Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Fandom" di Anna Day, edito DeaPlaneta (rilegato a 15,90€) in uscita il 6 Febbraio:
Finalmente il gran giorno è arrivato, Violet è pronta. Pronta per incontrare gli attori che hanno portato sul grande schermo il suo romanzo preferito, "La danza delle forche". Violet lo sa recitare a memoria, ne conosce ogni battuta. Se potesse esprimere un desiderio, chiederebbe di poterci vivere dentro ed essere Rose, la protagonista perfetta. Dovendo fare i conti con la realtà, Violet si accontenta di presentarsi all’evento come cosplayer di Rose e mettersi in fila per l’autografo dei suoi idoli. Soprattutto per quello dell’attore che interpreta Willow, l’eroe più bello di sempre – darebbe ogni cosa per far colpo su di lui. Proprio nel momento in cui il ragazzo si complimenta con lei per il suo costume accade qualcosa di inaspettato. Un terremoto. Urla. Il buio. Violet riapre gli occhi e qualcosa è cambiato. Le guardie corrono ovunque impazzite. Ma è solo quando un proiettile colpisce Rose e la ragazza cade a terra esanime che Violet capisce. Capisce che adesso non è più solo a un evento in costume per appassionati di fantasy. Adesso quella è la realtà. Adesso lei è dentro la storia e la protagonista del suo romanzo preferito è appena morta. Violet ora può fare solo una cosa: prendere il suo posto, ripassare le battute e vivere la storia fino alla fine… E sperare che tutto vada come è stato scritto.
Quella di "Fandom" è stata una delle letture più appassionanti della scorsa estate, e non vedevo l'ora che si avvicinasse l'uscita italiana per raccontarvela.
Mi ha ricordato "La principessa degli elfi" di Herbie Brennan, romanzo in cui la protagonista si trovava catapultata - durante il Lucca Comics & Games - nel mondo di Elfenlind, in cui combatte come un'agile e forte guerriera per salvare il regno da un perfido nemico.
Invece Violet, suo fratello Nate e le due amiche del cuore della ragazza si trovano al ComicOn, in costume e pronti a incontrare il cast del film tratto dal loro romanzo preferito, quando all'improvviso eccoli lì, catapultati nel mondo del romanzo.
Superato lo shock iniziale, i quattro sfruttano la loro conoscenza del mondo di "La danza delle forche" per vivere quella che, fino a poco prima, era solo una storia che sapevano quasi a memoria... e che ora rischia di cambiare, visto che Rose, l'eroina del romanzo, è morta.
Come rimediare? E soprattutto, come riuscire a tornare a casa una volta raggiunta l'ultima pagina del romanzo?
Bello, bello, bello!
Mi è piaciuto moltissimo, e non solo perchè, da lettrice, ho sognato spesso di vivere all'interno di uno dei miei romanzi preferiti.
Ho adorato Violet, ma forse ancora di più i suoi compagni di avventura: suo fratello Nate mi è davvero entrato nel cuore, per la sua lucidità e la sua prontezza di spirito, e per il bellissimo rapporto che lo lega alla sorella; Alice, che è l'amica fangirl con cui tutti vorremmo condividere una passione, e Katie, che li segue a ruota nonostante sia praticamente all'oscuro di qualsiasi cosa riguardi il romanzo, il suo fandom, e tre quarti di ciò che la circonda al ComiCon.
L'autrice ha saputo rendere la loro umanità e, allo stesso tempo, la loro eccitazione nel trovarsi personaggi di una storia tra le loro preferite, oltre al tormento di Violet nel decidere se sfruttare questa occasione per cambiare il corso della storia o se viverla così com'è stata scritta, fino alla fine, e sperare che questo li riporti tutti a casa.
Da lettori ci si chiede spesso "e io, cosa farei al suo posto?" quando leggiamo le avventure dei nostri personaggi preferiti, e Violet ha l'opportunità di mettersi davvero nei panni della protagonista del romanzo, Rose... sperimentando sulla sua pelle tutte le difficoltà e i pericoli che ne derivano.
Commette degli errori, e uno di questi le costerà caro (senza spoiler, vi dico solo che c'è un personaggio al quale è meglio non vi affezionate troppo, ahimè...), ma soprattutto trova la sua voce.
Trova il suo modo di combattere, e questo la fa crescere.
Il mondo di "La danza delle forche", poi, è stato descritto così bene da renderlo vivo nella mia mente sin dall'inizio della lettura, e sebbene presenti molti degli elementi tipici e già visti del genere distopico, riesce a mantenere una sua unicità.
Il romanzo intero è di fatto pieno di piccoli riferimenti ad altri mondi, e ad altri fandom, e si presenta non solo come una storia originale, ma come una vera e propria celebrazione della distopia young adult e del fandom come l'energia che la mantiene viva.
La mia fangirl interiore si è divertita a cogliere i riferimenti nascosti, e a immaginarsi più volte nei panni di Violet, della quale magari non si condividono sempre le scelte ma che è impossibile non sostenere fino alla fine.
Consigliatissimo a tutte le fangirl e i fanboy là fuori, davvero.
