Quante cose terribili possono accadere nello stesso giorno?
In questo giorno specifico, ne accadono tre.
Essun, che vive una vita normale in una piccola città come tante, torna a casa per scoprire che suo marito ha brutalmente assassinato il figlio e rapito la figlia.
Nello stesso momento l'impero le cui innovazioni sono state alla base della civiltà per mille anni crolla, mentre la maggior parte dei suoi cittadini vengono uccisi a causa della vendetta di un folle.
E, peggio ancora, nel cuore del vasto continente noto come Immoto, una grande spaccatura rossa si è aperta nel cuore della Terra, emettendo nell'aria cenere sufficiente da scurire il cielo per anni.
O secoli.
Questa l'apertura di La quinta stagione di N.K. Jemisin (Mondadori), primo capitolo della saga The Broken Earth e uno dei fantasy più attesi dell'anno.
Un romanzo che nella sua crudezza, violenza, desolazione rispecchia fin troppo la società in cui viviamo oggi, e che si rivela all'altezza delle aspettative (altissime) dei lettori italiani.
A cominciare dal mondo creato da N.K. Jemisin, in cui terremoti, eruzioni vulcaniche e altre calamità si verificano con costanza crescente. Esistono persone in grado di manipolare la terra per renderli meno dannosi, chiamate orogenesi, ma nonostante siano costantemente impegnati nella salvaguardia del territorio e della popolazione sono tenuti in schiavitù: tutti sono stati convinti della loto natura pericolosa, e della necessità di controllarli. È illegale ospitarli, e allo stesso mdoo è illegale - e pericoloso - nasconderli. Per questo motivo rischiano di essere uccisi dalle loro stesse comunità di origine, e quando questo non succede vengono portati al Fulcrum, dove vengono addestrati alla manipolazione del suolo.
Come se non bastasse, sporadicamente si verifica quella che chiamano Quinta Stagione, che ogni volta rade quasi al suolo il pianeta.
Ed è in questo momento che ci troviamo, all'inizio del romanzo: una Quinta Stagione sta per arrivare, e il terrore regna sovrano.
Ma torniamo ad Essun, che è solo una delle tre protagoniste del romanzo che seguiremo in questa mirabolante avventura: il marito ha ucciso il figlio perchè rivelatosi un orogene, natura che ha ereditato dalla stessa Essun. La donna è ora sulle tracce del marito, che dopo l'assassinio ha preso con sè la figlia ed è fuggito.
È un orogene anche la piccola Damaya, e la sua famiglia non è disposta a pagare il prezzo necessario a tenerla con sè: il suo destino sembra essere l'addestramento al Fulcrum, e la sottomissione.
Infine abbiamo Syenite, una giovane donna che ha trascorso buona parte della sua vita al Fulcrum, dove faticando duramente è riuscita a sviluppare le sue capacità fino a conquistare ben quattro degli "anelli" che rappresentano il potere (più anelli, più potere). Adesso, però, viene assegnata all'unico possessore di dieci anelli affinchè generino un figlio, nella speranza che nasca con eccezionali capacità.
Raccontare oltre sarebbe criminale: La quinta stagione va scoperto pagina dopo pagina, in prima persona. N.K. Jemisin possiede quel raro talento che rende possibile al lettore sentirsi tremare la terra sotto i piedi, mentre la cenere gli soffoca il respiro, esattamente come accade sulla pagina scritta.
Una lettura capace di far riflettere su temi scomodi, come il razzismo interiorizzato e i pregiudizi che non ci si rende conto di avere, tra le cui pagine non mancano personaggi la cui sessualità, omosessualità e transessualità sono presentate con naturalezza, senza giri di parole.
Un romanzo in cui l'azione, i colpi di scena, il world-building sono pressochè ineccepibili: è impossibile posare il volume prima di aver raggiunto l'ultima pagina, così come è impossibile non ritrovare se stessi, le proprie paure e ciò che spaventa del mondo di oggi nei personaggi creati da N.K. Jemisin.
Esattamente il genere di romanzi di cui abbiamo bisogno, oggi più che mai.
La quinta stagione di N.K. Jemisin (Mondadori) è in libreria dal 30 aprile, al prezzo di copertina di 15€.
lunedì 29 aprile 2019
Intervista ad Andrea Scanzi, su "La politica è una cosa seria", e sulla necessità di un cambiamento
Nel 2018 Andrea Scanzi pubblicava Con i piedi ben piantati sulle nuvole (Rizzoli), e a quel periodo risale il nostro primo incontro sulla terrazza del Mondadori Store di via Marghera a Milano.
Un anno dopo, incontriamo nuovamente Andrea Scanzi ma per parlare di politica, e in particolare del perchè La politica è una cosa seria (Rizzoli), come recita il titolo del suo ultimo volume.
Una lettura appassionante, della quale abbiamo potuto discutere con l'autore all'ultimo piano della libreria Feltrinelli in piazza Piemonte a Milano, ed ecco cosa ci ha raccontato!
Quali sono stati i criteri di scelta, nel bene e nel male, che ti hanno portato a parlare di questi politici e non di altri?
Li ho scelti tenendo presenti due aspetti. Il primo è un po' stilistico o letterario, perché ho scelto di parlare di quei personaggi che stimolavano la mia penna e non di quelli che non la stimolavano per niente: quando scrivi un libro devi avere degli stimoli, un'ispirazione. Pensando a Pertini, ad esempio, potevo immaginare un capitolo che si sarebbe scritto praticamente da solo, mentre pensando a uno come Fanfani, anche se io sono aretino come lui, sapevo che avrei fatto molta fatica a parlarne.
La prima motivazione è stata dunque letteraria, ma poi ce n'è stata una superiore, del tutto emotiva, empatica e passionale. Questo è un libro in cui io mi racconto più che in altre occasioni perché dichiaro apertamente quali siano i personaggi che mi mancano, quelli che ho amato, quelli che a volte mi hanno deluso, perciò sono andato a cercare chi mi ha smosso tanto – Pertini, Rodotà, Berlinguer, Parri – oppure i personaggi nettamente respingenti. Volevo creare una netta separazione tra "politici belli", che hanno giustificato l'amore per la cosa pubblica e ci hanno fatto appartenere a un ideale, e quelle figure respingenti che finiscono per farci rimpiangere ancora di più i politici che ci mancano. Guardi i politici attuali, poi ti volti indietro, vedi Pertini e ti chiedi "come abbiamo fatto a diventare così?"
Anche per questo non parli del Movimento Cinque Stelle?
So che me lo chiederanno spesso, parlando di questo libro, soprattutto perché io ero stato uno dei primi a parlare dei Cinque Stelle anche prima che vincessero le elezioni, per cui può sembrare strano che li abbia esclusi. C'è una motivazione temporale: quando racconti un personaggio politico devi avere a disposizione tanti anni da raccontare, deve esserci qualcosa da dire.
I Cinque Stelle sono fugaci, a partire dal fatto che sono vincolati dal limite del doppio mandato. Emergono un po' solo Di Maio e Di Battista, ma il secondo si è in pratica già ritirato uscendo di scena, mentre per il primo appare una seconda motivazione: sebbene io sia stato uno dei pochi a capire fin dall'inizio pregi e difetti del movimento Cinque Stelle, adesso faccio un po' fatica a fotografarli. Se racconto Renzi, so che incarna una politica che mi è estranea. Se racconto Salvini, lo stesso, Berlusconi non ne parliamo. Se racconto Berlinguer, parlo di uno che mi manca.
Se oggi racconto Di Maio, parlo di uno che non sono in grado di fotografare, di mettere a fuoco con precisione. È un mio limite: a volte li vedo chiari nelle loro idee, il giorno dopo li trovo repellenti e non riesco a considerarli.
Ma non sono diventati meno leggibili da quando sono al governo?
Senza dubbio. Fino al 2018 avevo delle idee chiare su di loro, tendevo a collocarli tra i buoni, o quasi buoni, ma adesso tutto mi appare molto confuso. Il cambiamento che gli italiani volevano con le elezioni del 4 marzo 2018 ha determinato l'unione di due forze politiche molto distanti tra loro, col rischio di deludere una buona parte dei loro elettori.
A volte mi capita, quando partecipo ai dibattiti televisivi, di pensare di sapere bene cosa dire, ma in altre occasioni mi rendo conto di non avere per nulla le idee chiare riguardo a ciò di cui si parla. E se non le ho io, non oso pensare allo smarrimento del cittadino comune.
Ho scritto questo libro proprio per chiedermi, e chiedervi, cosa stia succedendo alla politica, se sia sempre stata così o se in passato fosse più facile dire "noi" invece di "io". Oggi mi sembra che tutti dicano "io", ma senza mitizzare troppo il passato mi sembra che prima ci fossero delle persone più belle di oggi. Prendete Berlinguer: potevate non essere d'accordo con le sue idee, ma è stato una figura straordinaria, eroica e romantica. Lui è il più alto, ma forse ci mancano anche le mezze figure di una volta.
Tempo fa mi è capitato di ascoltare il tuo direttore Marco Travaglio in televisione, mentre si discuteva sul caso Diciotti e sulla mancanza di dissenso della base dei Cinque Stelle riguardo al salvataggio di Salvini. Lui ha detto che questa è una questione di principio e che sembra che ultimamente dei principi non importi più nulla a nessuno, né ai politici, né ai cittadini. Ci ho ripensato leggendo il tuo libro e mi sembra che si parli proprio di persone che procedevano seguendo i principi.
È una lettura corretta?
Più che una domanda, la tua mi sembra una meravigliosa recensione, per cui faccio fatica ad aggiungere altro: questo è esattamente quello che penso. I politici di oggi quasi sempre non hanno a cuore l'etica, la cosiddetta "questione morale", mentre in passato c'era chi, anche se non tutti, naturalmente, era mosso da valori altissimi.
I principi sono decaduti, sono fuori moda. Il voto sulla Diciotti è emblematico, perché i Cinque Stelle hanno vinto le elezioni insistendo sulla questione morale, che è qualcosa di più alto dell'onestà. Poi però li vedi far assolvere Salvini per un puro tornaconto, per restare al potere, e una persona che ha seguito il loro percorso, come me o Marco Travaglio, non può non sentire molti campanelli d'allarme. Molti cittadini sono rimasti male, come me, anche del fatto che questa decisione dei Cinque Stelle non abbia generato un grande dibattito. La loro base, la stessa che sei anni fa voleva Rodotà presidente, non ha detto nulla.
Ma come s'inverte questa tendenza? Io ho trent'anni e sono molto preoccupata per questo paese. Venendo dagli studi classici parto purtroppo dalla Grecia antica, dove la politica è un onore che ti avvicina agli dei, e confrontare un politico di quel mondo con quelli attuali genera un contrasto stridente.
Gaber, che io cito spesso e volentieri, in una delle sue canzoni dice "vorrei dire a Platone che un politico è sempre meno un filosofo e sempre più un coglione". E lo diceva nel 1980! Non che stessero benissimo nemmeno ai tempi della Prima Repubblica, fra stragi di stato e vicende come Ustica, però adesso c'è davvero tanta confusione.
Io non ho una ricetta, se l'avessi sarei il primo a consegnarla e mi piacerebbe se qualcuno sapesse dirmi come si fa ad uscirne. Nel libro racconto un episodio che mi ha colpito molto perché è stato uno dei momenti importanti della mia vita.
Il giudice Antonino Caponnetto, dopo aver creato e guidato il pool antimafia e aver visto morire in due mesi Falcone e Borsellino, uscendo dalla camera mortuaria di quest'ultimo disse "è finito tutto".
Quella frase fu devastante, ma Caponnetto se ne rese conto e sentendosi in colpa decise di fare un tour andando a incontrare almeno una scuola in ogni città italiana, pur avendo ormai settantacinque anni. Venne anche nella mia scuola e fu un incontro emozionante per tutti noi. Alla fine ci disse "ragazzi, adesso tocca a voi prendervi in carico questo paese". In quel momento, eravamo nel 1993, pur in mezzo agli attentati, si percepiva una spinta al cambiamento, una volontà di uscirne, anche se durò poco perché l'anno successivo Berlusconi vinse le elezioni.
Adesso non c'è nemmeno una lotta tra una volontà di cambiamento e la negatività, mi sembra che siamo in una fase di stanca e di rassegnazione. La politica appare involuta e servirebbe una spinta che sparigli le carte, ma io non la vedo all'orizzonte. Le elezioni possono portare solo a una crescita dell'astensione. La maggior parte delle persone ha la sensazione di non capire più nulla della politica attuale. Montanelli diceva ai giovani "l'unica battaglia della vostra vita che potrete vincere è la battaglia con il vostro specchio. Quando vi piacerete e sarete soddisfatti di voi stessi avrete vinto".
Questa però è una vittoria privata, una rinuncia alla collettività, che oggi purtroppo non è così distante.
Qual è il meccanismo che ha facilitato la regressione della classe politica? La cultura o la sua mancanza hanno inciso tanto? E perché le donne sembrano essere scomparse dalla politica? Non servirebbe, più ancora che qualche donna in più, una maggiore sensibilità femminile in generale?
