martedì 18 ottobre 2016

Chiacchierata con Karole Cozzo su "Come dire ti amo ad alta voce", sull'autopubblicazione e sui ritorni a casa

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Oggi vi propongo l'intervista che ho avuto modo di fare a Karole Cozzo, autrice di "Come dire ti amo ad alta voce", edito Sperling & Kupfer (rilegato a 17,90€):
Jordyn preferisce stare al di sotto dei radar. Odia la sensazione di avere gli sguardi degli altri addosso, l'ha sempre odiata. 
Ne ha avuti troppi nel corso degli anni, anche se non erano su di lei, per essere precisi.
Perché Jordyn Michaelson ha sedici anni, grandi occhi color nocciola e un segreto di nome Phillip, suo fratello.
Quando la sua famiglia si è trasferita in Pennsylvania, le è sembrata l'occasione perfetta per ricominciare da zero: una nuova città, un nuovo quartiere, una nuova scuola.
Una nuova vita.
Da allora Jordyn ha tenuto tutti a distanza costruendo, giorno dopo giorno, un inespugnabile castello di bugie, per far sì che nessuno potesse scoprire la verità sulla sua famiglia. Né i suoi nuovi amici né tantomeno Alex, il ragazzo che ha baciato la scorsa estate e che non ha mai smesso di sognare. 
Ma è più facile a dirsi che a farsi, e le cose sono inevitabilmente destinate a complicarsi non appena il fratello inizia a frequentare la sua stessa scuola. 
Jordyn imparerà presto che le bugie hanno un costo, a volte decisamente molto alto. Saprà trovare il coraggio di dire la verità prima di perdere tutto, per sempre?

Vi ho recensito il romanzo qui, ed è una lettura che mi sento di consigliare con il cuore in mano perchè io nella paura di Jordyn di aprirsi e di vivere appieno le proprie emozioni ci ho trovato tanto della me stessa di qualche anno fa.
È un romanzo molto schietto, che parla dritto al cuore del lettore e che proprio per questo poi non ne esce più.

L'autrice è una persona gentile e molto disponibile, e quindi oggi avrete modo di conoscerla meglio (e di conoscere meglio il romanzo), sperando che il tutto stuzzichi la vostra curiosità ;)

Grazie davvero di questa opportunità, Karola! Il tuo romanzo è uscito in Italia in autunno, e mi ha da subito incuriosita la tua scelta di parlare di persone come Philip e di posti come Camp Hope, dove bambini e ragazzi con disabilità di vario livello possobo divertirsi senza sentirsi fuori posto.
Ho letto che hai lavorato in un contesto più o meno simile, e mi chiedevo se tu potessi dirci qualcosa in più di questa esperienza.
Sì, ho lavorato in una scuola privata dedicata a ragazzi con necessità speciali. Sono una psicologa scolastica, e in quel contesto ero responsabile della valutazione periodica dei punti di forza e dei bisogni di ogni alunno in modo da poter aggiornare i loro programmi educativi in modo coerente.
Le famiglie erano meravigliose. Molti dei genitori era così positivi, e in grado di affrontare con il sorriso situazioni non certo facili: molti di loro afforntavano ogni giorno sfide tali da farmi chiedere se , al loro posto, ne sarei stata in grado con altrettanta forza e tenacia.
Ma erano le dinamiche tra fratelli ad affascinarmi, e sono ciò che ha portato poi alla nascita di questo libro. Ho visto così tante volte bambini e ragazzi mettere le loro esigenze in secondo piano per rispettare quelle più pressanti dei loro fratelli e sorelle, ed è chiedere molto a bambini e adolescenti.
Eppure, nonostante questo, erano persone gentili e amorevoli. Mi trovavo spesso a pensare al percorso che li aveva portati ad essere così.