Non vi deluderà.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
mercoledì 31 gennaio 2018
martedì 30 gennaio 2018
"La medica e la strega" di Giancarla Erba
Buon pomeriggio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera di oggi è dedicata alla recensione di "La medica e la strega" di Giancarla Erba, edito Decima Musa Edizioni (brossurato a 18€):
«Un tempo a Babilonia, i malati si mettevano fuori dal tempio e interrogavano chiunque vi si recasse su quali cure fossero più idonee ai loro malanni.»
Da allora la medicina ha intrapreso una strada evolutiva che, nel tempo, si è divisa in due aspetti distintivi fondamentali: quello della professione medica scientifica e quello di una visione più empirica, legata all’antico, che ha voluto conservare e tramandare antichi rimedi legati alla cura della persona.
Le donne erano impegnate su entrambi i fronti, ma seppur osteggiate e combattute, quando non torturate e uccise, hanno resistito e hanno dimostrato che la forza di volontà e l’amore per la conoscenza possono vincere anche i peggiori pregiudizi.
"La medica e la strega" racconta le storie di molte di queste donne. Di quelle tra loro che per nascita e appartenenza hanno intrapreso la via della medicina; ma anche delle figlie di un popolo abbandonato alla povertà, che hanno rischiato finanche la propria vita, per aiutare coloro che soffrivano. Antiche ricette di famiglia, rimedi riportati in documenti che si perdono nella notte dei tempi sono state la loro guida.
Mediche, streghe, suore, avvelenatrici o infermiere, ognuna di loro ha avuto un ruolo decisivo nello sviluppo della medicina e nell’emancipazione della donna lungo i secoli. Ricordare il loro operato e il loro impegno è il minimo che si possa fare per rendere loro un dovuto omaggio.
Io lo dico, questo è il genere di libro che vorreste sotto mano per stendere la gettonatissima tesina di maturità sul ruolo della donna/le battaglie delle donne/la storia delle donne e tutte le possibili sfumature. L'autrice, di donne, ne racconta un centinaio, cogliendone ogni sfaccettatura e offrendo al lettore una panoramica completa del percorso compiuto da loro compiuto tra sete di conoscienza, lotta per il diritto allo studio e desiderio di tramandare credenze e riti popolari.
Alchimiste, erboriste, scienziate, ricercatrici... nel corso dei secoli, donne di ogni estrazione sociale, nazionalità e religione hanno sfidato i limiti della conoscienza cercando - e spesso creando - rimedi ai mali del corpo e della mente.
Lo hanno fatto rischiando di essere accusate di stregoneria e di praticare magia oscura, o di venire meno alle regole della società civile, e seguirle nel loro percorso attraverso i secoli rende sempre più consapevoli di quanto, per le donne, sia stato difficile ottenere almeno un decimo delle possibilità riservate agli uomini.
"La medica e la strega" è frutto di un lavoro di documentazione metodico e ben organizzato, l'esposizione dei fatti chiara e la prosa di Giancarla Erba pulita: è stata una lettura interessante, e che mi sento di consigliare soprattutto a chi dovesse documentarsi sul ruolo della donna nella storia della medicina, perchè offre moltissimi spunti e aneddoti dai quali partire.
Vi rimando ai contenuti pensati da Emozioni di una musa, Les fleurs du mal e L'ultima riga per immergervi ancora di più nell'atmosfera di "La medica e la strega":
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera di oggi è dedicata alla recensione di "La medica e la strega" di Giancarla Erba, edito Decima Musa Edizioni (brossurato a 18€):
«Un tempo a Babilonia, i malati si mettevano fuori dal tempio e interrogavano chiunque vi si recasse su quali cure fossero più idonee ai loro malanni.»
Da allora la medicina ha intrapreso una strada evolutiva che, nel tempo, si è divisa in due aspetti distintivi fondamentali: quello della professione medica scientifica e quello di una visione più empirica, legata all’antico, che ha voluto conservare e tramandare antichi rimedi legati alla cura della persona.
Le donne erano impegnate su entrambi i fronti, ma seppur osteggiate e combattute, quando non torturate e uccise, hanno resistito e hanno dimostrato che la forza di volontà e l’amore per la conoscenza possono vincere anche i peggiori pregiudizi.
"La medica e la strega" racconta le storie di molte di queste donne. Di quelle tra loro che per nascita e appartenenza hanno intrapreso la via della medicina; ma anche delle figlie di un popolo abbandonato alla povertà, che hanno rischiato finanche la propria vita, per aiutare coloro che soffrivano. Antiche ricette di famiglia, rimedi riportati in documenti che si perdono nella notte dei tempi sono state la loro guida.
Mediche, streghe, suore, avvelenatrici o infermiere, ognuna di loro ha avuto un ruolo decisivo nello sviluppo della medicina e nell’emancipazione della donna lungo i secoli. Ricordare il loro operato e il loro impegno è il minimo che si possa fare per rendere loro un dovuto omaggio.
