giovedì 31 gennaio 2019

Unghie perfette in un click, con ISDIN SI-NAILS

I dati parlano chiaro: dal 2012 al 2017 le vendite di trattamenti dedicati alle unghie e alle mani hanno registrato un incremento del 46%, una crescita tutt'ora in corso.
Mani sempre (più) in primo piano, dagli immancabili close-up sulle unghie che spuntano sin dalle prime sfilate a caccia di quella che sala la nuance della stagione seguente alle nail-art sempre più creative che animano il web.
Fattori esterni quali stress, dieta, aggressioni esterne o microrganismi, possono però danneggiare le unghie, rendendole fragili, molli, opache o desquamate: addio manicure perfetta!

Per questo ISDIN ha creato SI-NAILS: un rinforzante per unghie innovativo da avere sempre a portata di mano (o meglio, di click), da usare quotidianamente per rinforzare, proteggere e migliorare l'aspetto di unghie e cuticole, ripristinandone la naturale bellezza giorno dopo giorno.

SI-NAILS, grazie ai suoi ingredienti attivi, aumenta la quantità di cheratina (proteina fibrosa ricca di zolfo che costituisce lo strato ungueale superficiale) dura per far crescere le unghie più forti e resistenti, idratando in profondità unghie e cuticole grazie all'acido ialuronico cationico, aumentando la flessibilità e riducendo il rischio di rottura.

Facile da usare, si applica ogni giorno sulle unghie pulite e asciutte. Si inizia passando il pennellino inumidito sul bordo dell'unghia e sulle cuticole, poi si prosegue realizzando movimenti verticali dall'interno verso l’esterno, andando a coprire l’intera superficie dell’unghia.
Infine, se possibile, si passa il pennellino sotto l’unghia.
Il risultato sarà un’unghia perfetta, protetta, sana e dall'aspetto naturale: tutto in un solo click!


ISDIN SI-NAILS è disponibile in farmacia e parafarmacia, al prezzo di vendita consigliato di 24,90€.

martedì 29 gennaio 2019

"La donna col cappotto di pelliccia" di Sabahattin Ali

La donna col cappotto di pelliccia è un romanzo turco del 1942 a lungo dimenticato.
Il capolavoro di Sabahattin Ali (Fazi Editore) è tornato in auge solo negli ultimi anni ma, ristampato in milioni di copie, è divenuto un vero oggetto di culto non solo in Turchia. Acclamato da pubblico e critica, è ormai considerato un classico, ora disponibile in una nuova, elegante edizione.
Quale momento migliore per parlarne?


Quando ad Ankara, negli anni Trenta, un giovane conosce sul posto di lavoro Raif Effendi, viso onesto e sguardo assente, è subito colpito dalla sua mediocrità. Man mano che i due entrano in confidenza, questa prima impressione non fa altro che ricevere conferme: schernito ed evitato da tutti sul lavoro, Raif viene maltrattato persino dai suoi familiari. Quale può essere la ragione di vita di una persona simile? Qual è, se c'è, il segreto dietro una vita apparentemente inutile?
Il taccuino di Effendi, consegnato in punto di morte al collega, contiene le risposte, raccontando una storia tutta nuova: dieci anni prima, un giovane e timido Raif Effendi lascia la provincia turca per imparare un mestiere a Berlino. Visitando un museo, rimane folgorato dal dipinto di una donna che indossato un cappotto di pelliccia, e ne è così affascinato che per diversi giorni torna a contemplare il quadro. Finché una notte incrocia una donna per strada: la stessa donna del dipinto. Maria.
Un incontro che gli sconvolgerà la vita.

Un protagonista, Raif, difficile da dimenticare. Un sognatore, idealista e allo stesso tempo costantemente deluso da una realtà che non si rivela mai all'altezza delle sue fantasticherie.
Se è vero che «nulla al mondo può mai eguagliare le meraviglie che riusciamo a evocare nella nostra mente», è altresì vero che spesso la realtà supera la fantasia.
Nel suo caso, la realtà si traduce in un incontro apparentemente impossibile con la protagonista di un dipinto impossibile da scordare, e in una storia d'amore tra le più appassionate mai raccontate.

La stessa Ankara è piena protagonista del romanzo, e leggere La donna col cappotto di pelliccia equivale a fare un viaggio nel tempo e nello spazio, sulle tracce di un mondo che in parte non esiste in più, in parte si è trasformato, ma che non ha mai smesso di essere affascinante.


Del suo autore, Sabahattin Ali, non si sa molto, se non che è stato ucciso all'età di 41 anni dalla polizia politica, intento ad attraversare in segreto il confine con la Bulgaria, e non si può negare che l'alone di mistero che circonda la vita del suo autore sia stata una delle ragioni che hanno portato le nuove generazioni a riscoprirne quest'opera, e farne una lettura imprescindibile.

La donna col cappotto di pelliccia piacerà anche alle lettrici più romantiche, che troveranno la storia d'amore senza tempo di Raif e Maria ben più stimolante del tripudio di ragazzotti tatuati e ingenue donzelle che affolle gli scaffali delle librerie: consigliato per avvicinarsi alla letteratura anni Quaranta - non sempre accessibile - e a quella turca, spesso sconosciuta.


La donna col cappotto di pelliccia di Sabahattin Ali (Fazi Editore) è in libreria, al prezzo di copertina di 17€.

giovedì 24 gennaio 2019

Riviera: svelata la prima foto del cast della seconda stagione

Ricchezza e potere, glamour e feste da sogno.
Ma anche inganni, tradimenti e omicidi, sullo sfondo di un vero e proprio parco divertimenti per super ricchi. Gli assolati e lussureggianti paesaggi della Costa Azzurra tornano ad essere lo scenario perfetto per le storie e gli intrighi dei protagonisti di Riviera, la produzione originale Sky in associazione con Altice Studios che dopo il successo della prima stagione torna coi nuovi episodi su Sky Atlantic in estate distribuita in Italia e nel mondo da Sky Vision.


Al suo debutto, Rivera è stata fra i maggiori successi tra le produzioni europee di Sky, e la prima immagine, che ritrae tutti i protagonisti dei nuovi episodi, preannuncia un ritorno in grande stile, con ancora più intrighi e tradimenti nella lussuosissima Costa Azzurra.

La seconda stagione riprende esattamente da dove finiva la storia della prima. All'indomani dello scioccante omicidio finale, Georgina (Julia Stiles, già nei cast di Jason Bourne, e Dexter) prova a farla franca, mentre dovrà continuare a combattere per mantenere il potere all'interno della famiglia Clios, nonché la sua posizione in cima all’altero mondo dell’arte.
Una battaglia per il dominio e il controllo che Georgina affronterà contro gli antagonisti di sempre: Irina Clios (Lena Olin) e i figli Christos (Dimitri Leonidas) e Adriana (Roxanne Duran).

Ma in questa stagione Georgina dovrà combattere anche contro gli Eltham, aristocratica famiglia inglese che naviga nelle acque della Costa Azzurra con i suoi inconfessabili segreti. Juliet Stevenson (Mona Lisa Smile, Sognando Beckham, Triage) è Lady Cassandra Eltham, la madre dell’elegantissima Daphne (Poppy Delevingne, già nei cast di Kingsman – Il cerchio d’oro, e Genius) e del riflessivo Nico (Jack Fox, già nel cast di Johnny English 3), che insieme al marito di Daphne Raafi (Alex Lanipekun, direttamente dal set di Homeland) la raggiungono in Riviera.

Nel frattempo, Georgina si ricongiungerà con il carismatico zio Jeff (Will Arnett, visto in 30 Rock, Una Serie di Sfortunati Eventi, Le Tartarughe Ninja) e si capirà qualcosa in più sul difficile passato che la donna si è lasciata alle spalle negli Stati Uniti. La protagonista dovrà anche fare i conti con l’affascinante e misterioso Noah (Grégory Fitoussi).

"L'ultima volta che siamo stati bambini" di Fabio Bartolomei

Cosimo, Italo e Vanda sono bambini di appena dieci anni con i sogni, la voglia di scoprire il mondo e la spensieratezza dell'infanzia intrappolate dalla seconda guerra mondiale.
Per Vanda, orfana, il conflitto vuol dire una vita "in pausa", perchè chi adotterebbe una bambina quando a malapena si riesce a sopravvivere?
Cosimo, dal canto suo, vive la guerra come la causa del suo isolamento forzato in casa, fino a quando il nonno non gli accorda il sospirato permesso di tornare a giocare all'aperto, insieme agli altri bambini.
E poi c'è Italo, che indossa la sua divisa da balilla con orgoglio e vorrebbe solo l'approvazione incondizionata che i genitori riversano sul fratello maggiore, invece di essere sempre l'eterno secondo.
A loro si aggiunge Riccardo, che nonostante le leggi dicano essere "diverso", per loro è solo un grande amico. È lui a portare a Cosimo una salsiccia (bene preziosissimo, in tempi di ristrettezze), quando il nonno lo chiude in cantina per punizione. È lui a far sembrare facile ogni impresa, dal saltare da una finestra all'uscire di notte senza farsi vedere.