Premesso che trent'anni fa avremmo potuto ritrovarci come oggi a criticare la classe politica di allora, perché di fronte a gente profondamente respingente come Gava, Sbardella o Cirino Pomicino persino Di Maio sembra un intellettuale, il confronto rimane: tempo fa in un dibattito mi sono ritrovato insieme a Martelli, che non ho mai amato né votato in passato, ma che quando parla rispetto ai politici attuali ha la statura di un Kennedy o di un Adenauer.
Andando in televisione, spesso ho l'impressione di parlare col nulla, che dall'altra parte manchino proprio i fondamentali. Il livello è spesso di una bassezza di contenuti indescrivibile.
Però dobbiamo dire che, come nello sport o nel vino, ci sono annate e generazioni che vengono meglio e altre che vengono peggio, perché dipendono dall'humus culturale in cui crescono.
Pensate cos'è stato crescere nel dopoguerra: negli anni Sessanta e Settanta è stata composta la musica più bella in assoluto, almeno per me che amo i cantautori. Erano tutti più ricettivi, più stimolati...
C'è stato uno svilimento un po' di tutto, dalla musica alla letteratura, al cinema, e calando i contenuti in generale è calata anche la politica.
Cosa possono darvi come modelli culturali Salvini, Renzi o Di Maio? Ci sono tante brave persone in politica, ne conosco di destra e di sinistra, ma il livello rimane basso. Il berlusconismo ci ha segnato profondamente e non è certo scomparso.
Riguardo alle donne concordo sul fatto che manca una sensibilità femminile, però bisogna stare attenti a non sopravvalutare certe persone solo perché donne... Non possiamo paragonare la Boschi e Tina Anselmi. Mancano figure femminili notevoli, perché anche lì c'è uno svilimento. Trovatemi cinque donne in politica oggi che vi convincano davvero, ma anche cinque uomini.
Del resto, gli americani tre anni fa, inseguendo il mito della donna in politica, hanno finito per far vincere Trump.
Tu mescoli politica e cultura pop. Metti la musica in apertura di ogni capitolo, parli spesso per immagini: ad esempio, di Berlinguer parli della sua morte e del suo funerale più che della sua politica. Perché?
Tendo sempre ad associare ogni vita a una musica, per cui la musica non poteva non esserci. Per me tutto ha una colonna sonora, sono associazioni che mi vengono naturali anche perché io ho un passato da critico musicale. Detesto tutto ciò che è verboso, prolisso e autoreferenziale, per cui mi va bene essere pop. Se c'è una cosa che ha allontanato il cittadino dalla politica è l'idea che si debba usare un linguaggio da iniziati. A me fa piacere se un ragazzo che dice di non capire nulla di politica viene a dirmi di aver capito un trenta per cento in più leggendo i miei articoli.
Su Berlinguer hai ragione, ma credo che su du lui esistano almeno trecento libri e non c'era bisogno di un capitolo su di lui scritto da me. Così ho cercato di scrivere di certe persone offrendone dei flash, partendo da un particolare. Purtroppo nel caso di Berlinguer non riesco a non pensare alla sua morte in diretta: per uno come lui la politica giustificava il sacrificio fino alla fine. È morto per non tradire i suoi compagni e compagne. Ancora adesso non riesco a rivedere il filmato del suo ultimo discorso, in cui vedi tutto il suo dramma personale e la volontà di arrivare alla fine nonostante stesse male. Nessuno mi toglie dalla testa che se si fosse fermato prima avrebbe avuto qualche possibilità di salvarsi, ma lui questa possibilità se l'è negata. Ne ho parlato proprio per sottolineare il dislivello tra la politica di allora e la robetta attuale. Del resto, guardate il sottotitolo di questo libro: accostare Berlinguer a Salvini suona come accostare i Pink Floyd a Povia.
Io vengo da una famiglia di sinistra, in cui si pianse per due mesi dopo la morte di Berlinguer, ma rimane comunque un esempio totale. Pertini a sua volta ha una biografia straordinaria e non potevo non raccontarla.
Non per abbassare il livello, ma di Renzi cosa ci puoi dire?
Che è sempre stato sopravvalutato, e fin dal principio questo si poteva capire. Abbiamo la stessa età e amici comuni, veniamo da due città vicine e quindi io ho iniziato a osservarlo molto presto.
C'è una differenza tra Berlusconi, Salvini e Renzi?
Tra Berlusconi e Renzi c'è la differenza che c'è tra maestro ed allievo, ma il maestro rimane migliore dell'allievo come l'originale è sempre meglio della copia. Renzi ha fatto sue le ricette della destra pur di far vincere il pd e per un po' ha funzionato, ma poi è crollato tutto.
Del resto Berlusconi è bravo: ha vinto come imprenditore, come sportivo, come politico, mentre Renzi resta un personaggio debole e marginale.
Salvini è diverso: non ha poi molto in comune con Berlusconi, come Renzi è fanfarone e non ammette mai di sbagliare, ma è diverso perché ha un'idea differente della destra, un'idea che bisogna comprendere pienamente per combatterla. Non è propriamente nazista o fascista, per combatterlo devi stanare e dimostrare tutte le sue lacune. È uno che sguscia come un'anguilla, sa parlare, ma concretamente non ha fatto nulla. Se guardate alle sue mosse politiche, sono nulle, a partire dal decreto sicurezza che aumenta il rischio della criminalità e della clandestinità. Per non parlare della legittima difesa, della legge Fornero che vuole smantellare da sei anni, delle accise sulla benzina che non ha tolto ... Salvini è uno che in nove mesi non ha fatto praticamente niente, ed è questo che dovrebbe essergli continuamente rinfacciato.
Quando gli italiani capiranno i bluff di Salvini?
Questo governo non è destinato a durare, perché Lega e Cinque Stelle sono diversissimi, ma è nato perché non c'erano alternative, e non ci sono nemmeno adesso. Se il governo cade, non ho più Nenni, Parri o Pertini, e rischio di beccarmi Salvini con Berlusconi e con la Meloni, ed è questa la mia grande paura. L'operazione per uscire da questa situazione sarà molto lunga, perché deve crescere una vera alternativa, che per ora non c'è. La disillusione degli italiani da Renzi è stata molto veloce, quella da Salvini temo che durerà un po' di più.
La politica è una cosa seria di Andrea Scanzi (Rizzoli) è n libreria, al prezzo di copertina di 16€.
Un anno dopo, incontriamo nuovamente Andrea Scanzi ma per parlare di politica, e in particolare del perchè La politica è una cosa seria (Rizzoli), come recita il titolo del suo ultimo volume.
Una lettura appassionante, della quale abbiamo potuto discutere con l'autore all'ultimo piano della libreria Feltrinelli in piazza Piemonte a Milano, ed ecco cosa ci ha raccontato!
Quali sono stati i criteri di scelta, nel bene e nel male, che ti hanno portato a parlare di questi politici e non di altri?
Li ho scelti tenendo presenti due aspetti. Il primo è un po' stilistico o letterario, perché ho scelto di parlare di quei personaggi che stimolavano la mia penna e non di quelli che non la stimolavano per niente: quando scrivi un libro devi avere degli stimoli, un'ispirazione. Pensando a Pertini, ad esempio, potevo immaginare un capitolo che si sarebbe scritto praticamente da solo, mentre pensando a uno come Fanfani, anche se io sono aretino come lui, sapevo che avrei fatto molta fatica a parlarne.
La prima motivazione è stata dunque letteraria, ma poi ce n'è stata una superiore, del tutto emotiva, empatica e passionale. Questo è un libro in cui io mi racconto più che in altre occasioni perché dichiaro apertamente quali siano i personaggi che mi mancano, quelli che ho amato, quelli che a volte mi hanno deluso, perciò sono andato a cercare chi mi ha smosso tanto – Pertini, Rodotà, Berlinguer, Parri – oppure i personaggi nettamente respingenti. Volevo creare una netta separazione tra "politici belli", che hanno giustificato l'amore per la cosa pubblica e ci hanno fatto appartenere a un ideale, e quelle figure respingenti che finiscono per farci rimpiangere ancora di più i politici che ci mancano. Guardi i politici attuali, poi ti volti indietro, vedi Pertini e ti chiedi "come abbiamo fatto a diventare così?"
Anche per questo non parli del Movimento Cinque Stelle?
So che me lo chiederanno spesso, parlando di questo libro, soprattutto perché io ero stato uno dei primi a parlare dei Cinque Stelle anche prima che vincessero le elezioni, per cui può sembrare strano che li abbia esclusi. C'è una motivazione temporale: quando racconti un personaggio politico devi avere a disposizione tanti anni da raccontare, deve esserci qualcosa da dire.
I Cinque Stelle sono fugaci, a partire dal fatto che sono vincolati dal limite del doppio mandato. Emergono un po' solo Di Maio e Di Battista, ma il secondo si è in pratica già ritirato uscendo di scena, mentre per il primo appare una seconda motivazione: sebbene io sia stato uno dei pochi a capire fin dall'inizio pregi e difetti del movimento Cinque Stelle, adesso faccio un po' fatica a fotografarli. Se racconto Renzi, so che incarna una politica che mi è estranea. Se racconto Salvini, lo stesso, Berlusconi non ne parliamo. Se racconto Berlinguer, parlo di uno che mi manca.
Se oggi racconto Di Maio, parlo di uno che non sono in grado di fotografare, di mettere a fuoco con precisione. È un mio limite: a volte li vedo chiari nelle loro idee, il giorno dopo li trovo repellenti e non riesco a considerarli.
Ma non sono diventati meno leggibili da quando sono al governo?
Senza dubbio. Fino al 2018 avevo delle idee chiare su di loro, tendevo a collocarli tra i buoni, o quasi buoni, ma adesso tutto mi appare molto confuso. Il cambiamento che gli italiani volevano con le elezioni del 4 marzo 2018 ha determinato l'unione di due forze politiche molto distanti tra loro, col rischio di deludere una buona parte dei loro elettori.
A volte mi capita, quando partecipo ai dibattiti televisivi, di pensare di sapere bene cosa dire, ma in altre occasioni mi rendo conto di non avere per nulla le idee chiare riguardo a ciò di cui si parla. E se non le ho io, non oso pensare allo smarrimento del cittadino comune.
Ho scritto questo libro proprio per chiedermi, e chiedervi, cosa stia succedendo alla politica, se sia sempre stata così o se in passato fosse più facile dire "noi" invece di "io". Oggi mi sembra che tutti dicano "io", ma senza mitizzare troppo il passato mi sembra che prima ci fossero delle persone più belle di oggi. Prendete Berlinguer: potevate non essere d'accordo con le sue idee, ma è stato una figura straordinaria, eroica e romantica. Lui è il più alto, ma forse ci mancano anche le mezze figure di una volta.
Tempo fa mi è capitato di ascoltare il tuo direttore Marco Travaglio in televisione, mentre si discuteva sul caso Diciotti e sulla mancanza di dissenso della base dei Cinque Stelle riguardo al salvataggio di Salvini. Lui ha detto che questa è una questione di principio e che sembra che ultimamente dei principi non importi più nulla a nessuno, né ai politici, né ai cittadini. Ci ho ripensato leggendo il tuo libro e mi sembra che si parli proprio di persone che procedevano seguendo i principi.
È una lettura corretta?
Più che una domanda, la tua mi sembra una meravigliosa recensione, per cui faccio fatica ad aggiungere altro: questo è esattamente quello che penso. I politici di oggi quasi sempre non hanno a cuore l'etica, la cosiddetta "questione morale", mentre in passato c'era chi, anche se non tutti, naturalmente, era mosso da valori altissimi.
I principi sono decaduti, sono fuori moda. Il voto sulla Diciotti è emblematico, perché i Cinque Stelle hanno vinto le elezioni insistendo sulla questione morale, che è qualcosa di più alto dell'onestà. Poi però li vedi far assolvere Salvini per un puro tornaconto, per restare al potere, e una persona che ha seguito il loro percorso, come me o Marco Travaglio, non può non sentire molti campanelli d'allarme. Molti cittadini sono rimasti male, come me, anche del fatto che questa decisione dei Cinque Stelle non abbia generato un grande dibattito. La loro base, la stessa che sei anni fa voleva Rodotà presidente, non ha detto nulla.
Ma come s'inverte questa tendenza? Io ho trent'anni e sono molto preoccupata per questo paese. Venendo dagli studi classici parto purtroppo dalla Grecia antica, dove la politica è un onore che ti avvicina agli dei, e confrontare un politico di quel mondo con quelli attuali genera un contrasto stridente.
Gaber, che io cito spesso e volentieri, in una delle sue canzoni dice "vorrei dire a Platone che un politico è sempre meno un filosofo e sempre più un coglione". E lo diceva nel 1980! Non che stessero benissimo nemmeno ai tempi della Prima Repubblica, fra stragi di stato e vicende come Ustica, però adesso c'è davvero tanta confusione.