Io lo dico, questo è il genere di libro che vorreste sotto mano per stendere la gettonatissima tesina di maturità sul ruolo della donna/le battaglie delle donne/la storia delle donne e tutte le possibili sfumature. L'autrice, di donne, ne racconta un centinaio, cogliendone ogni sfaccettatura e offrendo al lettore una panoramica completa del percorso compiuto da loro compiuto tra sete di conoscienza, lotta per il diritto allo studio e desiderio di tramandare credenze e riti popolari.
Alchimiste, erboriste, scienziate, ricercatrici... nel corso dei secoli, donne di ogni estrazione sociale, nazionalità e religione hanno sfidato i limiti della conoscienza cercando - e spesso creando - rimedi ai mali del corpo e della mente.
Lo hanno fatto rischiando di essere accusate di stregoneria e di praticare magia oscura, o di venire meno alle regole della società civile, e seguirle nel loro percorso attraverso i secoli rende sempre più consapevoli di quanto, per le donne, sia stato difficile ottenere almeno un decimo delle possibilità riservate agli uomini.
"La medica e la strega" è frutto di un lavoro di documentazione metodico e ben organizzato, l'esposizione dei fatti chiara e la prosa di Giancarla Erba pulita: è stata una lettura interessante, e che mi sento di consigliare soprattutto a chi dovesse documentarsi sul ruolo della donna nella storia della medicina, perchè offre moltissimi spunti e aneddoti dai quali partire.
Vi rimando ai contenuti pensati da Emozioni di una musa, Les fleurs du mal e L'ultima riga per immergervi ancora di più nell'atmosfera di "La medica e la strega":
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
"Un giorno solo" di Felicia Yap
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Un giorno solo" di Felicia Yap, edito Piemme (rilegato a 19,50€):
Una cittadina addormentata nei pressi di Cambridge, immersa nell'umido clima inglese. Qui, nella sua bella casa, Claire Evans si sveglia e, come ogni mattina, è costretta a consultare il suo diario elettronico per sapere chi è l'uomo accanto a lei.
«Nome: Mark Henry Evans. Età: 45 anni. Occupazione: romanziere con ambizioni politiche. Ci siamo sposati alle 12.30 del 30 settembre 1995 nella cappella del Trinity College. Alle nozze hanno assistito nove persone». Ogni mattina, Claire deve reimparare tutto, o quasi. Perché lei, come molti altri, appartiene alla grigia maggioranza dei Mono: persone il cui cervello, dopo i diciotto anni, non è più in grado di accumulare nuova memoria, e che dunque ricordano soltanto il giorno prima.
I Duo come suo marito Mark, invece, hanno una marcia in più: riescono a ricordare fino a due giorni prima. Quarantotto ore. Ventiquattr'ore di superiorità. In un mondo del genere, in cui l'unica cosa che ti lega a ieri è il tuo iDiary, anche per le tue stesse emozioni devi affidarti alle parole che hai scritto. Se sei triste, non sai perché. Se hai paura, non sai perché. E Claire ha paura. Tutti i giorni. Specie da quando Mark è stato accusato dell'omicidio di una donna.
In una corsa contro il tempo, prima che Mark stesso dimentichi ciò che ha fatto, Claire dovrà scoprire, aiutata dal detective Hans Richardson della polizia del Cambridgeshire (un uomo che a sua volta lotta con la propria, fallibile memoria), chi ha ucciso quella donna e soprattutto chi è davvero suo marito.
La premessa era molto accattivante, soprattutto per me che, persino nel mio diario personale, ho sempre voluto tralasciare i pensieri troppo negativi e concentrarmi su quelli positivi.
Se quella fosse la mia unica testimonianza di quanto accade ogni giorno nella mia vita, sarebbe ben poco attendibile. L'idea di Felicia Yap basta a mettere in moto tutta una serie di riflessioni, ma il romanzo... il romanzo ti prende anche il cuore, oltre che la testa.
L'autrice fonde alla perfezione quelli che sono i cavalli di battaglia della letteratura di consumo degli ultimi 4-5 anni, partendo dalla distopia (qui non sviluppata a fondo come in un romanzo di genere, ma tratteggiata quel tanto che basta per definire ambientazione e spirito del mondo in cui si muovono Claire, Mark e Hans), passando per il thriller psicologico e facendo confluire il tutto in quello che è, di fatto, un romanzo decisamente riuscito. Un romanzo che non ha bisogno di etichette, e al quale anzi si toglierebbe qualcosa dandogliene una a forza.
La storia di Claire e Mark, che nella loro realtà rappresentano quella che, nel nostro mondo, è una coppia mista (con tutte le complicazioni del caso), parte proprio da qui, dalla loro differenza di base.
Ventiquattr'ore di ricordi di differenza, e in fondo ventiquattr'ore di pieno controllo sulla propria identità perchè chi siamo, se non ce lo ricordiamo?
In un momento in cui la medicina moderna riesce a tenerci in vita fino a cent'anni anche quando il cervello inizia a perdere colpi a ottanta, e in cui le malattie neurodegenerative sono parte della vita di quasi ogni famiglia, quello del rapporto ricordi-identità è un tema sentito, vissuto sulla propria pelle, e il senso di spaesamento di un risveglio senza consapevolezza è ben rappresentato in quello che è l'inizio di ogni giornata di Claire.
