Charlotte Link è di nuovo in libreria con "La scelta decisiva", edito Corbaccio (rilegato a 18,60€), e io non vedevo l'ora di scoprirlo:
Simon sognava di trascorrere le vacanze di Natale con i figlie e la sua compagna in un tranquillo paesino nel sud della Francia. Ma a quanto pare il sogno è destinato a non realizzarsi: i figli gli comunicano che hanno tutt’altri progetti, e la compagna lo abbandona all’ultimo momento. Ciononostante Simon decide di partire da solo, finché, lungo la strada, incontra una giovane donna, Nathalie: disperata, senza soldi, senza documenti non sa dove andare e Simon le dà un passaggio e d’impulso le offre di ospitarla nella casa che ha affittato. Non sa che questa sua decisione lo farà precipitare in un incubo e in un mondo le cui tracce, macchiate di sangue, conducono fino in Bulgaria e a una ragazza di nome Selina che cercava una vita migliore ma che ha trovato l’inferno. Selina riesce a sfuggire ai suoi aguzzini ma la sua vicenda si intreccerà in modo drammatico e inaspettato ai destini di Simon e Nathalie a mille chilometri di distanza.
Ho avuto la possibilità di partecipare a un incontro davvero speciale insieme ai blogger più affezionati al lavoro dell'autrice, ed ecco cosa ci ha raccontato su "La scelta decisiva", sulla scrittura e sulle sue letture!
Ha scritto molti libri di genere diverso. Da dove riceve maggiore ispirazione? Dalla cronaca, da fatti di attualità (come in questo libro che parla della tratta di ragazze dai paesi dell’est) o da altro?
Cosa le dà il la per partire con una nuova storia?
La primissima ispirazione arriva sempre da qualcosa di banale e quotidiano. Può essere una frase che sento, oppure l’espressione di un viso e niente di più. Questo costituisce il primo episodio di una sequenza di riflessioni che faccio, che mi portano a immaginare una storia che non ha niente a che fare con la persona che ha fatto nascere quella scintilla, e il tutto diventa un libro.
Quindi nessun fatto di cronica specifico le ha dato ispirazione per quanto riguarda i fatti narrati in "La scelta decisiva"?
Non sono stati tanto i fatti di cronaca o i giornali che mi hanno dato lo spunto, ma prima di cominciare a scrivere questo libro ero stata per ragioni mie a Sofia, in Bulgaria, e ho avuto quindi dei contatti con gente del posto. Queste persone mi hanno raccontato di una ragazza che in circostanze misteriose è scomparsa, e di lei non si sono più avute notizie. Questa è stata la prima scintilla della storia. Tornata in Germania sono entrata in contatto con un regista teatrale che stava lavorando a una pièce e mi ha fornito tantissimo materiale sull’argomento. Molte delle persone che scompaiono senza lasciare traccia di sé spesso lo fanno volontariamente e non vogliono più dare notizia di sé.
Sempre parlando di cronaca, fa più volte riferimento anche agli attentati terroristici in Francia.
Riportarli sulla carta è un modo per esorcizzarli?
Ho una seconda residenza nel sud della Francia e quindi mi capita spesso di passarci anche dei periodi piuttosto lunghi. Per caso ero in Francia al momento di tutti gli attentati di Parigi e Nizza e ho vissuto veramente molto da vicino tutta l’atmosfera che si è creata in Francia per quello. Non più il paese delle spiagge e del sole, ma un’atmosfera carica di terrore, di polizia e di militari dappertutto. Non potevo scrivere della Francia evitando di parlare di questi fatti.
Non creo mai delle figure prese come copie da qualcuno che conosco veramente, ma sono le persone che finisco per conoscere che mi forniscono ispirazione per i personaggi dei miei libri. Osservo molto attentamente sia le mie esperienze di vita, sia quelle di queste persone e poi costruisco a poco a poco un personaggio che è un insieme di tutti i dettagli e sviluppo una sua vita specifica.
Quanto conta l’immedesimazione durante la fase di creazione?
Tento di non identificarmi mai eccessivamente nei miei personaggi, perché devo poi anche scriverne e quindi è necessario mantenere una certa distanza. È sempre una questione di equilibri: da una parte mi devo proprio immergere in tutte le sensazioni dei personaggi, ma contemporaneamente devo mantenere la distanza che mi serve per rimanere oggettiva e neutrale nel momento in cui scrivo.
Quando scrive un romanzo come decide chi sopravvive e chi muore?
Come anticipavo prima, spesso ho un piano iniziale, col quale parto, però i personaggi a un certo punto sviluppano una vita propria e a volte uno che era destinato a morire in realtà sopravvive, o viceversa, quindi il mio piano iniziale può cambiare.
Il piano iniziale è dettagliato oppure è solo un abbozzo?
Non è un piano preciso al cento per cento è un più o meno, con i personaggi e il ruolo che svolgono, però in testa non ho ancora un’idea precisa di quello che avverrà. È soltanto con la scrittura che avviene lo sviluppo dei caratteri. Un personaggio può sviluppare un carattere diverso da quello che prevedevo, così ci possono essere delle modifiche sia dei caratteri che delle azioni.