Io non ho una ricetta, se l'avessi sarei il primo a consegnarla e mi piacerebbe se qualcuno sapesse dirmi come si fa ad uscirne. Nel libro racconto un episodio che mi ha colpito molto perché è stato uno dei momenti importanti della mia vita.
Il giudice Antonino Caponnetto, dopo aver creato e guidato il pool antimafia e aver visto morire in due mesi Falcone e Borsellino, uscendo dalla camera mortuaria di quest'ultimo disse "è finito tutto".
Quella frase fu devastante, ma Caponnetto se ne rese conto e sentendosi in colpa decise di fare un tour andando a incontrare almeno una scuola in ogni città italiana, pur avendo ormai settantacinque anni. Venne anche nella mia scuola e fu un incontro emozionante per tutti noi. Alla fine ci disse "ragazzi, adesso tocca a voi prendervi in carico questo paese". In quel momento, eravamo nel 1993, pur in mezzo agli attentati, si percepiva una spinta al cambiamento, una volontà di uscirne, anche se durò poco perché l'anno successivo Berlusconi vinse le elezioni.
Adesso non c'è nemmeno una lotta tra una volontà di cambiamento e la negatività, mi sembra che siamo in una fase di stanca e di rassegnazione. La politica appare involuta e servirebbe una spinta che sparigli le carte, ma io non la vedo all'orizzonte. Le elezioni possono portare solo a una crescita dell'astensione. La maggior parte delle persone ha la sensazione di non capire più nulla della politica attuale. Montanelli diceva ai giovani "l'unica battaglia della vostra vita che potrete vincere è la battaglia con il vostro specchio. Quando vi piacerete e sarete soddisfatti di voi stessi avrete vinto".
Questa però è una vittoria privata, una rinuncia alla collettività, che oggi purtroppo non è così distante.
Qual è il meccanismo che ha facilitato la regressione della classe politica? La cultura o la sua mancanza hanno inciso tanto? E perché le donne sembrano essere scomparse dalla politica? Non servirebbe, più ancora che qualche donna in più, una maggiore sensibilità femminile in generale?
Premesso che trent'anni fa avremmo potuto ritrovarci come oggi a criticare la classe politica di allora, perché di fronte a gente profondamente respingente come Gava, Sbardella o Cirino Pomicino persino Di Maio sembra un intellettuale, il confronto rimane: tempo fa in un dibattito mi sono ritrovato insieme a Martelli, che non ho mai amato né votato in passato, ma che quando parla rispetto ai politici attuali ha la statura di un Kennedy o di un Adenauer.
Andando in televisione, spesso ho l'impressione di parlare col nulla, che dall'altra parte manchino proprio i fondamentali. Il livello è spesso di una bassezza di contenuti indescrivibile.
Però dobbiamo dire che, come nello sport o nel vino, ci sono annate e generazioni che vengono meglio e altre che vengono peggio, perché dipendono dall'humus culturale in cui crescono.
Pensate cos'è stato crescere nel dopoguerra: negli anni Sessanta e Settanta è stata composta la musica più bella in assoluto, almeno per me che amo i cantautori. Erano tutti più ricettivi, più stimolati...
C'è stato uno svilimento un po' di tutto, dalla musica alla letteratura, al cinema, e calando i contenuti in generale è calata anche la politica.
Cosa possono darvi come modelli culturali Salvini, Renzi o Di Maio? Ci sono tante brave persone in politica, ne conosco di destra e di sinistra, ma il livello rimane basso. Il berlusconismo ci ha segnato profondamente e non è certo scomparso.
Riguardo alle donne concordo sul fatto che manca una sensibilità femminile, però bisogna stare attenti a non sopravvalutare certe persone solo perché donne... Non possiamo paragonare la Boschi e Tina Anselmi. Mancano figure femminili notevoli, perché anche lì c'è uno svilimento. Trovatemi cinque donne in politica oggi che vi convincano davvero, ma anche cinque uomini.
Del resto, gli americani tre anni fa, inseguendo il mito della donna in politica, hanno finito per far vincere Trump.
Tu mescoli politica e cultura pop. Metti la musica in apertura di ogni capitolo, parli spesso per immagini: ad esempio, di Berlinguer parli della sua morte e del suo funerale più che della sua politica. Perché?
Tendo sempre ad associare ogni vita a una musica, per cui la musica non poteva non esserci. Per me tutto ha una colonna sonora, sono associazioni che mi vengono naturali anche perché io ho un passato da critico musicale. Detesto tutto ciò che è verboso, prolisso e autoreferenziale, per cui mi va bene essere pop. Se c'è una cosa che ha allontanato il cittadino dalla politica è l'idea che si debba usare un linguaggio da iniziati. A me fa piacere se un ragazzo che dice di non capire nulla di politica viene a dirmi di aver capito un trenta per cento in più leggendo i miei articoli.
Su Berlinguer hai ragione, ma credo che su du lui esistano almeno trecento libri e non c'era bisogno di un capitolo su di lui scritto da me. Così ho cercato di scrivere di certe persone offrendone dei flash, partendo da un particolare. Purtroppo nel caso di Berlinguer non riesco a non pensare alla sua morte in diretta: per uno come lui la politica giustificava il sacrificio fino alla fine. È morto per non tradire i suoi compagni e compagne. Ancora adesso non riesco a rivedere il filmato del suo ultimo discorso, in cui vedi tutto il suo dramma personale e la volontà di arrivare alla fine nonostante stesse male. Nessuno mi toglie dalla testa che se si fosse fermato prima avrebbe avuto qualche possibilità di salvarsi, ma lui questa possibilità se l'è negata. Ne ho parlato proprio per sottolineare il dislivello tra la politica di allora e la robetta attuale. Del resto, guardate il sottotitolo di questo libro: accostare Berlinguer a Salvini suona come accostare i Pink Floyd a Povia.
Io vengo da una famiglia di sinistra, in cui si pianse per due mesi dopo la morte di Berlinguer, ma rimane comunque un esempio totale. Pertini a sua volta ha una biografia straordinaria e non potevo non raccontarla.
Non per abbassare il livello, ma di Renzi cosa ci puoi dire?
Che è sempre stato sopravvalutato, e fin dal principio questo si poteva capire. Abbiamo la stessa età e amici comuni, veniamo da due città vicine e quindi io ho iniziato a osservarlo molto presto.
C'è una differenza tra Berlusconi, Salvini e Renzi?
Tra Berlusconi e Renzi c'è la differenza che c'è tra maestro ed allievo, ma il maestro rimane migliore dell'allievo come l'originale è sempre meglio della copia. Renzi ha fatto sue le ricette della destra pur di far vincere il pd e per un po' ha funzionato, ma poi è crollato tutto.
Del resto Berlusconi è bravo: ha vinto come imprenditore, come sportivo, come politico, mentre Renzi resta un personaggio debole e marginale.
Salvini è diverso: non ha poi molto in comune con Berlusconi, come Renzi è fanfarone e non ammette mai di sbagliare, ma è diverso perché ha un'idea differente della destra, un'idea che bisogna comprendere pienamente per combatterla. Non è propriamente nazista o fascista, per combatterlo devi stanare e dimostrare tutte le sue lacune. È uno che sguscia come un'anguilla, sa parlare, ma concretamente non ha fatto nulla. Se guardate alle sue mosse politiche, sono nulle, a partire dal decreto sicurezza che aumenta il rischio della criminalità e della clandestinità. Per non parlare della legittima difesa, della legge Fornero che vuole smantellare da sei anni, delle accise sulla benzina che non ha tolto ... Salvini è uno che in nove mesi non ha fatto praticamente niente, ed è questo che dovrebbe essergli continuamente rinfacciato.
Quando gli italiani capiranno i bluff di Salvini?
Questo governo non è destinato a durare, perché Lega e Cinque Stelle sono diversissimi, ma è nato perché non c'erano alternative, e non ci sono nemmeno adesso. Se il governo cade, non ho più Nenni, Parri o Pertini, e rischio di beccarmi Salvini con Berlusconi e con la Meloni, ed è questa la mia grande paura. L'operazione per uscire da questa situazione sarà molto lunga, perché deve crescere una vera alternativa, che per ora non c'è. La disillusione degli italiani da Renzi è stata molto veloce, quella da Salvini temo che durerà un po' di più.
La politica è una cosa seria di Andrea Scanzi (Rizzoli) è n libreria, al prezzo di copertina di 16€.
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giovedì 25 aprile 2019
To Good To Go: no allo spreco alimentare!
Ogni anno in Italia più di 10 milioni di tonnellate di cibo viene gettato via, sono 20 tonnellate per minuto, 317 kg ogni secondo... che corrisponde allo stesso peso di 190 Titanic! Non è assurdo?
Questo spreco aumenta ogni giorno e in termini di spesa corrisponde a €17 miliardi l'anno.
Sono circa €700 l'anno spesi da ogni famiglia per acquistare del cibo che infine finisce nella spazzatura.
Questi i dati citati da Too Good To Go, servizio arrivato finalmente anche in Italia (a Milano, ma è solo la prima città: restate sintonizzati per le prossime!) che si propone di combattere lo spreco alimentare a colpi di clic e ordini sottocosto da effettuare direttamente dal proprio cellulare.
Ma come funziona esattamente Too Good To Go?
Si inizia dal proprio app store di riferimento, scaricando l'app omonima gratuita, e registrandosi.
Registrando anche la propria posizione è possibile vedere i locali aderenti all'iniziativa di Too Good To Go, e c'è davvero di tutto: paninerie, pasticcerie, gastronomie... c'è l'imbarazzo della scelta.
Ogni locale prevede un numero massimo di Magic Box, ovvero di selezioni di prodotti che, a fine giornata, dovrebbero essere buttati perchè l'indomani non sarebbero più freschi.
Ogni Magic Box costa davvero pochissimo (2,99€ , 3,99€... ) ed ha un valore superiore ai 10€.
Abbiamo provato il servizio ordinando una Magic Box da PastiChéri in via Ravizza a Milano, e il servizio è stato decisamente all'altezza delle aspettative.
La selezione di croissant, panini e dolci era ottima, fragrante e in perfetto stato: una buonissima merenda, e tutto questo a un prezzo davvero accessibile e aiutando un po' anche il nostro pianeta.
Niente male!
Non resta che mettersi comodi e ordinare ciò che si desidera, aiutando il pianeta... con golosità!
Ad oggi sono più di 12.905.000 le Magic Box acquistate, per un risparmio di più di 25.810 tonnellate di CO2 risparmiate (fonte di calcolo: EPA - United States Environmental Protection Agency).
Questo spreco aumenta ogni giorno e in termini di spesa corrisponde a €17 miliardi l'anno.
Sono circa €700 l'anno spesi da ogni famiglia per acquistare del cibo che infine finisce nella spazzatura.
Questi i dati citati da Too Good To Go, servizio arrivato finalmente anche in Italia (a Milano, ma è solo la prima città: restate sintonizzati per le prossime!) che si propone di combattere lo spreco alimentare a colpi di clic e ordini sottocosto da effettuare direttamente dal proprio cellulare.
Ma come funziona esattamente Too Good To Go?
Registrando anche la propria posizione è possibile vedere i locali aderenti all'iniziativa di Too Good To Go, e c'è davvero di tutto: paninerie, pasticcerie, gastronomie... c'è l'imbarazzo della scelta.
Ogni locale prevede un numero massimo di Magic Box, ovvero di selezioni di prodotti che, a fine giornata, dovrebbero essere buttati perchè l'indomani non sarebbero più freschi.
Ogni Magic Box costa davvero pochissimo (2,99€ , 3,99€... ) ed ha un valore superiore ai 10€.
Abbiamo provato il servizio ordinando una Magic Box da PastiChéri in via Ravizza a Milano, e il servizio è stato decisamente all'altezza delle aspettative.
La selezione di croissant, panini e dolci era ottima, fragrante e in perfetto stato: una buonissima merenda, e tutto questo a un prezzo davvero accessibile e aiutando un po' anche il nostro pianeta.
Niente male!
Non resta che mettersi comodi e ordinare ciò che si desidera, aiutando il pianeta... con golosità!
Ad oggi sono più di 12.905.000 le Magic Box acquistate, per un risparmio di più di 25.810 tonnellate di CO2 risparmiate (fonte di calcolo: EPA - United States Environmental Protection Agency).
mercoledì 24 aprile 2019
"Elisabetta II. Ritratto di Regina" di Paola Calvetti
Da quest'anno, il blog ospita le recensioni di Veronica Lempi, già collaboratrice de Gli Amanti dei Libri. Ecco cosa ha pensato di Elisabetta II. Ritratto di Regina di Paola Calvetti (Mondadori)!
Elisabetta II. Ritratto di Regina è l’ultimo lavoro di Paola Calvetti, giornalista, scrittrice ed esperta di comunicazione, che avevamo lasciato due anni fa con un genere totalmente differente da quest’ultimo.
Ai tempi (nel 2017) era la mano de Gli Innocenti, oggi è la voce di Lilibet, la Sovrana più longeva e più amata del Regno Unito. Lei che di una vita ha fatto molto di più, paladina del femminismo concreto, quello che agisce, che procede a passo diritto e spedito, senza tralasciare l’amore – per e dal suo Popolo, ma non solo.
