lunedì 18 giugno 2018

Intervista a Francesco Muzzopappa su "Heidi", la televisione e gli autori del cuore

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Oggi il blog ha un ospite speciale: Francesco Muzzopappa, appena tornato in libreria con "Heidi" edito Fazi Editore (brossurato a 15€):
Hotel da incubo, Malattie imbarazzanti, Non sapevo di essere incinta e Sepolti in casa non bastano. Ormai la tv chiede sempre nuovi format, sempre più paradossali, sempre più surreali. Succede anche in Videogramma, un’azienda di contenuti in cui da anni lavora Chiara, trentacinquenne milanese, direttrice casting, single, irrisolta, piena di paure e ossessioni. Il nuovo capo, detto lo Yeti, chiamato anche per operare dei tagli, costringerà tutti i dipendenti a proporre format innovativi, pena il licenziamento immediato. Ma la situazione per Chiara si complica quando suo padre, Massimo Lombroso, un vecchio critico letterario del «Corriere della Sera» malato di demenza selettiva, viene cacciato dall’ospizio in cui è ricoverato perché ormai ingestibile. In attesa di trovare una nuova sistemazione, Chiara lo terrà in casa con sé. La convivenza però non sarà facile: lui la scambia da sempre per Heidi, il cartone animato che seguivano insieme quando lei era piccola. Tutto il suo mondo è popolato di caprette, monti e Peter. E Peter verrà ribattezzato anche il ragazzo trovato da Chiara per stare col padre quando lei è al lavoro, un giovane premuroso e preparatissimo che si prenderà cura dell’uomo fino a diventare insostituibile. Quando Chiara si troverà in difficoltà alla Videogramma, per le pressanti e impossibili richieste dello Yeti, sarà proprio questa sua nuova strampalata famiglia a darle una mano e, come per magia, tutto si risolverà per il meglio, non senza inaspettati e imprevedibili sviluppi.

Ho avuto la possibilità di leggere in anteprima "Heidi", divertendomi moltissimo, ed ecco cosa mi ha raccontato l'autore in occasione dell'uscita!

Com'è nata la storia di HEIDI?
Misurando lo stato di salute della TV che normalmente guardo. Il grottesco di certi programmi sui canali specializzati. L’ho cucita insieme a una storia emotivamente più alta. Le tessere, magicamente, si sono incastrate alla perfezione.
Impossibile non partire da Chiara, trentacinquenne ovviamente irrisolta, ovviamente single, ovviamente con ben più di un grattacapo a livello lavorativo. Chiara rappresenta una generazione intera, alla quale spesso resta davvero solo da "riderci su", cercando di non perdere almeno la capacità di ironizzare.
Da trentenne (e più o meno nella stessa situazione lavorativa e sentimentale di Chiara, ehm...) ti chiedo: l'ironia ci può salvare? E da autore, quanto è difficile bilanciare umorismo e ironia con i temi non sempre facili che scegli di affrontare?
Hai ragione quando dici che, finché possibile, bisognerebbe non perdere la capacità di sdrammatizzare, di non prenderci sul serio. Occorre uno sguardo lucido sul mondo e su se stessi, per reagire con ironia. Descrivo sempre personaggi rincorsi dalla sfiga che riescono, sulla lunga distanza, a correre più di veloci lei e vincere. La sfiga presuppone sempre una possibilità di riscatto. Ed è su questo che costruisco le mie storie.

Il rapporto tra Chiara e Massimo è un rapporto padre-figlia non certo facile: i loro ruoli si sono rovesciati, da quando è lei a occuparsi di lui, e spesso la confusione esistenziale di lei e quella mentale di lui sembrano andare di pari passo, con risultati imprevedibili.
Da dove è nata la scelta di raccontare questa particolare realtà?
La nostra quotidianità è composta da problemi reali e problemi creati apposta per rendere il mondo un posto peggiore. Sui problemi reali c’è poco da fare: il destino si accanisce e non possiamo fermarlo. Sui problemi “causati” si può lavorare. Mi piaceva raccontare per l’appunto una storia in cui un impedimento reale entra a gamba tesa su un assurdo ricatto lavorativo e lo polverizza, rendendo tutto immediatamente ridicolo. La chiave utilizzata nel testo (l’estrema delicatezza, spero si colga) mi ha aiutato a superare incidenti contenutistici (spero).

Il mondo della tv che emerge dal tuo romanzo fa sicuramente divertire, ma inquieta anche un bel po': difficile pensare senza un po' di paura alla direzione che sta prendendo l'intrattenimento, con format sempre più assurdi e che, nonostante questo, catturano il pubblico. 
Qual è il tuo rapporto con la tv (cosa guardi, cosa non riesci proprio a guardare, ecc.)?
La finale del Grande Fratello quest’anno ha raggiunto una audience di circa 4 milioni di persone, contro una partita dell’Italia. Si è detto “grande successo” e va benissimo, ma in Italia siamo in 60 milioni, circa, e 4 milioni è niente, pulviscolo. Ci sono 54 milioni di Italiani che, quella sera, hanno preferito guardare o fare altro. Non è stato dunque, tutto sommato, un grande successo: i ragazzi ormai guardano Youtube, la mia generazione si sta orientando sulle serie (il più delle volte estere, gran bei prodotti, confezionati con intelligenza). Davanti alla tv generalista restano i cosiddetti “telemorenti”, così chiamati da Boncompagni, che meriterebbero programmi più stimolanti. Gli ascolti altissimi si fanno ormai solo per i grandi eventi e le disgrazie. Di cronaca nera la TV abbonda, ma di grandi eventi se ne vedono pochi. Pare sia il tempo dei freak bidimensionali sbattuti in prima serata per generare insulti, scazzottate e impennate social. Forse ce lo meritiamo. Evidentemente non abbiamo gli anticorpi per cambiare le cose, nè noi spettatori, nè i dirigenti televisivi. Andare in discesa è molto più facile che risalire la china. Per fortuna ci sono anche i libri.

Non solo scrittura, ma anche lettura: quali sono i suoi libri e autori del cuore, e se li hai, quali sono i libri e gli autori che hanno influenzato il tuo percorso di scrittura?
Molti. Ho scoperto all’università Swift e Sterne. Amo le cose di Douglas Coupland e Will Self. Adoro Wodehouse, Sedaris e Shteyngart. Mi piace l’umorismo di stampo britannico ed ebraico. Leggo in lingua molta narrativa estera, David Rakoff e altri. Mi piacciono gli autori poco ortodossi che sappiano maneggiare bene sia la leggerezza (faccenda complicatissima) che la complessità umana.
Restate in nostra compagnia anche domani, con l'ultima tappa di questo blogtour ricco di contenuti che un po' vi faranno venire voglia di correre in libreria, e un po' vi sfideranno ad accendere la tv e scoprire programmi assurdi dei quali ignoravate l'esistenza (io sono ancora traumatizzata da quando ho acceso per sbaglio su Malatttie imbarazzanti tre anni fa, e mi sono beccata la vedova che mangiava le ceneri del marito morto. Esatto, le conservava in una scatola di cereali e le mangiava. Mi sento male ancora adesso, a ripensarci).
Non stupisce che io non abbia la tv da un anno e non ne senta la mancanza, vero?

Invece il romanzo di Francesco Muzzopappa fa solo stare bene, quindi tutti in libreria!
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

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