La sua vita è un costante prendere nota, scriversi appunti, cercare di riprendere il filo di pensieri iniziati tre, quattro giorni prima ma, ahimè, andati persi, e quando la sua vita rischia di andare in pezzi la sua è davvero un corsa contro l'avanzare delle lancette lungo il quadrante dell'orologio.
Contro di lei, anche la memoria a scadenza di chiunque sia impegnato nelle indagini che potrebbero incriminare o scagionare Mark da un'accusa di omicidio che rischia di distruggere il loro matrimonio.
Claire non dubita solo di se stessa, ma anche dell'uomo che ha scelto come compagno di vita, e per il quale sarebbe stato fin troppo semplice mentire a giorni alterni alterando il corso delle loro vite senza che lei se ne rendesse conto.
Ho avuto la fortuna di poter leggere "Un giorno solo" durante le vacanze di Natale, e dico fortuna perchè una volta iniziato l'ho divorato in una giornata: sarebbe stato difficile giustificarlo, in un giorno lavorativo...
Sono sicura che succederà la stessa cosa anche a voi, perchè Felicia Yap padroneggia ogni aspetto di questo romanzo multisfaccettato, riuscendo a non far mai calare la tensione o rallentare il ritmo sostenuto della narrazione. Ci ho ritrovato le atmosfere cupe care a Gillian Flynn e qualcosa di Philip K. Dick: sono sicura che piacerà ai fan di questi due autori ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Un giorno solo" di Felicia Yap, edito Piemme (rilegato a 19,50€):
Una cittadina addormentata nei pressi di Cambridge, immersa nell'umido clima inglese. Qui, nella sua bella casa, Claire Evans si sveglia e, come ogni mattina, è costretta a consultare il suo diario elettronico per sapere chi è l'uomo accanto a lei.
«Nome: Mark Henry Evans. Età: 45 anni. Occupazione: romanziere con ambizioni politiche. Ci siamo sposati alle 12.30 del 30 settembre 1995 nella cappella del Trinity College. Alle nozze hanno assistito nove persone». Ogni mattina, Claire deve reimparare tutto, o quasi. Perché lei, come molti altri, appartiene alla grigia maggioranza dei Mono: persone il cui cervello, dopo i diciotto anni, non è più in grado di accumulare nuova memoria, e che dunque ricordano soltanto il giorno prima.
I Duo come suo marito Mark, invece, hanno una marcia in più: riescono a ricordare fino a due giorni prima. Quarantotto ore. Ventiquattr'ore di superiorità. In un mondo del genere, in cui l'unica cosa che ti lega a ieri è il tuo iDiary, anche per le tue stesse emozioni devi affidarti alle parole che hai scritto. Se sei triste, non sai perché. Se hai paura, non sai perché. E Claire ha paura. Tutti i giorni. Specie da quando Mark è stato accusato dell'omicidio di una donna.
In una corsa contro il tempo, prima che Mark stesso dimentichi ciò che ha fatto, Claire dovrà scoprire, aiutata dal detective Hans Richardson della polizia del Cambridgeshire (un uomo che a sua volta lotta con la propria, fallibile memoria), chi ha ucciso quella donna e soprattutto chi è davvero suo marito.
La premessa era molto accattivante, soprattutto per me che, persino nel mio diario personale, ho sempre voluto tralasciare i pensieri troppo negativi e concentrarmi su quelli positivi.
Se quella fosse la mia unica testimonianza di quanto accade ogni giorno nella mia vita, sarebbe ben poco attendibile. L'idea di Felicia Yap basta a mettere in moto tutta una serie di riflessioni, ma il romanzo... il romanzo ti prende anche il cuore, oltre che la testa.
L'autrice fonde alla perfezione quelli che sono i cavalli di battaglia della letteratura di consumo degli ultimi 4-5 anni, partendo dalla distopia (qui non sviluppata a fondo come in un romanzo di genere, ma tratteggiata quel tanto che basta per definire ambientazione e spirito del mondo in cui si muovono Claire, Mark e Hans), passando per il thriller psicologico e facendo confluire il tutto in quello che è, di fatto, un romanzo decisamente riuscito. Un romanzo che non ha bisogno di etichette, e al quale anzi si toglierebbe qualcosa dandogliene una a forza.
La storia di Claire e Mark, che nella loro realtà rappresentano quella che, nel nostro mondo, è una coppia mista (con tutte le complicazioni del caso), parte proprio da qui, dalla loro differenza di base.
Ventiquattr'ore di ricordi di differenza, e in fondo ventiquattr'ore di pieno controllo sulla propria identità perchè chi siamo, se non ce lo ricordiamo?
In un momento in cui la medicina moderna riesce a tenerci in vita fino a cent'anni anche quando il cervello inizia a perdere colpi a ottanta, e in cui le malattie neurodegenerative sono parte della vita di quasi ogni famiglia, quello del rapporto ricordi-identità è un tema sentito, vissuto sulla propria pelle, e il senso di spaesamento di un risveglio senza consapevolezza è ben rappresentato in quello che è l'inizio di ogni giornata di Claire.