L’ultimo libro di Paola Calvetti racconta la Regina Elisabetta in un modo inedito e vincente: perché, diciamolo, quante sono le biografie in grado di tenere alta l’attenzione senza annoiare?
Ritratto di Regina ripercorre le tappe più importanti della vita della Sovrana, attraverso le fotografie: ma come si diventa fotografo ufficiale della famiglia Reale? Qual è la storia di questi fortunati? Come scelgono le pose, i set, l’immagine migliore?
E attraverso questo libro, si scopre che, ancora una volta, lo strumento più prezioso che abbiamo a disposizione nella nostra esistenza, quello che ci accomuna persino alla Regina Elisabetta II, è la relazione. Tutti i fotografi scelti dalla Casa Reale sono tali perché entrati in sintonia, attraverso uno sguardo o grazie alla sensibilità personale di ognuno di essi, con la Royal Family.
Il racconto è cronologico, lineare, ma l’attenzione si focalizza sugli snodi più rilevanti per il ruolo di Regina, a cui Elisabetta II è adatta sin dal giorno della sua nascita. Dettagli inediti ai più, curiosità e fatti storici che faremmo bene a conoscere. Perché molto spesso ci soffermiamo ad un’analisi troppo superficiale, data da un’informazione banale ripetitiva.
Quanti sapevano che Elisabetta II ha servito come meccanico durante la Guerra Mondiale? Chi, degli appassionati delle vicende della Royal Family, ricorda che il Principe Filippo era uno squattrinato marinaio con il compito di badare alle sorelle York, Elisabeth e Margaret, quando Lilibet aveva solo 16 anni?
Vi ricordate dell’abdicazione di Re Giorgio VIII?
Il film Il discorso del Re, racconta il reale disagio del Re d’Inghilterra?
Paola Calvetti, con delicata schiettezza ed un registro poco formale ma estremamente rispettoso, che piace e che trasuda sincerità in ogni lettera, parla al “popolo italiano” della Sovrana d’Inghilterra, appassionando ad una storia di vita che ancora molto ha da regalarci.
Avete visto il completo color azzurro acqua, scelto per il suo 93simo compleanno, il giorno di Pasqua?
Elisabetta II. Ritratto di Regina è l’ultimo lavoro di Paola Calvetti, giornalista, scrittrice ed esperta di comunicazione, che avevamo lasciato due anni fa con un genere totalmente differente da quest’ultimo.
Ai tempi (nel 2017) era la mano de Gli Innocenti, oggi è la voce di Lilibet, la Sovrana più longeva e più amata del Regno Unito. Lei che di una vita ha fatto molto di più, paladina del femminismo concreto, quello che agisce, che procede a passo diritto e spedito, senza tralasciare l’amore – per e dal suo Popolo, ma non solo.
L’ultimo libro di Paola Calvetti racconta la Regina Elisabetta in un modo inedito e vincente: perché, diciamolo, quante sono le biografie in grado di tenere alta l’attenzione senza annoiare?
Ritratto di Regina ripercorre le tappe più importanti della vita della Sovrana, attraverso le fotografie: ma come si diventa fotografo ufficiale della famiglia Reale? Qual è la storia di questi fortunati? Come scelgono le pose, i set, l’immagine migliore?
E attraverso questo libro, si scopre che, ancora una volta, lo strumento più prezioso che abbiamo a disposizione nella nostra esistenza, quello che ci accomuna persino alla Regina Elisabetta II, è la relazione. Tutti i fotografi scelti dalla Casa Reale sono tali perché entrati in sintonia, attraverso uno sguardo o grazie alla sensibilità personale di ognuno di essi, con la Royal Family.
Il racconto è cronologico, lineare, ma l’attenzione si focalizza sugli snodi più rilevanti per il ruolo di Regina, a cui Elisabetta II è adatta sin dal giorno della sua nascita. Dettagli inediti ai più, curiosità e fatti storici che faremmo bene a conoscere. Perché molto spesso ci soffermiamo ad un’analisi troppo superficiale, data da un’informazione banale ripetitiva.
Quanti sapevano che Elisabetta II ha servito come meccanico durante la Guerra Mondiale? Chi, degli appassionati delle vicende della Royal Family, ricorda che il Principe Filippo era uno squattrinato marinaio con il compito di badare alle sorelle York, Elisabeth e Margaret, quando Lilibet aveva solo 16 anni?
Vi ricordate dell’abdicazione di Re Giorgio VIII?
Il film Il discorso del Re, racconta il reale disagio del Re d’Inghilterra?
Paola Calvetti, con delicata schiettezza ed un registro poco formale ma estremamente rispettoso, che piace e che trasuda sincerità in ogni lettera, parla al “popolo italiano” della Sovrana d’Inghilterra, appassionando ad una storia di vita che ancora molto ha da regalarci.
Avete visto il completo color azzurro acqua, scelto per il suo 93simo compleanno, il giorno di Pasqua?
Elisabetta II. Ritratto di Regina di Paola Calvetti (Mondadori) è in libreria, al prezzo di copertina di 20€.
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martedì 23 aprile 2019
"Io + te" di Elle Kennedy e Sarina Bowen
Jamie Canning non è mai riuscito a capire come mai ha perso il suo migliore amico. Dopo innumerevoli estati passate insieme al campo, il suo compagno di stanza sempre con la battuta sulla lingua e pronto a cacciarsi nei guai, lo ha tagliato fuori dalla sua vita senza una spiegazione. E una sfida stupida e una serata un po’ folle non possono bastare, per Jamie, a spezzare un legame di amicizia sincera.
Ryan Wesley è la stella della sua squadra di Hockey, a un passo da una carriera luminosa nello sport che più ama. Ha solo un rimpianto: aver attirato, con dei secondi fini, il suo migliore amico in una sfida che ha spinto il loro legame oltre il limite e rovinato tutto. Ora la sua squadra dovrà affrontare quella del college di Jamie ai playoff del campionato nazionale, e Ryan ha finalmente la possibilità di scusarsi. Ma gli basterà rivedere solo una volta il ragazzo di cui in segreto è sempre stato innamorato, per ripiombare nel tormento.
Dal loro incontro Jamie non troverà risposte, ma solo altre domande. Sarà solo quando Ryan si presenterà al loro vecchio campo estivo ad allenare al suo fianco per un’ultima estate bollente, che Jamie finalmente scoprirà una verità inaspettata sul suo migliore amico, su quella fatidica ultima sera di quattro anni prima, e soprattutto… una verità su stesso.
Questa la trama di Io + te, primo volume della duologia MM firmata da due stelle del romance internazionale: Sarina Bowen ed Elle Kennedy.
Entrambe note al pubblico italiano, arrivano ora in libreria insieme grazie a Always Publishing, con il primo capitolo di una delle duologie più amate dalle lettrici di letteratura MM.
Cosa rende questo romanzo speciale?
In primo luogo, la capacità delle autrici di aggirare ogni cliché della letteratura MM, risparmiando alle lettrici descrizioni caricaturali di amplessi al limite del grottesco e regalando loro una storia d'amore emozionante, passionale e, cosa che non guasta mai, credibile.
L'accostamento di Ryan, che ha dovuto cavarsela da solo fin da bambino ed è per questo abituato a sembrare molto più deciso e spavaldo di quanto non si senta in realtà, e Jamie, cresciuto in una famiglia piena d'amore e di conseguenza di indole ben più rilassata e solare, funziona. Funziona la storia della loro amicizia, nata quando erano bambini e hanno diviso per la prima volta la stanza al campo estivo di hockey a Lake Placid; funziona la storia del loro amore, nato per Ryan quando era adolescente e per Jamie quando, quattro anni dopo, si trova a esplorare aspetti della sua sessualità che non credeva esistessero.
L'ultima estate a Lake Placid prima che l'NHL reclami Ryan (che sogna di giocare da professionista sin da bambino, e ha un talento straordinario) e prima di dover decidere cosa fare ora che la vita adulta sta per iniziare: tentare la fortuna con l'unica squadra che gli ha offerto un posto da riserva, rischiando di non giocare mai, o seguire invece quella che è stata la sua inclinazione per anni, quella vero l'allenamento, e diventare un coach?
E se la soluzione fosse seguire Ryan a Toronto? Potrebbero far funzionare la loro storia?
Io + te è un romanzo pieno di domande, quelle domande che tutti ci siamo posti almeno una volta, sia pure a livello inconscio: domande su noi stessi, su ciò che vogliamo davvero, e su ciò che proviamo.
Su ciò che accende il nostro desiderio, a discapito di ciò che secondo gli altri dovrebbe piacerci o essere fatto per noi.
È anche un romanzo sulla magia più potente di tutte, quella che si verifica quando amicizia, affetto, amore e passione si fondono in un unico, potente sentimento che ci lega a quella che è davvero la nostra metà, la metà perfetta, che forse non avremmo nemmeno sperato di poter incontrare.
La magia che accade quando Jamie e Ryan si scelgono, e si scelgono perché nessuno riesce a immaginare la propria vita senza l'altro.
Consigliatissimo.
Io + te di Elle Kennedy e Sarina Bowen (Always Publishing) è in libreria, al prezzo di copertina di 13,90€.
Ryan Wesley è la stella della sua squadra di Hockey, a un passo da una carriera luminosa nello sport che più ama. Ha solo un rimpianto: aver attirato, con dei secondi fini, il suo migliore amico in una sfida che ha spinto il loro legame oltre il limite e rovinato tutto. Ora la sua squadra dovrà affrontare quella del college di Jamie ai playoff del campionato nazionale, e Ryan ha finalmente la possibilità di scusarsi. Ma gli basterà rivedere solo una volta il ragazzo di cui in segreto è sempre stato innamorato, per ripiombare nel tormento.
Dal loro incontro Jamie non troverà risposte, ma solo altre domande. Sarà solo quando Ryan si presenterà al loro vecchio campo estivo ad allenare al suo fianco per un’ultima estate bollente, che Jamie finalmente scoprirà una verità inaspettata sul suo migliore amico, su quella fatidica ultima sera di quattro anni prima, e soprattutto… una verità su stesso.
Questa la trama di Io + te, primo volume della duologia MM firmata da due stelle del romance internazionale: Sarina Bowen ed Elle Kennedy.
Entrambe note al pubblico italiano, arrivano ora in libreria insieme grazie a Always Publishing, con il primo capitolo di una delle duologie più amate dalle lettrici di letteratura MM.
Cosa rende questo romanzo speciale?
In primo luogo, la capacità delle autrici di aggirare ogni cliché della letteratura MM, risparmiando alle lettrici descrizioni caricaturali di amplessi al limite del grottesco e regalando loro una storia d'amore emozionante, passionale e, cosa che non guasta mai, credibile.
L'accostamento di Ryan, che ha dovuto cavarsela da solo fin da bambino ed è per questo abituato a sembrare molto più deciso e spavaldo di quanto non si senta in realtà, e Jamie, cresciuto in una famiglia piena d'amore e di conseguenza di indole ben più rilassata e solare, funziona. Funziona la storia della loro amicizia, nata quando erano bambini e hanno diviso per la prima volta la stanza al campo estivo di hockey a Lake Placid; funziona la storia del loro amore, nato per Ryan quando era adolescente e per Jamie quando, quattro anni dopo, si trova a esplorare aspetti della sua sessualità che non credeva esistessero.
L'ultima estate a Lake Placid prima che l'NHL reclami Ryan (che sogna di giocare da professionista sin da bambino, e ha un talento straordinario) e prima di dover decidere cosa fare ora che la vita adulta sta per iniziare: tentare la fortuna con l'unica squadra che gli ha offerto un posto da riserva, rischiando di non giocare mai, o seguire invece quella che è stata la sua inclinazione per anni, quella vero l'allenamento, e diventare un coach?
E se la soluzione fosse seguire Ryan a Toronto? Potrebbero far funzionare la loro storia?
Io + te è un romanzo pieno di domande, quelle domande che tutti ci siamo posti almeno una volta, sia pure a livello inconscio: domande su noi stessi, su ciò che vogliamo davvero, e su ciò che proviamo.
Su ciò che accende il nostro desiderio, a discapito di ciò che secondo gli altri dovrebbe piacerci o essere fatto per noi.
È anche un romanzo sulla magia più potente di tutte, quella che si verifica quando amicizia, affetto, amore e passione si fondono in un unico, potente sentimento che ci lega a quella che è davvero la nostra metà, la metà perfetta, che forse non avremmo nemmeno sperato di poter incontrare.
La magia che accade quando Jamie e Ryan si scelgono, e si scelgono perché nessuno riesce a immaginare la propria vita senza l'altro.
Consigliatissimo.
Io + te di Elle Kennedy e Sarina Bowen (Always Publishing) è in libreria, al prezzo di copertina di 13,90€.
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lunedì 22 aprile 2019
ISDIN: due novità per la primavera, a tutta idratazione!
