venerdì 28 settembre 2018

Il pane del diavolo: Valeria Montaldi si racconta, in occasione dell'uscita del suo nuovo romanzo

Una trama che entusiasmerà i lettori de La randagia (Edizioni Piemme, 2016), tra passato e presente, sulle tracce di antiche ricette e di segreti da svelare: Valeria Montaldi è tornata, e lo ha fatto con Il pane del diavolo (Edizioni Piemme), 500 pagine che ci ha raccontato a Milano.

Iniziamo proprio da questa struttura ricorrente negli ultimi romanzi, che vede una doppia trama tra passato e presente, e la coesistenza di una forte connotazione storica e di un'indagine appassionante.
Ho fatto questa scelta perchè ritengo che parlare del passato sia come parlare del presente.
Alessandro Manzoni, scrivendo i suoi Promessi sposi ha dato alle stampe sì una storia ambientata nel '600, dove però parlava della sua contemporaneità, di due secoli successiva.
Studiando l'epoca che più mi appassiona ho riscontrato moltissime concordanze, per lo più negative, con quello che accade oggi, ed è per questo che mi sono decisa a mettere su carta due vicende, e rendere più chiaro e immediato il cogliere queste somiglianze.

Quanto è difficile gestire la stesura di due storie che devono sia incastrarsi alla perfezione, come tessere di un puzzle, sia mantenere entrambe il ritmo che fa sì che siano accattivanti per il lettore?
Non è facile, anzi! 
Sia durante la stesura de La randagia, sia mentre lavoravo a questo romanzo, mi sono detta «e se provassi a scrivere prima tutta la parte storica, e poi tutta quella contemporanea, sistemandole a posteriori?» Non funziona. La storia cresce a mano a mano, e le due parti devono svilupparsi in parallelo perchè l'intreccio funzioni. È impegnativo, ma molto appagante.
Quanto conosce della sua storia, prima di iniziare a scrivere?
Redigo una scaletta, per fissare personaggi ed eventi salienti.
La fine, invece, non la conosco quasi mai.
Lavoro a un libro per circa due anni, o tre: dipende dall'argomento, e dalla sua difficoltà.

Da dove nasce la passione per il medioevo?
Per caso. Ero una giornalista, e intervistavo artisti, architetti, fotografi.
L'editore del giornale per cui scrivevo mi ha chiesto un pezzo su edifici storici e religiosi di Milano, e il lavoro di ricerca mi è piaciuto immensamente.
Da qui, dopo un po', è venuta la voglia di buttarmi e scrivere un romanzo, in cui è fluito anche il mio attaccamento alla Valle d'Aosta.
Il medioevo è un periodo lungo e ricco di contraddizioni, e il suo studio mi ha coinvolta sempre più, abbracciando nuovi luoghi e nuove storie.
Una circostanza curiosa? L'esame di Storia Medievale all'università è stato quello in cui ho preso il voto più basso.

Addentriamoci, senza svelare troppi particolari, nel libro. Il pane del diavolo vede, tra i suoi elementi principali, un ricettario alquanto curioso.
Esiste davvero, conservato in una biblioteca svizzera, ed è uno dei più importanti del periodo (prima metà del 1400). Innanzitutto perchè era il ricettario del maestro di cucina di Amedeo VIII di Savoia, e quindi dà testimonianza di banchetti importanti, per ospiti di spicco.
È difficile da leggere, in franco-provenzale, ma sono riuscita a leggerlo tutto grazie a un colpo di fortuna: è stato disponibile online fino a poco tempo fa, poi è stato ritirato.
Contiene ricette particolari, riprese in parte oggi dagli chef stellati, e riporta con dovizia di particolari sia la preparazione dei piatti sia la loro corretta presentazione.
Ad esempio, veniva portato in tavola un cigno, dopo averlo svuotato, arrostito e farcito nuovamente, e richiuso. Con le sue penne, e tutto. Anzi, si ha notizia anche di un meccanismo pensato per far muovere il cigno e farlo sembrare vivo, in una particolare occasione.
Nel romanzo cito anche il cinghiale sputafuoco, ma vi lascio scoprire di cosa si tratta.
Tutto questo ricorda molto la ricerca e la voglia di stupire degli chef dei nostri giorni.

Anche parlando delle donne, queste concordanze tra passato e presente sono evidenti agli occhi del lettore. Ambientare i suoi libri, o parte di essi, nel Medioevo le permette di raccontare donne le cui vite solo in apparenza sono molto diverse da quelle delle donne contemporanee.
È infatti facilissimo ritrovare le lotte e le ambizioni "nostre", dei nostri giorni.
Da autrice, ma anche da donna, cosa le dà e cosa pensa di poter dare alle donne raccontandone le storie?
Essendo una donna e scrivendo, ritengo che il minimo contributo che io possa dare, a me stessa ma anche al lettore, sia quello di spiegare come la donna sia stata vessata per secoli, ridotta a forza lavoro, fattrice, strega. Un oggetto o poco più. Dalla nostra parte del mondo abbiamo sicuramente una vita migliore, ma non del tutto. La donna, tutt'ora, potrebbe stare meglio di come sta: pensiamo alla parità di stipendi, o alla maternità che ancora oggi penalizza sul lavoro.
Nel suo romanzo le donne vincono in fondo, quasi tutte. Alcune più di altre.
Ma non sveliamo il perchè. Diciamo solo che non è una vittoria spudorata: le sue donne vincono attraverso loro stesse, essendo ciò che sono.

Ringraziando la casa editrice e l'autrice per la splendida occasione di confronto, vi consiglio la lettura di Il pane del diavolo, già in libreria:


1416, Castello di Fénis. Marion è una cuoca straordinaria. Le sue origini saracene ne hanno forgiato il gusto: le spezie, gli aromi, i condimenti insoliti con cui arricchisce i piatti entusiasmano il palato dei nobili commensali riuniti a banchetto. Talento e inventiva, tuttavia, non bastano a farle ottenere rispetto e considerazione: vessata da Amizon Chiquart, il celebrato maestro di cucina del duca Amedeo di Savoia, è costretta a subire umiliazioni continue, accettate sotto l'amara maschera della deferenza. Sì, perché lei è solo una donna e non potrà mai ambire a un ruolo superiore a quello di sguattera. O almeno così crede Chiquart, sottovalutando la tenacia, il coraggio e la rabbia che animano Marion. E soprattutto ignorando che un' inutile saracena sappia leggere e scrivere. L'ultima scelta di una donna coraggiosa, la sua vendetta. 2016, Fénis. Il cadavere ritrovato nel bosco è quello di Alice Rey: la gola squarciata, il sangue che intride ancora la neve. L'indagine sul delitto è affidata al maresciallo Randisi del Comando dei carabinieri di Aosta. Da subito, gli indizi convergono sul marito della vittima, Jacques Piccot, chef stellato del ristorante di proprietà della moglie e appassionato collezionista di antichi ricettari. Le indagini sembrano confermare i primi sospetti, ma un secondo omicidio scoperchia un calderone pieno di segreti, rancori e ricatti che coinvolge l'intero ristorante. E a Randisi non resta che scavare a fondo fra presente e passato per scoprire di quanti veleni sia fatto un pane che ha il sapore del diavolo.

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