martedì 5 giugno 2018

Intervista a Paola Barbato su "Io so chi sei", la scrittura... e gli inetti!

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Oggi arriva in libreria "Io so chi sei" di Paola Barbato, edito Piemme (rilegato a 18,50) e quindi perchè non festeggiare condividendo con voi la nostra chiacchierata di ieri?
Sono passati solo due anni, e di tutto ciò che è stata non è rimasto nulla. 
Lena era brillante, determinata, brava a detta di tutti, curata, buona. Poi nella sua vita era entrato Saverio, e tutto era stato stravolto. Quel ragazzo più giovane, che viveva per essere contro qualsiasi regola, pregiudizio, conformità, l'aveva trasformata. E non erano solo i vestiti, i capelli, le parole. Era lei, le sue sicurezze, il suo amor proprio. Tutto calpestato in nome di un amore che agli occhi di tutti gli altri era solo nella sua testa. Il giorno in cui lui era finito in Arno, dato per disperso prima e per morto poi, qualcosa in Lena si era spento definitivamente. 
Sono passati due anni, e di Saverio le resta il cane Argo, che ancora la vive come un'usurpatrice, e un senso di vuoto dolente e indistruttibile. La sera in cui trova nella cassetta della posta un cellulare, Lena pensa che si tratti di uno scherzo, oppure di uno sbaglio. Ma bastano pochi minuti per rendersi conto che quell'oggetto può cambiare la sua vita. Perché i messaggi che arrivano, e a cui lei non può rispondere, parlano di cose che solo Saverio può sapere. E quindi è vivo. È tornato. Così, senza che Lena se ne accorga, quell'oggetto diventa l'unica linfa vitale a cui abbeverarsi, e non importa che i messaggi siano sempre più impositivi e le ordinino di commettere atti di cui mai si sarebbe pensata capace. Perché se lei farà la brava, lui rientrerà nella sua vita. O questo è ciò che pensa. Almeno fino a quando le persone che le stanno intorno cominciano a morire. E il gioco si fa sempre più crudele. E la prossima vittima prescelta potrebbe essere lei.
Paola Barbato, in una corsa contro il tempo, ci porta nell'abisso della mente umana, dove paure, passioni e ossessioni si legano inestricabilmente e, a volte, ci stritolano.

Abbiamo incontrato l'autrice giusto in tempo per farci raccontare qualcosa in più su "Io so chi sei" e la sua genesi, su Lena e sulla scrittura, ed ecco cosa ci ha svelato!

"Io so chi sei" è legato a un romanzo che stai scrivendo su Wattpad, "Zoo" (per molti 300): ci racconti qualcosa di più su questo progetto?
Certo! "Io so chi sei è una costola di "Zoo", la storia più terribile che io abbia mai scritto. Durante la sua stesura, mi capitava di avere dei personaggi bloccati, e chiedermi "ma fuori da lì, qualcuno li sta cercando? C'è qualcuno che li aspetta?"
Mi sono concentrata su uno di loro in particolare, e mi sono chiesta se il suo essere bloccato in quella situazione non dipendesse, forse, proprio da chi aveva fuori. E da lì ho aperto una porta, mi sono sporta oltre la soglia e ho iniziato a vedere l'altra storia.
Il punto è che le due storie non sono necessarie l'una all'altra, possono essere lette in completa autonomia e anzi, entrambe avranno un seguito: lo stesso seguito per entrambe.
Per me era importante che non venisse percepita come un'operazione che costringesse il lettori di Wattpad ad andare in libreria o chi mi acquista in libreria ad andare su Wattpad, e anzi, anche il seguito sarà un romanzo che potrà essere letto in totale autonomia.
Un tentativo simile lo ha fatto, anni fa, Stephen King con i suoi "Desperation" e "Salvation", ed è un lavoro decisamente faticoso!

Quale personaggio ti ha dato del filo da torcere?
Caparzo, senza dubbio! Il suo modo di esprimersi,sgrammaticato e singolare, non condizionava solo i suoi dialoghi, ma anche la mia narrazione nel momento in cui mostravo ciò che accadeva attraverso il suo sguardo.
In fondo, è lo stesso problema che mi ha dato Lena con il suo modo di essere spento, senza verve, senza decisione: rendeva piatta anche la narrazione, quando doveva accordarsi alla sua visione del mondo. Lena è un'inetta, e andava raccontata così, perchè anche gli inetti vanno raccontati: sono tantissimi! Lena è la classica persona che aspetta che qualcuno scenda dal cielo e risolva ogni problema, e non fa nulla che non sia stato imbeccato da terzi, che le fanno balenare l’idea che forse la loro idea possa funzionare. Persino nel suo gesto più forte, Lena non è coraggiosa: la sua è solo una forma di autotutela, di autodifesa. Non c’è una scelta razionale di fare qualcosa, nel bene o nel male. Quello di Lena è un atteggiamento che comprendo, perché ho realizzato avere tra le mie conoscenze moltissime persone così. Quelle che passano più tempo a dare ragione al prossimo piuttosto che a formarsi una posizione personale, e che poi il giorno che esplodono fanno tantissimi danni.