Quando i tre scoprono che i tedeschi hanno rastrellato il ghetto e portato via intere famiglie, inclusa quella di Riccardo, non hanno dubbi: l'amico va trovato e riportato a casa. Da loro.
La loro fuga, dalle famiglie e dall'orfanotrofio dà il via a una seconda, disperata missione di soccorso, quella di suor Agnese (che intende riportare Vanda al sicuro, e con lei i suoi amici) e di Vittorio, militare in convalescenza, che subito si mettono sulle loro tracce. La loro speranza di raggiungere i piccoli fuggiaschi in poche ore si dimostra fin dall'inizio un imperdonabile errore di calcolo: Cosimo, Italo e Vanda sono determinati come solo i bambini, e la loro incoscienza è compensata dalla tenacia con cui affrontano una marcia estenuante verso un "campo" che sembra irraggiungibile, il cui prezzo si rivelerà ben più alto di quanto avrebbero potuto immaginare.

Fabio Bartolomei torna in libreria con L'ultima volta che siamo stati bambini (Edizioni E/O) e sin dalle prime pagine costringe il lettore ad abbandonare qualsivoglia precedente occupazione, mettersi comodo e seguire le peripezie dei tre eroi in missione, perchè di questo si tratta: di una missione di soccorso. Una crociata contro una guerra che agli occhi di Cosimo, Italo e Vanda non solo appare priva di senso, ma responsabile di aver reso gli adulti, ai quali hanno sempre guardato cercando conforto e spiegazioni, crudeli. Capaci di rapire, punire, ferire come mai avrebbero immaginato.
L'orrore della guerra che racconta Bartolomei non è solo quello dei rastrellamenti, ma quello più profondo della perdita di umanità, quell'umanità che renderebbe impossibile lo sterminio di intere famiglie e che invece sembra essersi dissolta come neve al sole.

L'ultima volta che siamo stati bambini non è solo la storia Cosimo, Italo e Vanda, ma di un'intera generazione costretta a crescere troppo in fretta e a confrontarsi con l'assurdità di un conflitto sanguinoso, privata dell'infanzia e dell'innocenza che la caratterizza.
In un momento storico che sembra riproporre fin troppi dei passaggi che portarono l'Europa a vivere una delle pagine più buie della sua storia, è una lettura imprescindibile per ricordare, ancora una volta, quel secondo conflitto costato al vecchio continente 55 milioni di vite (stimate).
Con la speranza che non ci sia mai un terzo atto.


L'ultima volta che siamo stati bambini di Fabio Bartolomei (Edizioni E/O) è in libreria, al prezzo di copertina di 16€.

mercoledì 23 gennaio 2019

Intervista a Chiara Marchelli su "La memoria della cenere", l'irrequietezza e la scrittura

Chiara Marchelli è per molti l'autrice de Le notti blu (Giulio Perrone Editore), uscito nel 2017 e apprezzato da pubblico e critica, tanto da arrivare nella dozzina del Premio Strega.

L'autrice torna in libreria con La memoria della cenere (NN Editore), e con la storia di Elena, scrittrice capace di leggere le storie sui volti delle persone. Una notte, un aneurisma la colpisce nella sua casa di New York. La donna sopravvive, e insieme a Patrick decide di trasferirsi in Francia, nell'Auvergne, in un paesino ai piedi del vulcano Puy de Lúg: qui, durante la convalescenza, la mente di Elena arde di pensieri, di memorie interrotte, di sentimenti riscoperti, di attese e incertezze, come il magma che ribolle sottoterra, a pochi chilometri da lei. Quando i genitori vengono a trovarla per un breve soggiorno, il loro arrivo coincide con un'improvvisa eruzione del vulcano.
Così, mentre una colonna di fumo, cenere e lava inizia a uscire dalla bocca del Puy de Lúg, i protagonisti si trovano bloccati tra le mura di casa, in un tempo sospeso che sovverte ruoli e sicurezze, paure e desideri.


La prima impressione, leggendo La memoria della cenere, è che sia scritto da una persona molto sicura di sè e della sua scrittura. Visto che in un'intervista ha invece parlato di sè come di una persona irrequieta, la mia domanda è questa: da dove viene in questa vita apparentemente irrequieta la capacità di scrivere storie solide come questa?
Non credo che l'irrequietezza e quella che tu chiami sicurezza della penna non possano stare insieme, perché l'irrequietezza è quella del vivere quotidiano, come uno si sente nel mondo, che posizione pensa di occupare, il luogo in cui decide di restare, se decide di cambiare il posto in cui vivere. Quella che tu chiami sicurezza può essere perfettamente compatibile con un modo di essere di questo tipo, perché là dove forse uno si sente meno robusto, meno radicato, meno concreto, ha bisogno di costruirsi da qualche altra parte in un modo più completo per sé.
In senso generale penso di poterti rispondere così. Per quanto mi riguarda, da un certo punto in avanti ho cercato i luoghi o il luogo che potesse riaccogliermi, darmi radici, identità, un senso di casa. Ho cercato in vari posti, partendo appena possibile, studiando in altre città, spostandomi anche un po' in Italia e poi all'estero. Ma nel frattempo si andava costruendo anche la mia personalità come donna e come scrittrice: credo di avere costruito una coerenza proprio nella scrittura.
Ho cominciato molto presto a scrivere: ho sempre saputo di volerlo fare, anche se non come, perché il come viene facendo, però forse è l'unica parte di me che non è mai stata messa in discussione.
Quindi in questo modo immagino che si sia costruita una certa solidità.
Quanto poi all'avere davvero una buona penna, quello è il lavoro di una vita. Mi sono sempre detta che la mia massima ambizione era quella di diventare la migliore scrittrice che avrei potuto essere, ma dietro c'è un lavoro molto serio. Non si tratta solo di essere ispirati, il lavoro dietro è fondamentale. Ho anche costruito attorno a me un mondo che mi permettesse di avere sempre il tempo e la concentrazione per scrivere: la scrittura sempre al primo posto, e tutto il resto è secondario.
Pensando al concetto di felicità: la sua irrequietezza è condizione indispensabile per essere felice?
Non credo che muoversi sia propedeutico ad essere felici. Credo che la felicità non sia una condizione statica ma un'onda, perché è un'emozione, un sentimento. Una spinta, un'energia.
Invidio molto chi sa stare fermo, chi ha radici solide e non ha nessun bisogno di andarsene dall'altra parte del mondo per stare bene. Ora ho risolto questa cosa, ma ci sono stati dei momenti anni fa in cui per me non era facile partire, anche se essendo irrequieta per me non è stata una scelta.
Penso che ognuno trovi il proprio modo di stare bene nel mondo, da fermo o un movimento.
Non sento la felicità come una condizione precisa, con un inizio e una fine.

Di questo romanzo colpiscono due cose: la descrizione delle sensazioni legate alla malattia della protagonista - da qui la curiosità di sapere come si è documentata per raccontare così bene quest'esperienza - e la scelta di collocare l'eruzione id un vulcano in una zona della Francia  che è sì di origine vulcanica, ma dove non ci sono eruzioni da mille anni.
Per raccontare l'aneurisma ho fatto moltissima ricerca. M'interessava una malattia che colpisse il cervello e la mente, fondamentale per la protagonista che da lì genera il proprio mestiere. Sono partita da Internet, andando a leggere articoli via via sempre più specifici, fino a trovare qualche specialista (in questo caso la neurologa che ringrazio alla fine del libro) che bombardo di domande.
Immagino poi il resto, come fa qualsiasi scrittore che parli di qualcosa che non lo riguardi direttamente. Penso che sia un po' compito dello scrittore il fatto di non parlare solamente di se stesso, ma di entrare in uno stato di ascolto/osservazione/empatia dell'altro fino a diventare un po' l'altro. Si rischia di diventare un po' camaleontici facendo questo mestiere, ma penso che sia fondamentale porsi dentro la vita di un altro: se ci riesco, è un bene.
Sto anche attenta a fare domande precise e giuste a chi magari soffre.
Non ho conosciuto direttamente persone che hanno avuto un aneurisma, ma ho parlato con amiche che hanno avuto parenti che l'hanno subito.
I vulcani francesi sono in effetti in stato di quiescenza.
Volevo inventarmi qualcosa e il vulcano mi è venuto in mente perché mi sembrava forte, perché si accompagnava al processo magmatico, al movimento che sta dentro la protagonista, che da uno stato orizzontale di impotenza torna alla vita in un modo impetuoso, in questo luogo chiuso in cui saltano tutti i rapporti.
Ho avuto un attimo d'incertezza all'inizio, immaginando che inventare un luogo non funzionasse: ne ho parlato con i miei agenti e anche per loro era difficile ambientare una storia in un posto che non esiste, ma per me ormai quel posto esisteva e ho provato a fare questa scommessa.
Fare eruttare un vulcano in una regione vulcanica.
Un amico mi ha detto che ho avuto una tempistica perfetta, perché da quando ho finito il romanzo si sono mossi vulcani ovunque, per cui non è detto che non possa succedere qualcosa persino nell'Auvergne.
Far succedere qualcosa in un luogo che non esiste è una delle invenzioni narrative che possono permettersi gli scrittori.

