Nell’era delle influencer, si può ancora sensibilizzare con un libro?
Il protagonista de La seconda porta di Raul Montanari (Baldini +Castoldi), sa bene come fare a influenzare l’opinione pubblica su temi delicati. E se la voce del protagonista, è anche quella dell’autore, la risposta vien da sé.
Milo, uomo (forse Alfa) bianco, milanese, separato, con problemi di insonnia e dipendenza da alcolici, è Co-Founder di un’agenzia creativa specializzata in campagne sociali. Lui è la mente che macina idee sui temi ostici, che però non portano fatturato, il suo socio, Carminati, è il braccio artefice della campagne commerciali - quelle che portano budget.
Un equilibrio perfetto che si rompe non appena ci si addentra di un passo nelle loro vite.
Seppur specializzato in messaggi efficaci, che vanno dritti al punto mixando la giusta dose di razionalità ed emozione, Milo non si è mai trovato occhi negli occhi con uno dei soggetti dei suoi spot. O quanto meno, non con un ragazzo che in quelle condizioni ci vive davvero.
Finché si trova a condividere spazio e tempo con Adam, un bellissimo giovane egiziano che, senza chiedere, otterrà da Milo molto di più di quanto lui si credeva capace di dare.
La seconda porta apre una finestra su un tema che "conosciamo" molto bene, ma che forse troppe volte abbiamo dato per scontato.
Questo libro è - nella sua intensità - una ventata d'aria fresca.
Una via semplice, ma non più scontata, per raccontare aspetti rilevanti della nostra attualità quotidiana.
Come si è documentato sul tema scafisti e "viaggi"?
Dato che la cialtroneria è un peccato mortale per un narratore, specialmente oggi che è molto più facile che in passato procurarsi informazioni, ho seguito tutti i canali possibili per documentarmi. In particolare, ho parlato con persone che lavorano in centri di prima e di seconda accoglienza. Altre ricerche le ho fatte naturalmente in rete e su libri recenti che parlano di questi argomenti. Segnalo in particolare il bellissimo reportage di Alessandro Leogrande, La frontiera (Feltrinelli).
Argomento delicato: come è stato affrontarlo da scrittore?
Sono abituato ad affrontare temi scabrosi usando come unico criterio l’obiettività. Per un romanziere il bene e il male esistono, sono anzi alla base di tutte le storie che raccontiamo. Ma sono sempre distribuiti in modo imprevedibile, non stanno schierati comodamente in modo manicheo da una parte o dall’altra. Su questo argomento io, come cittadino, ho le mie idee; non credo che queste idee interessino a qualcuno, mentre immagino che interessi una storia appassionante in cui tutti i personaggi hanno le loro zone oscure, tutti mentono (come facciamo noi nella vita, ogni giorno), nessuno è innocente.
Alla base di questo storia ci sono sicuramente migliaia di storie vere. Tutti i giorni.
Ma Adam esiste? Da dove ha tratto informazioni così dettagliate?
Adam esiste nel senso che dava Aristotele alla narrazione d’invenzione: non è una persona storicamente determinata con nome, cognome e data di nascita, ma è un personaggio universale. Adam quindi è un diciassettenne che due anni fa è arrivato in Italia su un barcone, il che fa di lui prima di tutto un animale spaventato, un cucciolo che ringhia, morde, seduce, inganna, usa tutti i mezzi per difendersi e salvarsi. È sopravvissuto alle peripezie drammatiche che lo accomunano a tanti altri ragazzi, ma oggi (nell’oggi della storia raccontata) deve affrontare nuovi pericoli. È per questo che chiede aiuto a Milo.
Perché la scelta di un personaggio buono (Milo) ma estremamente dipendente? E di
dipendenze quasi "feticiste" - come i video la notte.
Non so se definirei Milo un personaggio dipendente, visto che alla fine i suoi vizi sono solo due: l’alcol (che tutto sommato non influenza i suoi comportamenti) e i video atroci che cerca in rete quando è torturato dall’insonnia. Due vizi non sono tanti... io per esempio ne ho di più.
Milo è soprattutto un personaggio tormentato e contraddittorio, un guru della comunicazione sociale, acclamato e riverito, che nel privato ha ben poca stima di se stesso e non è incline a perdonarsi i propri errori. L’avventura che il libro racconta gira intorno a una domanda fondamentale: è possibile fare del bene? Ha senso provarci, quando la vita e il mondo sembrano suggerirti che non ne valga la pena? Milo si pone questa domanda a ogni passo della vicenda che vive nel romanzo; non se la pone in forma di ragionamento ma di comportamenti, scelte, azzardi. Credo che sia anche un personaggio molto simpatico perché è intelligente, divertente, auto-ironico all’eccesso e profondamente onesto nel raccontarsi al lettore senza risparmiargli nulla di sé, mettendosi a nudo senza riserve.
Dal punto di vista linguistico e grammaticale, come è stato immedesimarsi in Adam e scrivere con i tempi sfalsati?
Per formazione sono un linguista - il mio primo titolo universitario è stato una laurea in glottologia - quindi elaborare linguaggi mi riesce facile. Devo anche dire che nella vita reale sono molto attratto dalle anomalie nel modo di parlare delle persone... per esempio ho una vera passione per i balbuzienti, perché i loro intoppi nell’articolare le parole mi sembrano qualcosa di più profondo rispetto a un semplice difetto, come se la balbuzie ci rivelasse la difficoltà, a volte l’insensatezza, dei tentativi che facciamo di comunicare fra noi. Penso che prima o poi mi metterò a tartagliare anch’io! Adam sbaglia i tempi delle subordinate, tende ad appiattirli su un presente indicativo buono per tutti gli usi, e questa è una piccola manchevolezza che si nota spesso negli stranieri.
Che ruolo ha oggi un libro, a proposito di temi così delicati quali i tanti che ha toccato con La seconda porta? Temi che vanno dal confronto con una cultura diversa alle situazioni di genitorialità e fecondazione assistita, fino al ruolo della lettura e del mezzo cartaceo.
In tempi in cui i cambiamenti nei modi e nei mezzi con cui comunichiamo sono così vertiginosi, la sopravvivenza del libro, questo oggetto tanto antico, ha del miracoloso.
E non solo sopravvive, anche se perde lettori in un lento stillicidio, ma è più che mai prestigioso: a dimostrarlo bastano le decine di migliaia di persone che seguono corsi di scrittura o cercano di arrivare in qualche modo alla pubblicazione, ma anche il fatto che perfino chi ha già un ruolo sociale prestigioso, o fa un lavoro invidiabile, appena può presenta a un editore il suo romanzo, o la raccolta di poesie, o il memoir e così via. I temi che lei ha citato sono tutti cruciali e vengono tutti affrontati nel modo più obiettivo e interessante che mi è riuscito di escogitare... senza peraltro che vengano date risposte univoche. O, peggio ancora, risposte di comodo.
La seconda porta di Raul Montanari (Baldini+Castoldi) è in libreria, al prezzo di copertina di 18€.
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