La primavera porta novità in casa ISDIN, perchè la pelle sensibile e i capelli provati dal freddo e dal vento ora più che mai hanno bisogno di cure quotidiane e di prodotti che sappiano rispettarne le esigenze.
Per il viso, arriva sugli scaffali ISDIN Micellar Solution 4 in 1, una rivoluzionaria acqua micellare che in un solo gesto strucca, rimuovendo in modo delicato anche il make up più resistente e tutte le impurità che si depositano sul volto, deterge in profondità, tonifica e idrata in modo efficace e duraturo grazie alla base acquosa e al mix sapiente di ingredienti naturali.
È ipoallergenica, a ph fisiologico, senza alcol, profumo o sapone, ed è quindi perfetta anche per la pelle più sensibile. In vista delle prime gite fuori porta, è disponibile anche in un comodo formato travel da 100 ml, da portare sempre con sé.
Per i capelli, invece, ISDIN ha studiato uno shampoo ultra delicato, perfetto per l’uso quotidiano e frequente di tutta la famiglia, per tutti i tipi di capelli, anche quelli dei bambini a partire dai tre anni.
Daylisdin Shampoo, infatti, rispetta il cuoio capelluto detergendolo in profondità e il risultato si può toccare facilmente con mano: i capelli sono più morbidi e visibilmente più sani e lucenti, meno fragili e più idratati.
Non resta che correre in farmacia e parafarmacia!
Per il viso, arriva sugli scaffali ISDIN Micellar Solution 4 in 1, una rivoluzionaria acqua micellare che in un solo gesto strucca, rimuovendo in modo delicato anche il make up più resistente e tutte le impurità che si depositano sul volto, deterge in profondità, tonifica e idrata in modo efficace e duraturo grazie alla base acquosa e al mix sapiente di ingredienti naturali.
È ipoallergenica, a ph fisiologico, senza alcol, profumo o sapone, ed è quindi perfetta anche per la pelle più sensibile. In vista delle prime gite fuori porta, è disponibile anche in un comodo formato travel da 100 ml, da portare sempre con sé.
Per i capelli, invece, ISDIN ha studiato uno shampoo ultra delicato, perfetto per l’uso quotidiano e frequente di tutta la famiglia, per tutti i tipi di capelli, anche quelli dei bambini a partire dai tre anni.
Daylisdin Shampoo, infatti, rispetta il cuoio capelluto detergendolo in profondità e il risultato si può toccare facilmente con mano: i capelli sono più morbidi e visibilmente più sani e lucenti, meno fragili e più idratati.
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lunedì 15 aprile 2019
Intervista a Eleonora C. Caruso su "Tutto chiuso tranne il cielo", il fascino del Giappone e la scrittura
Julian è un diciannovenne esile e pallido, la sua anima è azzurra come la sua chioma. Mangia pochissimo, ha sempre in mano il cellulare, ma sente e osserva ogni cosa. Abbraccia tutti, poi scappa. Se permettesse a qualcuno di toccarlo davvero si troverebbe a dover affrontare sentimenti dai quali ha preso una distanza di quasi 10.000 chilometri: quelli che separano Milano da Tokyo. Dopo un anno trascorso in Giappone è proprio a Milano, il luogo della sua ferita originale, che Julian sta tornando.
Lo stesso Julian che aveva conquistato lettori e lettrici tra le pagine di Le ferite originali, romanzo precedente di Eleonora C. Caruso (Mondadori), e che ora torna in Tutto chiuso tranne il cielo (Mondadori), stavolta da protagonista.
Abbiamo incontrato Eleonora C. Caruso a Milano, ed ecco cosa ci ha raccontato!
Com'è stato raccontare la storia di Julian, che aspettavamo dalla conclusione del romanzo precedente?
Il romanzo precedente era corale, molto strutturato, e si concentrava sull'introspezione dei quattro protagonisti e voci narranti. Julian è il fratello del protagonista, Christian, e ha un ruolo fondamentale all'interno della narrazione, perché di fatto la sua presenza muove cose molto significative, però non è una voce narrante, così che di lui non capiamo né cosa lo muove, né il suo punto di vista sulle cose che gli succedono. Non avendolo raccontato in prima persona non ho potuto portarlo a una vera conclusione. Sentivo di avere ancora tante cose da dire su questo personaggio anche dopo aver finito Le ferite originali, per cui ho chiesto alla mia agente cosa ne pensasse di un racconto su Julian. Scrivendo questo racconto però mi sono resa conto che dovevo dargli un passato, in modo che non fosse solo il fratellino di Christian, ma nel fare questo ho praticamente scritto un romanzo. Di solito scrivo storie corali e molto strutturate, anche il mio primo romanzo era nato così, anche se poi ne ho estrapolato la storia singola della protagonista, per cui scrivere solo di Julian è stata un'esperienza molto strana per me, anche se mi ha permesso di mettermi alla prova nella creazione di personaggi credibili: prenderlo dalla storia già scritta, creargli intorno un contesto e vedere se questa storia poteva essere letta anche da chi non conoscesse il romanzo precedente per me è stata una prova importante. Prima di pubblicarlo l'ho fatto leggere a qualche persona che non conoscesse le ferite originali proprio per capire se funzionasse.
Tokyo e il Giappone sono una presenza importante nel romanzo e sappiamo che questo paese conta molto per te. Quando hai deciso di inserirlo nella storia?
Quando si decide di ambientare un romanzo in Giappone sembra che ci si porti sempre dietro un forte collegamento ai cartoon. In realtà Tokyo è una grande metropoli, con i suoi problemi e le sue suggestioni, come tutte le grandi città del mondo, ma se faccio andare un personaggio a New York la cosa sembra naturale, mentre se lo mando a Tokyo mi dicono subito "questo romanzo è un po' manga". Ma cosa vuol dire? Io ho un grande amore per la città di Tokyo, che sicuramente all'inizio mi è venuto dalla passione per il fumetto giapponese e il cinema, è la metropoli che conosco meglio e che penso di saper descrivere nel modo migliore anche nelle sue problematiche. Però un
conto è descriverla con i soliti riferimenti che usano tutti, un altro vederla anche in tutte le sue pecche e storture, superando magari una certa disillusione ma continuando ad amarla. Tokyo è l'unica città per cui io avessi questo tipo di conoscenza, tutte le altre le avrei dipinte da cartolina.
Tokyo è la metropoli della solitudine per eccellenza. Ha nove milioni d'abitanti ma è una città in cui per cultura non ci si tocca, è molto difficile fare amicizia tra persone di etnie diverse e noi europei facciamo ancora fatica ad approcciare i giapponesi nel modo giusto. Noi siamo spesso troppo diretti, loro ci trattano come delle scimmiette perché non sono abituati a vederci.
Mi sembrava il posto in cui Julian potesse desiderare di sparire, pieno di vita ma dove ognuno resta chiuso in se stesso. Deve parlare una lingua difficile, che non ha in comune nemmeno l'alfabeto, si trova ad affrontare usanze diverse, e questo gli richiede tantissima energia, ma gli permette di evitare di affrontare i suoi problemi. Tutte le volte che ci sono stata ho provato la stessa sensazione di distacco dall'Italia.
Consideri i manga un riferimento letterario anche quando scrivi un romanzo o è qualcosa di diverso a ispirarti?
L'idea che abbiamo dei manga è riduttiva e in genere un po' stupida. Io credo sia il tipo di fumetto più completo a livello narrativo che esista ed è un peccato che si porti dietro ancora grossi fraintendimenti. Certi manga mi hanno segnato profondamente e di sicuro me li porto dietro come riferimenti letterari. Quando scrivo impilo su una mensola romanzi che mi servono a ricordarmi che il mio fa schifo al confronto, le mie pietre miliari come Revolutionary Road, Carne e sangue e altri mostri sacri. Stavolta ho scelto libri molto diversi dal solito, come i primi romanzi di Isabella Santacroce, una scrittrice che poi si è un po' persa per strada ma era partita molto bene.
Hai parlato di cinema e fumetti, ma qual è il tuo rapporto con la musica, visto che soprattutto l'inizio del romanzo ha una struttura molto musicale?
La musica non è una mia passione particolare e non sono una conoscitrice, però tengo molto alla struttura dei personaggi e di solito, per non perdere il contatto con loro quando non sto scrivendo, ascolto delle playlist che ascolterebbero loro, anche se magari non sono nemmeno lontanamente nei miei gusti. Amo molto cantautori e cantautrici e per me le parole delle canzoni sono più importanti della musica. Scrivendo volevo smarcarmi dal romanzo precedente, che aveva uno stile più ampio, mentre qui ho cercato la riduzione. Ho fatto fatica a trovare un ritmo diverso, perché all'inizio scrivevo periodi molto densi e articolati, che non si accordavano con il personaggio di Julian, che si sottrae alla realtà. Dopo ho cercato frasi brevi e significative, anche perché mi sarei annoiata a scrivere un libro uguale al precedente. In realtà sono due romanzi per certi versi identici, per altri del tutto speculari.
Tutti i tuoi personaggi sono molto intensi. Ce n'è qualcuno di quelli secondari che avresti voluto approfondire?
Tutti, anche perché sono abituata a scrivere storie in cui tutti i personaggi sono importanti. Per me è innaturale conoscere un personaggio e abbandonarlo quasi subito, istintivamente non l'avrei fatto, ma questo doveva essere un romanzo anche sui rapporti tronchi, sull'incapacità di portarli fino alla loro fine. Quello precedente era invece un romanzo su come a volte le persone si legano in modo così stretto che, quando cambia qualcosa in una dinamica, cambiano anche quelle collegate, perché siamo tutti intrecciati in modo così fitto. Qui è il contrario: tutti i rapporti che portano qualcosa di nuovo nella vita di Julian potrebbero forse aiutarlo ma vengono abbandonati nel momento in cui potrebbero essere approfonditi. Ogni personaggio è stato costruito su cose che poi non sono state raccontate, per dargli una dimensione, un background: ad esempio, io so sempre tutto dei genitori di un personaggio, perché sono loro a caratterizzarlo, anche se poi non ne parlo.
Amo molto il personaggio di Cloro, l'influencer e mi piacerebbe magari scrivere una storia su di lei.
In principio la vedevo come molto superficiale, ma poi mi sono resa conto che era un personaggio più interessante di come l'avessi pensata all'inizio. A molti lettori invece sembra che piaccia Leo, di cui io volevo liberarmi in fretta perché è l'emblema della mia generazione di trentenni lamentosi.
Nel libro ci sono tanti riferimenti al cielo, che finisce per diventare un vero e proprio personaggio: il cielo inghiotte, il cielo si stende sui personaggi, il cielo non risponde... è la rappresentazione di tutto ciò che non arriva come risposta dalla vita. Questo era uno dei punti fermi fin dall'inizio oppure è venuto casualmente durante la scrittura?
Di solito scrivo una storia e le do un titolo, poi mi rendo conto che non va bene, oppure qualcuno mi dice che non è adatto e si passano mesi a cercarne un altro. Questa è la prima volta che, molto prima di scrivere il romanzo, mi è venuto in mente un possibile titolo, del tutto per caso. Un giorno sono andata nel mio paese natale, un posto di tremila anime, insieme al mio fidanzato milanese: era sabato, ma tutti i negozi erano chiusi. Lui si chiedeva «ma come è possibile?» e io gli ho risposto «Boh, qui è tutto chiuso tranne il cielo». Questa frase mi è sembrata da subito un titolo bellissimo, che mi ha fatto pensare a Julian e l'ho collegato a lui.
Avevo scritto un racconto sul vicino di casa giapponese di Julian, quello di cui si parla nel romanzo, ed era intitolato "Col nostro sangue hanno dipinto il cielo", perciò dev'esserci qualcosa in Tokyo che mi fa pensare al cielo: forse il fatto che lì è tutto verticale, per cui lo sguardo sale sempre verso l'alto. Per noi il cielo fa pensare alla libertà, all'apertura, mentre a Tokyo, tra i palazzi alti, sembra di essere in una scatola e il cielo accentua la sensazione di chiusura. Tra l'altro a Tokyo il cielo è solcato dal reticolo di cavi elettrici e telefonici, che per i problemi sismici non vengono mai interrati ma stanno sospesi in alto. Da queste immagini del cielo devono essere venuti i riferimenti nel romanzo, quasi senza che io me ne rendessi conto.
Julian va a Tokyo perché vuole sparire. Racconti un adolescente che, in un'età in cui i ragazzi tendono a focalizzare l'attenzione su loro stessi, vuole azzerare tutto e scomparire.
Mentre scrivevo questo romanzo io volevo scomparire, per cui mi è venuto naturale attribuire a Julian i miei sentimenti. In realtà il fulcro del romanzo sta proprio in questa contraddizione: Julian fa parte di una generazione che vuol essere costantemente presente, quindi usa i social, Instagram ma soprattutto Snapchat, le cui immagini si cancellano dopo poche ore. Vuole mandare dei segnali di sé, ma al tempo stesso non vuole lasciare delle tracce.
Vuole sparire, ma vuole che qualcuno lo osservi mentre sta sparendo.