Ha creato un parallelismo interessante tra aneurisma e vulcano: sono entrambe cose pericolose quando esplodono. Appaiono qui come una duplice immagine dello stesso concetto: un'esplosione che va a coprire tutto quello che c'era prima, e che rende necessario poi andare a vedere cosa resti e come prosegua la vita da quel momento in avanti. Ha lavorato anche su questo, o è venuto dopo?
Il lettore spesso rivela allo scrittore anche quello che lo scrittore non aveva capito di stare facendo.
Sì, tanto che a un certo punto del libro faccio dire a Elena che le è scoppiata la testa mentre il vulcano erutta. C'è questo collegamento che hai visto, ma è venuto dopo.
M'interessava l'idea del magma, tanto che per me in lavorazione "Magma" era il titolo.
Avevo più o meno idea di dove sarebbe finita la storia, però non così precisa.
Certe cose e certi rapporti si delineano solo mentre scrivi. Le due esplosioni hanno iniziato ad assomigliarsi sempre più da un certo punto in avanti: non sono casuali ma all'inizio non avevo pensato a questo rapporto diretto tra le due cose.
Mi piace pensare di scrivere in un modo organico, per cui mettere un vulcano a qualcosa deve servire: serve a riunire queste persone  in una casa e farle parlare, discutere e lottare, ma serve anche  a fare quello che ho fatto anche in Le notti blu, un parallelismo tra la natura e noi.
Se non si era delineato nelle mie intenzioni all'inizio si è poi declinato senz'altro in questo modo.

Anche nel romanzo precedente c'è questo sviscerare le dinamiche familiari, con un'attenzione particolare al concetto stesso di essere figlio.
Sì, soprattutto perché io sono figlia ma non sono madre. Ne Le notti blu il racconto è dal punto di vista del padre, quindi c'è un forte senso di famiglia, di appartenenza, di rapporti padri-figli, madri-figlie. In questo libro è forte l'identità di Elena in quanto figlia, perché quello è , è sempre stata e da un certo momento in poi desidererebbe pure tornare a essere.
Succede di faticare a costruirsi un'identità fuori nel mondo, magari lontano, e poi succedono tante cose e a un certo punto vorresti smettere, fermarti.
È la prima volta che scrivo un romanzo in prima persona da un punto di vista femminile: Elena è una donna, è andata via ma è rimasta in divenire, sta ancora diventando.
È compagna ma non è madre.

Cosa significa per Chiara Marchelli ricominciare?
È una necessità che ha sentito personalmente nella vita?
Continuamente, e per fortuna! Il ricominciare della protagonista non è il mio, perché quello che succede a lei non è successo a me, però credo che ci siano continuamente nella vita di tutti dei bivii per cui prendi una direzione, e nel momento in cui fai una scelta ne escludi un'altra. Forse ogni scelta è una cosa nuova. Anche se provi a restare nel tuo poi arriva la vita a far succedere cose per cui ti tocca ricominciare.
Per quanto mi riguarda, credo di essere in una fase per cui ho voglia di una svolta profonda, di un cambiamento di vita e forse è questo un po' l'aspetto autobiografico del romanzo.
A febbraio saranno vent'anni che vivo a New York, che è la città in cui ho vissuto più a lungo in tutta la mia vita. Non è la prima volta che mi succede, da scrittrice, di anticipare sulla carta quello che vorrei far accadere nella vita. Poi ovviamente drammatizzo, perché mi auguro di non dover cambiare dopo un aneurisma, ma è l'irrequietezza di cui si parlava anche all'inizio: dopo un po' mi annoio e ho bisogno di cambiamenti, magari anche soltanto di stimoli. Per me il nuovo è anche tanto nelle piccole cose, per cui alla fine è difficile che mi annoi veramente. Al di là del macrocosmo della scelta del dove stare e cosa fare, probabilmente adesso ho voglia di fare qualcosa di diverso.

In che modo la ricerca di rinnovamento e di stimoli va di pari passo con un recupero del passato, che poi è una grande ricchezza, non solo dolore e nostalgia?
Penso che la spinta in avanti, ma con un occhio su chi siamo, cosa ci ha formato e come siamo diventati oggi, sia un connubio fondamentale nella costruzione di un'identità rotonda, perché la spinta verso il futuro negando il passato potrebbe essere una fuga. L'occhio soltanto sul passato potrebbe essere un atteggiamento poco sano nei confronti della vita che in ogni caso procede.
In questo libro entrambe le cose sono molto calcate perché si tratta di una persona che ha rischiato di morire, quindi tutto quanto diventa più netto e più importante. Soprattutto se, come nel caso dell'aneurisma, sei costretto a stare fermo in un tempo verticale in cui tu non puoi che scendere dentro di te, e non puoi procedere andando solo avanti. È impossibile fare i conti con se stessi senza ricordare ciò che si è, è semplicemente l'essere vivi.

In questo romanzo c'è spazio anche per delle riflessioni sul ruolo dello scrittore, partendo dal personaggio di Bruno e dal suo dire alla protagonista - parafrasando - che gli scrittori trattano male loro stessi e anche le altre persone, considerandole tutte uguali.
Questo pensiero è nato a monte, o è stato influenzato dal personaggio? È lei ad influenzare i suoi personaggi, o avviene spesso il contrario?
Sono uno di quegli scrittori che vive col filtro della scrittura davanti. Vivo intensamente le emozioni, in modo onesto e sincero, ma penso anche "questo potrei usarlo per una storia" nel senso migliore del termine: usarlo nel senso di trascriverlo, riportarlo, perché quella dopotutto è la mia voce e ho bisogno della penna per esprimerla pienamente.
I personaggi non sono altro che la traduzione in una trama e dentro una storia delle persone, della natura umana. Quello che faccio è osservare e riportare quello che mi ha colpito e che ho voglia di raccontare. Non ci sono distanza, prevaricazione od ordine di apparizione tra me e quello che scrivo: molto spesso c'è una storia  che m'interessa scrivere, ed è lei che comanda.
Però ci sono anche momenti della scrittura in cui voglio esprimere qualcosa che è mio, e lo faccio passare attraverso un personaggio. In questo caso comando io, ma è un'armonia, uno scambio continuo tra me e quello che sta fuori da me: l'osservazione, l'assorbimento dell'altro, l'identificazione. Mi è difficile separare i momenti.
È un modo molto intimo di stare dentro quello che scrivo, anche se non ho allucinazioni e non parlo con i miei personaggi.

Quali sono le sue aspettative nei confronti della critica e del pubblico per questo libro, dopo il grande successo de Le notti blu?
Nessuna. Ho moltissime speranze: spero che piaccia tantissimo e a tutti, ma non ho aspettative.
Scrivo veramente da tanto tempo: il primo romanzo che ho spedito a un editore l'ho finito a diciassette anni e quest'anno ne compio quarantasette. Sono tanti anni  che scrivo e che provo a essere pubblicata. Ho pubblicato il primo romanzo a trent'anni, per poi scriverne altri due ed avere un vuoto di sette anni: molti, per questo, sono convinti che Le notti blu sia il mio primo libro.
In quei sette anni ho ricevuto molti rifiuti, per cui ho acquisito un vivissimo senso del concreto, anche se ovviamente sarei disonesta se dicessi che non m'interessa che il libro vada bene!


La memoria della cenere di Chiara Marchelli (NN Editore) è in libreria dal 24 gennaio, al prezzo di copertina di 18€.

martedì 22 gennaio 2019

ISDIN: i primi dieci anni in Italia del brand leader in dermatologia, e la nuova sede milanese

Passate le feste, iniziano i festeggiamenti ISDIN con una serie di grandi novità.
Il famoso brand internazionale leader in dermatologia, che dal 1975 crea trattamenti innovativi per la cura e la protezione della pelle, celebra i suoi primi 10 anni italiani con l’inaugurazione di una nuova sede all’insegna dello spirito d’avanguardia che da sempre caratterizza il marchio.
Dare spazio all’innovazione in uno spazio di grande prestigio: 400 mq in via Tito Speri 8 a Milano, nella zona più avveniristica della città. All’esterno lo skyline dei grattacieli, all’interno un design studiato nei minimi particolari, dalla luce agli arredi, sino alla scelta dei colori che richiamano l’inconfondibile logo ISDIN.
Da sempre ISDIN si caratterizza per l’avanguardia e l’innovazione nelle texture.
Ne è un esempio l’originale molecola UREA ISDIN® alla base della linea UREADIN che garantisce 24h di idratazione e posiziona ISDIN come esperti nell’idratazione e cura della pelle.

