giovedì 16 luglio 2020

Juliet Grames: intervista all'autrice di "Stella Fortuna che morì sette o forse otto volte"

Dallo scorso anno, il blog ospita le recensioni e le interviste di Veronica Lempi, già collaboratrice de Gli Amanti dei Libri. Ha intervistato per noi Juliet Grames, autrice de Storia di Stella Fortuna che morì sette o forse otto volte (HarperCollins) lo scorso dicembre a Milano, ed ecco cola le ha raccontato!

È da poco in libreria il primo romanzo di Juliet Grames, l’autrice americana con origini italiane che ha già fatto impazzire connazionali e non negli USA. Storia di Stella Fortuna che morì sette o forse otto volte (HarperCollins) racconta una storia fatta da e di donne, un viaggio nel più profondo significato dell’avere radici solide e una strepitosa ambientazione tutta italiana, dove la Calabria è protagonista.

Come è nato il libro? È una storia inedita e un modo di raccontare piuttosto inusuale.
Questa è la storia di due sorelle nate in Calabria, nell’epoca della Prima Guerra Mondiale e della loro vita davvero molto lunga: 100 anni! Quando erano bambine erano migliori amiche, ma nel momento in cui il lettore le incontra, non si parlano da 30 anni. Il libro parla del motivo che ha portato queste due donne a separarsi l’una dall’altra, le loro avventure e le loro vite così lunghe. In tutto ciò è troviamo la protagonista, Stella, che ha sperimentato il rischio di morte 7 o 8 volte durante la sua vita: è una persona molto sfortunata. È una storia che parla di immigrazione e di un’esperienza italo-americana, è la storia del Sud Italia e degli anni difficili delle Guerre. Più di tutto mi ha ispirata la storia della mia nonna, la sua vita e le sue esperienze così rischiose a causa delle condizioni di quegli anni (come la mancata assistenza sanitaria, ndr), che ha rischiato di morire 7 o 8 volte... È naturalmente stata romanzata, perché è mancata quando avevo solo 5 anni e non ho mai avuto l’opportunità di parlare con lei della sua esperienza diretta, né di porle domande sulla sua vita, per cui ho personalmente creato il personaggio di Stella.

Il tuo rapporto con l’Italia è così profondo, come lo racconti nel libro? O deriva solo dalla necessità di ambientare la vicenda?
Ho un rapporto molto molto profondo con l’Italia. Mia mamma è nata in America, ma i miei nonni sono entrambi nati in Italia, sono poi emigrati. Sono cresciuta con uno spirito del tutto italiano in famiglia: passiamo le festività tutti insieme, in completo stile italiano. Più crescevo e più mi rendevo conto di essere davvero orgogliosa delle mie origini e del mio patrimonio culturale italiano. Quando sono diventata un po’ più grande, in grado di fare ricerca e apprezzare, ho iniziato a desiderare fortemente di leggere ed informarmi sulla Calabria, e tutti i luoghi del Sud Italia che fanno parte delle origini della mia famiglia. Mi risultava difficile, però, portare avanti queste ricerche da lontano e soprattutto in lingua inglese, così ho iniziato a visitare la Calabria, a Ievoli, dove è nata mia nonna, ed in Italia più in generale, per provare a capire meglio quello di cui mi stavo interessando: da dove veniva la mia famiglia, le usanze… questo libro è stato per me una grande opportunità di sentirmi sempre più vicina alle mie radici.

All’inizio del libro, una delle protagoniste dice di aver scoperto la storia di Stella solo una volta diventata adulta. Anche questo punto rispecchia la storia vera? 
Una buona parte è romanzata, come dicevo, ma la restante ripercorre la storia di mia nonna. È mancata quando avevo 5 anni a causa di un incidente che ha le condizionato le funzioni celebrali e io, a quel punto, ho iniziato a diventare letteralmente ossessionata da lei e dalla sua vita: volevo saperne il più possibile. Ho iniziato personalmente ad indagare sulla sua storia, a comprendere lei, la sua famiglia, il luogo da cui proveniva e il perché, fin da quando ero una piccola bambina. Questa è la differenza tra me ed il personaggio di cui parli.

Penso che le storie delle nonne, vengano sempre fraintese. Le nostre nonne hanno dovuto essere femminili, sempre gentili, e molte altre cose… Ci sono nonne con storie tragiche e difficili e io volevo scoprire perché queste donne hanno avuto una vita così difficile. In parte desideravo scrivere questa storia, per provare a recuperare l’eredità che queste donne ci hanno lasciato.