Tutto chiuso tranne il cielo di Eleonora C. Caruso (Mondadori) è in libreria, al prezzo di copertina di 17€.
Lo stesso Julian che aveva conquistato lettori e lettrici tra le pagine di Le ferite originali, romanzo precedente di Eleonora C. Caruso (Mondadori), e che ora torna in Tutto chiuso tranne il cielo (Mondadori), stavolta da protagonista.
Abbiamo incontrato Eleonora C. Caruso a Milano, ed ecco cosa ci ha raccontato!
Com'è stato raccontare la storia di Julian, che aspettavamo dalla conclusione del romanzo precedente?
Il romanzo precedente era corale, molto strutturato, e si concentrava sull'introspezione dei quattro protagonisti e voci narranti. Julian è il fratello del protagonista, Christian, e ha un ruolo fondamentale all'interno della narrazione, perché di fatto la sua presenza muove cose molto significative, però non è una voce narrante, così che di lui non capiamo né cosa lo muove, né il suo punto di vista sulle cose che gli succedono. Non avendolo raccontato in prima persona non ho potuto portarlo a una vera conclusione. Sentivo di avere ancora tante cose da dire su questo personaggio anche dopo aver finito Le ferite originali, per cui ho chiesto alla mia agente cosa ne pensasse di un racconto su Julian. Scrivendo questo racconto però mi sono resa conto che dovevo dargli un passato, in modo che non fosse solo il fratellino di Christian, ma nel fare questo ho praticamente scritto un romanzo. Di solito scrivo storie corali e molto strutturate, anche il mio primo romanzo era nato così, anche se poi ne ho estrapolato la storia singola della protagonista, per cui scrivere solo di Julian è stata un'esperienza molto strana per me, anche se mi ha permesso di mettermi alla prova nella creazione di personaggi credibili: prenderlo dalla storia già scritta, creargli intorno un contesto e vedere se questa storia poteva essere letta anche da chi non conoscesse il romanzo precedente per me è stata una prova importante. Prima di pubblicarlo l'ho fatto leggere a qualche persona che non conoscesse le ferite originali proprio per capire se funzionasse.
Tokyo e il Giappone sono una presenza importante nel romanzo e sappiamo che questo paese conta molto per te. Quando hai deciso di inserirlo nella storia?
Quando si decide di ambientare un romanzo in Giappone sembra che ci si porti sempre dietro un forte collegamento ai cartoon. In realtà Tokyo è una grande metropoli, con i suoi problemi e le sue suggestioni, come tutte le grandi città del mondo, ma se faccio andare un personaggio a New York la cosa sembra naturale, mentre se lo mando a Tokyo mi dicono subito "questo romanzo è un po' manga". Ma cosa vuol dire? Io ho un grande amore per la città di Tokyo, che sicuramente all'inizio mi è venuto dalla passione per il fumetto giapponese e il cinema, è la metropoli che conosco meglio e che penso di saper descrivere nel modo migliore anche nelle sue problematiche. Però un
conto è descriverla con i soliti riferimenti che usano tutti, un altro vederla anche in tutte le sue pecche e storture, superando magari una certa disillusione ma continuando ad amarla. Tokyo è l'unica città per cui io avessi questo tipo di conoscenza, tutte le altre le avrei dipinte da cartolina.
Tokyo è la metropoli della solitudine per eccellenza. Ha nove milioni d'abitanti ma è una città in cui per cultura non ci si tocca, è molto difficile fare amicizia tra persone di etnie diverse e noi europei facciamo ancora fatica ad approcciare i giapponesi nel modo giusto. Noi siamo spesso troppo diretti, loro ci trattano come delle scimmiette perché non sono abituati a vederci.
Mi sembrava il posto in cui Julian potesse desiderare di sparire, pieno di vita ma dove ognuno resta chiuso in se stesso. Deve parlare una lingua difficile, che non ha in comune nemmeno l'alfabeto, si trova ad affrontare usanze diverse, e questo gli richiede tantissima energia, ma gli permette di evitare di affrontare i suoi problemi. Tutte le volte che ci sono stata ho provato la stessa sensazione di distacco dall'Italia.
Consideri i manga un riferimento letterario anche quando scrivi un romanzo o è qualcosa di diverso a ispirarti?
L'idea che abbiamo dei manga è riduttiva e in genere un po' stupida. Io credo sia il tipo di fumetto più completo a livello narrativo che esista ed è un peccato che si porti dietro ancora grossi fraintendimenti. Certi manga mi hanno segnato profondamente e di sicuro me li porto dietro come riferimenti letterari. Quando scrivo impilo su una mensola romanzi che mi servono a ricordarmi che il mio fa schifo al confronto, le mie pietre miliari come Revolutionary Road, Carne e sangue e altri mostri sacri. Stavolta ho scelto libri molto diversi dal solito, come i primi romanzi di Isabella Santacroce, una scrittrice che poi si è un po' persa per strada ma era partita molto bene.
Hai parlato di cinema e fumetti, ma qual è il tuo rapporto con la musica, visto che soprattutto l'inizio del romanzo ha una struttura molto musicale?
La musica non è una mia passione particolare e non sono una conoscitrice, però tengo molto alla struttura dei personaggi e di solito, per non perdere il contatto con loro quando non sto scrivendo, ascolto delle playlist che ascolterebbero loro, anche se magari non sono nemmeno lontanamente nei miei gusti. Amo molto cantautori e cantautrici e per me le parole delle canzoni sono più importanti della musica. Scrivendo volevo smarcarmi dal romanzo precedente, che aveva uno stile più ampio, mentre qui ho cercato la riduzione. Ho fatto fatica a trovare un ritmo diverso, perché all'inizio scrivevo periodi molto densi e articolati, che non si accordavano con il personaggio di Julian, che si sottrae alla realtà. Dopo ho cercato frasi brevi e significative, anche perché mi sarei annoiata a scrivere un libro uguale al precedente. In realtà sono due romanzi per certi versi identici, per altri del tutto speculari.
Tutti i tuoi personaggi sono molto intensi. Ce n'è qualcuno di quelli secondari che avresti voluto approfondire?
Tutti, anche perché sono abituata a scrivere storie in cui tutti i personaggi sono importanti. Per me è innaturale conoscere un personaggio e abbandonarlo quasi subito, istintivamente non l'avrei fatto, ma questo doveva essere un romanzo anche sui rapporti tronchi, sull'incapacità di portarli fino alla loro fine. Quello precedente era invece un romanzo su come a volte le persone si legano in modo così stretto che, quando cambia qualcosa in una dinamica, cambiano anche quelle collegate, perché siamo tutti intrecciati in modo così fitto. Qui è il contrario: tutti i rapporti che portano qualcosa di nuovo nella vita di Julian potrebbero forse aiutarlo ma vengono abbandonati nel momento in cui potrebbero essere approfonditi. Ogni personaggio è stato costruito su cose che poi non sono state raccontate, per dargli una dimensione, un background: ad esempio, io so sempre tutto dei genitori di un personaggio, perché sono loro a caratterizzarlo, anche se poi non ne parlo.
Amo molto il personaggio di Cloro, l'influencer e mi piacerebbe magari scrivere una storia su di lei.
In principio la vedevo come molto superficiale, ma poi mi sono resa conto che era un personaggio più interessante di come l'avessi pensata all'inizio. A molti lettori invece sembra che piaccia Leo, di cui io volevo liberarmi in fretta perché è l'emblema della mia generazione di trentenni lamentosi.
Nel libro ci sono tanti riferimenti al cielo, che finisce per diventare un vero e proprio personaggio: il cielo inghiotte, il cielo si stende sui personaggi, il cielo non risponde... è la rappresentazione di tutto ciò che non arriva come risposta dalla vita. Questo era uno dei punti fermi fin dall'inizio oppure è venuto casualmente durante la scrittura?
Di solito scrivo una storia e le do un titolo, poi mi rendo conto che non va bene, oppure qualcuno mi dice che non è adatto e si passano mesi a cercarne un altro. Questa è la prima volta che, molto prima di scrivere il romanzo, mi è venuto in mente un possibile titolo, del tutto per caso. Un giorno sono andata nel mio paese natale, un posto di tremila anime, insieme al mio fidanzato milanese: era sabato, ma tutti i negozi erano chiusi. Lui si chiedeva «ma come è possibile?» e io gli ho risposto «Boh, qui è tutto chiuso tranne il cielo». Questa frase mi è sembrata da subito un titolo bellissimo, che mi ha fatto pensare a Julian e l'ho collegato a lui.
Avevo scritto un racconto sul vicino di casa giapponese di Julian, quello di cui si parla nel romanzo, ed era intitolato "Col nostro sangue hanno dipinto il cielo", perciò dev'esserci qualcosa in Tokyo che mi fa pensare al cielo: forse il fatto che lì è tutto verticale, per cui lo sguardo sale sempre verso l'alto. Per noi il cielo fa pensare alla libertà, all'apertura, mentre a Tokyo, tra i palazzi alti, sembra di essere in una scatola e il cielo accentua la sensazione di chiusura. Tra l'altro a Tokyo il cielo è solcato dal reticolo di cavi elettrici e telefonici, che per i problemi sismici non vengono mai interrati ma stanno sospesi in alto. Da queste immagini del cielo devono essere venuti i riferimenti nel romanzo, quasi senza che io me ne rendessi conto.
Julian va a Tokyo perché vuole sparire. Racconti un adolescente che, in un'età in cui i ragazzi tendono a focalizzare l'attenzione su loro stessi, vuole azzerare tutto e scomparire.
Mentre scrivevo questo romanzo io volevo scomparire, per cui mi è venuto naturale attribuire a Julian i miei sentimenti. In realtà il fulcro del romanzo sta proprio in questa contraddizione: Julian fa parte di una generazione che vuol essere costantemente presente, quindi usa i social, Instagram ma soprattutto Snapchat, le cui immagini si cancellano dopo poche ore. Vuole mandare dei segnali di sé, ma al tempo stesso non vuole lasciare delle tracce.
Vuole sparire, ma vuole che qualcuno lo osservi mentre sta sparendo.
Tutto chiuso tranne il cielo di Eleonora C. Caruso (Mondadori) è in libreria, al prezzo di copertina di 17€.
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lunedì 8 aprile 2019
Intervista a Francesco Gungui su "Il meglio di noi", il coaching e l'ipersensibilità
È possibile imparare a vivere meglio quando la vita sembra avere la meglio su di noi?
La ricerca di Francesco Gungui parte da qui, e tutto ciò che ha scoperto, studiato e provato è finito tra le pagine di Il meglio di noi (Giunti), il suo ultimo libro, appena arrivato in libreria.
Abbiamo incontrato l'autore a Milano grazie a un'inviata d'eccezione, Annamaria Trevale, già collaboratrice di Sul Romanzo, ed ecco cosa ci ha raccontato!
Cosa puoi raccontarci di questo nuovo romanzo, senza fare troppi spoiler ai lettori?
Considero questo libro molto diverso dal precedente: ci ho messo molta più vita e meno commedia.
È il frutto di tre anni di indagini in un mondo a parte, che comprende il coaching e tante altre cose, molto sintetizzate. La difficoltà con la mia povera editor Annalisa è stata che io avevo un bagaglio infinito di cose possibili da raccontare, ma la storia ne richiedeva solo alcune. Ho cercato di mettere quello che è stato importante per me: le parti sul coaching sono quelle che sono servite a me nella vita reale. Altri temi sono quelli dell'ipersensibilità e dei separati in casa. Quest'ultimo si riallaccia in parte al romanzo precedente, ma è trattato un po' fuori dai soliti cliché. Il percorso di Sara è come il viaggio dell'eroe nella mitologia: io sono un fan del mito del viaggio dell'eroe, ma ho disobbedito il più possibile allo schema classico per lasciare una struttura narrativa molto più libera.
Il meglio di noi di Francesco Gungui (Giunti) è in libreria, al prezzo di copertina di 14,90€.
La ricerca di Francesco Gungui parte da qui, e tutto ciò che ha scoperto, studiato e provato è finito tra le pagine di Il meglio di noi (Giunti), il suo ultimo libro, appena arrivato in libreria.
Abbiamo incontrato l'autore a Milano grazie a un'inviata d'eccezione, Annamaria Trevale, già collaboratrice di Sul Romanzo, ed ecco cosa ci ha raccontato!
Cosa puoi raccontarci di questo nuovo romanzo, senza fare troppi spoiler ai lettori?
Considero questo libro molto diverso dal precedente: ci ho messo molta più vita e meno commedia.
È il frutto di tre anni di indagini in un mondo a parte, che comprende il coaching e tante altre cose, molto sintetizzate. La difficoltà con la mia povera editor Annalisa è stata che io avevo un bagaglio infinito di cose possibili da raccontare, ma la storia ne richiedeva solo alcune. Ho cercato di mettere quello che è stato importante per me: le parti sul coaching sono quelle che sono servite a me nella vita reale. Altri temi sono quelli dell'ipersensibilità e dei separati in casa. Quest'ultimo si riallaccia in parte al romanzo precedente, ma è trattato un po' fuori dai soliti cliché. Il percorso di Sara è come il viaggio dell'eroe nella mitologia: io sono un fan del mito del viaggio dell'eroe, ma ho disobbedito il più possibile allo schema classico per lasciare una struttura narrativa molto più libera.
