Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Solo bagaglio a mano" di Gabriele Romagnoli, edito da Feltrinelli (brossurato a 10€);
Non ingombrare, non essere ingombranti: è l’unica prospettiva che si possa contare fra quelle positive, efficaci, forse anche moralmente e politicamente buone. Gabriele Romagnoli ha avuto modo di pensarci in Corea, mentre era virtualmente morto, chiuso in una cassa di legno, per un bizzarro rito-esperimento. Nel silenzio claustrofobico di quella bara, con addosso solo una vestaglia senza tasche (perché, come si dice a Napoli, “l’ultimo vestito è senza tasche”), arrivano le storie, le riflessioni, i pensieri ossessivi che hanno a che fare con la moderazione. Il bagaglio a mano, per esempio. Un bagaglio che chiede l’indispensabile, e dunque, chiedendo di scegliere, mette in moto una critica del possibile. Un bagaglio che impone di selezionare un vestito multiuso, un accessorio funzionale, persino un colore non invadente. Il bagaglio del grande viaggiatore diventa metafora di un modello di esistenza che vede nel “perdere” una forma di ricchezza, che sollecita l’affrancamento dai bisogni, che non teme la privazione del “senza”. Anche di fronte alle più torve minacce del mondo, la leggerezza di sapersi slegato dalla dipendenza tutta occidentale della “pesantezza” del corpo, e da ciò che a essa si accompagna, diventa un’ipotesi di salvezza.
Viaggiare leggeri. Essere leggeri. Vivere leggeri. Gabriele Romagnoli centra uno dei temi decisivi della società contemporanea e della sopravvivenza globale e scrive una delle sue opere più saporite, il racconto di una rinascita, di un risveglio. Senza magniloquenza. Senza arroganza. Senza.
Gabriele Romagnoli ha visitato 74 paesi.
Questa piccola premessa è fondamentale, per spiegare perché proprio lui debba parlarci di come fare le valigie (per un viaggio, sì, ma soprattutto per la vita).
Il suo libro ci fa vedere i quattro angoli del mondo senza lasciare il divano di casa nostra, e appena chiuso il primo pensiero sarà "dove voglio andare adesso?".
Dall'incontro con una donna in lacrime a Beirut, al suo funerale fittizio celebrato in Corea, passando dall'acquisto di una casa a New York: i suoi consigli su come viaggiare leggeri, e sul perché farlo, sono costellati di aneddoti e riferimenti alla sua esperienza personale, e questo rende il volume estremamente accattivante.
L'ho letto tutto d'un fiato, e l'ho trovato emozionante.
Non solo perché amo viaggiare s sogno (come molti) di poterlo fare di più, ma perché è farcito d'insegnamenti e spunti di riflessione in cui è impossibile non ritrovare anche un po' del proprio pensiero.
Il bagaglio a mano non è solo quello che imbarchiamo: il bagaglio a mano è ciò che ognuno di noi porta con sé ogni giorno.
Dai numeri inutili che teniamo in memoria sul cellulare ("perché non si sa mai") ai vestiti di troppo nell'armadio ("un giorno potrei volerlo mettere/entrarci ancora/è un classico"), tutto ciò che non ci serve davvero non fa altro che appesantirci.
A lui la rivelazione in proposito è giunta nel momento in cui ha dovuto redigere il suo testamento fittizio: realizzare quanto poche fossero le persone a cui avesse qualcosa da dire, e quanto pochi fossero gli oggetti di cui gli interessasse conoscere la destinazione, è stato in parte sconvolgente e in parte liberatorio.
Perché nel momento in cui lasciamo andare ciò che non ci serve davvero siamo più leggeri.
E abbiamo spazio per il nuovo, per l'avventura, anche per un nuovo amico.
Ringrazio Feltrinelli non solo per la copia del libro, ma anche per la possibilità di partecipare alla sua presentazione nella splendida cornice dell'EXPO e del Padiglione Alitalia-Etihad Airways.
Riporto per voi qualche domanda che abbiamo potuto rivolgergli:
1) Nel suo libro si parla di come comporre il proprio bagaglio a mano e si fa riferimento anche al trovare un posto per ciò che vogliamo nascondere.
Quegli oggetti di natura molto personale che non vogliamo sbandierare, ma tenere per noi.