Nel tuo romanzo parli di imparare ad amare ad alta voce, e prima ancora a vivere ad alta voce. In un momento come questo, in cui siamo tutti più che disposti a parlare di qualsiasi cosa in qualunque momento, soprattutto online, forse questa è una cosa che invece dobbiamo ancora imparare.
È un rischio che corriamo, quello di non imparare a vivere in modo autentico?
È interessante che menzioni internet in questa domanda, perchè io penso che sia strettamente legato all'idea di vivere in modo autentico... o no. La nostra identità virtuale differisce dalla nostra identità reale sotto molti aspetti. A volte siamo "guerrieri da tastiera" che non esitano a scrivere e condividere qualcosa che mai avremmo il coraggio di dire a qualcuno di persona.
A volte presentiamo le nostrre vite come perfette, attraverso le foto che scegliamo di condividere, e lasciamo fuori ciò che di noi non vorremmo mai far vedere al mondo.
Penso che in generale le relazioni umane "reali" risentano se il tempo che passiamo a vivere "online" aumenta drasticamente, e che se vogliamo davvero abbacciare la nostra umanità, nel bene e nel male, abbiamo bisogno di passare meno tempo online e di più a cercare di conoscerci davvero, faccia a faccia.

A proposito di persone migliori, parliamo di Alex. È perfetto anche nelle sue imperfezioni, quel ragazzo... È ispirato a qualcuno che hai conosciuto, o è frutto della tua immaginazione?
La stessa cosa anche per Jordyn: c'è qualcosa di te in lei, e se c'è, quanto?
Se ho mai incontrato un ragazzo perfetto quanto Alex? No ;)
Ma esiste davvero qualcuno così?
Parlando seriamente, il personaggio di Alex è inventato, però posso dirti che, in molti manoscritti ai quali ho lavorato prima di quello che è poi diventato questo libro, c'erano i classici bad boy con muso e il tormento interiore, e che ho poi trovato creare un personaggio come Alex una vera e propria ventata di freschezza.
Un ragazzo a posto, e senza troppo bagaglio emotivo appresso.
Ora non somiglio granchè a Jordyn, ma credo che la me stessa adolescente le somigliasse. Mi preoccupavo un sacco di come gli altri mi avrebbero vista, e non amavo essere al centro dell'attenzione a meno che non fosse in un ambito nel quale ero davvero molto sicura di me stessa e delle mie capacità.
Mi piace pensare che non avrei provato il suo stesso risentimento verso un membro della mia famiglia, ma credo di essere stata un po' egocentrica anch'io da adolescente.
È un po' una fase di passaggio obbligata, quando si cresce.
Il tuo romanzo ha raggiunto la notorietà online prima di arrivare in libreria: fino a che punto pensi che  il web abbia rivoluzionato l'industria editoriale, e secondo te è un bene o un male?
Internet ha di sicuro reso la pubblicazione più accessibile agli aspiranti scrittori.
Una volta dovevi procurarti queste grandi "guide alla pubblicazione" e spedire copie del manoscritto agli agenti e alle case editrici. Ora invece ci sono così tanti modi di entrare in contatto con i professionisti del settore e ricevere consiglio, partecipare a concorsi, diventare mebri di community di scrittori e ottenere un feedback di grandissima utilità sul tuo lavoro.
Io voglio credere che internet stia cambiando il mondo della pubblicazione per il meglio, e che stia permettendo agli scrittori di credere che i loro sogni possano avverarsi davvero.

C'è qualcosa che vorresti dire ai tuoi lettori italiani?
È la tua occasione per dir loro qualche parola!
Per prima cosa, vorrei dire "grazie!"
Mi è piaciuto moltissimo vedere le vostre foto del mio libro su Instagram, e ho apprezzato moltissimo il vostro supporto e l'entusiasmo.
C'è una storia che vorrei condividere con voi, ed è quella del mio nome da ragazza, Kurtz.
Quando i miei bisnonni sono arrivati in America dall'Italia il loro cognome, Cozzo, è stato storpiato al momento della registrazione.
Per mio padre è stata una grandissima emozione vedere il cognome di famiglia sui miei libri, soprattutto sull'edizione italiana.
In un certo senso, vedere un mio libro in italiano e saperlo nelle vostre librerie è un po' come tornare a casa.

Io ringrazio davvero Karole Cozzo per la disponibilità, e torno a consigliarvi "Come dire ti amo ad alta voce".
È uno dei romanzi YA più belli che io abbia letto quest'anno, e merita assolutamente un posto nella vostra libreria ;)

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

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