La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "La scatola delle preghiere" di Lisa Wingate, edito Leggereditore (rilegato a 18€), in uscita il 17 Gennaio:
Quando Iola Anne Poole, un'anziana di Hatteras Island, muore nel suo letto all'età di 91 anni, la giovane madre in difficoltà che vive nel suo cottage in affitto, Tandi Jo Reese, si ritrova col compito di sistemare la casa vittoriana di Iola.
In fuga da un passato complicato e pericoloso, Tandi non si aspetta di trovare più di un rifugio temporaneo nella casa di Iola, ma tutto cambia quando trova 81 scatole di preghiere tutte decorate attentamente, una per ogni anno, che spaziano dalla giovinezza di Iola fino ai suoi ultimi giorni.
Nascosta nelle scatole c'è la storia di una vita, scritta su pezzi di carta presi a caso: le speranze e i desideri, le paure e i pensieri di una donna inconsapevole ma complessa, che attraversano le stagioni di vita straordinaria riempita di viaggi di fede, osservazioni sull'amore e un'ultima lezione che potrebbe cambiare tutto per Tandi.
Ho amato "Before We Were Yours" di Lisa Wingate, ed ero prontissima a scoprire anche questo romanzo, uno dei primi titoli proposti da Leggereditore per il 2018.
Non mi capita spesso di leggere romanzi in cui, al centro di tutto, ci sia un rapporto puro e profondo con Dio. Questo non solo perchè non sono credente, ma anche perchè non è un argomento facile da affrontare. Questa però non è solo la storia di una fede profonda, e di quanto riesca a donare al prossimo anche attraverso una semplice scatola di preghiere (esatto, proprio quella del titolo) scritte a mano: è una storia di rinascita, di crescita, e di una vecchia casa da restaurare - non so voi, ma ho un debole per le vecchie case piene di segreti e tesori nascosti ;)
Quando Tandi, una donna indipendente da troppo poco tempo per sapersela davvero cavare da sola e ferita nel profondo del cuore, scopre per caso le lettere di Iola a Dio, si trova ad esaminare la propria vita. Tandi è stata una ragazza madre, frutto di un'infanzia caratterizzata dalla negligenza dei genitori nei suoi confronti, e anche adesso non è che se la stia cavando meglio.
Tuttavia, la magia di questo romanzo, in cui Lisa Wingate sembra aver messo il proprio cuore, è questa: la scoperta di una possibilità di grazia e di perdono. E di fede, non solo in un Dio astratto ma nella bontà, nella gentilezza, nel coraggio.
Il ritratto di Iola che emerge dalle sue lettere a Dio è quello di una donna a cui non solo Tandi desidera assomigliare, ma alla quale vorremmo assomigliare tutti, almeno un po'.
E poi c'è Paul, forse il personaggio più riuscito del romanzo perchè ne è la gemma nascosta.
Non irrompe sulla scena in modo plateale o drammatico, non è il solito "bello-bellissimo e tormentato-tormentatissimo" che siamo abituate a trovare nel ruolo dell'eroe romantico, eppure la sua generosità, la sua gentilezza e la sua tenerezza lo fanno letteralmente brillare.
Ecco la sua entrata in scena:
Nel vialetto, un uomo stava scaricando un tosaerba dal retro di un pickup pieno di attrezzature per la cura del giardino, seghe a catena e scalette. Mi fermai in cima ai gradini della veranda, un po’ spostata di lato per avere una visuale migliore dei cespugli di mirtilli. Sembra va giovane, sulla ventina o addirittura adolescente. Indossava scarpe da tennis arancioni, pantaloncini a fiori rossi e una giacca a vento verde acido con palme e lucertole. Un cappello da pescatore gli gettava un’ombra sul viso e nascondeva tutto tranne i suoi ricci biondo-rossastri. Nel complesso sembrava che fosse andato a rubare nell’armadio di Jimmy Buffett e poi si fosse vestito al buio.
