Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Svegliami quando tutto sarà finito" di Robyn Schneider, edito da Fabbri Editori (rilegato a 16€):
Latham House è uno strano posto per incontrarsi. Un tempo era un collegio tra i boschi, ma oggi è tutta un'altra cosa. Dove una volta si raccoglievano studenti da ogni angolo degli Stati Uniti, ora vivono sotto stretto controllo medico oltre un centinaio di giovani affetti da una forma particolarmente grave di tubercolosi. Qui, lontani dal resto del mondo, i ragazzi trascorrono i giorni in perenne attesa, nella speranza di guarire e tornare dalle loro famiglie, dai loro amici, alle loro vite. È una specie di vacanza forzata, ma Lane, il nuovo arrivato, proprio non vuole saperne: ha dei progetti per il futuro e la malattia è solo un ostacolo tra lui e lo studio. Ma quando si accorge che il suo fisico non gli permette di restare la notte piegato sui libri, capisce che ci sono cose più importanti. In mensa ha notato un eccentrico gruppo di amici: Marina, una nerd con il pallino del teatro; Charlie, uno scherzoso cantautore in erba; Nick, una miniera di battute taglienti; e infine Sadie, un'aspirante fotografa con la quale condivide un vecchio, imbarazzante ricordo. Lane vuole essere uno di loro. E, soprattutto, vuole ricucire il rapporto con Sadie, incrinatosi un'estate di qualche anno prima. Entrato nel gruppo, Lane scopre una nuova vita, impara a infrangere le regole, a disobbedire in nome dell'amicizia. E insieme a Sadie ci racconta la loro storia, quella di un ragazzo e di una ragazza che giorno dopo giorno si avvicinano, si scoprono e imparano ad amarsi nonostante la malattia...
Questo romanzo m'incuriosiva fin dall'uscita in lingua originale, e ringrazio moltissimo Fabbri Editori per la copia digitale del romanzo.
Fin da subito la strana atmosfera di Latham House mi ha incuriosita, e non vedevo l'ora di parlarvene.
Se non avessi letto la trama, leggendo il primo capitolo avrei pensato di trovarmi in una rehab per giovani affetti da disturbi alimentari: la scena del controllo severo delle colazioni, controllo che Lane con il suo latte e i suoi cereali non supera, faceva pensare a teenager anoressici da rieducare al mangiare sano. Invece gli ospiti di Latham House sono sì malati, ma di tubercolosi.
Una malattia che spesso figura nei romanzi a sfondo storico ma che è raro trovare in una lettura contemporanea ambientata negli Stati Uniti.
La forma di TBC descritta nel romanzo è inventata dall'autrice, ma questo non rende meno coinvolgente la storia.
Lane e Sadie si ritrovano a Latham House: anni prima si erano infatti incontrati in un campo estivo, ma è nell'ambiente quasi claustrofobico della clinica, attendendo insieme una cura che renda la loro vita di nuovo normale, che i ragazzi si conoscono davvero e si innamorano.
Si innamorano come ci si innamora da giovani: totalmente, profondamente, senza freni.
Nemmeno la malattia riesce a mettere un freno ai loro sentimenti.
E' un libro che mi ha emozionata, che mi ha commossa, e che ha confermato la mia incapacità di leggere storie di questo tipo senza una confezione di kleenex a portata di mano.
Del personaggio di Lane ho apprezzato la componente nerd, quella che all'inizio trova conforto nei fatti curiosi e nello studio, mentre di Sadie ho adorato la spigliatezza e la sfrontatezza.
Mi hanno conquistata entrambi fin dall'inizio, tant'è che credo sarebbe stata una storia splendida anche se tra i due ci fosse stata solo un'amicizia.
Inoltre ho trovato forte il fatto che alla Latham House tutto funzioni alla rovescia, e che quelli che nelle scuole d'origine erano gli outsider qui invece formino un gruppo considerato cool: oltre a Lane e Sadie, abbiamo Nick, Charlie e Marina. E' come se la malattia gli desse in fondo l'occasione di reinventarsi.