Ho letto che diversi articoli negli USA hanno parlato del tuo libro facendo cenno al femminismo e tu hai appena parlato di nonne, di donne, di storia…. Quindi, quanto e come secondo te due temi come le nostre nonne ed il femminismo, sono legati tra loro? Ed inteso in modo gentile e naturale, non come una reazione strillata, in risposta ad una condizione ormai diventata estrema. Quanto possiamo e dobbiamo imparare dalle nostre nonne?
Credo che quello che dobbiamo fare, prima di tutto, sia parlare con le nostre nonne. Questo perché, certamente i nostri nonni hanno lavorato sodo per noi, ci hanno permesso di avere delle eredità per il fatto che fossero loro a controllare le terre, i soldi, ottenere il visto per andare all’estero e mantenere la famiglia unita. E per questo dobbiamo assolutamente onorarli e ringraziarli. Ma il problema, è che allo stesso modo non sempre si comportavano da persone gentili e carine, oppure, se anche lo facevano, vivevano una vita quotidiana dura e difficoltosa – come per esempio quella di un ipotetico contadino di un piccolo paese del Sud, che non aveva soldi e che lavorava 18 ore al giorno e che si vedeva i propri figli morire a causa della malaria – una volta arrivati a casa odiavano la vita e il mondo intero. L’unica cosa su cui avevano il pieno controllo erano le loro mogli. Per anni e anni ci siamo trovati a salvare e tramandare la storia dei nostri patriarchi, perdendone la verità a proposito delle donne che stavano accanto a loro. E con questo tutto ciò che queste donne hanno sofferto, il loro modo di pensare, il "cosa, come e perché" di quello che facevano. Non dobbiamo proteggere la storia, nascondendola. L’unica via per cambiare le cose, e quindi l’unico approccio davvero femminista che ci permette di capire chi siamo come donne, è quello di ascoltare le nostre nonne con maggior compassione e comprendere che le scelte che hanno fatto sono scelte dure, non belle, non piacevoli. Penso che una delle cose più femministe che noi possiamo fare sia relazionarsi e non perdere il racconto delle nonne.

Come è avvenuta la ricerca delle informazioni? Quali sono state le tue fonti?
Nell’inverno del 2015 sono volata in Calabria e ho provato ad intervistare più donne possibili dell’età di mia nonna, ovvero nate circa nel 1920/1930. A proposito, sono giunta ad una conclusione: queste signore vivono in montagna, in una zona molto molto ripida dove la chiesa è posizionata in cima a tutto, se si recano alla chiesa ogni giorno, e lo fanno!, abbiamo capito perché la loro salute cardiovascolare sia così resistente.
Tornando a Stella: è quindi un personaggio che ho creato unendo le parole e le testimonianze di diverse donne, con le sue caratteristiche.
Io sono laureata in storia e mi appassiona cercare informazioni, fare ricerca, leggere libri. Ma è molto molto difficile reperire informazioni circa la storia della Calabria di quegli anni, a causa di un problema di forte analfabetismo. È per questo che ho scelto di recarmi direttamente a Ievoli e, oltre alle interviste, ho iniziato ad imparare e conoscere alcune canzoni, che per me sono state davvero importanti. Seppur siano per la maggior parte in dialetto, trasmettono appieno l’atmosfera di quegli anni. La mia preferita si chiama Ciucciu Bellu, che a mio parere esprime in toto la miseria di queste persone ed il loro strazio nel perdere l’animale, ancora di più che perdere la propria moglie. (ce l’ha cantata in dialetto, live!, ndr). Ma oltre a questo anche le ricette.

Sono innamorata dei proverbi calabresi, all’inizio di ogni intervista chiedevo a queste donne quale fosse il loro proverbio preferito e ne sono riuscita a collezionare 120! Nel libro ne ho utilizzati 13.

Ti hanno scritto molti italiani, quando è uscito il libro negli Stati Uniti?
Sì, moltissimi. Ero davvero agitata, perché la tipicità delle famiglie italo-americane, non sempre risulta positiva nel libro, ci sono molti aspetti duri. Il mio obiettivo principale era raccontare la verità a proposito di quello che accadeva alle donne, non nascondendo più nulla. Penso che gli italo-americani siano ancora molto spaventati dal pregiudizio, sai, centinaia di anni fa quando le famiglie italiane arrivarono negli Stati Uniti furono da subito mal viste, etichettate come "stupide" e milioni di altre cose… e ancora oggi si sentono di dover stare sulla difensiva rispetto a questo tipo di percezione nei loro confronti. Ero agitata perché temevo che gli italiani mi potessero scrivere commenti poco piacevoli, dopo aver letto il libro, ma fino ad ora (a parte un paio) ho ricevuto centinaia e centinaia di messaggi da persone che mi ringraziavano, che mi dicevano di aver dato luce al ricordo della loro nonna, o alle storie delle loro nonne che non hanno mai avuto occasione di poter scoprire da soli perché purtroppo non hanno mai conosciuto le loro nonne. In qualsiasi caso, la questione è che è stata un’esperienza davvero coinvolgente, la comunità italo-americana è stata davvero gentile nei miei confronti.
Ero agitata anche perché il mio nome non ha per nulla le sembianze di un nome italiano! E il mio viso nemmeno. In America esiste un movimento letterario chiamato "Unvoices", che dà voce a tutte quelle storie personali, poco raccontate. Ma a scriverle deve essere chi le conosce da vicino, per esempio: la storia della comunità nera, non può essere scritta da una persona bianca. Sarebbe assolutamente mal vista e poco credibile. Io, quindi, temevo di essere criticata in quanto non chiaramente di origini italiane. Ma sono stata fortunata!


Storia di Stella Fortuna che morì sette o forse otto volte di Juliet Grames (HarperCollins) è in libreria, al prezzo di copertina di 19,50€.