Paola Barbato torna in libreria il 13 Giugno con "Non ti faccio niente", edito Piemme (rilegato a 17,50€), e preparatevi perchè non potrete fare a meno di leggerlo:
1983. L'uomo seduto nella macchina blu è nuovo di quelle parti, ma Remo non ha paura, non sa che cosa sia un estraneo. L'uomo ha tra le mani un passerotto caduto dal nido, almeno così dice, e chiede a Remo di aiutarlo a prendersene cura. Il bambino, sette anni passati quasi tutti per strada, che i genitori hanno altri pensieri, non esita neppure per un attimo. E sale. Tre giorni dopo viene restituito alla famiglia, illeso nel corpo e nell'anima; racconta di un uomo biondo, bellissimo, che lo ha riempito di regali e che ha giocato con lui, come nessun adulto aveva mai fatto. Non è la prima volta che succede e non sarà l'ultima. Trentadue bambini in sedici anni. Tutti tenuti per tre giorni da un uomo che cerca di realizzare i loro desideri e li restituisce alla famiglia, felici. Quando la polizia comincia a collegare i rapimenti lampo, l'uomo scompare.
2015. Il padre di Greta non è mai arrivato una sola volta in ritardo a prenderla. Ma lo sgomento negli occhi della maestra gli fa capire che qualcosa non va, perché Greta a scuola non è mai entrata. Scompare così, la figlia di Remo Polimanti, come lui era scomparso trent'anni prima. Anche lei viene subito restituita alla famiglia, ma priva di vita. Greta non è che la tappa iniziale di una scia di sangue che collega i figli dei bambini rapiti anni prima. Ma perché il rapitore "buono" si è trasformato in un assassino? O forse c'è qualcuno che intende emularlo. O sfidarlo. O punirlo.
In un'inquietante e tormentata danza di ombre e luci, Paola Barbato ci conduce fin dentro le nostre paure più grandi, facendo sanguinare ferite mai guarite davvero.
Abbiamo incontrato l'autrice a Milano e letto il romanzo in anteprima, ed ecco cosa ci siamo raccontati seduti attorno a un tavolo nel bellissimo caffè di Mondadori Store:
Impossibile non pensare, già leggendo la sinossi, che stiamo parlando della più grande paura di un genitore: un figlio portato via, e restituito privo di vita - se restituito.
Era una delle grandi paure degli anni Ottanta, ma è ancora così?
L'atteggiamento dei genitori è cambiato nel corso del tempo, passando da uno più rilassato e più tendente al "vai a giocare e divertiti" alla paranoia.
O meglio, quello di oggi è un atteggiamento paranoico che affonda le sue radici proprio in quell'infanzia più libera e forse meno sicura che ha vissuto chi oggi è genitore, e che si manifesta inconsciamente oggi nell'essere molto più protettivo nei confronti dei propri figli.
E mi metto anch'io in questo discorso: mi definisco uan madre-tigre, molto decisa e molto protettiva, e in parte deriva dal fatto che i miei genitori non erano affatto così.
Scegliere un tema come questo deriva anche dal tuo essere madre di tre figlie?
C'è un motivo personale?
Sicuramente il rapimento è una delle mie grandi paure sia come madre che come madre, nello specifico, di tre figlie, perchè parlando delle ragazze si entra in tutta un'ulteriore categoria di paure.
Però nello scrivere il romanzo ho attinto più a quelle che erano le mie paure da bambina, in primis quella di essere lasciata sola.
Non è facile scrivere di ciò che si teme, e anche epr questo ho sempre cercato di evitare il dettaglio eccessivamente truculento o scabroso, perchè credo che si vada facilmente a scadere nel voyeurismo e non è questo che mi interessa.
Attraverso la scrittura riesci a esorcizzare le tue paure?
In parte sì, perchè quando scrivevo ero concentrata su quelle che erano appunto le mie paure dell'infanzia, ed erano le paure peggiori perchè erano quelle senza risposta: alcune sapevo di averle, ma non sapevo spiegarle. In questo senso, scrivere aiuta a esorcizzarle.
L'atmosfera degli anni Ottanta è perfettamente riconoscibile da chi ha vissuto quel periodo in prima persona - sono stati anche gli anni di vicende come quella dell'incidente di Vermicino, oltre che gli anni dei rapimenti.
