lunedì 30 settembre 2019

Segreti e ipocrisie: intervista a Sveva Casati Modignani

Il suo nuovo romanzo Segreti e ipocrisie (Sperling & Kupfer) si appresta a scalare le classifiche: abbiamo incontrato Sveva Casati Modignani a Milano, e ci ha raccontato qualcosa di più sulla genesi del suo ultimo libro, secondo di una serie che prevede altri due volumi.


Segreti e ipocrisie inizia dal finale di Festa di famiglia, e questa è la prima volta che lei scrive un seguito di un suo romanzo. Come è successo?
È nato per caso. Io alterno da anni un romanzo più corposo a una storia più breve. Quando ho iniziato la storia delle quattro amiche a un certo punto mi sono accorta che dovevo chiuderla, ma ne veniva fuori solo la storia di una delle quattro, Andreina. E le altre? E le questioni rimaste aperte? Inevitabilmente è nato un seguito, e ce ne saranno anche un terzo e un quarto, uno per ogni protagonista. Ma non era un’operazione voluta, è arrivata per caso.

Pensando a tutte le donne che lei ha raccontato nel corso della sua lunga carriera, mi chiedevo: come si fa a raccontare ogni volta donne così diverse? È vero che la natura femminile ha infinite sfaccettature, però è anche vero che ogni autore magari mette qualcosa di sé nei personaggi, e aumenta anche il rischio di ripetersi. Come nascono quindi le sue donne?
Non lo so. Io adesso sto molto con i giovani - perché le donne della mia età mi rattristano - e ascolto le loro storie, i loro linguaggi. Osservo il loro modo di vivere e di comportarsi di fronte ai problemi della vita, al lavoro, alle relazioni sentimentali e parentali. Se devo fare un confronto tra la mia biografia, che è quella di una donna cresciuta ancora secondo schemi ottocenteschi e vittoriani, e le donne di oggi, provo tanta invidia: beate loro, che vivono molto meglio! Qui, in particolare, volevo raccontare com’è importante l’amicizia tra donne, perché io sono cresciuta in un tipo di civiltà che desiderava tenere le distanze tra le donne rendendole aggressive tra loro, quindi nessuna fiducia nella donna ma piuttosto negli uomini. Le donne erano percepite come inferiori, quindi loro stesse si fidavano più degli uomini che delle altre donne: si andava da un medico maschio, si votava un candidato politico maschio. Quand’ero giovane non c’erano quasi donne in parlamento.
Invece di mettersi le dita negli occhi, le donne dovrebbero imparare a fare squadra come gli uomini, perché la squadra ti rafforza. L’idea di partenza era la solidarietà, con quattro caratteri diversi che sono nati dalle storie che ascolto dalle mie nipoti e dalle loro amiche.
Perché le donne fanno ancora fatica ad instaurare dei rapporti d’amicizia sinceri?
Ci sono tante gelosie e invidie, soprattutto negli ambienti lavorativi. Se invece le donne si coalizzassero ne avrebbero tutte dei grandi vantaggi. Bisogna imparare a fare squadra!
L’invidia è un sentimento costruttivo se sai usarlo bene, ma paghiamo il conto di un’educazione tramandata dai secoli per mettere le donne una contro l’altra.

Negli anni si è affezionata a un personaggio che ha creato più che ad altri?
No: li amo finché li racconto, ma quando la storia finisce ci diciamo addio e io parto per un’altra avventura.

Mi ha incuriosito il titolo, e volevo sapere perché è stato scelto proprio per questo romanzo. Segreti e ipocrisie in fondo sono dei temi costanti nei suoi romanzi, perciò avrebbero potuto chiamarsi così anche altri usciti in precedenza.
Qui più che mai c’è la volontà di nascondere delle verità che alla fine sarebbero normali, banali. La moglie che tradisce il marito e viceversa non è una novità per nessuno, però la famiglia in questione ha una rispettabilità da ostentare ed è ancorata al perbenismo imperante. Maria Sole e suo fratello Filippo crescono in una famiglia che è piena di ombre, di segreti, di cose non dette. Il perbenismo impedisce di accettare la diversità del marito di Maria Sole, che madre e suocera non arrivano a comprendere. Per loro è un sacrilegio ammettere l’esistenza dell’omosessualità, che non è una malattia ma una condizione normale come l’eterosessualità.

Le protagoniste vengono da quattro mondi, età e livelli sociali diversi, però ad un certo punto si ritrovano più o meno nella stessa condizione sociale e lavorativa. C’è davvero tra le donne una volontà di coltivare amicizie che uniscano età diverse?
Non sono poi così diverse, perché una donna di trent’anni e una di quarantaquattro oggi sono quasi coetanee. A una certa età le differenze non sono più così rilevanti. Unendosi si rafforzano, spalleggiandosi ma anche criticandosi. L’amicizia tra donne è bella, quando è vera. Gli uomini sono molto più grezzi e superficiali, danno per scontato che ci sia un’amicizia anche con persone che conoscono poco, le donne pretendono qualcosa di più profondo.
Tutte le sue protagoniste, oppure le loro madri, partono da un ceto sociale non altissimo e poi, con la voglia di fare e con la tenacia raggiungono grandi obiettivi. Però è anche vero che hanno quasi sempre la fortuna di incappare in qualche principe azzurro: è una forma di incoraggiamento?
Certo, potrei anche raccontare la storia di un uomo e una donna nati nella ricchezza e poi caduti in miseria, ma poi m’intristisco: io devo vivere per mesi in compagnia dei miei personaggi e devo tenermi su il morale.

Lei scrive e pubblica dagli anni Ottanta. Come crede che sia cambiato il suo modo di scrivere da allora ad oggi? È cambiato qualcosa da quando scriveva con suo marito?
La modalità è sempre la stessa. Io racconto i personaggi come sono oggi e poi torno indietro a raccontare da dove vengono, com’è stata la loro storia. Anche in principio ero solo io a scrivere, mio marito si limitava a criticare e a suggerire modifiche. Da quando non c’è più lui ho comunque la mia editor, Donatella Barbieri, con cui lavoro da tanti anni ed è lei a darmi suggerimenti. Chi scrive ha bisogno di qualcuno che legga, giudichi e suggerisca, anche se ci sono autori che rifiutano i consigli degli editor pensando di essere bravissimi in prima persona. Io penso che si facciano del male.

Nel libro viene citato un romanzo di Rosa Teruzzi, che tra l’altro ha dato il nome Cairati alle sue protagoniste. In generale, che cosa legge?
Con Rosa Teruzzi siamo amiche e ci facciamo questi piccoli scherzi.
Io sono onnivora: io leggo di tutto, ma in prevalenza gialli, polizieschi. Camilleri è morto lasciandomi nel dolore perché adesso so che ci sarà ancora solo un libro che chiuderà la saga di Montalbano. Mi è mancato tantissimo anche Simenon.
I polizieschi sono i libri che mi fanno rilassare la sera prima di dormire, anche se può sembrare paradossale rilassarsi leggendo di omicidi. Non ho amato troppo il commissario Ricciardi di De Giovanni, mentre mi piace molto la serie dei Bastardi di Pizzofalcone.

Grazie a Sperling & Kupfer e a Sveva Casati Modignani per quest'incontro.


Segreti e ipocrisie di Sveva Casati Modignani (Sperling & Kupfer) è in libreria, al prezzo di copertina di 15,90€.

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