Buongiorno a tutte!
Il libro di questo sabato mattina è molto singolare, perché è allo stesso tempo un romanzo, una chiacchierata a cuore aperto e una raccolta di testimonianze:
Eccone la trama:
Ferite d’oro. Quando un oggetto di valore si rompe, in Giappone, lo si ripara con oro liquido.
È un’antica tecnica che mostra e non nasconde le fratture. Le esibisce come un pregio: cicatrici dorate, segno orgoglioso di rinascita. Anche per le persone è così. Chi ha sofferto è prezioso, la fragilità può trasformarsi in forza. La tecnica che salda i pezzi, negli uomini, si chiama amore.
Questa è la storia di Irina, che ha combattuto una battaglia e l’ha vinta. Una donna che non dimentica il passato, al contrario: lo ricorda, lo porta al petto come un fiore.
Irina ha una vita serena, ordinata. Un marito, due figlie gemelle. È italiana, vive in Svizzera, lavora come avvocato. Un giorno qualcosa si incrina. Il matrimonio finisce, senza traumi apparenti. In un fine settimana qualsiasi Mathias, il padre delle bambine, porta via Alessia e Livia. Spariscono. Qualche giorno dopo l’uomo si uccide. Delle bambine non c’è più nessuna traccia.
Pagina dopo pagina, rivelazione dopo rivelazione, in un ritmo che fa di questo libro un autentico thriller psicologico e insieme un superbo ritratto di donna, coraggiosa e fragile, Irina conquista brandelli sempre più luminosi di verità e ricuce la sua vita. Da quel fondo oscuro, doloroso, arriva una luce nuova. La possibilità di amare ancora, l’amore che salda e che resta.
Concita De Gregorio prende i fatti, semplici e terribili, ed entra nella voce della protagonista. Indagando a fondo una storia vera crea un congegno narrativo rapido, incalzante e pieno di sorprese. Disegna un ritratto memorabile di donna del nostro tempo. Scandisce l’esistenza di questa madre privata dei figli – qual è la parola per dirlo? – in lettere, messaggi, elenchi. Irina scrive alla nonna, al fratello, al giudice, alla maestra delle gemelle, abbozza ritratti, scava nei gesti, torna alle sue radici, trova infine un approdo. Dimenticare significa portare fuori dalla mente, ricordare è tenere nel cuore. Il bisogno di essere ancora felice, ripetuto a voce alta, una sfida contro le frasi fatte, contro i giudizi e i pregiudizi.
Uno di quei libri in cui uomini e donne trovano qualcosa di sé.
Quando ho letto la trama del libro non credevo che mi sarebbe piaciuto: non leggo mai la cronaca nera, non seguo con curiosità i casi irrisolti che si trascinano per mesi tra tg e talk-show, ma questa notizia me la ricordavo.
Due bambine sparite nel nulla, e un silenzio ostinato da parte di tutti coloro che avrebbero potuto aiutare a ritrovarle.
Ricordo di aver pensato: ma che persone siete? Sempre che si possa chiamarvi persone.
Ma veniamo al libro, che mi ha portata sull'orlo delle lacrime quattro volte, ma che mi ha lasciato anche un senso di speranza.
Speranza perché Irina è una donna forte, che non si arrende, che impara a vivere di nuovo e a credere un'altra volta nell'amore.
Che custodisce il ricordo delle figlie e l'amore per loro, ma che allo stesso tempo è proiettata verso il futuro.
Uno degli aspetti più toccanti del romanzo è sicuramente la profonda angoscia derivante dal "non sapere". Se siano vive, magari affidate a conoscenti di Mathias che ancora oggi le nascondono. O se siano morte, magari sepolte in un bosco dentro a quei due sacchi da vela misteriosamente scomparsi proprio il giorno della sparizione, grandi abbastanza da nascondere due bambine di corporatura esile.
O annegate nel tratto di mare antistante la Corsica.
Il lutto senza tomba è il più difficile da portare, perché ci sarà sempre quella microscopica parte del tuo cervello pronta a sperare in un ritorno: oggi, domani, tra vent'anni. Poco importa.
Il lutto senza tomba è quello che potrebbe fermarti, farti dire "mi arrendo, Universo: hai vinto tu".
Ma non è il caso di Irina, che ritrova se stessa e la capacità di amare.
Vi riporto qualche breve estratto:
pag.17: Tutte le lingue sono tue, Irina. E dunque in quale lingua sogni?
