venerdì 30 marzo 2018

Di quando ho intervistato Silvio Muccino

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Oggi il blog ha un ospite speciale, anzi: specialissimo.
Da Marzo in libreria con il suo primo romanzo (dopo due lavori a quattro mani usciti negli scorsi anni) "Quando eravamo eroi", edito La nave di Teseo (brossurato a 17€), ecco a voi.... Silvio Muccino!
Alex ha trentaquattro anni e sta per tornare in Italia. Dalla sua casa ad Amsterdam guarda una vecchia foto che lo ritrae adolescente insieme ai quattro amici che allora rappresentavano tutto il suo mondo. Gli stessi che ha abbandonato da un giorno all'altro senza una spiegazione, quindici anni prima. Lui, Melzi, Eva, Torquemada e Rodolfo erano indissolubili, fragili e bellissimi, esseri unici e uniti come alieni precipitati su un pianeta sconosciuto a cui non volevano, non sapevano conformarsi. Poi, qualcosa si è rotto. Ora Alex sta per affrontare il passo più importante della sua vita, ma, prima di chiudere i conti con quel passato e con la causa della sua fuga, ha bisogno di rivederli perché sente di dover confessare loro la verità. Una verità che nel corso di quegli anni lo ha portato ad un punto di non ritorno oltre il quale, di Alex, non resterà più nulla. Per Eva, Alex è stato il grande amore, per Rodolfo il rivale-amico che aveva rubato il cuore della ragazza di cui era innamorato, per Melzi un dio messo su un piedistallo, per Torquemada un enigma da risolvere. Nessuno è mai riuscito a superare il dolore di quell'abbandono che ha alterato il corso delle loro vite. È per questo che, nonostante tutto, decidono di accettare l'invito di Alex a trascorrere tre giorni nella sua casa in campagna - meta e rifugio di tanti momenti passati insieme. Ma quando vi arriveranno, la rivelazione che li attende sarà infinitamente più scioccante di quanto avessero mai potuto immaginare. Sarà solo l'inizio di un weekend fatto di verità e confessioni, pianti e risate. Al loro risveglio, il lunedì mattina, nulla sarà più lo stesso.

Una delle letture più emozionanti del mese, in cui ho trovato tantissimo della mia generazione. Soprattutto dei miei ricordi.
Incontrare l'autore a Tempo di Libri e poterlo intervistare è stato un piccolo sogno che si avverava, perchè io quando ero un'adolescente timida, confusa e con un pessimo carattere (ehm...) avevo il suo poster appeso sopra il letto.