Quali sono i personaggi di questo libro cambiati in corso di stesura?
Di Simon sapevo che era un personaggio debole, ma non sapevo quale evoluzione avrebbe avuto. Non sapevo nemmeno se sarebbe rimasto un debole o se si sarebbe evoluto positivamente, poi abbiamo visto che la sua è stata un’evoluzione , ma all’inizio non ero in grado di saperlo.
Per quanto concerne Nathalie, è un altro personaggio che ha avuto un’evoluzione positiva. Questa era una cosa che mi era chiara fin dall’inizio, ma non sapevo che direzione avrebbe preso questa evoluzione.
C’è un personaggio a cui è più legata?
Simon. C’è un modo di dire tedesco, “uovo molle”, che descrive una persona debole, e quello di Simon è un personaggio interessante proprio perché non risponde all’idea di uomo forte. È un personaggio pieno di dubbi, che si lascia sfruttare ma arriva a un punto in cui capisce che non può andare avanti così, perché i suoi insuccessi si moltiplicano a tutti i livelli e ha bisogno di un evento drammatico per cambiare.
E c’è invece un personaggio per cui provava un senso di rifiuto mentre ne scriveva?
Direi che non sopportare forse è un po’ esagerato, però con Nathalie ho avuto le mie difficoltà, tuttavia ho amato molto tutti i miei personaggi e sono anche arrivata a comprenderli. Sarebbe interessante invece capire quali personaggi non sono stati amati dai lettori e per quali ragioni. La maggior parte dei lettori in Germania mi ha detto di non aver amato Simon e di non essere riusciti a sopportarlo.
Il problema di Simon è che lui ha un bisogno estremo di armonia e quindi a qualunque prezzo deve essere amato da chi lo circonda e tutti devono essere d’accordo con lui. Questo non consente lo sviluppo di una personalità chiara e sicura, è una cosa che accade molto spesso e lo vediamo in tante persone.
Riguardo a Nathalie, è stato difficile scrivere di una donna così? Ti ha lasciato qualcosa dentro?
Lo so che può apparire stupefacente, però il personaggio di Nathalie è stato piuttosto facile da scrivere perché la faccio raccontare in prima persona, e quando si fa questo l’identificazione è più forte. Mi sono a tal punto identificata con lei che mi sono proprio fusa col personaggio, e ho più volte sofferto la fame perché lei soffre la fame.
Tutti i personaggi a un certo punto devono fare una scelta o soffrono per le scelte fatte dagli altri.
Quindi la scelta può diventare una colpa?
Questo è un tema molto importante all’interno del libro, perché a volte nella vita hai veramente delle frazioni di secondo per decidere che cosa fare, ed è quello che accade sulla spiaggia a Simon. Lui ha troppe poche informazioni per sapere se la sua decisione di un momento sarà corretta oppure no, così come spesso accade nella vita. È soltanto dopo molto tempo che guardandoti indietro puoi stabilire se è stata una buona scelta o no. Proprio questa tematica mi affascina e mi coinvolge molto, è una questione veramente interessante: fai una scelta e poi ti ritrovi a dover combattere contro un senso di colpa causato da quella scelta.
Non ha avuto paura che Nathalie risultasse un personaggio negativo, per cui il lettore non provasse empatia?
Posso immaginare che alcuni lettori possano provare difficoltà a identificarsi con lei perché è un personaggio disturbato, tuttavia il lettore deve anche essere capace di sopportare questo genere di personaggio, perché ce ne sono anche nella nostra vita di tutti i giorni. Nel suo caso specifico c’è però un’evoluzione in positivo.
Nei suoi romanzi precedenti parla più volte di un mondo dove le donne non possono vivere tranquille, di una normalità che dietro la facciata presenta lati oscuri e inquietanti: questo sembra quasi un messaggio presente anche in questo romanzo, dove le donne devono difendersi da una società portata alla diseguaglianza.
Neanche gli uomini possono sentirsi granché sicuri. Viviamo in tempi di grande incertezza e mancanza di sicurezza, e direi che sono tempi duri per tutti. È vero che le donne sono vittime, ma spesso sono anche autrici di determinate violenze. Per esempio, per quanto riguarda il mercato delle ragazze, ho potuto stabilire che il sessanta per cento delle persone impiegate in questo traffico sono donne e non uomini.
In un mondo dove le informazioni e le bufale viaggiano a velocità istantanea sui social, quanto c’è ancora di ignoranza, in questi casi di ragazze avviate alla carriera di modelle, e quanto c’è di disperazione o voglia di emergere? Le notizie non arrivano anche nei paesi dell’est?
Sono stata una volta a Sofia e due volte in Russia, e davvero è difficile immaginarsi come si viva in questi paesi. Nelle città è più o meno come da noi, ma non appena si esce da quelle e si arriva al primo paese, è come piombare nei nostri paesi del milleottocento. C’è una povertà assoluta e soprattutto una vita priva di prospettive, quindi se nasci all’interno di un ambiente simile davvero non hai futuro. Sono quindi moltissime le persone che accettano di correre anche enormi rischi perché non hanno niente da perdere. A volte questa cosa funziona, basta guardare Melanie Trump che è arrivata come modella dalla Slovenia…
Come struttura il suo lavoro?