Non voglio dirvi cosa succede, ma voglio prepararvi psicologicamente a un finale dolce-amaro (più amaro che dolce), perché io fino all'ultimo speravo in un epilogo differente.
Parlando della forma, è un romanzo scritto veramente bene, a cominciare dai dialoghi che sono realistici e davvero convincenti.
Robyn Schneider ricorre spesso all'ironia, e la sua prosa è scorrevole e ben strutturata.
Mi è piaciuto avere sia la voce narrante di Lane che quella di Sadie, e stavolta non ho preferenze: si completano alla perfezione, permettendo al lettore di cogliere ogni sfumatura del carattere e delle emozioni dei due ragazzi.
Vi riporto un pensiero di Lane:
"Alla Latham House ci veniva chiesto di credere in miracoli improbabili. Di credere nelle seconde occasioni. Ci svegliavamo ogni mattina sperando che la sorte in qualche modo fosse cambiata in nostro favore.
Ma questo è il problema della sorte. Lanci un dado due volte e ti aspetti due risultati diversi. Solo che non funziona così. Il dado può dare lo stesso risultato ancora e ancora, le leggi dell’universo restano intatte e immutabili a ogni lancio. È solo quando tieni conto del passato che la sorte cambia e le cose diventano sempre meno probabili.
C’è una cosa che so perché sono un nerd: fino alla metà del xx secolo, i dadi erano fatti di nitrato di cellulosa. È un materiale che rimane stabile per decenni ma che può decomporsi all’improvviso. Il composto chimico si deteriora rilasciando acido nitrico. Così ogni volta che si lancia un dado c’è una piccola possibilità che non dia alcun risultato e che invece si spacchi, si sbricioli ed esploda."
Un romanzo ben riuscito e ricco di emozione, di cui ho evidenziato paragrafi interi (soprattutto qualche pensiero arguto di Lane, come la sua riflessione sui dadi che troviamo già nel primo capitolo), e che consiglio a chi non ha la lacrima facile, a chi ama leggere di emozioni e sentimenti, e a chi vuole scoprire Robyn Schneider, qui al suo secondo romanzo.
E visto che è bello avere anche un secondo parere, vi rimando a "Words of Books" e alla bellissima recensione di Clarissa. Sbirciate i brevi estratti che ha riportato.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
Fin da subito la strana atmosfera di Latham House mi ha incuriosita, e non vedevo l'ora di parlarvene.
Se non avessi letto la trama, leggendo il primo capitolo avrei pensato di trovarmi in una rehab per giovani affetti da disturbi alimentari: la scena del controllo severo delle colazioni, controllo che Lane con il suo latte e i suoi cereali non supera, faceva pensare a teenager anoressici da rieducare al mangiare sano. Invece gli ospiti di Latham House sono sì malati, ma di tubercolosi.
Una malattia che spesso figura nei romanzi a sfondo storico ma che è raro trovare in una lettura contemporanea ambientata negli Stati Uniti.
La forma di TBC descritta nel romanzo è inventata dall'autrice, ma questo non rende meno coinvolgente la storia.
Lane e Sadie si ritrovano a Latham House: anni prima si erano infatti incontrati in un campo estivo, ma è nell'ambiente quasi claustrofobico della clinica, attendendo insieme una cura che renda la loro vita di nuovo normale, che i ragazzi si conoscono davvero e si innamorano.
Si innamorano come ci si innamora da giovani: totalmente, profondamente, senza freni.
Nemmeno la malattia riesce a mettere un freno ai loro sentimenti.
E' un libro che mi ha emozionata, che mi ha commossa, e che ha confermato la mia incapacità di leggere storie di questo tipo senza una confezione di kleenex a portata di mano.
Del personaggio di Lane ho apprezzato la componente nerd, quella che all'inizio trova conforto nei fatti curiosi e nello studio, mentre di Sadie ho adorato la spigliatezza e la sfrontatezza.