Da oltre quarant’anni, ISDIN è accanto ai dermatologi e ai farmacisti nel rispondere alle necessità della pelle. Il risultato è una gamma di prodotti all’avanguardia, con formule e texture innovative per una miglior compliance nei trattamenti. La vocazione nell’essere referente internazionale nel trattamento della pelle, ha portato ISDIN ad essere presente oggi in oltre 40 mercati, con circa 1000 dipendenti.
Consigliata per la stagione fredda e la secchezza cutanea invernale, UREADIN CALM CREMA (18,90€ per 200ml), da stendere sul corpo insistendo particolarmente su talloni, ginocchia e gomiti.
Mai più pelle screpolata!
E perchè non concentrarsi proprio sulle estremità, costrette tutto il giorno tra calze e scarpe chiuse?
UREADIN PODOS GEL OIL (14,05€ per 75ml) è la scelta giusta, per un massaggio quotidiano prima di dormire o per una vera e propria maschera nottura, steso in quantità leggermente più abbondante e lasciato assorbire fino al mattino con l'aiuto di un paio di calzini in cotone.
Pelle morbida e piedi riposati sono assicurati!

Questi e altri consigli di bellezza sono disponibili sul sito ufficiale di ISDIN.

"New York è una finestra senza tende" di Paolo Cognetti

Da quest'anno, il blog ospita le recensioni di Veronica Lempi, già collaboratrice de Gli Amanti dei Libri. Ecco cosa ha pensato di New York è una finestra senza tende di Paolo Cognetti (Laterza)!


New York è una finestra senza tende è una guida spirituale, itinerante, storica e ludica - anche, della Grande Mela.  Una guida per chi viaggia, realmente o con l’immaginazione, dove il gate di partenza è in aeroporto o sulla poltrona del salotto.
Una guida di viaggio, creata da viaggi.

Otto capitoli in cui la città del “tutto è possibile” per antonomasia, viene messa a nudo e raccontata in tutte le sue sfumature. Un libro come un palazzo, di cui il titolo è la porta d’ingresso, l’atrio l’introduzione: accogliente e meraviglioso descritto da immagini e sensazioni, in cui Paolo Cognetti racconta come per cinque mesi il volo Milano-New York abbia descritto la sua routine itinerante. Ogni capitolo è una finestra - senza tende, naturalmente - da cui osservare e scoprire segreti, intimità e aneddoti contemperante o passati delle zone di New York.

Si parte da Brooklyn Heights e Dumbo, per poi passare al Lower East Side, a Midtown Manhattan con Little Italy e China Town; il Greenwich Village e l’East Village. Poi c’è Park Slope, Williamsbourg, Carroll Gardens e per finire la cinematografica, colorata, utopica e luccicante Coney Island.
Quella che Cognetti racconta è una New York inedita, dove solo i colori, gli odori e i suoni, sono quelli più famosi al mondo. Poco spazio ai Mc Donald’s e ai donuts. Tanto ai sentimenti e alla voglia di scoprire il vivo di una città che una storia ce l’ha, eccome, è semplicemente diversa da tutte le altre.
Cognetti insegna, discretamente e tra le righe, come innamorarsi di New York evitando di utilizzare i canoni di apprezzamento delle città europee. A New York si apprezzano le storie di vita, i momenti di cambiamento - veloci e infiniti-, le abitudini quotidiane e i segni del tempo di una città tanto giovane quanto vissuta.

L'autore accompagna i lettori in una vera e propria esplorazione sociologica, che coinvolge luoghi e volti, dove protagonista è il genere umano con i suoi vizi, i suoi pregi, i suoi difetti, le sue rinunce; in un viaggio tra le continue evoluzioni di una società che non si è trovata ad essere lì, ma che è giunta, si è composta, modificata, sostituita, evoluta negli anni e negli spazi. Spiega e fa conoscere a chi legge chi sia il “vero newyorkese”, raccontandoci come non significa avere antenati e origini inscritte nel territorio, ma far parte di una città e di uno spirito condiviso.

In New York una finestra senza tende, l’autore cammina tra le vie degli isolati, ricorda momenti vissuti in prima persona e riporta aneddoti e nozioni tratte dalle vite degli autori più affezionati alla città, per origine o per vissuto. Aiuta la mente di chi legge a viaggiare, farsi trasportare e prendere confidenza con gli spazi. Cita chiese, locali, metropolitane e palazzi. Invita a visitare i luoghi descritti con un occhio attento e curioso, come quello di chi, di fronte ad una finestra senza tende, non riesce a fare a meno di guardare dentro e capire cosa sta accadendo.

Forse è più semplice leggere New York è una finestra senza tende per chi già, almeno una volta, è stato in città. O per chi sta programmando un viaggio.
Per non perdere la veridicità e l’essenza del contenuto del libro.
Cognetti è un realista, e qui diventa anche un impressionista.


New York è una finestra senza tende di Paolo Cognetti (Laterza) è in libreria, al prezzo di copertina di  14€.

lunedì 21 gennaio 2019

Intervista a Daniela Palumbo su "A un passo da un mondo perfetto", la memoria e la scrittura

Germania, 1944. Iris, la protagonista di A un passo da un mondo perfetto di Daniela Palumbo (Il battello a vapore), ha undici anni, quando si trasferisce con la famiglia in un paese vicino a Berlino.
Il padre è un capitano delle SS promosso a vicecomandante del campo di concentramento che sorge laggiù, mentre la madre è una donna autoritaria con una grande passione per i fiori.


La nuova casa è bellissima, grande e circondata da un immenso giardino, di cui si prende cura un giardiniere. Di lui Iris sa ben poco, sa solo che è ebreo e che tutte le mattine arriva dal campo, per poí tornarci dopo il tramonto. A Iris è vietato rivolgergli la parola perché è pericoloso, ma la curiosità è più forte di lei. Comincia ad avvicinarsi di nascosto a quello sconosciuto con la testa rasata e la divisa a righe. Comincia anche a lasciargli piccoli regali nel capanno degli attrezzi, in un cassetto segreto, e lui ricambia con disegni abbozzati su un quaderno.
Giorno dopo giorno, tra i due nasce un'amicizia clandestina fatta di gesti nascosti e occhiate fugaci, un'amicizia in grado di far crollare il muro invisibile che li separa e di capovolgere il mondo perfetto in cui Iris credeva di vivere.

Abbiamo incontrato Daniela Palumbo a Milano, per scoprire qualcosa di più sul nuovo romanzo dell'autrice già nota ai lettori grazie a romanzi come Le valigie di Auschwitz (Il battello a vapore) e a Fino a quando la mia stella brillerà, scritto insieme a Liliana Segre (Il battello a vapore).
Per una recensione del romanzo, vi rimando alle parole di Paola di MyPoBlog, che ha fatto uno splendido lavoro: le trovate qui.

Raccontare una delle pagine più buie e dolorose della nostra storia ai bambini: che scelte ti trovi a fare nel momento in cui scrivi, pensando a un pubblico di lettori più giovani che ancora si stanno facendo il proprio sguardo sul mondo?
Ho incontrato la Shoah a tredici anni, attraverso la visione di documentari, e ho iniziato a chiedermi come fosse stato possibile un simile orrore, come ci si fosse potuti arrivare.
Ho iniziato a studiare, a volerlo capire.
Per quanto riguarda le scelte, di sicuro quella di non raccontare l'orrore.
Non porto il lettore all'interno del campo di sterminio, non racconto la sofferenza. Sarebbe più facile, forse, ma io preferisco raccontare quello che considero il punto cruciale: l'indifferenza.
La Shoah inizia dall'esclusione, dalle leggi razziali che da un giorno all'altro rendono diversi e isolati bambini che fino al giorno prima si sentivano come tutti gli altri: il campo di sterminio è l'ultimo passo.
I bambini si chiedono questo: come mi sarei comportato? Da che parte sarei stato?