E a proposito di Sara, come mai hai scelto di raccontare questa storia attraverso un personaggio femminile? Come hai lavorato per arrivare a un risultato più che convincente?
Mi fa piacere che lo consideriate credibile. Il mio primo romanzo per adolescenti, scritto nel 2008, era raccontato da un punto di vista femminile, quello di una ragazza di sedici anni.
Io sono uomo, sposato e con figli, ma sono consapevole da sempre di avere un tipo di sensibilità femminile: esisto anche dentro il personaggio di Michele, ma sono proprio Sara al cento per cento. Per me è stata una scelta naturale, non il frutto di una ricerca.
La coppia oggi ha ruoli non tanto invertiti, ma piuttosto molto variegati, incertezze comprese.
Di fatto, penso che una coppia in crisi si ritrovi completamente nella storia che ho raccontato, ma qualsiasi coppia normale può riconoscersi in qualcosa che ho scritto.
Avevi già in mente la sua storia familiare dall'inizio, oppure si è costruita scrivendo?
In parte sì e in parte no. Sapevo che Sara doveva seguire un suo percorso e che Nicolò doveva avere certe caratteristiche, il resto è nato a poco a poco.
È il personaggio a cui è più legato?
Direi di sì, perché facevo il tifo per lei mentre scrivevo. È possibile seguire in pochi mesi un percorso di crescita e migliorare davvero la propria vita. L'importante forse è capire che non è necessario pianificare tutto e subito, ma che un cambiamento può avvenire iniziando con un piccolo passo per volta, fermandosi e ripartendo. Esiste anche il diritto di regalarsi delle pause.
Anche quello del libraio Achille è un personaggio molto particolare.
Si è ispirato a persone reali?
Ho conosciuto tanti coach che sono spesso un po' esaltati, perché molte volte in loro mancano un po' di saggezza e di esperienza della vita, per cui ho creato un coach invecchiato e realista. Quello del mentore del resto è un archetipo letterario, ma è sempre una persona delusa dalla vita, che spera che il suo allievo riesca meglio di lui. Pensando al mito del viaggio dell'eroe, mi sono sempre appassionato alla figura del mentore, a partire da Virgilio che guida Dante: lui conosce la strada per il Paradiso, ma si deve fermare prima e lasciare che sia solo Dante a entrarci, e questa è una delle maggiori ingiustizie della storia della letteratura. Achille è una specie di Virgilio.
Il problema maggiore dei percorsi di coaching, secondo me, è che quelli che li intraprendono si lasciano affabulare un po' troppo dai coach.
E del personaggio di Michele, cosa possiamo anticipare ai lettori?
Che era nato come puro maschio egoista. Ne ho discusso tanto con la mia editor, ma a un certo punto ho deciso di dargli una possibilità di riscatto. Il mondo è pieno di uomini che reprimono la propria sensibilità sotto birre e calcett ... Rispecchia comunque quella percentuale di maschi italiani, siamo all'incirca all'uno su tre, che non fa nulla in casa. Si riscatta perché in questa storia alla fine non ci sono buoni e cattivi.
In questo romanzo affronti moltissimi temi e argomenti: per esempio, troviamo la teoria dell'ipersensibilità.
Riguardo alla teoria dell'ipersensibilità, devo dire che l'ho scoperta qualche tempo fa: è una teoria del 1999 secondo la quale almeno una persona su cinque ne sarebbe afflitta. La trovo molto affascinante, un bel tema da approfondire. Per il bambino Nicolò non ho inventato nulla: da bambino io ero proprio così. La meditazione l'ho sperimentata in tempi recenti e la trovo ormai indispensabile, a me dà una ricarica energetica incredibile. Prendersi cura di se stessi è anche quello: sembrano poche cose - meditare, andare a correre - ma messe insieme funzionano tantissimo.
mercoledì 3 aprile 2019
"La terra promessa" di Matteo Righetto
Da quest'anno, il blog ospita le recensioni di Veronica Lempi, già collaboratrice de Gli Amanti dei Libri. Ecco cosa ha pensato di La terra promessa di Matteo Righetto (Mondadori)!
Matteo Righetto torna in libreria con il capitolo conclusivo della Trilogia della Patria, la saga dei De Boer che con questo ultimo libro giunge al termine ma lascia aperte le porte dell’anima.
La Jole e Sergio, figli di Augusto e Agnese De Boer, coltivatori di tabacco a Nevada, un piccolo paesino della Val Brenta, sono costretti a lasciare le loro amate terre di montagna, per vivere lo straziante viaggio verso, appunto, la Terra Promessa.
Un libro ambientato alla fine dell’Ottocento, che racconta attraverso scene vissute, la disperazione dei nostri antenati, obbligati ad abbandonare tutto per partire, nella speranza di trovare qualcosa di migliore in termini di futuro. Ed è proprio il Futuro, che la La terra promessa racconta: il domani di due giovani ragazzi italiani, la Jole 20 anni e il piccolo Sergio solo 12, rimasti soli, faccia a faccia con l’incerto, ma con la determinazione di non arrendersi mai.
Un romanzo doloroso, perché le prime 200 pagine raccontano passo a passo la fame, la solitudine, la malattia, la morte, la mancanza di forze e, di tanto in tanto, della voglia di andare avanti, che con onestà intellettuale rimanda alla situazione sociale di oggi: l’immigrazione come fattore storico, senza polemiche né retoriche, ma con tanto spazio dedicato alla riflessione.
Ma è anche una storia di Fede, quella tra un popolo ed il suo Dio misericordioso, che sa perdonare, che non giudica e che accompagna con fedele partecipazione. Righetto sa, con sottile eleganza, introdurre la Figura della Fede come risposta Universale.
Ed è anche la storia di un amore tra fratelli, incondizionato e salvifico, nonostante le difficoltà della vita. La Jole e Sergio ne hanno passate tante, hanno sofferto ripetutamente seppur molto giovani, e solo la Jole ha pianto la morte cruda dei loro genitori. Sergio non sa ancora che sono rimasti soli, crede che la madre ed il padre li raggiungeranno, poi. Per non farlo soffrire ulteriormente, la sorella decide che, non appena arrivati in Messico, troverà il modo di affrontare l’argomento. Ma i piani non vanno come dovrebbero.
Matteo Righetto scrive un libro impegnativo eppure leggero, come solo un poeta della prosa sa fare: i capitoli brevi aiutano a mantenere alta la concentrazione e a non perdere l’intensità del viaggio; le emozioni sono raccontate all'intuizione, attraverso i pensieri dei protagonisti, con grazia e mai urlati. E poi ci sono i punti cardine, quei riferimenti che aiutano il lettore, ma anche i protagonisti, a non perdersi mai nell'infinità della storia, intesa come trama e come successione dei fatti: il suono cupo di Sergio, uno strumento che sospende la trama, lasciando a chi legge l’interpretazione del momento, le montagne, vita e amore, ossigeno, famiglia, elemento essenziale nella vita dei De Boer, che si troveranno, invece, ad abbandonarle per incontrare la vastità del mare, sconosciuto a volte intrigante a volte sinonimo di inquietudine.
E poi c’è il Vento di Frontiera della Jole: quel ricordo concreto del padre, che le ha insegnato la determinazione del non arrendersi. Il vento torna e tornerà, sempre, anche nell'ultima emozionante pagina, rivolta dritta al cuore, per ricordarle che non è sola.
La terra promessa di Matteo Righetto (Mondadori) è in libreria, al prezzo di copertina di 18€.
Matteo Righetto torna in libreria con il capitolo conclusivo della Trilogia della Patria, la saga dei De Boer che con questo ultimo libro giunge al termine ma lascia aperte le porte dell’anima.
La Jole e Sergio, figli di Augusto e Agnese De Boer, coltivatori di tabacco a Nevada, un piccolo paesino della Val Brenta, sono costretti a lasciare le loro amate terre di montagna, per vivere lo straziante viaggio verso, appunto, la Terra Promessa.
Un libro ambientato alla fine dell’Ottocento, che racconta attraverso scene vissute, la disperazione dei nostri antenati, obbligati ad abbandonare tutto per partire, nella speranza di trovare qualcosa di migliore in termini di futuro. Ed è proprio il Futuro, che la La terra promessa racconta: il domani di due giovani ragazzi italiani, la Jole 20 anni e il piccolo Sergio solo 12, rimasti soli, faccia a faccia con l’incerto, ma con la determinazione di non arrendersi mai.
Un romanzo doloroso, perché le prime 200 pagine raccontano passo a passo la fame, la solitudine, la malattia, la morte, la mancanza di forze e, di tanto in tanto, della voglia di andare avanti, che con onestà intellettuale rimanda alla situazione sociale di oggi: l’immigrazione come fattore storico, senza polemiche né retoriche, ma con tanto spazio dedicato alla riflessione.
Ma è anche una storia di Fede, quella tra un popolo ed il suo Dio misericordioso, che sa perdonare, che non giudica e che accompagna con fedele partecipazione. Righetto sa, con sottile eleganza, introdurre la Figura della Fede come risposta Universale.
Ed è anche la storia di un amore tra fratelli, incondizionato e salvifico, nonostante le difficoltà della vita. La Jole e Sergio ne hanno passate tante, hanno sofferto ripetutamente seppur molto giovani, e solo la Jole ha pianto la morte cruda dei loro genitori. Sergio non sa ancora che sono rimasti soli, crede che la madre ed il padre li raggiungeranno, poi. Per non farlo soffrire ulteriormente, la sorella decide che, non appena arrivati in Messico, troverà il modo di affrontare l’argomento. Ma i piani non vanno come dovrebbero.
Matteo Righetto scrive un libro impegnativo eppure leggero, come solo un poeta della prosa sa fare: i capitoli brevi aiutano a mantenere alta la concentrazione e a non perdere l’intensità del viaggio; le emozioni sono raccontate all'intuizione, attraverso i pensieri dei protagonisti, con grazia e mai urlati. E poi ci sono i punti cardine, quei riferimenti che aiutano il lettore, ma anche i protagonisti, a non perdersi mai nell'infinità della storia, intesa come trama e come successione dei fatti: il suono cupo di Sergio, uno strumento che sospende la trama, lasciando a chi legge l’interpretazione del momento, le montagne, vita e amore, ossigeno, famiglia, elemento essenziale nella vita dei De Boer, che si troveranno, invece, ad abbandonarle per incontrare la vastità del mare, sconosciuto a volte intrigante a volte sinonimo di inquietudine.
E poi c’è il Vento di Frontiera della Jole: quel ricordo concreto del padre, che le ha insegnato la determinazione del non arrendersi. Il vento torna e tornerà, sempre, anche nell'ultima emozionante pagina, rivolta dritta al cuore, per ricordarle che non è sola.
La terra promessa di Matteo Righetto (Mondadori) è in libreria, al prezzo di copertina di 18€.
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martedì 2 aprile 2019
"Basta un sorriso" di Penny Reid
«La 48 è la taglia media. Non c'è articolo in cui l'autore non menzioni la mia sfrontatezza nel non curarmene, in cui non mi critichino perchè non faccio la fame. Secondo te dovrei dare ascolto a queste cavolate?»
Queste parole rispecchiano appieno lo spirito della protagonista di Basta un sorriso di Penny Reid (Always Publishing), in libreria da fine marzo. Una protagonista a dir poco irresistibile!
Sienna Diaz, attrice comica e scrittrice di successo, rifiuta da sempre di permettere a qualcuno di sminuirla solo perchè non indossa una taglia 38.
L'unica sua debolezza? Il senso dell'orientamento, praticamente inesistente... ma per sua fortuna, perchè proprio quando crede di essersi smarrita tra le nebbiose montagne del Tenessee nel tentativo di raggiungere la location del suo ultimo film, Green Valley, ecco apparire il maggiore dei fratelli Winston, Jethro.
Dietro ai modi galanti da principe azzurro e alla divisa da ranger in perfetto ordine, Jethro nasconde un passato complicato pieno di scelte sbagliate ed errori commessi con leggerezza, così come Sienna Diaz, dietro la parlantina sciolta e il senso dell'umorismo nasconde la paura che, in fondo, potrebbe non essere così facile trovare qualcuno che l'ami così com'è, senza affiancarla solo per vivere di luce riflessa.
E invece, ecco che dalla nebbia emerge un affascinante ranger del parco nazionale che ignora completamente chi sia la bellissima donna che gli sta di fronte.
Preparatevi a un susseguirsi di battute e piccoli scherzi, perchè l'autrice ha chiaramente dato libero sfogo al suo lato più spassoso: allo stesso tempo, la passione e il romanticismo che caratterizzano l'amore crescente tra Sienna e Jethro vi faranno tremare la terra sotto i piedi. Tenetevi forte!