A questo proposito, è nato prima Caparzo, o il suo personaggio è emerso poi, come contr'altare di Lena?
Lena non è nata da subito così come la leggete oggi. Volevo un personaggio femminile indifeso, incapace di reagire, e che venisse salvato inaspettatamente da un mostro. Mi interrogavo sulle possibilità di rendere eroe della mia storia un mostro, e mi sembrava davvero intrigante. Caparzo nel suo rifiuto della gente è deciso e non fa sconti, e un odio simile per il genere umano non ti lascia moltissime strade: la soluzione è starne alla larga, il più possibile. Proprio per questa sua natura più ritirata all’inizio è quasi impossibile, per il prossimo, riconoscere in lui il mostro.
Il personaggio di Lena è sicuramente quello che accenderà di più le discussioni, perché ci sarà chi la odierà e chi la compatirà.
Ho avuto esattamente questo tipo di feedback da chi lo ha letto in anticipo, dal “la odio, la odio un sacco!” al “però poverina, è debole…”. Di mio, dico che non volevo creare un personaggio positivo: la trasformazione di Lena, alla fine, è la trasformazione in qualcosa di più mostruoso di Caparzo. Quelle che le importa è di farla franca, e anzi, nel momento in cui sente di potersela cavare va tutto bene. Fino a quando qualcosa non la danneggia personalmente, non c’è nessun controcanto interiore, nessuna voce di coscienza che le dica di fermarsi.

Mi ha incuriosita molto il tuo partire, per spaventarci tutti quanti, dall’oggetto che fa parte delle nostre vita e da cui, a modo nostro, dipendiamo: il cellulare. Già nel flusso di pensiero di Lena che apre “Io so chi sei” emerge la sua natura indecisa e confusionaria, e anche un po’ imbranata: una persona più equilibrata avrebbe o buttato la SIM per tenere il telefono per sé, o lo avrebbe gettato via senza troppi pensieri. Visto il ruolo cruciale che hanno i messaggi nel momento dell’avvio della vicenda, mi chiedevo quale fosse il tuo rapporto con il cellulare e quanto di te fosse finito nel libro.
Se esco di casa e dopo 500m realizzo di averlo dimenticato, mi viene l’ansia! Il problema del cellulare sta nel suo essere un canale, non più solo uno strumento, e nel suo essere un canale che, in entrata, possiamo controllare fino a un certo punto. Possiamo bloccare numeri e cancellare messaggi, ma la realtà è che possono arrivarci telefonate non richieste, o possiamo vedere cose che mai vorremmo sulle nostre bacheche Facebook perché all’improvviso un amico insospettabile sceglie di condividerle. Il punto è proprio questo: l’unica forma di tutela è non avere un cellulare, perché altrimenti il controllo è suo, non nostro.
La scelta del mondo animalista è interessante, da cosa è stata determinata?
L’ho frequentato per molti anni, ahimè, e se è vero che ho trovato persone ed emozioni straordinarie, ho anche trovato i talebani, che considero dei folli. Sono quelli che non vogliono trovare la situazione più accettabile, che non offrono alternative o soluzioni concrete a nessuno, perché per loro o tutto oppure… tutto. Nemmeno il niente è contemplato. Negli anni in cui ho fatto la volontaria, e ospitato io stessa dei cani per dare una mano, mi sono scontrata spesso con queste persone, che non sono in grado di vedere la realtà con lucidità.

L'anno scorso ci siamo incontrate per parlare di "Non ti faccio niente" (che troverete in libreria in formato Pickwick dal 12 Giugno) e hai definito la colpa "un cappotto scomodo, facile da ritrovarsi addosso senza rendersi conto", dicendo che "la definizione di ciò che è colpa non è uguale per tutti, e viene sempre da fuori".
Quali sono i personaggi che hanno più colpa, all'interno del romanzo?
Voglio menzionare i genitori di Lena, perchè sì, lei è un'inetta, ma loro... dio santissimo!
Sono figure marginali, però la madre è proprio una nullità. Non esiste al di fuori della casa, e anzi, non va nemmeno a trovare la figlia. Il padre ci va, sebbene lo faccia più per criticarla che per sostenerla, ma la madre...
Di fatto, quando la figlia ha bisogno d'aiuto i genitori non esistono: quando Lena non corrisponde più all'immagine di figlia perfetta, quando i loro canoni di vita non corrispondono più, per i genitori la delusione supera l'amore.
Per esempio, quando il padre le lava i piatti, non lo fa per aiutarla: lo fa per sottolineare che lei non aveva provveduto. Una critica mascherata da falsa gentilezza.

Quella di "Io so chi sei" è stata una lettura fatta in velocità, ma a voi consiglio di assaporarlo, concedendovi il tempo di entrare a fondo nella storia e nelle sue sfumature, perchè la scrittura di Paola è la dieci e lode.
Consigliatissimo, davvero.

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

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