martedì 23 maggio 2017

Intervista a Jill Santopolo, che ci racconta "Il giorno che aspettiamo"

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Maggio è stato un mese ricco di uscite, ma forse il romanzo che mi ha emozionata di più è stato "Il giorno che aspettiamo" di Jill Santopolo, edito Nord (rilegato a 17,60€):
Una luminosa mattina di fine estate, un ragazzo e una ragazza s’incontrano all’università, a New York, e s’innamorano. Sembra l’inizio di una storia come tante, ma quel giorno è l’11 settembre 2001 e, mentre la città viene avvolta da un sudario di polvere e detriti, Gabe e Lucy si baciano e si scambiano una promessa. E due vite si fondono in un unico destino.
Tredici anni dopo, Lucy è a un bivio. E sente la necessità di ripercorrere con Gabe le tappe fondamentali della loro relazione, segnata da scelte che li hanno condotti lungo strade diverse, lungo vite diverse. Scelte che tuttavia non hanno mai reciso il legame profondo che li ha uniti per tutti quegli anni. Così Lucy gli parla dei loro primi mesi insieme. Del loro amore intenso, passionale, unico. In una parola: puro. E poi di come Gabe avesse infranto quella purezza, decidendo di partire, di andarsene da New York per accettare l’incarico di fotografo di guerra in Iraq. Perché lui sentiva di doverlo fare, perché ciò che accadeva nel mondo era più importante di loro. Una scelta che aveva aperto nel cuore di Lucy una ferita che lei pensava non sarebbe guarita mai. E che, invece, era stata curata da Darren, l’uomo che lei avrebbe scelto di sposare. Eppure quella ferita si riapriva ogni volta che Lucy riceveva una mail o una telefonata da Gabe, e ogni singola volta che lo aveva rivisto nel corso degli anni. Poi era arrivata quella volta, era arrivato quel giorno...
Lucy custodisce un ultimo segreto, ed è giunto il momento di rivelarlo a Gabe.
Sono state tutte le loro scelte a condurli fin lì. Adesso un’altra, ultima scelta deciderà il loro futuro.

Ho avuto l'opportunità di incontrare l'autrice insieme ad altre due blogger, e di intervistare l'autrice da Fioraio Bianchi Caffè davanti a un bicchiere di vino bianco: ecco com'è andata!

Partiamo subito da uno dei protagonisti del romanzo, il primo amore.
Quanto del tuo primo amore è finito del romanzo, nel raccontare la storia di Gabe e Lucy?
Sicuramente il mio primo amore mi ha ispirata, perchè il primo amore è qualcosa di magico.
Non è forse magico incontrare per la prima volta qualcuno che ti ama per quello che vede in te, per quello che sei? E non lo è la scoperta di poter amare qualcuno per ciò che è?
Il primo amore ti cambia, e anche se poi finisce una parte di esso sarà sempre dentro di te.

Impossibile non notare un binomio amore-distruzione, soprattutto pensando a come l'amore tra Gabe e Lucy nasca proprio quando tutto sembra distrutto, con il crollo delle Torri Temelle l'undici Settembre 2001. Com'è stato scrivere di amore associato a un momento così difficile della nostra storia, e quanto ti ha toccata?
Mi ha toccata moltissimo, ma partiamo dall'undici Settembre. Quel giorno ero a New York, ed è stato un giorno in cui, come mai prima, ci siamo sentiti vulnerabili, deboli, in pericolo.
L'incertezza, la confusione e la paura di quei giorni hanno fatto sì che ci stringessimo gli uni agli altri e sono moltissimi i legami nati proprio in quelle ore drammatiche.
È così anche per Gabe e Lucy: è lo sbigottimento di fronte a qualcosa di così tragico da essere incomprensibile a legarli, in un primo momento.
Lucy stessa racconta di essersi persa nel primo bacio con Gabe e di essere riuscita per un istante a dimenticare l'orrore là fuori: per tanti è stato così.

È ancora difficile per gli americani scrivere e parlare dell'undici Settembre 2001?
Molto. È stato difficile scrivere di quei giorni, e molte persone, inclusa la mia agente quando ha avuto in mano la prima stesura del libro, mi hanno chiesto se dovessi proprio parlarne.
La verità è che quanto accaduto l'undici settembre ha avuto un tale effetto su di me e sulla mia visione del mondo, su chi sono diventata che non potevo pensare di non parlarne.
Tutt'ora, però, non sono stata capace di visitare il museo dedicato a quel giorno: la ferita è ancora lì, è ancora aperta, e io non sono pronta.