Sì, in quegli anni il timore del rapimento era forte e sentito da tutti i genitori e non.
Allo stesso tempo, c'era un silenzio totale su moltissimi altri rischi corsi dai bambini: non si parlava di pedofilia, non si parlava di violenza.
Si raccomandava ai bambini di "stare attenti", ma non veniva mai detto esplicitamente da cosa dovessero guardarsi, al punto che anche nel momento in cui bambino subiva qualcosa di simile difficilmente era poi in grado di parlarne e denunciare l'accaduto.
E oggi, invece? Di cos'ha paura un genitore?
Parlo per me, come madre: io ho paura del genere umano. Chiunque può essere o diventare pericoloso, uno sconosicuto così come il tuo vicino di casa.
Questo, mi rendo conto, non è un atteggiamento prudente, perchè porta a sottovalutare molti altri rischi sentiti come "lontani" ma che non per questo devono essere ignorati.
Avventurandoci nel tuo romanzo, a colpire da subito è la sua struttura: è molto articolata, con moltissimi personaggi e continui salti temporali.
Credo di poterla definire una scrittura parlata: è una scrittura che cambia a seconda del personaggio che vive l'azione in prima persona, una scrittura di impatto anche a livello fisico e che spero renda il diverso modo di ogni personaggio di vivere ciò che sta accadendo.
Il senso di travolgimento iniziale che chi lo ha letto mi ha detto di aver provato era voluto.
Hai seguito uno schema per costruire un romanzo così articolato?
Sì, avevo una mappa e ho cercato di verificare tutto, inclusi i tempi di percorrenza in auto dei tragitti descritti nel libro. Questo mio verificare tutto in prima persona deriva ovviamente dal mio aver scelto di pubblicare questo romanzo su Wattpad, e ne è stato condizionata anche parte della struttura del libro. Ho iniziato a pubblicare i capitoli di questo romanzo partendo da un incipit scritto nel 2013 e mai sviluppato, e scrivere solo per me stessa mi ha permesso di pubblicare esattamente il romanzo che volevo, senza che nessuno mi dicesse cosa fare.
Quanto tempo ti ha impiegato la stesura del romanzo?
Direi circa due mesi, forse una settantina di giorni.
Mi ha fatto pensare al valore iconico del palloncino rosso in "IT" di Stephen King.
È una scelta della quale ho perso le tracce emotive, perchè l'incipit di questo romanzo l'ho scritto nel 2013, quindi non ricordo con precisione cosa me la fece scegliere.
Però sì, sicuramente la paperella di gomma è un simbolo dell'infanzia e dell'innocenza, oltre che dell'innocuo.
Due parole sul personaggio di Vincenzo, possiamo dirle - senza fare spoiler?
Il personaggio di Vincenzo è ispirato in parte a Tiziano Sclavi, che conosco da tanti anni: ho attinto alla sua eprsonalità per costruire quella del mio personaggio.
Personaggio che volevo fosse un simbolo di immocenza e dolcezza, e della fragilità derivata - non quella con cui nasci, ma che deriva dall'aver subito qualcosa che ti ha ferito.
Questo perchè per me un eroe debole, con le sue fraglità, è un eroe bellissimo e preferibile a un eroe forte.
"Non ti faccio niente", così come i tuoi precedenti lavori, è un thriller dei sentimenti - vendetta, paura, rimpianto, ecc.). È una caratteristica che ho trovato in tutta la tua produzione.
Questo perchè ho sempre favorito i personaggi rispetto alle storie.
Mi spiego meglio: perchè una storia funzioni si devono seguire determinati meccanismi e questo è innegabile, ma non ho mai fatto prendere a un personaggio una direzione che non consideravo naturale o giusta per lui solo per ottenere un determinato sviluppo della trama.
Anzi, so di aver pagato a volte le mie scelte per quanto riguarda i finali dei miei romanzi: posso solo dire che spero che quello di "Non ti faccio niente" piacerà ai lettori!
E io credo che vi piacerà l'intero romanzo, non solo il finale, perchè la prosa di Paola Barbato è strepitosa e molto, molto ricca, e il suo "Non ti faccio niente" è la lettura perfetta sia per gli amanti del thriller che per gli amanti di letture che indagano le paure e le ombre dell'animo umano.
Proprio non potrete non metterlo in valigia per le vacanze!
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
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