Non dava l’impressione di cercare nessuno in particolare, e le mie speranze uscirono dal fango come un uccello palustre. Forse era venuto solo per tosare il prato. Forse eravamo salvi per un giorno ancora.
Non aveva alcun senso dargli un motivo per fare domande. Sarei sgattaiolata dentro casa e sarei rimasta alla larga dalle finestre finché non se ne fosse andato...
«‘sera.» Il suo saluto mi bloccò mentre stavo per raggiungere la porta. Mi fermai a metà strada, un colpevole colto in flagrante.
Stai calma. Stai calma. Non devi sembrare colpevole. Ricorda la storiella sul tenere d’occhio la casa e prendersi cura del gatto.
Lisciandomi la vecchia maglietta e i jeans bucati che amavo, e che Trammel avrebbe detestato, mi girai lentamente e sorrisi. «Salve. Mi spiace. Non volevo disturbarla. Sembra indaffarato.»
Scacciò un’ape dai suoi attrezzi, il volto sempre nascosto dall’ombra del cappello da pescatore macchiato di vernice. «Ho appena finito con il prato della chiesa.» E la indicò con una scrollata di spalle. Si avvicinò a me, portando un decespugliatore. «Il tosaerba era carico, e ho notato com’era messo male questo cortile. Pensavo di fare un favore alla chiesa tagliando un po’ l’erba. A quanto pare avrò bisogno di una falciatrice e un’imballatrice, non di un tosaerba.»
Ridacchiai, mantenendo un atteggiamento amichevole. «Troppa pioggia ultimamente.» Il cortile era rimasto ridotto a una palude per la maggior parte del tempo in cui avevamo vissuto lì. Quando ci eravamo trasferiti avevano parlato di un servizio di giardinaggio, ma con tutta quell’umidità non si era fatto vedere nessuno. Quel ragazzo non sembrava uno del servizio di giardinaggio. Sperai che non mi chiedesse dei soldi una volta finito il lavoro.
Aveva parlato di favore, giusto? Per quale motivo sistemare il cortile di Iola era un favore alla chiesa? Solo perché l’erba incolta era brutta a vedersi da lì accanto? O era la chiesa che si prendeva cura della casa?
Il ragazzo si avvicinò, e io mi sentii obbligata a scendere le scale. Ci fermammo sui due lati del vialetto di gusci d’ostrica. Da vicino sembrava più vecchio di quanto lo facessero apparire quegli orrendi indumenti che portava. Sulla trentina, forse più vicino ai quaranta. Le rughe d’espressione attorno ai suoi occhi color caramello davano l’idea che avesse sorriso molto, ma qualcosa di lui, forse i capelli rossastri, mi faceva pensare a un ragazzo impertinente che mi aveva bullizzato al primo anno della scuola superiore, più o meno quando stavo alla terza casa famiglia in sette mesi.
«Sta nel bungalow?» La sua domanda pareva casuale.
Bungalow... che parola buffa. Per chissà quale motivo mi venne in mente il telefilm Fantasilandia. «Sì. L’ho affittato per un breve periodo.» Arrossii sul collo. Speravo che non riuscisse a vederlo sotto la fitta ombra degli alberi. Quando avrebbe finito di falciare il prato, sarebbe andato a chiedere a qualcuno per avere la certezza che io avessi diritto a stare nel cottage di Iola?
Annuì convinto, e rimanemmo fermi per un po’ prima che lui spostasse il decespugliatore per stringermi la mano. Si asciugò il palmo sui pantaloncini prima di porgermi la sua.
«Paul Chastain.»
Consigliato per il bellissimo messaggio di speranza che traspare da ogni pagina, e perchè ricorda al lettore di non perdere mai la sua fede, soprattutto nei momenti più difficili.
Fede in Dio, sì, ma anche fede nell'amore e nel potere della gentilezza.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
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