Elena di Sparta è il personaggio femminile che da 2500 anni occupa l'immaginario della letteratura, dell'arte, ed è l'archetipo, se ne esiste uno, della figura femminile.
Quasi sempre cantata e raccontata da uomini, ma oggi tocca a Loreta Minutilli (laureata in Fisica e laureanda in Astrofisica e finalista con questo romanzo al Premio Calvino Opera Prima, ndr) raccogliere il testimone e rendere Elena ciò che non è mai stata: un essere umano.
Fa sì che sia Elena stessa a raccontarsi e raccontare la sua vita ai lettori, con una freschezza che mancava e di cui abbiamo più che mai bisogno oggi.
Abbiamo incontrato Loreta Minutilli a Milano, nella splendida sede di Baldini+Castoldi, ed ecco cosa ci ha raccontato sul suo romanzo, il suo rapporto con il mito e la scrittura.
Partiamo dall'inizio: da dove nasce il desiderio di raccontare la storia di Elena di Sparta?
Ho frequentato il liceo classico, e per me è sempre stato fondamentale rielaborare per conto mio ciò che apprendevo in aula.
La mitologia mi affascina sin dall'inizio, perchè l'idea stessa che potessero esistere più versioni della stessa storia tramandate nel corso dei secoli era incredibilmente stimolante.
Mi è sempre piaciuto scrivere, e scrivere di miti: questo che avete tra le mani è l'esperimento meglio riuscito, ma ho più volte preso un personaggio secondario del mito e provato a dargli una voce.
La mitologia mi dava l'idea di potermi inserire, visto che per secoli lo avevano fatto in tanti.
Mi affascinava l'idea di questa donna che nell'Iliade non parla quasi mai, nonostante sia la causa scatenante della guerra. Senza Elena non esisterebbe l'Iliade!
Alla sua figura è sempre legata una colpa, sia che la si voglia scagionare sia che la si accusi: la colpa non smette di esistere.
Ho iniziato a scrivere la sua storia dopo l'arrivo all'università, perchè ho cambiato completamente ambiente trovandomi in un contesto prettamente maschile, e in cui dovevo insistere un po' di più per far sentire la mia voce.
Ho capito che non era affatto scontato avere qualcuno che ascoltasse, e a ragionare sulla figura di Elena sotto questa luce.
Sembra che la grande colpa di Elena sia, innanzitutto, quella di essere bella.
Hai ragione, e lei stessa spesso la percepisce così.
Fin dall'infanzia viene trattata in modo diverso a causa del suo essere bella, e considerata più un oggetto da contemplare e proteggere più che una figlia da amare: la sorella, meno bella, ha un rapporto più stretto con i genitori e più libertà di movimento e pensiero di lei.
Poi c'è la colpa legata al tradimento e all'abbandono del marito.
Nella mia lettura della sua figura, Elena sceglie di essere colpevole: nel momento in cui deve scegliere tra una vita tranquilla, priva di avvenimenti e una in cui grazie alla sua bellezza può davvero vedere qualcosa e sperimentare qualcosa, lei sceglie la colpa e parte.
È una donna moderna, sotto questo punto di vista.
Certamente, e ci tengo a dire che la mia non è un'Elena storica: ho deciso di farla parlare come avrei parlato io, perchè mi sembrava il modo migliore di far rivivere il mito oggi.
I miti greci hanno il grande potere di raccontare l'uomo attraverso la narrazione del divino.
Penso che fosse il loro scopo: tutte le emozioni della natura umana vengono rappresentate in modo molto più efficace da un dio, separato da te, e alla fine quello che vai a leggere non è un mito ma sei tu. In questa chiave, leggere la storia di Elena raccontata così, permette di trovare molto delle donne di oggi. Secondo te, perchè 2500 anni dopo, il mito greco continua a parlare di noi?
Sono d'accordo sul fatto che il mito servisse per raccontare gli uomini agli uomini, ed è proprio questo a renderli attuali anche 2500 anni dopo.
La chiave è quella della bellezza di una storia semplice, che si presta a essere affrontato da diverse prospettive. Il mito è impersonale, è una vicenda che viene raccontata in modo così lineare che può essere letta da più punti di vista.
Sappiamo chi sia Elena di Sparta, la donna più bella del mondo, ma sta a noi in fondo immaginarne i pensieri e i desideri.
Parliamo del suo rapporto con Paride: nel mito si presuppone che scappi con lui per amore, ma il tuo Paride non è assolutamente l'uomo affascinante che saremmo portati ad immaginare, anzi! Quasi ci si chiede cos'abbia visto in lui Elena.
È stata la prima decisione che ho preso: non volevo che quella di Elena fosse una fuga d'amore.
Sia per rendere originale la mia storia, sia perchè volevo creare un personaggio razionale e trasgressivo. Mi piaceva che fosse più vicina a Menelao che non a Paride: volevo che la sua scelta fosse più cinica, calcolata, che partisse con Paride per ottenere qualcosa per se stessa.
Ho letto il tuo romanzo come un monologo, una confessione e la liberazione di Elena dal peso della sua storia. Nella seconda parte del romanzo, quando subentra il disincanto, dice «sono cresciuta troppo lentamente». È un'Elena che si rende conto di essere stata bambina e figlia troppo a lungo.