Ho apprezzato tantissimo che al centro del tuo romanzo ci fosse non solo l'amicizia e l'affetto di quello che diventa il piccolo mondo di ognuno di noi nel momento del passaggio dall'infanzia all'età adulta, ma anche l'amicizia che Alex ci ha messo 34 anni a riuscire a provare per se stesso.
Che bella definizione, mi piace molto!
Da lettrice, ho avuto la sensazione che solo nel momento in cui Alex riesce davvero a essere amico di se stesso può tornare a essere amico anche dei suoi compagni di adolescenza.
Non avrei potuto dirlo meglio, davvero.
Quindi la mia domanda è: secondo te, oggi, é importante parlare di amicizia anche in questo senso, non solo solo raccontando le grandi amicizie di infanzia e adolescenza e guardando indietro, ma anche imparando a essere amici, in primo luogo, di noi stessi?
È fondamentale, anzi. Direi che hai colto il senso più profondo di questa storia, e mi hai emozionato con le tue parole. L'imparare ad amarsi e il fare amicizia con un sè che a volte non ha l'identità che con la testa cerchiamo di appiccicargli addosso. Cerchiamo di inventarci, a volte, per assomigliare a qualcun altro o accontentare qualcun altro, o anche solo per assomigliare a una visione ideale di noi stessi, e facendo così in realtà non facciamo altro che mettere una distanza tra noi e la nostra anima.
Fare amicizia con quell'anima significa riconoscere invece la sua unicità e amarne la peculiarità, i difetti e le virtù. Alex ci ha messo trentaquattro anni ma anche gli altri, in realta, hanno tradito la loro anima crescendo.
Questa è una storia di riconciliazione e amicizia vera proprio in questo senso: possiamo essere amici tra di noi, ma la condizione per esserlo è che siamo sinceri con noi stessi e che siamo amici di noi stessi.
Hai toccato un tema che non credevo fosse cosí percepibile, e sono molto contento che tu l'abbia colto.
Ogni amico, ogni membro del gruppo, nel momento in cui arriva la lettera di Alex, sta vivendo un momento simile a quello che sta vivendo il tuo protagonista, ma al contrario.
Lui scrive nel momento in cui finalmente raggiunge un punto in cui si riconosce nella sua identitá, ed è pronto ad abbandonare questa parte di sé in cui non si è mai ritrovato e abbracciare il suo io vero, e allo stesso tempo i destinatari della missiva si trovano in una vita che non li rispecchia assolutamente e dalle quali non sanno come uscire. Hai giocato tantissimo con queste contrapposizioni.
Assolutamente sí, perché mi piaceva mettere in scena questo paradosso, in cui l'elemento traditore, colui che ha abbandonato, è l'unico, come dice Eva, a non aver mai tradito la promessa che si erano fatti. L'unico che non é mai sceso a compromessi.
Gli altri, cosí sicuri nel loro essere rimasti, e nel loro vestire i panni degli abbandonati, sono in realtá quelli che hanno tradito maggiormente.
Sono forse anche quelli che hanno avuto meno coraggio?
Certo. Hanno subito di più l'assenza di una persona che forse, oggi come allora, era un'iniezione di amore nelle loro vite. Venendo a mancare quell'amore, l'assenza di Alex ha proprio cambiato il corso delle vite degli altri, portandoli a un punto in cui sono ufficialmente persi, smarriti, ostaggi di una vita che non li rispecchia in nessun modo.
Per cui sí, ho cercato di giocare molto su alcuni paradossi, che peró per me non sono così antitetici: anche il percorso di Alex é un percorso in cui l'uomo che si ritrova é quello che accetta il rischio di perdersi piú degli altri, di smarrirsi e cambiare sempre piú. Si avvicina a se stesso cambiando in maniera costante.
Grazie a Rosdiana Ciaravolo per la possibilità di utilizzare uno
dei suoi splendidi scatti realizzati durante l'intervento
di Silvio Muccino a Tempo di Libri.
Al centro del tuo lavoro ho sempre trovato non tanto l'attenzione sul sentimento d'amore quanto un focus a 360 gradi sull'amicizia, pensando per esempio al tuo primo film "Come te nessuno mai", che nonostante includesse anche uno sguardo sul primo amore era sostanzialmente la storia di questi amici che partono insieme e che, nel corso del viaggio, scoprono chi sono.
Sì, pensando a "Come te nessuno mai", era la storia di ragazzi che nascono. Il "pio pio" gridato dal traghetto alla fine del film non era solo il richiamo verso il loro amico, ma anche il loro primo pigolio che esprimeva la loro nascita come adulti.
"Come te nessuno mai" raccontava l'incantamento della nascita, dell'inizio della vita.
Alex mi ha ricordato tantissimo anche Paolo, l'amico sempre affidabile e quadrato che stupisce tutti con una scelta drastica e rivoluzionaria quando era forse quello che potevamo giá immaginare senza difficoltá anche adulto.
Ecco, nel loro stupore ho visto la stessa emozione provata dagli amici di Alex, quando realizzano che una persona alla quale erano cosí legati é cambiata drasticamente.
É vero, perche e una dinamica che ho vissuto in prima persona e che forse proprio per questo è ricorrente nei miei lavori. Ho sempre fatto la scelta spiazzante, per il mondo delle persone che mi conoscono. Quando tutti credevano di avermi compreso, e incasellato in un particolare cassettino, io saltavo fuori e andavo altrove.
A volte è stato difficile confrontarmi con quegli sguardi sbigottiti, sentire qualcuno dirmi "aspetta, non ti riconosco più", ma ho sempre pensato che fosse un percorso necessario. Non ho mai creduto al detto "non cambiare mai".
Non c'è niente di peggio!
Non solo non c'è niente di peggio, ma è una vera e propria condanna.
È la condanna di Peter Pan: Peter Pan ha il diritto di crescere e di cambiare!
Quindi immagino tu abbia apprezzato "Hook".
Assolutamente sì! È la voce non della fine dell'innocenza, ma della necessitá del cambiamento e di non vestire mai i panni dello stesso personaggio, perchè altrimenti si resta intrappolati.
"Quando eravamo eroi" è anche un tributo agli anni Novanta.
Quelli della nostra generazione hanno un rapporto forte con gli anni Novanta, un rapporto nostalgico e d'amore. Ci commuoviamo per un walkman ritrovato in fondo all'armadio. o per una Smemoranda piena di scritte con gli Uniposca.
La Smemoranda! Che diventava alta un metro, e che era praticamente Facebook analogico, tra foto, adesivi, canzoni trascritte.
Ecco, appunto!
Pensando agli adolescenti di oggi, per i quali il mondo è quasi esclusivamente digitale, non rischiano di trovarsi senza ricordi?
Dici che si sono persi qualcosa, o è la percezione della nostra generazione?
In fondo anche Alex tira fuori una vecchia foto, ha una casa da chiudere piena di oggetti del suo passato... È legato al passato attraverso i ricordi materiali.
Hai detto una cosa molto bella, perchè gli anni Novanta sono quelli del non selfie, in cui dovevi chiedere a qualcuno di farti una foto e che scattavi sempre rivolto verso qualcun altro, non verso te stesso. C'era una maggiore apertura verso il mondo, e erano meno ego-riferiti. Ogni ricordo ci legava a qualcun altro, e non solo a noi stessi.
Oggi tutti si guardano, ma si stanno perdendo il fatto di guardare gli altri, di aprire occhi e mente e assimilare "la big picture".
Ora diciamo "guarda me".
Siamo solo sul "guarda me": scatto me stesso, da solo, e ritocco tutto in modo che non ci sia nemmeno un briciolo di imperfezione.Noi amavamo l'imperfezione!
Pensa alle Superga e alle Converse, che dovevano essere vissute già appena indossate.
La prima cosa che facevi appena indossate era sporcarle, esatto. Le Dr Martins le sfregiavi sul davanti, altrimenti non era cool.
Erano anni in cui musica, fotografia, moda erano il modo in cui raccontavamo noi stessi agli amici, mostrando anche con fierezza la nostra imperfezione.
Non ritoccavamo nulla, anzi!
Ed essere fieri della propria imperfezione è ciò che impara a fare anche Alex, no? Abbraccia il fatto di essere nato in un modo, e voler invece essere diverso, realizzando che va bene così.
Sì, abbiamo fatto uno splendido percorso attorno al significato dell'amicizia e dell'imperfezione.
Che dici, ci lasciamo così?
Peccato, era bello. Mi sarebbe piaciuto andare avanti!

Io ringrazio tantissimo Silvio Muccino e La nave di Teseo per la splendida opportunità, a Michela Monti per avermi fatto da fotografa entusiasta, e vi consiglio la lettura di "Quando eravamo eroi" perchè è uno dei romanzi più coinvolgenti che io abbia preso in mano in questo 2018.

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

Nessun commento :

Posta un commento