La sua vita è un costante prendere nota, scriversi appunti, cercare di riprendere il filo di pensieri iniziati tre, quattro giorni prima ma, ahimè, andati persi, e quando la sua vita rischia di andare in pezzi la sua è davvero un corsa contro l'avanzare delle lancette lungo il quadrante dell'orologio.
Contro di lei, anche la memoria a scadenza di chiunque sia impegnato nelle indagini che potrebbero incriminare o scagionare Mark da un'accusa di omicidio che rischia di distruggere il loro matrimonio.
Claire non dubita solo di se stessa, ma anche dell'uomo che ha scelto come compagno di vita, e per il quale sarebbe stato fin troppo semplice mentire a giorni alterni alterando il corso delle loro vite senza che lei se ne rendesse conto.
Ho avuto la fortuna di poter leggere "Un giorno solo" durante le vacanze di Natale, e dico fortuna perchè una volta iniziato l'ho divorato in una giornata: sarebbe stato difficile giustificarlo, in un giorno lavorativo...
Sono sicura che succederà la stessa cosa anche a voi, perchè Felicia Yap padroneggia ogni aspetto di questo romanzo multisfaccettato, riuscendo a non far mai calare la tensione o rallentare il ritmo sostenuto della narrazione. Ci ho ritrovato le atmosfere cupe care a Gillian Flynn e qualcosa di Philip K. Dick: sono sicura che piacerà ai fan di questi due autori ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
lunedì 29 gennaio 2018
"Il sole è anche una stella" di Nicola Yoon
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Il sole è anche una stella" di Nicola Yoon, edito Sperling & Kupfer (rilegato a 18,90€):
Natasha non crede né al caso né al destino. E neppure ai sogni: non si avverano mai. Sua madre dice che le cose succedono per una ragione. Ma Natasha è diversa. Crede piuttosto nella scienza e nella relazione causa-effetto. Ogni azione conduce necessariamente a un'altra e così via. Sono le azioni di ognuno a determinare il destino. Per intenderci, non è il tipo di ragazza che incontra un ragazzo carino in un polveroso negozio di dischi a New York e s'innamora di lui. Eppure è quel che accade, proprio a dodici ore dall'essere rimpatriata in Giamaica insieme alla sua famiglia.
Lui si chiama Daniel. È il figlio perfetto, studente modello e sempre all'altezza delle molte aspettative dei genitori. Quando è con Natasha, però, tutto è diverso. Qualcosa in lei gli suggerisce che il destino abbia in serbo un che di speciale - per entrambi. Ed è come se ogni momento della loro vita li avesse preparati solo per vivere questo meraviglioso, singolo istante.
Un giorno per innamorarsi? Impossibile non cedere alla curiosità e non tuffarsi tra le pagine di questo romanzo!
Non credo nell'amore a prima vista, questo no, ma credo nel riconoscere al primo sguardo un'anima affine. Ho amicizie nate a prima vista, e in fondo sempre di amore si tratta.
Ero quindi molto curiosa di scoprire come l'autrice che mi aveva tanto emozionata con "Noi siamo tutto" avrebbe gestito quello che, solo all'apparenza, è un po' il clichè del "ci incontriamo, abbiamo solo tot ore insieme e guarda un po', scoppia l'amore".
Eppure... eppure la storia di Natasha e Daniel mi ha coinvolta da subito, facendomi spegnere il cellulare, preparare il tè e ritirare nel mio angolino caldo per godermi il libro fino all'ultima pagina.
Razzismo, rapporto genitori-figli, adolescenza, primo amore, incertezza, confusione: Nicola Yoon affronta ognuno di questi temi ed emozioni con la stessa grazia e leggerezza, immergendo il lettore nella vita e nei pensieri della coppia come pochi scrittori sanno fare.
E in fondo Natasha e Daniel rappresentano appieno il conflitto testa-cuore che vive in ognuno di noi: metodica e con una fede incrollabile (o almeno così credeva) nella scienza lei, idealista e sognatore lui. Sono due facce di una stessa moneta, i due poli di uno stesso magnete, e solo insieme si sentono per la prima volta qualcosa di completo.
Soprattutto, a rendere unico il romanzo, è il cast di personaggi di contorno, che non si limitano a restare sullo sfondo ma avanzano sulla scena e ci rendono partecipi della loro storia.
Solo in un paio di occasioni ho pensato che questo meccanismo rallentasse il ritmo della narrazione, le altre ho apprezzato l'interludio e, talvolta, mi sono affezionata a questi personaggi che, forse, sono solo apparentemente di supporto.
Sicuramente lo consiglio ai fan del primo romanzo dell'autrice, e a chi volesse scoprirla con una storia d'amore che dura un giorno... ma resta nel cuore molto di più.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Il sole è anche una stella" di Nicola Yoon, edito Sperling & Kupfer (rilegato a 18,90€):
Natasha non crede né al caso né al destino. E neppure ai sogni: non si avverano mai. Sua madre dice che le cose succedono per una ragione. Ma Natasha è diversa. Crede piuttosto nella scienza e nella relazione causa-effetto. Ogni azione conduce necessariamente a un'altra e così via. Sono le azioni di ognuno a determinare il destino. Per intenderci, non è il tipo di ragazza che incontra un ragazzo carino in un polveroso negozio di dischi a New York e s'innamora di lui. Eppure è quel che accade, proprio a dodici ore dall'essere rimpatriata in Giamaica insieme alla sua famiglia.