Pensando soprattutto agli ultimi due anni, penso sia impossibile non leggere queste storie ritrovandoci il nostro presente.
Dire ai bambini che i loro coetanei che vengono dal mare meritano meno e valgono meno è qualcosa di molto, troppo simile al dire loro che il compagno di scuola è diverso perché è ebreo.
Ti si pone il problema di gestire questo parallelismo, nei tuoi incontri con i bambini?
Non puoi raccontare la memoria di settanta, ottant'anni fa e pensare che si tratti di una mera cartolina del Novecento. Non è così, e non ha senso.
Se la memoria non ci fa da ponte verso quella che è la realtà presente, non serve a niente.
Di fatto, nel momento in cui ci sediamo a un tavolo e decidiamo che il posto di quelle persone è nei campi libici in cui sappiamo benissimo cosa accade, abbiamo già replicato la storia.
Quello che cerco di trasmettere ai bambini è la necessità di guardarsi attorno, e di porsi di fronte alle ingiustizie  ai loro coetanei in difficoltà la domanda: ma io da che parte sto?
La storia non ci racconta solo che ottant'anni fa sono state proclamate le leggi razziali, ce ne racconta il percorso. La Germania degli anni trenta fu territorio fertile perché attraversata da una profonda crisi economica, esattamente come sta succedendo adesso in Italia e in Europa, e come allora la reazione è di seguire il grido che ci proclama migliori e più meritevoli. Bisogna rifletterci.

Nel tuo romanzo non mancano gli estremi: da un lato Iris si trova a vivere in quello che sembra un paradiso, una grande casa con il giardino in cui la madre può dedicarsi al giardinaggio e il padre può sentirsi affermato e "riuscito", dall'altro la ragazzina è a pochi passi dall'inferno in terra.
Lo stesso inferno al quale ci avviciniamo sempre più seguendola, un passo alla volta, e che scopriamo attraverso i suoi occhi.
Ho dovuto estremizzare, hai detto bene.
La mia paura era quella di riuscire a far convergere piano piano il mondo perfetto di Iris e quello con cui si scontra. E il suo percorso è accidentato. Iris ha causato la morte di un prigioniero, ed è qualcosa che poi porterà con sé tutta la vita: da quando qualcuno le dice, per la prima volta, che le sue azioni hanno delle conseguenze, inizia la sua crescita e la sua strada verso la piena consapevolezza di sé.
Ogni persona che entra nella sua orbita all'interno del libro rappresenta una fase di questo percorso, che non è lineare e che comporta una presa in carico di parte del senso di colpa che l'accompagnerà anche da adulta. Imparare che ogni nostra azione ha delle conseguenze fa parte del processo di crescita di tutti noi, e Iris non poteva fare eccezione.

A un passo da un  mondo perfetto di Daniela Palumbo è una lettura emozionante e coinvolgente, consigliata a ogni età perché portatrice di un messaggio universale, quello di non cedere all'indifferenza e di non perdere la propria capacità di provare empatia verso il prossimo.
A prescindere da chi cerca di dipingerlo come "diverso".

e

A un passo da un mondo perfetto di Daniela Palumbo (Il battello a vapore) è in libreria dal 22 gennaio, al prezzo di copertina di 16€.

giovedì 17 gennaio 2019

"La bambina che custodiva i libri" di Caroline Wallace

Da oggi, il blog ospita le recensioni di Veronica Lempi, già collaboratrice de Gli Amanti dei Libri.
Ecco cosa ha pensato di La bambina che custodiva i libri di Caroline Wallace (Garzanti)!


Se mi chiedessero come descrivere questo libro con una sola parola, risponderei, senza dubbio: strano. Non mi era mai capitato prima d’ora di sentirmi combattuta sulla valutazione di un libro: mi piace o no? Così ho deciso, ci ho riflettuto e ho capito: estremamente avvincente la trama, dolce e a tratti amara storia della protagonista, confuso lo stile di scrittura.
E la scrittura, si sa, fa tutto.
Il libro inizia con una mancata introduzione, “in media res” come si dice in gergo.
Frequenti alternanze di racconto, frammenti psicologici dei protagonisti e lettere scritte a destinatari ignoti fino all’ultimo capitolo, stordiscono un po’ il lettore.
Ma, ammetto, a fine libro, seppur tortuosamente, tutto torna.

Martha Lost è una ragazzina sedicenne nel 1976, che non conosce le sue vere origini. “Trovatella” per comune definizione e sentitamente smarrita da sempre, l’unica certezza che ha è di non potersi - mai, per nessun motivo e in nessuna situazione - allontanare dalla stazione di Lime Street, dove vive insieme alla madre adottiva. La sua è una questione di responsabilità: se abbandona il luogo che è diventato per lei casa, la stazione di Liverpool crolla. È così che la mappa del suo mondo è tracciata da binari e banchine, la rete delle sue relazioni dai chioschi della stazione e le sue giornate sono, straordinariamente, sempre uguali.
Martha è la responsabile dell’ufficio oggetti smarriti più famoso di tutta Inghilterra e sarà proprio questa la variabile che dà il via ad una serie di necessari cambiamenti nella sua vita e snodi nella trama del libro.
Ma chi è, lei, realmente? Ha una data di nascita? Ha fratelli? È stata registrata sul libro degli oggetti smarriti come tutte le altre cianfrusaglie presenti in quell’Ufficio, quando fu trovata?

Si parla di madri perdute per caso ma non per sempre, ritrovamenti di oggetti e di relazioni, ricordi dolorosi per le emozioni che suscitano e per azioni vissute, realmente, sulla propria pelle.
La bambina che custodiva i libri, se affrontato con attenzione morale, ricorda al lettore che è dato a tutti ricevere una seconda possibilità, ma soprattutto, che è sentitamente consigliato a tutti, donarla.
Il perdono non è scontato ma fa bene, risana.
La voglia di scoprire cosa la vita ci offre e cosa ha in serbo per noi dovrebbe, sempre, per tutti, essere più impellente ed ingombrante di ciò che nel passato abbiamo vissuto.
Perché non dare una seconda possibilità a noi stessi, in primis?

La bambina che custodiva i libri parla di amicizia, di amore timido e raffinato, ma anche di quello violento che fa male e che non va né chiamato né pensato come amore.
E Parla di libri, naturalmente. Delegati esploratori di mondi sconosciuti a una piccola donna che non ha mai toccato nulla al di fuori della propria stazione ma che conosce tutto, grazie alla letteratura, ai libri smarriti e alle dediche in essi scritte.
Parla di Liverpool, e fa venire una voglia pazza di prenotare un aereo e partire.
Volando alla scoperta di una città silenziosa e intrigante, sotterranea e segreta, che ha saputo farsi sentire grazie alle melodie di alcune delle canzoni che hanno scritto la storia della musica a livello globale.

Suggerito ai fan dei Beatles, agli amanti dei treni che passano una seconda volta e a tutti gli smarriti che in fondo sanno, da qualche parte nel mondo - che sia nei sotterranei o alla luce del sole - di appartenere a una storia.


La bambina che custodiva i libri di Caroline Wallace (Garzanti) è in libreria, al prezzo di copertina di 16,90€.

martedì 15 gennaio 2019

"Un cuore tuo malgrado" di Piero Sorrentino

Una mattina come tante, per Bianca, quella in cui la sua vita cambia radicalmente: è salita sul suo autobus pronta a percorrere un tragitto familiare, fermandosi per permettere a uno studente in ritardo di salire, certa che le ventiquattr'ore successive sarebbero trascorse come le ventiquattro precedenti.
E invece il destino le ha fatto trovare una station wagon blu scuro sulla sua carreggiata senza preavviso, senza segnali, e quel freno azionato in ritardo di secondi è costato ben più di qualche livido.


I lettori di Un cuore tuo malgrado di Piero Sorrentino (Mondadori) si trovano così ad affiancare la donna nel percorso di guarigione del corpo e dello spirito, che parte dalla fisioterapia e arriva all'elaborazione di un lutto mai del tutto superato, quello per la perdita del padre.
Un cancro che si manifesta e in tre settimane si porta via l'uomo più importante della Bianca ragazzina. Una morte rapida, ma niente affatto indolore.

E ora le morti che tormentano Bianca sono quelle di Giulia e Vittorio, moglie e figlio di sei anni di Dario Spatola, fotografo. Due morti che le impediscono di desiderare davvero di guarire, di tornare a muoversi del tutto, perchè nel profondo del cuore sente di non meritarlo.

Come si guarisce dal senso di colpa, da quel morbo che ti divora dall'interno al pari di un cancro, invisibile agli occhi ma capace di dilaniarti il cuore?
Bianca non lo sa, ma al suo fianco c'è la sorella Margherita, e grazie a lei e a una corrispondenza inaspettata e anticonvenzionale anche la guarigione sembra possibile.

Piero Sorrentino regala ai lettori 147 pagine straordinarie, raccontando il dolore con delicatezza e la rinascita con passione, e la prosa pulita e libera da fronzoli che accompagna la storia di guarigione di Bianca non avrebbe avuto bisogno di una sola parola in più.
Un debutto imperdibile per un autore di racconti che si cimenta per la prima volta con il romanzo: consigliatissimo.

