lunedì 21 ottobre 2019

"Noi felici pochi" di Patrizio Bati

«Tutte le persone di cui si parla nelle scene di violenza descritte in queste pagine sono state realmente aggredite e malmenate» recita l'aletta di Noi felici pochi di Patrizio Bati (Mondadori), esordio letterario dietro pseudonimo. Premessa che non manca d'incuriosire il lettore.


Sono cresciuti insieme, Patrizio, Angelo e Andrea. Sfrontati rampolli della "Roma bene", vissuti nella consapevolezza di avere il diritto, sempre e comunque, di soddisfare i propri desideri. Figli modello di magistrati, professori e medici, sono teppisti, fascisti e psicopatici: praticano - con meticolosa e sistematica ferocia – atti di violenza su vittime indifese, quasi sempre scelte a caso.
Risse, aggressioni, pestaggi. Sangue. Sangue su zigomi, mani e asfalto. Immacolate soltanto le camicie su misura (bianche o celesti, button-down, cotone egiziano ritorto con cuciture doppie all’inglese), sacre per loro come le vacche per gli indiani.
Ragazzi legati da un vincolo d’amicizia e di complicità che pare indissolubile ma che un’estate, ubriachi dopo la discoteca, un incidente rischia di compromettere per sempre: l’auto esce di strada tra il Circeo e l’Argentario, restando in bilico aggrappata a una roccia.
Anni di feste, discoteche, stadio, trasferte, cori, risse e braccia tese - anni di vita condivisa - non bastano a farli restare uniti in una situazione che si aggrava col passare dei minuti.

Noi felici pochi è un esordio davvero ben scritto.
Va detto, perchè è uno dei rari casi in cui il contenitore supera il contenuto: laddove la prosa è scorrevole e allo stesso tempo capace di adattarsi di volta in volta a quanto richiesto da personaggi e situazioni, e laddove vi è la completa padronanza del flashback, parte fondante di una struttura che porta il lettore a leggere una pagina dopo l'altra, senza pause... la storia è quella, già sentita, di rampolli della Roma bene che sfogano la noia e il tedio dovuti al non doversi guadagnare nulla facendo i bulli picchiatori.
È un racconto che, per quanto autobiografico, non porta nulla di nuovo sul tavolo della discussione, e che anzi, in un momento in cui trovare un buon lavoro e la stabilità economica per chi non è nato con tutto già a disposizione è più difficile che mai, finisce per dare fastidio.
La giustificazione in ultima pagina - dopo che i protagonisti hanno avuto modo di studiare in ottime università, trovare ottimi lavori, sposarsi e fare figli - che sembra voler giustificare anni di violenze e persino un omicidio col fatto che "mamma non mi stava a sentire", è poi l'elemento più fastidioso dell'intero volume. È davvero qualcosa che vogliamo sentire?
Non consigliato.

Noi felici pochi di Patrizio Bati (Mondadori) è in libreria, al prezzo di copertina di 17€.

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