Lui si chiama Daniel. È il figlio perfetto, studente modello e sempre all'altezza delle molte aspettative dei genitori. Quando è con Natasha, però, tutto è diverso. Qualcosa in lei gli suggerisce che il destino abbia in serbo un che di speciale - per entrambi. Ed è come se ogni momento della loro vita li avesse preparati solo per vivere questo meraviglioso, singolo istante.
Un giorno per innamorarsi? Impossibile non cedere alla curiosità e non tuffarsi tra le pagine di questo romanzo!
Non credo nell'amore a prima vista, questo no, ma credo nel riconoscere al primo sguardo un'anima affine. Ho amicizie nate a prima vista, e in fondo sempre di amore si tratta.
Ero quindi molto curiosa di scoprire come l'autrice che mi aveva tanto emozionata con "Noi siamo tutto" avrebbe gestito quello che, solo all'apparenza, è un po' il clichè del "ci incontriamo, abbiamo solo tot ore insieme e guarda un po', scoppia l'amore".
Eppure... eppure la storia di Natasha e Daniel mi ha coinvolta da subito, facendomi spegnere il cellulare, preparare il tè e ritirare nel mio angolino caldo per godermi il libro fino all'ultima pagina.
Razzismo, rapporto genitori-figli, adolescenza, primo amore, incertezza, confusione: Nicola Yoon affronta ognuno di questi temi ed emozioni con la stessa grazia e leggerezza, immergendo il lettore nella vita e nei pensieri della coppia come pochi scrittori sanno fare.
E in fondo Natasha e Daniel rappresentano appieno il conflitto testa-cuore che vive in ognuno di noi: metodica e con una fede incrollabile (o almeno così credeva) nella scienza lei, idealista e sognatore lui. Sono due facce di una stessa moneta, i due poli di uno stesso magnete, e solo insieme si sentono per la prima volta qualcosa di completo.
Soprattutto, a rendere unico il romanzo, è il cast di personaggi di contorno, che non si limitano a restare sullo sfondo ma avanzano sulla scena e ci rendono partecipi della loro storia.
Solo in un paio di occasioni ho pensato che questo meccanismo rallentasse il ritmo della narrazione, le altre ho apprezzato l'interludio e, talvolta, mi sono affezionata a questi personaggi che, forse, sono solo apparentemente di supporto.
È un romanzo che emoziona? Molto. E forse è un bene che non sia la mera fotocopia di "Noi siamo tutto", perchè ci ho trovato tutto un bagaglio di sensazioni e sentimenti che l'autrice non aveva ancora esplorato, e che mi sono arrivati dritti al cuore. Davvero una bella lettura!
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
venerdì 26 gennaio 2018
"Il vero gentiluomo" di Grace Burrowes
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Il vero gentiluomo" di Grace Burrowes, edito Leggereditore (brossurato a 12,90€):
Tremaine St Michael è un facoltoso commerciante di lana, completamente dedito al lavoro. Sempre in giro per il mondo alla ricerca dei migliori affari, raramente soggiorna a lungo nello stesso posto, finché nel Kent, ospite nella tenuta di un caro amico, il conte di Bellefonte, le cose sembrano prendere una piega inaspettata... L'incontro con l'affascinante e riservata lady Nita Haddonfield non lo lascia indifferente, e per una volta Tremaine spera di poter finalmente conciliare gli affari con il piacere. Le cose, tuttavia, non vanno secondo i suoi piani: anche se in età da marito, infatti, la giovane donna non vuole sentir parlare di matrimonio, preferendo di gran lunga dedicare le proprie energie ad aiutare le persone bisognose della contea. Ma, si sa, al cuore non si comanda, e suo malgrado Nita inizia a provare interesse nei confronti del sensuale commerciante, un sentimento destinato a crescere e che, a lungo andare, le sarà impossibile nascondere. Anche perché Tremaine non è certo un uomo che si arrenda facilmente, e farà di tutto pur di scalfire le ritrosie della dolce Nita...
L'anno scorso ho letto "Vendetta d'amore" di Anna Grieco e Irene Grazzini, ed era il primo romance storico che leggevo da diversi mesi. Quest'anno è successa la stessa cosa con "Il vero gentiluomo", primo volume della serie True Gentlemen.
E penso di poter dire che si tratta di una serie davvero bollente, a giudicare dal primo volume: Tremaine e Nita sono forse troppo moderni per vivere nell'epoca scelta dall'autrice, ma che importa?
Grace Burrowes sa come accendere di emozione le sue lettrici, e la loro passione divampa in ogni pagina.
Determinato e sicuro di sè lui, testarda e passionale lei: le premesse per un'unione che funzioni ci sono tutte, se non fosse che Nita pensa a tutto fuorchè al matrimonio.
