sabato 13 ottobre 2018

[FEST] Butterfly: incontro con lo showrunner Tony Marchant, Francesca Vecchioni (Diversity Lab) e Luca Bersaglia (FOX)

Diversità è sicuramente una delle parole chiave di questa prima edizione di FEST - Il festival delle serie tv, insieme a rappresentazione.
Vanno di pari passo, in fondo, e non poteva esserci serie migliore di Butterfly, da presentare in anteprima assoluta, prima ancora del debutto inglese.
Sul palco insieme a Marina Pierri e Giorgio Viaro, lo showrunner della serie Tony Marchant, Francesca Vecchioni (Diversity Lab) e Luca Bersaglia (Fox).


Tra i drama più attesi della stagione invernale, Butterfly è una serie creata e firmata dallo sceneggiatore premio BAFTA Tony Marchant. Racconta la complessa relazione che vive una coppia di genitori separati, Vicky (il premio Emmy Anna Friel) e Stephen (Emmett J. Scanlan), che si trova ad affrontare la richiesta di avviare il processo di cambio di sesso da parte del figlio minore Max (Callum Booth-Ford), che fin da piccolissimo si sente una bambina intrappolata in un corpo maschile.
Sarà trasmessa da FoxLife a dicembre, e partiamo da qui: scoprendo perchè FOX ha scelto di puntare su questa serie.
Lo scopriamo insieme a Luca bersaglia, che sottolinea come Butterfly sia, prima di tutto, una serie tv splendida dal punto di vista tecnico e mravigliosamente interpretata da ognuno degli attori coinvolti. Suo punto di forza è «la delicatezza con cui è stato affrontato il tema della transizione.»
Butterfly rappresenta qualcosa di nuovo, che racconta la transizione in età infantile e in un'ottica famigliare. Sicuramente trasmettere questa serie si traduce in una presa di posizione, ma è una posizione a favore della diversità che FOX ha sempre preso.

Giorgio Viaro si rivolge direttamente a Tony Marchant, per scoprire come sia nato il progetto, ricordando al pubblico che la serie nasce da esperienze di vita reali.
«Ho iniziato recandomi presso Mermaids, un'organizzazione che si occupa di fornire assistenza ai bambini e alle famiglie durante il periodo difficile della transizione» spiega Marchant.
«Ascoltare le loro storie mi ha offerto molti spunti, ma non solo. Mi ha insegnato a parlare del tema con la giusta delicatezza: era un tema che comportava una responsabilità enorme, e ho ritenuto giusto documentarmi il più possibile prima di scrivere la sceneggiatura.»



Un aspetto importante che Tony Marchant mette in evidenza è il ruolo di Butterfly nello sfatare i miti sulla transizione, molto diffusi e molto epricolosi.
Prima tra tutti, la convinzione che la transizione in età prepuberale sia un processo affrontato con leggerezza. Che basti che un bambino esprima una preferenza e via, i genitori sono immedatamente d'accordo e nel giro di po tempo la transizione è compiuta. Non funziona così, ed è pericoloso crederlo.
Un altro punto di scontro è stata la scelta di non utilizzare un preadolescente in transizione per il ruolo: è una cosa sulla quale abbiamo riflettuto a lungo, ma ogni psicologo e medico consultato ce lo ha sconsigliato proprio perchè si sarebbe tradotto nel costringere un ragazzino in transizione a vivere sotto ai riflettori questa delicatissima fase della sua vita. È un processo doloroso, difficile, intimo: non sarebbe stato corretto.
Ad aiutarmi a trovare il linguaggio giusto per scrivere la mia sceneggiatura è stata la CEO di Mermaids, perchè sembra un aspetto frivolo ma persino i pronomi vanno usati nel modo giusto.
È importante non sbagliare.

E proprio pensando al tema trattato, è inevitabile chiedersi quale sia il target di riferimento di una serie come Butterfly. Per Francesca Vecchioni «sarebbe limitante ridurre il target alla comunità LGBTQ+ perchè il tema della transizione ha a che fare con le grandi domande che ci si deve fare oggi. Domande culturali su chi siamo, cosa siamo dentro e fuori, se riusciamo o meno a far combaciare ciò che siamo con ciò che rappresentiamo. In questo senso, Butterfly parla a tutti: ai ragazzi, alle famiglie, agli adulti.»
Si dice d'accordo Luca, che offre un meno «corollario tecnico a ciò che ha detto Francesca. Butterfly è una serie per tutti, e anzi, nasce proprio per parlare a tutti. Basti pensare che, in Inghilterra, andrà in onda in prima serata su un canale in chiaro, visibile a tutti.»

Famiglia, crisi generazionale, bullismo sono solo alcuni dei temi che Butterfly porta sul tavolo della discussione. È fondamentale che a trattarli siano soprattutto i prodotti della serialità ad alta diffusione, come suggerisce Giorgio Viaro. È sicuramente così per Francesca Vecchioni, che sottolinea come
«tutto ciò che vediamo è rappresentazione di ciò che siamo: la nostra società è eterogenea, e deve essere rappresentata come tale. La prima matrice della discriminazione è la paura, e la paura nasce dalla non conoscenza. Ogni volta che una perosona o una situazione non viene rappresentata, non si diffonde conoscenza al riguardo, e si alimenta la paura dell'incomprensibile.»
Ed è proprio questa l'aspettativa di Fox su Butterfly, aggiunge Luca Bersaglia: aumentare la consapevolezza. «Le cose bisogna conoscerle, così si evita di allontanarle e osteggiarle. Butterfly aiuta a conoscere una realtà che può essere concepita come lontana dalla nostra. La transizione esiste, e bisogna parlarne.»

FEST continua, con i prossimi panel e proiezioni in anteprima!

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