Un cuore tuo malgrado di Piero Sorrentino (Mondadori) è in libreria, al prezzo di copertina di 17€.

lunedì 14 gennaio 2019

Il Trono di Spade: ecco il secondo teaser trailer!

L’attesa è - quasi - finita: mancano 90 giorni all’evento televisivo più atteso dell'anno!
L’ultima stagione de Il Trono di Spade arriverà su Sky Atlantic in esclusiva e in contemporanea con la messa in onda americana: appuntamento nella notte fra il 14 e il 15 aprile.

A svelare la data è il secondo, misterioso ed evocativo teaser trailer della serie rilasciato da HBO appena prima del debutto, ieri, della terza stagione di True Detective, i cui primi due episodi andranno in onda stasera su Sky Atlantic dalle 21.15 e sono già disponibili su Sky On Demand.


Nelle immagini della serie rilasciate nella notte si vedono finalmente riuniti i tre Stark superstiti, Jon Snow, Arya e Sansa, far visita alla cripta di famiglia e onorare le statue di Lyanna (come da rivelazione dell’ultimo episodio della settima stagione, vera madre di Jon), Ned e Catelyn Stark.
Fino all’arrivo di una gelida onda che annuncia la più terribile delle minacce, che metterà in serio pericolo le loro possibilità di rivendicare il trono di Westeros e a repentaglio la stessa sopravvivenza dei Sette Regni.


L'emozione e la curiosità sono ormai alle stelle: chi resiste altri tre mesi?!

Marie Kondo: riordinare in libreria, a fumetti e anche su Netflix

Cercando #konmari su Instagram, trovereste circa 172.000 ordinatissimi scatti.
Dispense, armadi, cassetti perfettamente organizzati grazie ai suggerimenti della fatina giapponese più ordinata al mondo: Marie Kondo.


Eterea e leggiadra, si è fatta strada nelle case di tutto il mondo grazie al suo manuale bestseller, Il magico potere del riordino (Vallardi), caso editoriale dell'anno e tutt'ora di grande successo.
Abbastanza da pubblicarne un secondo, 96 lezioni di felicità (Vallardi), e da riproporre i concetti del suo esordio anche in chiave manga, con la dolce storia di Chiaki tra appartamenti disordinati e affascinanti vicini di casa. Quelli che non hai mai nella vita vera, ma in La magia del riordino (Vallardi) c'è, e con lui anche un lieto fine.


Insomma, basta avventurarsi in libreria, o al supermercato, e la magia del riordino - e della pulizia, è utile sottolinearlo - sembra essere davvero a portata di mano.
Il metodo #konmari insegna ad abbandonare il superfluo, dimenticarsi dell'accumulo e concentrarsi su ciò che riempie la vita di gioia. Via gli abiti che non fanno sentire a proprio agio, via le vecchie scartoffie, via quell'inutile gadget culinario che, ammettettelo, non avete mai nemmeno estratto dalla confezione. Spazio a quel vestito che vi fa sentire sexy, ai libri che vi hanno fatto battere il cuore, alle foto che volete riguardare negli annia venire (debitamente riposte in album o scatole adeguate).

Era solo questione di tempo perchè si iniziasse a parlare di televisione, e non ha stupito nessuno l'annuncio di una serie Netflix che vedesse Marie Kondo immersa fino al collo nel disordine di normali famiglie sparse per gli Stati Uniti.
Facciamo ordine con Marie Kondo ha debuttato sulla piattaforma mondiale il primo gennaio, ma è davvero il programma che ci si aspettava?


Sì... e no.
Sebbene il metodo #konmari sia al centro della struttura narrativa di ogni puntata, ha purtroppo prevalso la tendenza allo psicodramma tipica di questo format oltreoceano: è un attimo che si abbandoni la spiegazione delle tecniche di Marie Kondo per dedicare minuti interi a quella che diventa una seduta di psicoterapia di gruppo (gratuita) per famiglie.

Per chi fosse interessato a riordinare, e al farlo seguendo i consigli di quella che ne è diventata il baluardo, restano preferibili i libri, dei quali il manga costituisce una perfetta e più che esaustiva sintesi: restano i concetti chiave, spariscono le numerose ripetizioni che caratterizzavano il primo manuale (disponibile anche su Audible).
Se invece non dite mai di no al gusto trash della psicologia spicciola, non resterete delusi: qui abbonda, ben più di quanto sarebbe stato necessario.

Resta il potere di Marie Kondo, che non si limita a dire "buttate via tutto" (anche se, vedendo certe case, ve ne verrà voglia) ma anzi, insegna cosa conservare e perchè.
E se è vero che all'ordine esteriore corrisponde una dose uguale di pace interiore, forse vale la pena provarci: è difficile trovare qualcuno che sembri più in pace con se stesso della tenace giapponesina attualmente in tour a New York, impegnata a riordinare le sedi di ogni rivista indossando abiti da sogno firmati Phillip Lim e Proenza Schouler.
Riordinare paga. Eccome.

"Una donna indipendente" di Elizabeth von Arnim

Jo March, il giorno del suo ventiseiesimo compleanno, prendeva coscienza del fatto che molto probabilmente non si sarebbe mai sposata. Avrebbe accudito i genitori e gioito dell'affetto di sorelle, cognati e nipoti, ma nulla di più.


Un destino simile è quello che sembra essere destinata Rose-Marie Schmidt, venticinquenne di bella presenza che vive con la famiglia a Jena. Aiuta i genitori a gestire la casa, soprattutto da quando a causa delle ristrettezze economiche hanno iniziato ad ospitare studenti e viaggiatori, e certo non si aspetta di incontrare qualcuno come Roger Anstruther.
Un giovanotto inglese a modo, desideroso di imparare il tedesco grazie alle lezioni del padre di Rose-Marie, che prima di tornare in Inghilterra dove lo attende la difficile carriera diplomatica prende la ragazza tra le braccia e la bacia appassionatamente, chiedendole di sposarlo.

Ed è questo bacio, quest'unica parentesi di sorpresa ed eccitazione nella vita altrimenti monotona di Rose-Marie, a dare il via a uno scambio epistolare serrato (del quale, però, ci è dato leggere solo una parte: le missive di Roger sono assenti) attraverso cui seguire l'evolversi di questo sentimento acerbo e poco definito.
La ragazza crede davvero a una promessa di matrimonio sussurrata di corsa, prima di salire su una carrozza? Forse, o forse no: la storia di Rose-Marie non è semplicemente quella di una fanciulla in attesa di coronare il suo sogno d'amore.

Le lettere di Rome-Marie, infatti, guidano il lettore attraverso le tappe di quello che è un vero e proprio percorso di crescita personale e di consapevolezza di sè. Se sarà davvero possibile per lei diventare "una donna indipendente" lo si scoprirà solo leggendo le sue lettere fino alla fine, ma una cosa è certa: ogni pagina è brillante, ogni paragrafo una scoperta.
L'umorismo sottile e l'acuta ironia che hanno reso Elizabeth von Arnim una delle autrici più amate fanno capolino da ogni lettera, e rendono il romanzo godibile quanto una passeggiata nella campagna tedesca in primavera.


Una donna indipendente di Elizabeth von Arnim (Bollati Boringhieri) è in libreria, al prezzo di copertina di 17€.

venerdì 11 gennaio 2019

"L'esercizio del distacco" di Mary B. Tolusso

Le atmosfere e le emozioni suscitate da Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro sono dappertutto, nel breve romanzo di Mary B. Tolusso, e forse non è un caso.
Anche stavolta un triangolo d'amore e amcizia in cui sentimenti come affetto, desiderio, passione si fondono come solo durante la prima adolescenza può accadere, anche qui parole come "vita" e "morte" hanno un significato speciale.


L'esercizio del distacco (Bollati Boringhieri) è un piccolo gioiello di carta e inchiostro, che racchiude un intero universo di sentimenti e poesia nelle sue 165 pagine.
Impossibile non sentirsi immediatamente partecipi delle vite di Emma, David e della voce narrante femminile che accompagna i lettori verso la risoluzione di un mistero del quale a tratti sembra di intravedere la risoluzione, ma che si svela nella sua interezza solo a poche pagine dalla fine.

Il fascino dei collegi, soprattutto se isolati e misteriosi, sembra non mostrare segni di cedimento, e quello descritto da Mary B. Tolusso è intrigante al punto giusto. Un ambiente protetto, o forse solo tagliato fuori dal mondo "vero", in cui con la scusa dell'adolescenza non si prepara davvero nessuno alla vita adulta, parafrasando le parole di uno dei personaggi più riusciti del volume.
Ma perchè formare i ragazzi in modo così singolare? Perchè insistere sulla necessità di controllare le proprie passioni e i propri sentimenti, quando fuori c'è un intero universo di sensazioni da provare?

