martedì 25 settembre 2018

«L'umorismo fa parte della vita»: Matt Haig, "Come fermare il tempo" e la scrittura che ti salva

Matt Haig, per chi legge i suoi romanzi dal suo esordio in Italia (era il 2007 e il titolo era La foresta d'ombra, De Agostini), è un autore acuto, brillante, ironico.
Dai peculiari vampiri della sua Famiglia Radley (Einaudi) allo splendido Gli umani (Einaudi), passando per i libri per l'infanzia che gli sono valsi il plauso del pubblico e della critica, Matt Haig era atteso, anzi, attesissimo, con il suo Come fermare il tempo (Edizioni E/O).
E quale cornice migliore di Mantova, e del Festivaletteratura, per presentarlo ai lettori?


Proprio a Mantova ho potuto incontrarlo, ed ecco cosa ci siamo raccontati!

Come fermare il tempo è un romanzo affascinante, e presenta così tanti elementi (salti temporali, quasi-immortalità, amore).
Partendo da “La famiglia Radley” e arrivando al tuo ultimo lavoro, ciò che non manca mai nei tuoi lavori è un uso sapiente dell’ironia. Partiamo da qui, dall’umorismo.
Credo che a volte i miei libri siamo deliberatamente divertenti, pensando anche a “Gli umani”, altre invece non è il mio obbiettivo principale, ma è vero: l’ironia è sempre presente, nei miei romanzi.
In Inghilterra tendono a incasellare autori e opere letterarie, come se si potesse essere autori seri o autori divertenti.

L’umorismo, invece, fa parte della vita.
Il mio è leggermente più nero, da “pesce fuor d’acqua”, e questo a causa della mia depressione.
Stranamente, perchè la depressione è qualcosa di orribile: quello che la depressione fa, però è renderti un pesce fuor d’acqua nel tuo stesso ambiente, e farti sentire come se il mondo andasse avanti con tutte le sue piccolezze… mentre ti senti come se il tuo cervello andasse a fuoco.
Ma l’umorismo fa parte della vita, ed è imprescindibile anche in un’opera letteraria.

Questo vale anche per un’autrice come Jane Austen: romanticismo a parte, è impossibile pensare ai suoi romanzi senza che i personaggi più buffi vengano in mente all’istante. Utilizzava l’ironia anche nel fare una critica feroce della società contemporanea, e nel parlare della condizione della donna del suo tempo.
Assolutamente, c’è molto umorismo in inglese in Jane Austen, e non solo in lei.
Anche nei lavori delle sorelle Brontë, sebbene ci si concentri maggiormente sul loro lato più “gotico”.
Credo che, in questo, essere inglese è ciò che ti salva: basta pensare che in Inghilterra fa freddo per nove mesi, Come faremmo senza umorismo?

Pensando ai tuoi personaggi, una caratteristica che accomuna molti di loro è che non sempre è facile per il lettore entrarvi in sintonia. Anche pensando a “Come fermare il tempo”, il tuo protagonista presenta molti lati oscuri, molte zone d’ombra.
Certo, alla fine è impossibile non amarlo.
Credo che sia una buona cosa avere un protagonista che cambi, e soprattutto provocare un cambiamento nel lettore. Nel caso di “Come fermare il tempo”, volevo partire da una situazione di scoramento, e far sì che il mio protagonista trovasse dentro di sé la speranza e la forza per cambiare il suo destino.

“Come fermare il tempo” riflette alla perfezione il modo di vedere l’immortalità (o la quasi immortalità) oggi. Se nell’antichità se ne esaltavano gli aspetti positivi ponendola sullo stesso piano del potere, negli ultimi quindici anni abbiamo visto un capovolgimento. Per i ragazzi, “Twilight” è stato sicuramente il caso più eclatante, ma pensiamo anche al successo di film come “Adaline - L'eterna giovinezza”: in entrambi i casi abbiamo un’immortalità che provoca una profonda solitudine.
Mi trovi perfettamente d’accordo, Tom è una persona sola. Così come mi sono sentito solo io nei momenti peggiori della mia depressione, e anzi, credo che scrivere questo romanzo sia stato catartico e mi abbia fatto apprezzare di più la mia mortalità.
Molto di ciò che facciamo, sperimentiamo e creiamo dipende dalla nostra mortalità, e dalla nostra consapevolezza di essa. É ciò che ci fa apprezzare la nostra vita, e non ce la fa dare mai per scontata.