"Sai che non lo so? Non credo mica che ci sia una lingua, per i sogni. Forse sono sogni muti" ridi ancora, "d'altronde sogno tanto le balene, e le balene non parlano."
pag.79: Parole tranello. Capriccio. Colpa. Regola. Pericolo. Non giocare con queste parole. Quando sembra che gli altri conoscano le regole del gioco e tu no. Quando vogliono farti pensare che sei inadeguata, e alla fine davvero lo pensi. Quando vogliono farti dire che sei stata una bambina viziata, che hai giocato col fuoco. Che la colpa è tua. La colpa. E' tua. Che non sei stata prudente, non hai visto il pericolo. Egoista, cieca. Bisognava sopportare. Non giocare con queste parole. Non toccarle. Sono trappole mortali.
pag.96: [parlando del suo nuovo amore] Luis non ha paura del dolore. Nè del suo né di quello degli altri. Lo conosce benissimo: lo accoglie con molto amore, come un amico. Lo tratta con confidenza e con rispetto. Gli dà sempre del tu, ma con la lettera maiuscola.
pag.98: [sempre parlando di Luis] La volta che l'ho visto arrabbiato con suo figlio, veramente furioso, non gli ha detto: sei u cretino. Gli ha detto "estas muy equivocado". Ti stai sbagliando molto. Non "sei tu l'errore" ma "c'è un errore in quello che fai". E' diverso.
pag.116: Dimenticare, ricordare.
Etimo, radice: mente, cuore. Se dimentichi allontani dalla mente. Se ricordi riporti al cuore.
pag. 121: [alla fine di una riflessione su come non esista un termine per indicare chi ha perso un figlio] In fondo non è così insolito, sai? Ci sono migliaia di persone che perdono un figlio. Incidenti, droghe, malattie, guerre, violenze, follie. Ogni minuto. E allora mi domando, perché le nostre lingue hanno abolito la parole per dirlo? Sei vedova, se hai perso il marito. Sei orfana, se hai perso un genitore o entrambi. Ma io, noi, cosa siamo? Dirai: che t'importa avere una parola. Importa. Perché avere un nome è avere un posto, una casa fatta di pensieri già pensato. Un luogo tiepido che porta traccia di migliaia, milioni di persone passate da lì prima di te. Ti fa sentire, nell'errore, al tuo posto. Un posto doloroso e illuminante, un posto difficile ma previsto nella storia del mondo.
Lo stile del libro è a prima vista frammentario, perché alterna stralci di conversazione tra l'autrice ed Irina a lettere conservate da quest'ultima. Salta dal racconto di Irina (in prima persona) della sua storia e di quella delle bambine alle sue riflessioni sul presente.
Ma questo non lo rende difficile da seguire, anzi. Lo arricchisce e gli dà una profondità e una dimensione intima che è raro riscontrare in un libro di questo genere.
Nessun sensazionalismo, perché la vita vera non ne ha bisogno.
Nessuna frase "da film", perché la vita non è uno spettacolo a cui assistere sgranocchiando popcorn.
Solo tanta, tantissima sincerità: a volte scomoda, a volte rassicurante, e sempre profondamente "vera".
Vi lascio il link a cui potete leggere un estratto del libro, perché è bello poterne sfogliare le prime pagine e decidere se fa per noi o no.
Consigliato a chi ama le storie di donne forti, a chi ama le storie vere e a chi ha la fortuna di poter rimboccare le coperte ogni sera ai propri figli, un dono prezioso che non va mai dato per scontato.
E vi segnalo anche la fondazione creata da Irina, www.missingchildren.ch che mira ad aiutare donne come lei che non riescono ad avere un supporto reale e concreto dalle autorità competenti in un momento drammatico come quello in cui tuo figlio scompare.
Un click non vi costa nulla, e potete anche sostenere la fondazione acquistando dei carinissimi braccialetti per i vostri bambini (a offerta libera, anche se ce n'è una consigliata):
Un bacio a tutte, fanciulle!
A presto <3
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Ricordo questo episodio di cronaca nera, e ho avuto il tuo stesso pensiero: come si fa a stare zitti e a starsene con le mani in mano proprio non lo so, sopratutto quando si tratta di bambini.. bisogna essere davvero senza cuore :S
RispondiEliminaBella recensione comunque Ely, hai reso bene il messaggio e il senso del libro <3
Grazie Simo, sempre gentilissima!
EliminaIo quando ci sono di mezzo i bambini penso solo "la prigione è poco: tutti nelle cave di marmo", perchè tutto si può ma non torcere anche solo un capello a un bambino.
Un bacio <3
Adoro Concita De Gregorio, la trovo una professionista che sa fare bene il suo mestiere pur non cadendo nel sensazionalismo tipico di un certo tipo di giornalismo all'italiana: si può dare la notizia in maniera completa anche con una certa dose di delicatezza! Trovo le parole che hai usato per recensire il suo libro molto belle... Bravissima
RispondiEliminaUn bacione
Grazie mille! Condivido assolutamente il tuo pensiero: troppo spesso i giornalisti cedono al sensazionalismo finendo per svilire l'argomento (magari importante e significativo) di cui parlano! Di sicuro leggerò altro di Concita De Gregorio perchè ammetto che pur conoscendola non avevo mai letto un suo libro. È stata una bella scoperta <3
EliminaDovrebbe essere interessante come libro
RispondiEliminaÈ molto singolare, ma mi ha scossa profondamente e anche se non è il mio genere l'ho finito in una sera incapace di fermarmi.
EliminaCompletamente affascinata.