Sì, e rientra sempre nell'idea che lei non abbia mai conosciuto il mondo perchè intrappolata tra le mura di Sparta, e anzi, la sua bellezza l'ha fatta vivere in una gabbia dorata dalla quale non poteva uscire.
Quando arriva a Troia inizia a rendersi conto che la sua bellezza la rende unica, ma che in un ambiente in cui deve guadagnarsi il rispetto del prossimo non basta a renderla speciale.
Deve dimostrare di saper dare qualcosa al prossimo. Se non avesse seguito Paride non avrebbe mai lasciato Sparta, e forse avrebbe sempre creduto di essere unica al mondo: lasciare la sua casa le permette di scoprire che non è così.
Nel tuo romanzo fa la sua comparsa anche la sessualità di Elena, e in particolare un evento molto doloroso che non dev'essere stato facile mettere su carta.
La scelta che Elena fosse vittima di violenza perchè in parte serviva a spiegare la sua difficoltà nel costruire un rapporto col prossimo, e in parte perchè offriva un contrasto tra l'idea di lussuria associata alla sua straordinaria bellezza e il fatto che invece lei fosse bloccata nel godere della sua sessualità.
Per lei quello della sessualità è un mondo incomprensibile, ma è anche questo uno stimolo a partire per cercare di essere di più di un corpo bellissimo.
Viene in mente anche la figura di Ulisse, anch'egli in viaggio spinto dalla curiosità.
All'inizio volevo persino mettere una citazione dall'Odissea!
Ulisse è il personaggio che nel mito rappresenta l'avventura, la curiosità estrema, le esperienze straordinarie: non esiste un suo corrispettivo femminile, ma per me Elena è l'unica che esce dal conosciuto compiendo una scelta, e vive una vita diversa da quella già scritta per lei.
Per me Elena parte anche per vivere un'avventura.
Inoltre, così come Ulisse racconta a Penelope il suo viaggio, così fa la "mia" Elena con Menelao, perchè è anche il racconto del viaggio a dargli un senso e una dimensione.
Quello di Menelao è il personaggio più bello, almeno per me.
All'inizio non era così sviluppato, è stato solo scrivendo che ho iniziato a vedere degli aspetti di questo personaggio che nel mito non erano sviluppati: in fondo è anche lui in secondo piano nonostante la guerra scoppi proprio perchè bisogna riprendersi sua moglie.
L'ho visto come un uomo in balìa delle scelte della moglie, e che non si trova del tutto a suo agio nel mondo di guerrieri che lo circonda non avendo però potuto scegliere altro - esattamente come Elena non ha potuto andare oltre il suo essere la donna più bella del mondo. Sono spiriti affini.
Una curiosità personale riguardo il finale del romanzo.
Ho sempre visto Elena come una donna che è fuggita dalla vita prestabilita senza trovare però soddisfazione nemmeno nella fuga, e leggendo le tue parole questa convinzione si è radicata.
Nel momento in cui si rende conto che Paride morirà, tutto sommato è una liberazione.
Come tutte le donne in procinto di scaricare il compagno, diventa quasi più gentile nei suoi confronti, perchè in fondo le dispiace.
Lo rassicura, lo coccola, lo incoraggia ma perchè sa che manca poco, e anzi, pensa già a ciò che dovrà fare dopo: lui sostanzialmente è già morto, per Elena.
Al giorno d'oggi avrebbe cambiato taglio e colore di capelli e avremmo capito tutti che on Paride era finita.
Ti sei divertita nel raccontarla in modo così moderno, traslando magari su di lei gli atteggiamenti contemporanei, e vedi anche tu nel suo fare un passo indietro, tornando da Menelao, farne in realtà uno avanti?
Assolutamente sì, e anzi, scrivendo la vedevo come una donna di oggi.
La immaginavo studentessa di una facoltà scientifica, per esempio, pensando alla sua curiosità sul mondo. Elena torna al passato dopo un percorso: ha avuto bisogno di andare via per rendersi conto di volere la sua vita di prima, e che non era meno rispetto a ciò che avevano le altre donne.
Ritorna cambiata, e torna a quello che è comunque un punto finale, che ora è rifugio e non più prigione.
Hai raccontato l'unico νόστος che mancava, perchè il ritorno a casa di Elena era l'unico che non era ancora stato raccontato.
Lo studio della fisica e dell'astrofisica ha cambiato la tua visione del mito? E come riesci a conciliare studio e scrittura?
Mi serve sicuramente avere entrambe le cose nella mia vita, lo studio scientifico e la scrittura.
Se dovessi solo studiare o solo scrivere... non credo funzionerebbe, per me.
Passare da uno all'altro è un avere una via di fuga che mi aiuta.
Studiare astrofisica mi ha aiutata a mettere ordine, anche nel mio modo di scrivere: è uno studio che ti rende disciplinato, e ha fatto sì che imparassi a scrivere in maniera più chiara, oltre a darmi gli strumenti per portare a termine ciò che iniziavo.
Ho iniziato e abbandonato tante storie, prima di questa.
Elena di Sparta di Loreta Minutilli (Baldini+Castoldi) è in libreria, al prezzo di copertina di 17€.
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