La mortalità è anche ciò che ci rende consapevoli delle conseguenze delle nostre azioni: dev’essere difficile quando il tuo orizzonte è così lontano: la tentazione è di scrollare le spalle e dire «Ma sì, tanto tra trecento anni non importerà più a nessuno!»
Assolutamente, credo che questo sia collegato anche alla mia esperienza con la depressione.
Il tempo sembrava trascinarsi e dilatarsi all’infinito.
Mi dicevano «l’anno prossimo non ti sentirai così», ma per me l’anno seguente era talmente lontano da non riuscire nemmeno a immaginarlo.
Tom vive a lungo, ma dobbiamo considerare anche la relatività del tempo: nel momento in cui confronta la sua vita a quella delle persone attorno a lui, gli sembra infinita. Non solo lunga.


Scrivere Come fermare il tempo ti ha permesso di avere una sorta di macchina del tempo privata, e viaggiare avanti e indietro nel tempo a tuo piacimento.
E’ stato difficile gestire i salti temporali e geografici, facendo in modo che ogni tessera del puzzle si incastrasse alla perfezione con le altre? Ci sono un tempo e uno spazio che vorresti aggiungere, se tu potessi tornare indietro e fare una modifica?
Difficile? Oh, sì! Era decisamente al di fuori della mia confort zone, e molto difficile. Non ho scritto il romanzo rispettando la cronologia egli eventi, ho scritto a blocchi che poi ho spezzato e riassemblato più volte. Questo modo di costruire il romanzo mi ha permesso di dare al lettore la sensazione che tutto ciò che per noi è storia antica per Tom sono ricordi, e si fondono col presente in un modo per noi incomprensibile.

Penso che se avessi la mia personale macchina del tempo mi piacerebbe andare ancora più indietro, all’antica Grecia o all’antica Roma. Credo però di avere incluso nel romanzo, pensando alla vita di Tom, ogni mio periodo storico e luogo preferito. Forse avrei voluto passare più tempo nella Hollywood degli anni Venti.

Ho letto che ti definisci disorganizzato, ma richiederà una discreta capacità di organizzare il proprio lavoro, scrivere un’opera così.
Il mio problema non sta tanto nella disorganizzazione (che confermo), quanto nella mia difficoltà nel separare lavoro e privato. Credo sia un problema comune a chi lavora da casa, perchè se lavori a casa, casa tua è il tuo ufficio.
Per me è molto difficile “spegnermi”.
Cerco di fare il più possibile tra le otto e le due, e anche se non ho un minimo di parole che esigo di scrivere ogni giorno, ogni giorno scrivo qualcosa.

Impossibile non chiederti che lettore sei: cosa stai leggendo in questo periodo?
Ho appena finito di rileggere “Le città invisibili” di Italo Calvino (Mondadori), uno dei miei preferiti!
Al momento sto portando avanti quattro libri, ma quello che mi viene in mente è “La realtà nascosta” di Brian Greene (Einaudi), un saggio sugli universi paralleli.
Un libro che vorrei leggere a tour finito è il primo volume della saga “L’attraversaspecchi” di Christelle Dabos (Edizioni E/O).

Grazie a Edizioni E/O e a Matt Haig per la splendida opportunità, e torno a consigliarvi sia "Come fermare il tempo", sia la prossima lettura di Haig, "L'attraversaspecchi. Fidanzati dell'inverno" di Christelle Dabos che vi avevo raccontato qui.

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