Ad insegnare qualcosa sulle passioni e le emozioni alla protagonista e voce fuori campo sarà Nicolas, ragazzo fuori dagli schemi, dal pensiero limpido e dal cuore coraggioso.
Grazie a lui, "vita" e "morte" avranno di nuovo il giusto significato.
E chissà, forse anche la domanda esistenziale che prima o poi tutti si pongono - perchè sono qui? - troverà una risposta.

É una grande storia d’amore e amicizia, malinconica come una poesia scritta di getto durante una giornata di pioggia, e allo stesso tempo è una profonda riflessione sulla vita e sul senso del nostro stare al mondo. Cosa rende la vita degna di essere vissuta? E quanto dovrebbe durare?
Cosa si è disposti a fare, per vivere più a lungo?
La risposta, o meglio, una delle risposte possibili, è quella che i protagonisti di L'esercizio del distacco trovano nel corso degli anni, tra amicizie diluite dal tempo, passioni che sembrano invece resistere a ogni intemperia dell'anima, e una sempre più forte presa di coscienza del fatto che forse non conta quanto si vive, ma come - e per chi -.


L'esercizio del distacco di Mary B. Tolusso (Bollati Boringhieri) è in libreria, al prezzo di copertina di 14€.

mercoledì 9 gennaio 2019

"Gli scomparsi di Chiardiluna" di Christelle Dabos

Il secondo volume di una saga è sempre il più difficile. Da scrivere e da leggere.
È dove autore e lettore si mettono in gioco: sarà all'altezza del primo, o, all'estremo opposto, riuscirà a riconquistarci dopo un inizio traballante?
Christelle Dabos, con Fidanzati dell'inverno (Edizioni E/O) ha conquistato i lettori italiani, ma accadrà anche con Gli scomparsi di Chiardiluna?


Sì, perchè l'autrice poco meno che quarantenne si conferma una delle più interessanti novità del panorama fantasy europeo, capace di regalare al suo esordio di un successo un seguito impeccabile.
Praticamente perfetto sotto ogni aspetto, se vogliamo cedere alla facile citazione.

Rendere reale un mondo fantastico è un'impresa ardua, soprattutto quando ci si discosta dal facile ricorso a elfi e fate, ma ogni aggettivo, sostantivo e sì, persino la punteggiatura, contribuisce a far vibrare di vita e colore un universo in cui, forse, non ci dispiacerebbe ritrovarci.

Al centro di tutto, brilla come la stella più luminosa il rapporto tra Ofelia e Thorn, che si evolve con delicatezza, senza fretta, attraverso parole e silenzi.
Impossibile restare indifferenti alla dolcezza con cui l'autrice guida la sua protagonista nella scoperta dei propri sentimenti per l'individuo che riteneva di odiare di più, un promesso sposo non richiesto rivelatosi però molto, molto di più.
Da tenere d'occhio Faruk, candido spirito di famiglia privo di memoria, che affida a Ofelia una missione apparentemente impossibile ma che, soprattutto, riesce nel difficile intento di spaventare il lettore e, allo stesso tempo, suscitarne la compassione.

Ma non sarebbe un romanzo di Christelle Dabos se non ci fossero avventure mirabolanti, misteri da risolvere e segreti da svelare, giusto?
Ed è proprio questo a renderne la lettura coinvolgente ed appassionata: Gli scomparsi di Chiardiluna è un libro che non si lascia posare sul comodino.
Non stupitevi se vi troverete svegli, alle prime luci dell'alba, con un romanzo finito e un bisogno smodato di caffè: è l'effetto Dabos. Nessun lettore è immune, e l'unica cura è l'attesa spasmodica del terzo volume.


Gli scomparsi di Chiardiluna di Christelle Dabos (Edizioni E/O) è in libreria, al prezzo di copertina di 16€.

martedì 8 gennaio 2019

"La vita inizia quando trovi il libro giusto" di Ali Berg e Michelle Klaus

«Se la sua vita fosse stata un libro, Frankie l'avrebbe intitolato Delusione, definendo così degnamente il disastro che erano la sua carriera, la sua famiglia e, naturalmente, la sua vita sentimentale.»

Impossibile non ritrovarsi nelle parole della protagonista di La vita inizia quando trovi il libro giusto di Ali Berg e Michelle Klaus (Garzanti), Frankie. Nome per esteso: Frankston, al quale è legata una storia bizzarra alla quale non le piace pensare troppo spesso.
Chi non si è mai sentito così? Deluso dalla vita e, soprattutto, da se stesso?
Dopo che le stroncature ai suoi due romanzi le hanno tolto il piacere di scrivere, la ragazza si è rifugiata nella libreria della sua migliore amica, dove le ore scorrono lente ma gradevoli.
Se solo ci fosse almeno qualcuno da cui tornare la sera...
Ed ecco che, all'improvviso, un piano si fa strada nella sua mente: e se usasse proprio i suoi amati libri per trovare l'uomo giusto?
Uno a cui piacciano le sue stesse letture sarebbe il compagno perfetto, no?


Molte copie dopo, ognuna rigorosamente corredata di messaggio e indirizzo email per permettere al fortunato di rintracciarla, Frankie ha collezionato una serie di incontri improbabili, il cui resoconto alimenta un blog ironico che colleziona sempre più lettori.
La voglia di scrivere è tornata, insomma, e il responso è decisamente positivo.

Sarebbe tutto perfetto, se non fosse per Sunny. Un affascinante sconosciuto incontrato in libreria, e poi in treno, e poi frequentato per settimane. Sunny che per lei ha messo da parte le sue paure, Sunny che ha un unico difetto: non legge i libri che Frankie ama, ma è anzi un appassionato di letteratura epr giovani adulti. Soprattutto, Sunny che non sa nulla del blog, degli appuntamenti, dei libri sparsi per la città. Come dirglielo? E come abbandonare un progetto che potrebbe addirittura farle ottenere un contratto per un nuovo libro?

Quello di La vita inizia quando trovi il libro giusto è un caso editoriale che ha conquistato tutto il mondo: a pochi giorni dall'uscita ha scalato le classifiche internazionali grazie a un passaparola inarrestabile. Un successo meritato, perché Ali Berg e Michelle Klaus hanno fatto centro.
Una prosa libera da ogni inutile fronzolo, divertente e scanzonata quanto emozionante e sì, a tratti persino commovente racconta quello che, in fondo, è il sogno di ogni lettore: l'incontro con uno spirito affine, che stringa anch'esso un libro tra le mani.
Dimenticate i "libri sui libri" che citano i soliti sei/sette volumi, perché le autrici hanno fatto un lavoro di selezione accurato e compilato, attraverso il racconto della storia di Frankie e Sunny, una meravigliosa lista di letture che spazia da La magia delle cose perse e ritrovate di Brooke Davis a Dio di illusioni di Donna Tartt, passando per L'uccello che girava le viti del mondo di Haruki Murakami e Piccole donne di Louisa May Alcott.
Tranquilli: c'è anche Jane Austen. Ma è un sollievo trovare un universo letterario che si estenda al di là di Orgoglio e pregiudizio, per una volta.

Fondatrici di Books on the Rail, progetto di bookcrossing alternativo che prevede la diffusione di volumi sui mezzi pubblici e che ha ispirato il romanzo, Ali Berg e Michelle Klaus conquisteranno i lettori, quella razza magica che crede nel potere delle storie e della parola scritta, e nella loro capacità di cambiarti la vita.


La vita inizia quando trovi il libro giusto di Ali Berg e Michelle Kalus (Garzanti) è in libreria, al prezzo di copertina di 17,90€.

lunedì 7 gennaio 2019

"Acque strette" di Julien Gracq

Un'escursione in barca sull'Èvre, piccolo fiume che si getta nella Loira, insieme a Julien Gracq.
Questo, in estrema sintesi, ciò che vi trovereste tra le mani se stringeste una copia di Acque strette (L'Orma Editore).

Paesaggi, campi, scogliere, boschi, ginestre accompagnano un tragitto familiare, ripetuto nelle diverse stagioni della vita, che qui trascende in viaggio iniziatico nel cuore stesso della creazione letteraria. E a pelo d'acqua si attiva la memoria, si accendono fantasticherie associative che collegano in un'unica costellazione i diversi astri del personale firmamento artistico di Gracq: il profilo di un castello sulla riva richiama alcuni versi di Nerval, e su quelli si innerva un immaginario poetico in un magistrale mescolarsi di ricordo e percezione, esperienza e chimere.


Ogni foglia una proustiana madeleine, ogni goccia d'acqua un sussulto del cuore, contemplazione e memoria fuse fino a quasi confondersi: facile perdere il contatto con la realtà e il tempo presente, facile chiedersi se, in fondo, quella gita sul fiume abbia davvero luogo.