Quella di Jethro e Sienna non è solo la storia d'amore di due anime affini: è la storia di due persone che riescono a scrollarsi di dosso le etichette che sono state imposte loro fin dall'infanzia (Jethro quella del piantagrane, Sienna quella della persona divertente) e che, insieme, riescono finalmente ad essere la versione migliore e più completa di se stesse.
La prosa di Penny Reid combina alla perfezione umorismo e romanticismo, creando un mix irresistibile di battute e frasi da sottolineare con il cuore che batte veloce che rende la serie romantica Che barba, l'amore! una delle più azzeccate degli ultimi anni.
Basta un sorriso di Penny Reid (Always Publishing) è in libreria, al prezzo di copertina di 13,90€.
Queste parole rispecchiano appieno lo spirito della protagonista di Basta un sorriso di Penny Reid (Always Publishing), in libreria da fine marzo. Una protagonista a dir poco irresistibile!
Sienna Diaz, attrice comica e scrittrice di successo, rifiuta da sempre di permettere a qualcuno di sminuirla solo perchè non indossa una taglia 38.
L'unica sua debolezza? Il senso dell'orientamento, praticamente inesistente... ma per sua fortuna, perchè proprio quando crede di essersi smarrita tra le nebbiose montagne del Tenessee nel tentativo di raggiungere la location del suo ultimo film, Green Valley, ecco apparire il maggiore dei fratelli Winston, Jethro.
Dietro ai modi galanti da principe azzurro e alla divisa da ranger in perfetto ordine, Jethro nasconde un passato complicato pieno di scelte sbagliate ed errori commessi con leggerezza, così come Sienna Diaz, dietro la parlantina sciolta e il senso dell'umorismo nasconde la paura che, in fondo, potrebbe non essere così facile trovare qualcuno che l'ami così com'è, senza affiancarla solo per vivere di luce riflessa.
E invece, ecco che dalla nebbia emerge un affascinante ranger del parco nazionale che ignora completamente chi sia la bellissima donna che gli sta di fronte.
Preparatevi a un susseguirsi di battute e piccoli scherzi, perchè l'autrice ha chiaramente dato libero sfogo al suo lato più spassoso: allo stesso tempo, la passione e il romanticismo che caratterizzano l'amore crescente tra Sienna e Jethro vi faranno tremare la terra sotto i piedi. Tenetevi forte!
Quella di Jethro e Sienna non è solo la storia d'amore di due anime affini: è la storia di due persone che riescono a scrollarsi di dosso le etichette che sono state imposte loro fin dall'infanzia (Jethro quella del piantagrane, Sienna quella della persona divertente) e che, insieme, riescono finalmente ad essere la versione migliore e più completa di se stesse.
La prosa di Penny Reid combina alla perfezione umorismo e romanticismo, creando un mix irresistibile di battute e frasi da sottolineare con il cuore che batte veloce che rende la serie romantica Che barba, l'amore! una delle più azzeccate degli ultimi anni.
Basta un sorriso di Penny Reid (Always Publishing) è in libreria, al prezzo di copertina di 13,90€.
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lunedì 1 aprile 2019
Bergamotto e zenzero: la profumata novità della linea Neutro Roberts Fresco
Sapete perché i deodoranti provocano le spiacevoli macchie bianche sui vestiti?
La principale causa sono i sali di alluminio, responsabili inoltre di limitare il fisiologico processo di traspirazione ascellare, con il risultato di impedire alla pelle di respirare liberamente.
Neutro Roberts Fresco Bergamotto & Zenzero è invece pensato per lasciare la pelle libera di respirare e garantire zero macchie* sui vestiti, risolvendo una volta per tutte il problema degli aloni bianchi sugli abiti, ancora più insidiosi ora che la bella stagione invita a togliersi giacche e cappotti e a indossare vestiti più leggeri: la primavera è alle porte, e profuma di una freschezza tutta nuova!
La linea completa Neutro Roberts Fresco Bergamotto & Zenzero è già disponibile, e include:
Spray Neutro Roberts Fresco Bergamotto & Zenzero, 3,59€
Roll-On Neutro Roberts Fresco Bergamotto & Zenzero, 3,49€
Vapo Neutro Roberts Fresco Bergamotto & Zenzero, 3,99€
La principale causa sono i sali di alluminio, responsabili inoltre di limitare il fisiologico processo di traspirazione ascellare, con il risultato di impedire alla pelle di respirare liberamente.
Neutro Roberts Fresco Bergamotto & Zenzero è invece pensato per lasciare la pelle libera di respirare e garantire zero macchie* sui vestiti, risolvendo una volta per tutte il problema degli aloni bianchi sugli abiti, ancora più insidiosi ora che la bella stagione invita a togliersi giacche e cappotti e a indossare vestiti più leggeri: la primavera è alle porte, e profuma di una freschezza tutta nuova!
La linea completa Neutro Roberts Fresco Bergamotto & Zenzero è già disponibile, e include:
Spray Neutro Roberts Fresco Bergamotto & Zenzero, 3,59€
Roll-On Neutro Roberts Fresco Bergamotto & Zenzero, 3,49€
Vapo Neutro Roberts Fresco Bergamotto & Zenzero, 3,99€
Protetti e felici: BIlboa e tutte le novità solari per bambini per l'estate 2019
Quando ci si sente protetti, amati e coccolati ci si sente anche più felici, come se splendesse sempre il sole. Se ciò è vero per gli adulti, ancora più intensi sono i sentimenti dei più piccoli, i primi ad avere diritto a felicità e protezione. Anche dal sole!
A questo ha pensato Bilboa nel creare la nuova linea Bimbi Protetti e Felici, una gamma di solari pensata per offrire la giusta protezione per la pelle delicata dei bambini e al tempo stesso per rendere più facile e divertente l’applicazione della crema solare alle mamme. Mamme che sanno quanto possa essere complicata l’operazione in spiaggia, con la sabbia che si appiccica e i pargoli che non stanno mai fermi.
Non solo. Se il sole, preso con le giuste cautele, stimola la vitamina D favorendo lo sviluppo e la mineralizzazione delle ossa e accelera la funzione immunitaria dell’organismo, anche i capelli dei bimbi hanno bisogno di cura sia durante l’esposizione, sia dopo, quando è necessario pettinarli.
Ecco, allora, che per bimbi ancora più protetti e felici da testa a piedi la linea bimbi di Bilboa si arricchisce di due novità: la nuova Crema Solare 50+ nel pratico flacone trigger da 250 ml e il nuovo Spray Bimbi Scioglinodi.
Il nuovo Trigger 50+ offre il massimo della protezione in un formato comodo, pratico e veloce.
Il suo complesso anti-sabbia, che riduce l’appiccicosità della sabbia sulla pelle, e la sua formula a rapido assorbimento, lo rendono l’alleato ideale per tutte le mamme. L’esclusiva formula, trasversale su tutta la linea Bimbi di Bilboa, contiene filtri UVA/UVB avanzati, è ipoallergenica*, priva di alcool, coloranti e parabeni, ed è testata sotto controllo dermatologico e pediatrico.
La linea Bimbi Protetti e Felici di Bilboa si allarga dunque, comprendendo:
Latte Solare Protezione 30, 13,99€ per 200ml
Latte Solare Protezione 50+, 14,99€ per 200ml
Trigger Protezione 30, 13,99€ per 250ml
Trigger Protezione 50+, 14,99€ per 250ml
Spray Solare Protezione 50+, 14,99€ per 150ml
Spray Scioglinodi Capelli, 7,99€
A questo ha pensato Bilboa nel creare la nuova linea Bimbi Protetti e Felici, una gamma di solari pensata per offrire la giusta protezione per la pelle delicata dei bambini e al tempo stesso per rendere più facile e divertente l’applicazione della crema solare alle mamme. Mamme che sanno quanto possa essere complicata l’operazione in spiaggia, con la sabbia che si appiccica e i pargoli che non stanno mai fermi.
Non solo. Se il sole, preso con le giuste cautele, stimola la vitamina D favorendo lo sviluppo e la mineralizzazione delle ossa e accelera la funzione immunitaria dell’organismo, anche i capelli dei bimbi hanno bisogno di cura sia durante l’esposizione, sia dopo, quando è necessario pettinarli.
Ecco, allora, che per bimbi ancora più protetti e felici da testa a piedi la linea bimbi di Bilboa si arricchisce di due novità: la nuova Crema Solare 50+ nel pratico flacone trigger da 250 ml e il nuovo Spray Bimbi Scioglinodi.
Il nuovo Trigger 50+ offre il massimo della protezione in un formato comodo, pratico e veloce.
Il suo complesso anti-sabbia, che riduce l’appiccicosità della sabbia sulla pelle, e la sua formula a rapido assorbimento, lo rendono l’alleato ideale per tutte le mamme. L’esclusiva formula, trasversale su tutta la linea Bimbi di Bilboa, contiene filtri UVA/UVB avanzati, è ipoallergenica*, priva di alcool, coloranti e parabeni, ed è testata sotto controllo dermatologico e pediatrico.
Il nuovo Spray Bimbi Scioglinodi è un balsamo senza risciacquo ed è ideale per porre fine alla lotta per districare i capelli dopo una giornata di sole e mare. Basta agitare, spruzzare, e pettinare e il gioco è fatto: la sua formula contiene agenti districanti che ammorbidiscono anche i capelli più difficili, Provitamina B5 che dona brillantezza, lucida e protegge i capelli e amminoacidi della cheratina che rinforzano la struttura del capello. Questo possono usarlo anche le mamme ;)
La linea Bimbi Protetti e Felici di Bilboa si allarga dunque, comprendendo:
Latte Solare Protezione 30, 13,99€ per 200ml
Latte Solare Protezione 50+, 14,99€ per 200ml
Trigger Protezione 30, 13,99€ per 250ml
Trigger Protezione 50+, 14,99€ per 250ml
Spray Solare Protezione 50+, 14,99€ per 150ml
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Acqua Micellare Bifase: aria di novità in casa Acqua alle Rose!
Il lunedì, giorno difficile per tutti, è quello in cui si ricorre al makeup di fiducia per affrontare al meglio l'inizio di una nuova settimana: fondotinta, rossetto a lunga tenuta, matita e mascara rigorosamente waterproof. Il che vi rende favolose per l'intera giornata, ma quanto è difficile da rimuovere quando, finalmente, è il momento di struccarsi?
Per rendere la rimozione del trucco rapida e indolore, Acqua alle Rose ha creato la nuova Acqua Micellare Bifase, un’innovazione che garantisce tutta la delicatezza Acqua Alle Rose in una formula ancora più efficace. Un prodotto all’avanguardia che unisce la tecnologia delle micelle al potere degli Oli, che deterge e rimuove anche il trucco waterproof, in un solo gesto e senza risciacquare.
Arricchita dall'olio di Rosa Mosqueta, che rigenera l’epidermide e ne ripristina la funzione barriera, e con vitamina PP dalle proprietà idratanti, lenitive e seboregolatrici, già dopo il primo utilizzo la pelle risulta pulita a fondo, senza residui oleosi e naturalmente luminosa.
Basta agitare bene il flacone fino ad ottenere un colore omogeneo ed imbibire un batuffolo o un dischetto di cotone, per poi passarlo sul viso dal centro verso l’esterno seguendo le linee e senza tirare troppo la pelle.
Per rimuovere in un batter d’occhio anche il trucco waterproof dagli occhi basta appoggiare il batuffolo imbibito di soluzione struccante sugli occhi chiusi con una leggera pressione, e rimuovere il make-up andando verso il basso, seguendo le ciglia, per poi proseguire pulendo le ciglia nel verso opposto con l’occhio socchiuso.
Acqua Micellare Bifase di Acqua alle Rose è già disponibile, al prezzo consigliato di 6,99€.
Per rendere la rimozione del trucco rapida e indolore, Acqua alle Rose ha creato la nuova Acqua Micellare Bifase, un’innovazione che garantisce tutta la delicatezza Acqua Alle Rose in una formula ancora più efficace. Un prodotto all’avanguardia che unisce la tecnologia delle micelle al potere degli Oli, che deterge e rimuove anche il trucco waterproof, in un solo gesto e senza risciacquare.
Arricchita dall'olio di Rosa Mosqueta, che rigenera l’epidermide e ne ripristina la funzione barriera, e con vitamina PP dalle proprietà idratanti, lenitive e seboregolatrici, già dopo il primo utilizzo la pelle risulta pulita a fondo, senza residui oleosi e naturalmente luminosa.
Basta agitare bene il flacone fino ad ottenere un colore omogeneo ed imbibire un batuffolo o un dischetto di cotone, per poi passarlo sul viso dal centro verso l’esterno seguendo le linee e senza tirare troppo la pelle.
Per rimuovere in un batter d’occhio anche il trucco waterproof dagli occhi basta appoggiare il batuffolo imbibito di soluzione struccante sugli occhi chiusi con una leggera pressione, e rimuovere il make-up andando verso il basso, seguendo le ciglia, per poi proseguire pulendo le ciglia nel verso opposto con l’occhio socchiuso.
Acqua Micellare Bifase di Acqua alle Rose è già disponibile, al prezzo consigliato di 6,99€.
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