Servirà tutta tutta la capacità di persuasione di Tremaine, per farle cambiare idea...
È stata una lettura veloce e molto coinvolgente: Tremaine mi è piaciuto moltissimo, per la sua dedizione al lavoro e la sua decisione, così come ho apprezzato Nita che, seppur leggermente fuori contesto, è sicuramente una protagonista forte e nella quale le lettrici vorranno rivedersi, almeno un po'. Dei personaggi di contorno (Nita ha una famiglia numerosa, molto presente nel romanzo), attendo con ansia di saperne di più, soprattutto su Kirsten - la sua sarà la prossima storia della serie, e sono molto curiosa di scoprirla!
Sicuramente "Il vero gentiluomo" è consigliato alle amanti delle storie d'amore nate tra gonne ampie e tende damascate: Tremaine riscalderà i vostri pomeriggi ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Il vero gentiluomo" di Grace Burrowes, edito Leggereditore (brossurato a 12,90€):
Tremaine St Michael è un facoltoso commerciante di lana, completamente dedito al lavoro. Sempre in giro per il mondo alla ricerca dei migliori affari, raramente soggiorna a lungo nello stesso posto, finché nel Kent, ospite nella tenuta di un caro amico, il conte di Bellefonte, le cose sembrano prendere una piega inaspettata... L'incontro con l'affascinante e riservata lady Nita Haddonfield non lo lascia indifferente, e per una volta Tremaine spera di poter finalmente conciliare gli affari con il piacere. Le cose, tuttavia, non vanno secondo i suoi piani: anche se in età da marito, infatti, la giovane donna non vuole sentir parlare di matrimonio, preferendo di gran lunga dedicare le proprie energie ad aiutare le persone bisognose della contea. Ma, si sa, al cuore non si comanda, e suo malgrado Nita inizia a provare interesse nei confronti del sensuale commerciante, un sentimento destinato a crescere e che, a lungo andare, le sarà impossibile nascondere. Anche perché Tremaine non è certo un uomo che si arrenda facilmente, e farà di tutto pur di scalfire le ritrosie della dolce Nita...
L'anno scorso ho letto "Vendetta d'amore" di Anna Grieco e Irene Grazzini, ed era il primo romance storico che leggevo da diversi mesi. Quest'anno è successa la stessa cosa con "Il vero gentiluomo", primo volume della serie True Gentlemen.
E penso di poter dire che si tratta di una serie davvero bollente, a giudicare dal primo volume: Tremaine e Nita sono forse troppo moderni per vivere nell'epoca scelta dall'autrice, ma che importa?
Grace Burrowes sa come accendere di emozione le sue lettrici, e la loro passione divampa in ogni pagina.
Determinato e sicuro di sè lui, testarda e passionale lei: le premesse per un'unione che funzioni ci sono tutte, se non fosse che Nita pensa a tutto fuorchè al matrimonio.
Servirà tutta tutta la capacità di persuasione di Tremaine, per farle cambiare idea...
È stata una lettura veloce e molto coinvolgente: Tremaine mi è piaciuto moltissimo, per la sua dedizione al lavoro e la sua decisione, così come ho apprezzato Nita che, seppur leggermente fuori contesto, è sicuramente una protagonista forte e nella quale le lettrici vorranno rivedersi, almeno un po'. Dei personaggi di contorno (Nita ha una famiglia numerosa, molto presente nel romanzo), attendo con ansia di saperne di più, soprattutto su Kirsten - la sua sarà la prossima storia della serie, e sono molto curiosa di scoprirla!
Sicuramente "Il vero gentiluomo" è consigliato alle amanti delle storie d'amore nate tra gonne ampie e tende damascate: Tremaine riscalderà i vostri pomeriggi ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
giovedì 25 gennaio 2018
"La sciarpa ricamata" di Susan Meissner
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "La sciarpa ricamata" di Susan Meissner, edito Tre60 (rilegato a 16,90€):
Ellis Island, settembre 1911. Dopo aver perso l’uomo che amava, Clara ha scelto di prendersi cura degli emigranti che ogni giorno approdano all’isola, in attesa di ottenere il visto d’ingresso negli Stati Uniti. Un giorno, tra le migliaia di persone, un uomo attira la sua attenzione. Ha la febbre, forse è destinato a morire, e non si separa mai da una bellissima sciarpa con un motivo floreale su cui è ricamato un nome: Lily...
Manhattan, settembre 2011. Taryn lavora in un negozio di tessuti nell’Upper West Side. Rimasta vedova, è faticosamente riuscita a trovare un nuovo equilibrio e un po’ di serenità. Ma non riesce a cancellare il ricordo del giorno in cui le Twin Towers sono crollate, seppellendo suo marito. E neppure a cancellare il senso di colpa: lei infatti si è salvata grazie a uno sconosciuto che ora, a distanza di dieci anni, bussa alla sua porta, portando con sé la sciarpa che Taryn aveva quel giorno: una sciarpa antica, con un motivo floreale...