Quella di Julien Gracq (1910 - 2007) è una prosa dal sapore onirico, ammaliante e sinuosa quanto il corso del fiume: voltare l'ultima pagina significa svegliarsi dall'incanto di una visione di fronde rigogliose e pigre correnti, tornando bruscamente alla realtà.
Da leggere per evadere, e per farsi catturare ancora una volta dalla magia della parola scritta, così ben padroneggiata e distribuita sulla pagina con la stessa grazia con la quale Monet avrebbe dipinto i colori e i movimenti di quello stesso Èvre. Ogni aggettivo è una pennellata, ogni virgola una rifinitura.

Dell'autore francese si ricorda anche La riva delle Sirti, suo indiscusso capolavoro valsogli nel 1951 il premio Goncourt (che non accettò), anch'esso da riscoprire nel catalogo sempre più ricco e interessante di L'Orma Editore.


Acque strette di Julien Gracq (L'Orma Editore) è in libreria, al prezzo di copertina di 13€.

venerdì 4 gennaio 2019

TINTORETTO. Un ribelle a Venezia: la nuova produzione firmata Sky Arte nelle sale a fine Febbraio

In occasione dell’anniversario dei cinquecento anni dalla nascita, arriva in anteprima nelle sale cinematografiche italiane Tintoretto. Un ribelle a Venezia, un nuovo esclusivo docu-film firmato da Sky Arte dedicato alla figura di un pittore straordinario, mutevole e cangiante, istintivo e appassionato.


Figlio di un tintore, da cui il suo nome d’arte, Tintoretto (1519-1594) è infatti l’unico grande pittore del Rinascimento a non aver mai abbandonato Venezia, nemmeno negli anni della peste. Immergendovi nella Venezia del Rinascimento e attraversando alcuni dei luoghi che più conservano la memoria dell’artista, dall’Archivio di Stato a Palazzo Ducale, da Piazza San Marco alla Chiesa di San Rocco, verrete così guidati attraverso le vicende di Jacopo Robusti, in arte Tintoretto, dai primi anni della sua formazione artistica fino alla morte, senza trascurare l’affascinante fase della formazione della sua bottega, luogo in cui lavorano anche alcuni dei suoi figli, Domenico, che erediterà l’impresa del padre, e l’amatissima Marietta, talentuosa pittrice.


Attraversando la vita del pittore, un artista spregiudicato e inquieto caratterizzato da un’infinita voglia di indipendenza e un amore assoluto per la libertà, Tintoretto. Un Ribelle a Venezia delineerà i tratti della Venezia del 1500, un secolo culturalmente rigoglioso che vede tra i suoi protagonisti altri due giganti della pittura come Tiziano e Veronese, eterni rivali di Tintoretto in un’epoca in cui la Serenissima conferma il suo dominio marittimo diventando uno dei porti mercantili più potenti d’Europa e affronta la drammatica peste del 1575-77, che stermina gran parte della popolazione lasciando un segno indelebile nella Laguna. È proprio durante la peste che Tintoretto crea il suo ciclo più importante. In una Venezia deserta, cupa e spettrale, con i cadaveri degli appestati lungo i canali, Tintoretto rimarrà in città per continuare la sua più grande opera: il ciclo di dipinti della Scuola Grande di San Rocco, una serie di teleri che coprono la maggior parte delle pareti dell’edificio intitolato alla celebre confraternita. Nessuno all’epoca, nemmeno Michelangelo nella Cappella Sistina, vantava di aver firmato ogni dipinto all’interno di un edificio.

Ideato e scritto da Melania G. Mazzucco e con la partecipazione straordinaria del regista Peter Greenaway, il film sarà narrato dalla voce di Stefano Accorsi e arriverà nelle sale cinematografiche solo per tre giorni, il 25, 26, 27 febbraio 2019, distribuito da Nexo Digital nell’ambito del progetto della Grande Arte al Cinema.


Ad accompagnare lo spettatore attraverso le vicende di Tintoretto, saranno chiamati numerosi esperti come gli storici dell’arte Kate Bryan, Matteo Casini, Astrid Zenkert, Agnese Chiari Moretto Wiel, Michel Hochmann, i co-curatori della mostra Tintoretto 1519-2019 di Palazzo Ducale, Frederick Ilchman e Tom Nichols, le scrittrici Melania G. Mazzucco e Igiaba Scego, le restauratrici Sabina Vedovello e Irene Zuliani, impegnate nel restauro delle Due Marie di Tintoretto.
Il documentario osserverà infatti anche le analisi dettagliate che permetteranno a una squadra italiana di restaurare due capolavori di Tintoretto: Maria in meditazione (1582 – 1583) e Maria in lettura (1582 – 1583). Grazie al sostegno di Sky Arte, le due tele saranno infatti restaurate prima di essere esposte all’interno della mostra monografica di Tintoretto alla National Gallery of Art di Washington, in occasione dell’anniversario dei cinquecento anni dalla nascita di Tintoretto, che avverrà nel 2019.

Sky Arte festeggia i 500 anni dalla nascita del grande pittore veneziano lanciando, in contemporanea al documentario, anche un’inedita biografia a fumetti. Tintoretto. Un ribelle a Venezia è infatti anche una graphic novel per lettori dai 14 anni in su, scritta da Alberto Bonanni su disegni di Gianmarco Veronesi. Il volume ripercorre in quattro capitoli a colori la vita dell'artista veneziano e la sua presunta rivalità con un altro maestro della scena artistica del '500: Tiziano Vecellio.
Si tratta della prima pubblicazione a fumetti realizzata da Sky Arte in collaborazione con TIWI, studio creativo già editore del premiato marchio di albi illustrati per la prima infanzia minibombo.
Il volume sarà disponibile in tutte le librerie da marzo 2019, e sarà preordinabile qui.

Lavoro da casa e produttività: ecco come dare il massimo!

«Lavori da casa? Che fortuna!»
Sì... e no. Da un lato sembra bello potersi rilassare in abiti comodi nella propria abitazione, circondati dalle proprie cose, e gestire il proprio tempo in autonomia.
Dall'altro, non uscire per andare a lavorare rischia di trasformarvi in persone che lavorano sempre.
O che faticano a concentrarsi, distratte proprio da tutte quelle cose che sembrava così allettante avere attorno.

Il primo passo per riuscire a dare il massimo?
Creare un ambiente di lavoro stimolante e (se possibile) separato.
Scegliete un angolo della vostra casa privo di distrazioni, e partite da qui. Se riuscite a designare un'area reale al lavoro, vi aiuterà. Ad esempio, lavorare al tavolo della cucina potrebbe degenerare in una sessione di lavaggio piatti. Non solo volete essere sicuri di trovarvi in una zona isolata e senza distrazioni della vostra casa quando lavorate, ma vorrete anche assicurarvi che questo spazio sia stimolante. Dev'essere piacevole trascorrervi del tempo, e deve mantenere viva la vostra creatività: via libera alle decorazioni, e un occhio di riguardo per l'illuminazione. La vista non va stancata!

Iniziate a lavorare valutando la lista delle cose da fare, per poi pianificare la vostra giornata in "blocchi" dedicati alle varie attività. In questo modo, la giornata sembrerà più strutturata. Potreste anche decidere di pianificare i vostri allenamenti, le pause pranzo, le pause caffè, ecc., in modo da poter prendere fiato durante il giorno. Il modo più semplice per procurarsi un esaurimento da lavoro è lavorare ventiquattro ore su ventiquattro, quindi è molto importante creare un equilibrio tra lavoro e vita privata se si lavora da casa.


Con così tanto tempo passato a casa, è facile perdere il conto delle ore e delle fasi della giornata (ad esempio, perdere di vista gli orari dei pasti, e magari improvvisare anche per quanto riguarda "la sostanza" degli stessi). Fate uno sforzo e consumate pasti e spuntini sani a intervalli regolari, in modo da mantenere costanti i livelli di energia per tutto il giorno.

Può essere estremamente produttivo alzarsi presto e spuntare qualche voce dalla to-do list personale, prima di affrontare quella lavorativa. Se avete commissioni importanti da sbrigare, infatti, vi assilleranno in background rendendovi meno concentrati sul lavoro, e decisamente meno produttivi. Programmate di avere del tempo riservato alle vostre faccende private prima e dopo il lavoro, ma non mischiate le due cose.

Lavorare da casa vi dà flessibilità. Tuttavia, potreste trovarvi di fronte al computer al di fuori del normale orario di lavoro, nel tentativo di spuntare una voce in più dalla vostra lista di cose da fare. Sebbene ciò possa alleggerire nell'immediato il vostro carico di lavoro, è fondamentale anche trascorrere del tempo di qualità con le persone care. Spegnete tutto, e dedicatevi alle relazioni personali e agli hobby, per creare un sano senso di equilibrio.
L'equilibrio resta la chiave di tutto.