Mi hanno conquistata entrambi fin dall'inizio, tant'è che credo sarebbe stata una storia splendida anche se tra i due ci fosse stata solo un'amicizia.
Inoltre ho trovato forte il fatto che alla Latham House tutto funzioni alla rovescia, e che quelli che nelle scuole d'origine erano gli outsider qui invece formino un gruppo considerato cool: oltre a Lane e Sadie, abbiamo Nick, Charlie e Marina. E' come se la malattia gli desse in fondo l'occasione di reinventarsi.
Non voglio dirvi cosa succede, ma voglio prepararvi psicologicamente a un finale dolce-amaro (più amaro che dolce), perché io fino all'ultimo speravo in un epilogo differente.
Parlando della forma, è un romanzo scritto veramente bene, a cominciare dai dialoghi che sono realistici e davvero convincenti.
Robyn Schneider ricorre spesso all'ironia, e la sua prosa è scorrevole e ben strutturata.
Mi è piaciuto avere sia la voce narrante di Lane che quella di Sadie, e stavolta non ho preferenze: si completano alla perfezione, permettendo al lettore di cogliere ogni sfumatura del carattere e delle emozioni dei due ragazzi.
Vi riporto un pensiero di Lane:
"Alla Latham House ci veniva chiesto di credere in miracoli improbabili. Di credere nelle seconde occasioni. Ci svegliavamo ogni mattina sperando che la sorte in qualche modo fosse cambiata in nostro favore.
Ma questo è il problema della sorte. Lanci un dado due volte e ti aspetti due risultati diversi. Solo che non funziona così. Il dado può dare lo stesso risultato ancora e ancora, le leggi dell’universo restano intatte e immutabili a ogni lancio. È solo quando tieni conto del passato che la sorte cambia e le cose diventano sempre meno probabili.
C’è una cosa che so perché sono un nerd: fino alla metà del xx secolo, i dadi erano fatti di nitrato di cellulosa. È un materiale che rimane stabile per decenni ma che può decomporsi all’improvviso. Il composto chimico si deteriora rilasciando acido nitrico. Così ogni volta che si lancia un dado c’è una piccola possibilità che non dia alcun risultato e che invece si spacchi, si sbricioli ed esploda."
Un romanzo ben riuscito e ricco di emozione, di cui ho evidenziato paragrafi interi (soprattutto qualche pensiero arguto di Lane, come la sua riflessione sui dadi che troviamo già nel primo capitolo), e che consiglio a chi non ha la lacrima facile, a chi ama leggere di emozioni e sentimenti, e a chi vuole scoprire Robyn Schneider, qui al suo secondo romanzo.
E visto che è bello avere anche un secondo parere, vi rimando a "Words of Books" e alla bellissima recensione di Clarissa. Sbirciate i brevi estratti che ha riportato.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
Ho pianto, ma che novità?
RispondiEliminaLa tua recensione è bellissima, rende a pieno il romanzo, senza fare spoiler.
Domani sarà sul blog anche la mia (e come al solito siamo affini).
:)
Ho pianto anch'io, e mi sono trovata a passare una notte insonne con il magone dentro
Elimina:'(
Libro splendido, anche se tra la musica di Charlie e il finale mi ha ridotta in condizioni pietose :'(
Eli, mi ispira sempre di più!
RispondiEliminaLe tue recensioni sono davvero coinvolgenti. :)
Un bacio. <3
Fazzoletti, Clari.
EliminaTanti, tantissimi fazzoletti.
Lo devo leggere, assolutamente! E la tua recensione è bellissima <3
RispondiEliminaGrazie, Virgy <3
EliminaQuesto non è da leggere in periodi di grande sensibilità, a me il mal di cuore è durato una notte e un giorno :'(
Allora forse lo prendo e aspetto che arrivi il suo momento... Ora non so se riuscirei a reggere!
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