Potremmo però intendere anche il bagaglio a mano come il posto in cui, in viaggio, scegliamo di custodire gli oggetti che non vorremmo mai perdere. Abbiamo l'illusione che lì, sempre sotto al nostro sguardo, siano al sicuro, e che andrà tutto bene.
C'è molta differenza?
La parola chiave in questo discorso è "illusione".
L'idea che ci servano due valigie, una che possiamo perdere e una che invece va tenuta d'occhio perché contiene qualcosa di veramente importante già sottintende quanto il secondo bagaglio sia qualcosa di cui possiamo fare a meno.
A questo si ricollega anche una conclusione a cui sono giunto dopo anni di viaggi: più piccolo il bagaglio, più grande il viaggiatore.
Più viaggi, e meno oggetti ti porti dietro, perché sai di cosa puoi fare a meno e cosa effettivamente ti serva.
2) Scrivere questo libro è stato un processo emotivamente faticoso (data la natura drammatica di molti ricordi condivisi)? O è stato, invece, come scrivere un diario, un qualcosa che è sgorgato dalla penna in modo fluido e con facilità?
Sicuramente la seconda.
Su molti argomenti, ricordi, esperienze, mi è stato chiesto "di scrivere un libro", ma questo era l'argomento di cui sapevo di voler assolutamente parlare.
A cominciare dalla famosa scena del film "Tra le nuvole", in cui George Clooney tiene una conferenza dal titolo accattivante: "Cosa c'è nello zainetto?".
Ecco, è di quello zainetto che ho voluto parlare: il bagaglio a mano in senso stretto, certo, ma anche il bagaglio personale, quello della vita.
E probabilmente avrei potuto scrivere un libro più lungo, anzi di sicuro, ma volevo che fosse essenziale, che andasse dritto al punto e riportasse il mio pensiero e il mio messaggio immondo chiaro e diretto.
E poi così entra nel bagaglio a mano.
Perfetto.
3) Domanda secca: trolley o zaino?
Bella domanda.
Dico trolley con le quattro ruote, che scorre con facilità nel corridoio di ogni velivolo, in treno, e che, anche se è generalmente considerato "poco virile" io trovo sicuramente la soluzione più pratica.
Se c'è una cosa che ogni viaggiatore sa con certezza, è che la praticità vince sempre.
Per lo stesso motivo non si può farsi sedurre dallo zaino in pelle: pesa.
E' pesante quando è ancora vuoto, e porta via etti fondamentali a quello che invece è il contenuto (e che su ogni aereo deve stare entro un limite di peso, ndr).
Vi consiglio assolutamente la lettura di questo libro, e ve lo consiglio da tre punti di vista: da persona che vuole viaggiare, e che tra queste pagine ha sentito di poterlo fare almeno con la fantasia; da donna con l'armadio troppo pieno, a cui sicuramente qualche idea su come vuotarlo l'ha data; da lettrice onnivora, sempre a caccia di qualcosa di diverso, perché dalle pagine di Romagnoli ho avuto allo stesso tempo uno zibaldone di pensieri sul viaggio, un vademecum e un'iniezione di positività.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
ps. Un pensiero speciale a Virginia, visto che Romagnoli è il suo giornalista preferito, e per la quale mi sono alzata presto per poter caricare il post subito.
domenica 6 settembre 2015
"Solo bagaglio a mano" di Gabriele Romagnoli
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Devo e voglio leggerlo assolutamente! Eli sei sempre una certezza te! 😊
RispondiEliminaAaawww speriamo!!!
EliminaMi è piaciuto molto perchè pieno di storie, è stato come invitare Romagnoli a cena e sentirlo raccontare dei suoi viaggi.
Io in Rwanda non ci andrò mai, così come probabilmente non andrò mai in Corea, quindi già per questo mi è piaciuto.
E poi c'è tutta la parte "di concetto" sul vivere più leggeri che con me ci ha preso in pieno, visto che sono sempre dietro a eliminare, semplificare e fare spazio XD
Grazie <3 mi spiace averlo letto così tardi, ma oggi è stata una giornata faticosa! Romagnoli è bravissimo a raccontare, rende vivide le esperienze e sa emozionare nel profondo. Sicuramente leggerò questo libro: perché mi piace lui, perché amo viaggiare (nonostante debba prendere mille pastiglie per affrontare un volo in tranquillità), perché ho l'armadio strapieno... Bellissima recensione e fantastica esperienza. Grazie per avercela raccontata! Un bacio
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