Scriverne è difficile a livello emotivo, o a modo suo diventa catartico?
Sicuramente parlare di quella giornata è qualcosa che ti fa sentire la pressione addosso. Ma la pressione che ho sentito di più è stata quella data dal desiderio di raccontarla nel modo giusto, descrivendo le sensazioni che io e tutti i newyorchesi abbiamo provato in quei momenti e facendolo con la dovuta delicatezza.
Non volevo che i lettori fossero infastiditi da un resoconto troppo preciso o che non rispecchiasse le loro emozioni: questa è stata la cosa a cui tenevo maggiormente.
Per questo la ricchezza di dettagli, e per questo la mia dedica alla città di New York: in quei momenti i cittadini sono stati capaci di restare uniti, ed è ciò che la rende una città meravigliosa.

"Il giorno che aspettiamo" è, in fondo, una lettera d'amore lunga 388 pagine, e mi chiedevo: hai mai pensato di rendere Gabe la voce narrante al posto di Lucy?
E la chiusura di questa lettera - e del romanzo - è sempre stata quella che abbiamo potuto leggere?
In effetti uno dei miei primi pensieri era stato quello di raccontare la storia di Gabe e Lucy alternando le loro voci, ma scegliendo, come dici tu, la forma di una sorta di lettera d'amore, dovevo necessariamente sceglierne una. Quindi è rimasta Lucy.
Per quanto riguarda il finale, era diverso, ma le due colleghe scrittrici alle quali ho sottoposto la mia idea me l'hanno gentilmente bocciata, facendomi capire che avrei dovuto prendere una strada diversa.
Avevano ragione!

Proprio parlando di Lucy, quanto è vicina a te?
C'è qualcosa di me in ogni personaggio, non solo in Lucy: di sicuro io e lei condividiamo la fatica nel raggiungere un equilibrio tra il lavoro e gli affetti. È qualcosa che ha fatto parte di me e della mia vita per molto tempo.
Con Lucy ho in comune anche il desiderio di lavorare con e per i bambini: c'è qualcosa di straordinario nella malleabilità della mente a quell'età, e dar loro il modo di conoscere qualcosa in più del mondo attraverso le storie è importante anche per me.

New York grande protagonista: quali sono i tuoi luoghi del cuore, in questa città?
Io vivo vicino alla Columbia University, zona alla quale sono molto affezionata, ma amo profondamente anche Central Park, in cui vado a correre.
Ogni zona della città ha la sua personalità, unica e speciale.
La magia di New York sta nel suo offrirti tutto, dall'aperitivo in cima a un grattacielo alla visita al museo di arte contemporanea.
Oh, amo anche Soho (la zona in cui si trova il mio ufficio)!

Chiudiamo con due parole sulle tue letture: che lettrice sei?
Hai autori e/o generi preferiti?
Mi piace moltissimo leggere, è proprio per questo che ho iniziato a scrivere.
Il mio libro preferito è sempre quello che ho appena finito di leggere, ma uno dei preferiti in assoluto degli ultimi anni è "Tutta la luce che non vediamo" di Anthony Doerr (edito Rizzoli, ndr).
Ho amato moltissimo "Saint for all occasions" di J. Courtney Sullivan (in Italia è uscito il suo "All'improvviso la felicità" per Garzanti nel 2014, ndr), una storia multigenerazionale che segue una famiglia di immigrati irlandesi a Boston.
Il mio autore preferito è John Irving, di cui adoro "Vedova per un anno" (Rizzoli 2000, ndr), "Il mondo secondo Garp" (inedito MA ne è stato tratto un film nel 1982), "Preghiera per un amico" (Rizzoli 1989, ndr) e anche "Le regole della casa del sidro" (anche da questo è stato tratto un film nel 1999, ndr).

Ringrazio moltissimo Nord e Jill Santopolo per la meravigliosa occasione di confronto, e vi consiglio fortemente la lettura di "Il giorno che aspettiamo" perchè la storia di Gabe e Lucy è quella di tutti i nostri "e se...", delle nostre scelte e dei nostri - eventuali - rimpianti: non potete assolutamente perdervelo!

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

2 commenti :

  1. Recensirò il romanzo domani. Mi è piaciuto, soprattutto per la malinconia che lo pervade, ma non fino in fondo (il finale è prevedibilissimo). Intervista molto interessante, però, e che bella persona Jill. L'ho intuito anche leggendola.

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    1. È una donna stupenda: cortese, spiritosa, e molto disponibile. Non tutti gli autori sono così, anzi! Ci ha persino consigliato i posti in cui andare assolutamente a New York e anticipato la sinossi del libro che consegna a Luglio al suo editore US - e che non ho riportato per ovvi motivi.
      Romanzo malinconico, e molto nostalgico per via del costante "ti ricordi?" e "Chissà se te lo ricordi..." tipici di chi ripercorre una storia importante, ma ti dirò: nonostante fosse prevedibile, QUEL FINALE LI' mi è sembrato giusto per i personaggi. Credo che a Lucy servisse un finale del genere, per rompere lo schema che la riportava ogni tot a Gabe. In fondo è una storia di scelte, e serviva quel qualcosa che le facesse prendere una strada e restarci, anche se non per scelta. Difficilissimo spiegarmi senza fare spoiler, spero di essermi spiegata XD

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