiti. Ma oggi parliamo di vta disegnata, e lo facciamo con uno sguardo al bellissimo volume firmato da Elena Triolo!

"Coco" ripercorre la vita di quella che diventerà una delle stiliste più celebri di sempre, a cominciare da un'infanzia non esattamente idilliaca culminata con l'abbandono in un istituto religioso insieme alla sorella quando, alla morte della madre, il padre decide di non tenerle con sè.
La divisa semplice dell'istituto, sobria, bianca e nera sarà una delle prime fonti d'ispirazione per quello che ancora oggi è, inequivcabilmente, lo stile Chanel, che Elena Triolo riassume in tre pagine doppie che vi faccio sbirciare qui:
La nascita di "Chanel" come marchio riconosciuto dalla famosa doppia C, il grande amore tragico con Arthur Capel (soprannominato "Boy"), il suo ritorno sulla scena con una sfilata nel 1954 a quasi vent'anni dalla chiusura del suo atelier che la riconferma regina di stile grazie soprattutto all'appoggio degli americani: "Coco" permette di ripercorrere ogni tappa grazie a splendidi disegni e testi esaustivi, e fa decisamente venire voglia di infilare un tubino nero, passarsi un velo di rossetto rosso sulle labbra e uscire alla conquista del mondo con la stessa grinta  e voglia di riuscire di Gabrielle.

Promosso a pieni voti, e assolutamente da avere in libreria!
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A  presto <3

"Canzoni senza musica" di Andrea Valente

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Canzoni senza musica" di Andrea Valente, edito Rizzoli (rilegato a 15€):
Tre amici che anno dopo anno si incontrano nel bar in cui si sono conosciuti il primo giorno di liceo, per scattare una foto che celebri il loro legame nonostante gli inciampi della vita; un ragazzo che come in una vecchia tradizione indiana eredita da un anziano amico appena morto un eccezionale talento per il liscio; una ragazza che dalla finestra della sua classe sogna il mondo oltre alberi, case e confini...
Andrea Valente ritorna con trenta storie sospese tra sogno e realtà, che parlano di amicizia, primi amori ed eterne passioni, senza mai dimenticare i colori caldi del sorriso.

Trenta racconti che durano il tempo di due tazze di tè, perfetto accompagnamento di una domenica di pioggia: Andrea Valente riesce nella difficile impresa di raccontare una storia in poche pagine, con uno sguardo ai più giovani ma, perchè no, anche ai lettori come me.

Non posso, per ovvi motivi, raccontarvi ogni singolo racconto, ma quello che posso e voglio dirvi è perchè dovreste dare una chance a "Canzoni senza musica", a cominciare dal fatto che, ognuno di voi, si ritroverà in almeno un racconto.
Rivedrete i vostri primi giorni di scuola, le grandi amicizie, i primi amori e molto di più, perchè non c'è sfaccettatura di vita che non entri, in un modo o nell'altro, in uno o più dei racconti di Andra Valente.
Riderete come me leggendo "Ci vuole un tavolo", due facciate che vi daranno un'idea per il vostro prossimo scherzo, e applaudirete all'ingegno di Edoardo in "Le fidanzate", ma il mio preferito in assoluto è "I tre della foto", che mi ha emozionata tantissimo.
Andrea Valente racconta l'amicizia, la crescita, l'amore, la famiglia e lo fa in quel modo speciale che riesce a farci sentire tutti partecipi di questa o di quest'altra storia, perchè in fondo i suoi racconti parlano di noi.
Una lettura perfetta per avvicinare i ragazzi al racconto, forma letteraria spesso bistrattata ma che sta vivendo un vero e proprio ritorno sulle scene, e un volume consigliatissimo anche ai più grandi perchè non lo si è mai abbastanza per una bella storia.

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

venerdì 16 marzo 2018

"Girl Power. La rivoluzione comincia a scuola" di Jennifer Mathieu

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Girl Power. La rivoluzione comincia a scuola" di Jennifer Mathieu, edito Mondadori (rilegato a 18€);
Viv non ne può più: è stanca delle rigide regole sull'abbigliamento che vigono nel suo liceo, e che sembrano punire soltanto le studentesse, è stanca del clima che si respira nei corridoi, dove i membri della squadra di football giocano a palpa-e-fuggi, prendendo di mira le ragazze e trattandole come oggetti. Ed è stanca dell'indifferenza degli altri. E così lancia un grido di lotta: crea una fanzine femminista anonima, "GRRRinta!", ispirandosi a sua madre, vera ribelle punk negli anni Novanta. A poco a poco Viv trova nuove alleate ribelli, amicizie inaspettate e persino un amore, proprio mentre la protesta femminista cresce e la rivoluzione sta per avere inizio...

"Moxie" era il libro più atteso, lo scorso Settembre (con i diritti del film già acquisiti nove mesi prima dell'arrivo in libreria), e già a Luglio allo YALC eravamo tutti in fermento. Ho le bellissime spille dedicate al romanzo attaccate allo zaino, e non vedevo l'ora di raccontarvi questa storia che sa di femminismo (quello vero), rivoluzione (quella che serve) e sì, anche di amicizia (che è il motore che muove il mondo).

Ma veniamo a noi, o meglio, a Viv.
Viv è tutte noi, e nel caso in cui non ritroviate almeno un pezzettino di voi in lei è il momento di un serio esame di coscienza. Viv è quello che tutte, a un certo punto della nostra vita, dovremmo essere: una combattente, pronta a lottare per le sue idee armata solo dei suoi principi e della sua determinazione perchè farlo con una pistola è davvero troppo facile - e molto poco femminista.
Viv crede nei pari diritti, crede nella possibilità di una scuola diversa in cui le ragazze non siano solo qualcosa di bello da guardare e, allo stesso tempo, qualcosa da ridurre a mero oggetto.
Crede davvero nella possibilità di cambiare le cose, ed è per questo che inizia la sua lotta proprio dalle parole, quelle che pubblica su "GRRinta!", la sua rivista femminista (perchè è il 2018 e Viv non ha bisogno di utilizzare un supporto altrui per diffondere le sue idee: ne crea uno suo. #GoVivGo).
Quando andavo a scuola io, il giornalino del liceo era una via di mezzo tra "ecco la notizia più bislacca di oggi!" e "vogliamo fare i giornalisti seri, per questo siamo così pomposi": magari fosse esistito qualcosa come "GRRinta!", perchè non solo lo avrei divorato ma anzi, avrei voluto esserne parte attiva!
Ecco qualche pagina della fanzine, dall'ebook in lingua inglese:
Viv incita le ragazze della East Rockport High a dire quello che pensano, a dare voce al loro disagio e alla loro rabbia, e così facendo finisce per trovarsi circondata lei stessa da persone affine a lei: scopre non solo di non essere l'unica a essere pronta a esprimere il proprio disappunto senza censure, ma soprattutto di poter usare la sua voce per aiutare le ragazze a trovarsi l'un l'altra, a tendersi la mano.

Dopo aver raccontato con delicatezza e sensibilità il bullismo con "Tutta la verità su Alice", uscito nel 2016 grazie a Newton Compton, Jennifer Mathieu torna con una prosa adatta sì ai più giovani, ma che conquisterà anche gli adulti, dialoghi scoppiettanti e che vi metterà la voglia di procurarvi carta bianca e pennarelli, per creare la vostra fanzine.
È il libro da leggere ora, subito, senza esitazioni, perchè il femminismo, quello vero e che cambierà le cose, è questo qui. Consigliatissimo: leggetelo, regalatelo, vivetelo. Ogni giorno.

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3