Segue una rigida programmazione o segue l'ispirazione del momento?
Lavoro come tutti quelli che vanno in ufficio: inizio al mattino alle otto quando mio marito e mia figlia escono di casa e io resto sola, e continuo fino alle quattro del pomeriggio, quando mia figlia torna da scuola. Il resto del tempo lo occupo facendo ricerche.
Chi è il suo primo lettore quando finisce di scrivere un libro?
Appena finisco un romanzo lo do da leggere contemporaneamente a mio marito e alla mia editrice. Mio marito direi che si comporta in una maniera abbastanza particolare: in prima battuta mi dice tutto quello che non gli è piaciuto, e quando sono proprio a terra mi dice che sì, in fondo il libro può andare. Invece la mia editrice si comporta al contrario: prima mi elenca tutti i pregi e poi le cose che possono essere cambiate o migliorate. La cosa è interessante perché ognuno tende a valutare diversamente i vari personaggi. È importante sapere quando un certo personaggio a qualcuno non sembra comportarsi in maniera logica: questo per me è un segnale molto importante, perché significa che probabilmente non sono riuscita a descriverlo correttamente e quindi devo rimetterci le mani e cambiare qualcosa.
C’è un libro a cui è legata di più a livello personale, magari perché è stato più significativo per la sua carriera?
Direi che per me il libro più importante è sempre l’ultimo, quello a cui sono ancora molto legata, tanto che quando inizio a scrivere il successivo devo impormi di tagliare nettamente col precedente, ma un libro che rimane molto importante per me è “La casa delle sorelle” che ha costituito l’inizio della mia carriera come autrice di bestseller.
Avverte la pressione di dover scrivere ogni volta un altro bestseller?
In una certa misura il successo costituisce una pressione. Il fatto che l’ultimo libro abbia avuto successo muove tutta una serie di aspettative rispetto al prossimo che dovrà essere “bello tanto quanto” o anche migliore. È sempre difficile quando vedo sulla fascetta del libro non ancora entrato nelle librerie “l’ultimo bestseller di ...”. Questa è una cosa abbastanza difficile da gestire e che desta sempre grandi attese.
Ha mai pensato di fare qualcosa d’altro nella vita, da bambina o da ragazza?
Scrivere è sempre stato il suo piano A?
Non avrei mai pensato di diventare una scrittrice!
In primo luogo perché non pensavo che si potesse vivere di questo mestiere, tanto che erano già usciti i miei primi libri e io mi sono comunque iscritta all’università, perché volevo avere in mano un vero mestiere. Ho impiegato un sacco di tempo prima di riuscire a fidarmi ,perché volevo prima verificare che la cosa funzionasse, per questo mi sono iscritta a legge e volevo diventare avvocato o giudice.
Che consiglio darebbe a un giovane che volesse fare lo scrittore oggi?
Prima di tutto, se un giovane cerca un editore dovrebbe prima cercarsi un agente. In Germania almeno funziona così: nelle case editrici vengono letti pochissimi manoscritti, invece nelle agenzie i manoscritti vengono letti e poi indirizzati a chi potrebbe volerli pubblicare. Gli direi di scrivere soltanto quello che vuole scrivere e di non lasciarsi influenzare da quello che spesso si sente dire tipo “scrivi questa cosa perché va” o “perché è più popolare”. Bisogna sempre fare ciò che ci detta il cuore.
C’è un libro che ha avuto difficoltà a portare a termine?
Direi che il più difficile è stato proprio quest’ultimo, perché ha una trama molto complicata e stratificata, c’è una logistica molto complessa e ho dovuto tenere in mano tanti fili diversi fino alla fine e avere tutto sempre ben presente in mente. Soprattutto ci sono le parti ambientate nell’Europa dell’est che sono in un mondo molto lontano dalla realtà in cui vivo che hanno richiesto tantissime ricerche, e soprattutto mi hanno richiesto di tuffarmi all’interno di una realtà sconosciuta. È stato difficile.
C’è un libro che invece ha lasciato nel cassetto?
No, non ho dei libri che ho abbandonato, però ci sono stati due libri che ho cominciato, ma prima di portarli a termine ne ho scritti degli altri, e questi li ho ripresi soltanto dopo, però ho finito anche questi.
Non posso non chiederglielo: quali sono i libri sul suo comodino in questo momento?
Leggo tantissimi gialli. Adesso sto leggendo un romanzo di Nicci French, un’autrice inglese.
Leggo volentieri autori inglesi e americani, per esempio Karin Slaughter, Simon Beckett, Nicci French, Donna Leon, e anche degli scandinavi.
Raffreddatissima e stordita dall'Aspirina, ma non si può incontrare Charlotte Link e non scattare una foto con lei. |
Spero che l'intervista vi piaccia, e che vi incuriosisca riguardo a "La scelta decisiva": vi aspetta in libreria ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
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