L'anno scorso, Jill Santopolo mi aveva emozionata profondamente con il suo "Il giorno che aspettiamo", e in questo romanzo di Susan Meissner ho ritrovato la stessa capacità di toccare il cuore del lettore e farlo battere un po' più veloce.
Un romanzo centrato sulle donne e sull'amore, sulla resilienza e sul coraggio di darsi una seconda opportunità: ad accumunare Clara e Taryn, seppure un secolo intero le divida, è la sensazione di dolore e smarrimento che provano dopo aver perso il loro centro.
Entrambe vivono solo a metà, convinte di non poter mai più essere felici e che, soprattutto, non ci sarà un altro amore nelle loro vite.
Ma, e qui voglio riportarvi la citazione completa perchè nessuno può dirlo meglio di Susan Meissner, «l’amore non è una persona. Non è una cosa di questo mondo. [...] viene dal cielo. Ci viene dato non perché ci aggrappiamo a lui o ci nascondiamo da lui, ma per donarlo».
Sia Clara che Taryn affronteranno i loro demoni, le loro paure e avranno la possibilità di tornare a vivere una vita piena, ma la domanda è: sapranno coglierla?
Mi è piaciuto moltissimo, e soprattutto mi ha emozionata profondamente: il dolore di Taryn, legato non solo alla perdita del marito ma anche a uno degli eventi più tragici del secolo scorso, è palpabile, pulsante e vibra sulle pagine. Arriva di più di quello di Clara, ma per ovvi motivi: Clara vive nel 1911, il suo legame con il marito appare da subito meno profondo, meno complice.
La mia percezione è stata che Taryn piangesse la perdita di un compagno di vita, Clara quella di un futuro felice e pianificato con una persona alla quale voleva bene, pur non conoscendola a fondo.
L'autrice ha saputo gestire benissimo due storie ambientate sì nella stessa città, ma di fatto in due mondi completamente diversi, e a rendere le emozioni, la gestualità e le abitudini delle due protagoniste in modo perfettamente coerente con l'epoca di riferimento.
Mi è venuta una gran voglia di leggere altri suoi lavori, e ho già sul fidato iPad2 "A bridge across the ocean", il suo ultimo romanzo: sono curiosissima, spero di riuscire a leggerlo presto!
Consigliatissimo, soprattutto a chi avesse amato i romanzi di Sara Jio (usciti in Italia editi Nord) perchè un po' ve la ricorderà, e a chi, come me, avesse pianto calde lacrime leggendo "Il giorno che aspettiamo" di Jill Santopolo: questo vi piacerà davvero tanto.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "La sciarpa ricamata" di Susan Meissner, edito Tre60 (rilegato a 16,90€):
Ellis Island, settembre 1911. Dopo aver perso l’uomo che amava, Clara ha scelto di prendersi cura degli emigranti che ogni giorno approdano all’isola, in attesa di ottenere il visto d’ingresso negli Stati Uniti. Un giorno, tra le migliaia di persone, un uomo attira la sua attenzione. Ha la febbre, forse è destinato a morire, e non si separa mai da una bellissima sciarpa con un motivo floreale su cui è ricamato un nome: Lily...
Manhattan, settembre 2011. Taryn lavora in un negozio di tessuti nell’Upper West Side. Rimasta vedova, è faticosamente riuscita a trovare un nuovo equilibrio e un po’ di serenità. Ma non riesce a cancellare il ricordo del giorno in cui le Twin Towers sono crollate, seppellendo suo marito. E neppure a cancellare il senso di colpa: lei infatti si è salvata grazie a uno sconosciuto che ora, a distanza di dieci anni, bussa alla sua porta, portando con sé la sciarpa che Taryn aveva quel giorno: una sciarpa antica, con un motivo floreale...
L'anno scorso, Jill Santopolo mi aveva emozionata profondamente con il suo "Il giorno che aspettiamo", e in questo romanzo di Susan Meissner ho ritrovato la stessa capacità di toccare il cuore del lettore e farlo battere un po' più veloce.
Un romanzo centrato sulle donne e sull'amore, sulla resilienza e sul coraggio di darsi una seconda opportunità: ad accumunare Clara e Taryn, seppure un secolo intero le divida, è la sensazione di dolore e smarrimento che provano dopo aver perso il loro centro.
Entrambe vivono solo a metà, convinte di non poter mai più essere felici e che, soprattutto, non ci sarà un altro amore nelle loro vite.
Ma, e qui voglio riportarvi la citazione completa perchè nessuno può dirlo meglio di Susan Meissner, «l’amore non è una persona. Non è una cosa di questo mondo. [...] viene dal cielo. Ci viene dato non perché ci aggrappiamo a lui o ci nascondiamo da lui, ma per donarlo».
Sia Clara che Taryn affronteranno i loro demoni, le loro paure e avranno la possibilità di tornare a vivere una vita piena, ma la domanda è: sapranno coglierla?
Mi è piaciuto moltissimo, e soprattutto mi ha emozionata profondamente: il dolore di Taryn, legato non solo alla perdita del marito ma anche a uno degli eventi più tragici del secolo scorso, è palpabile, pulsante e vibra sulle pagine. Arriva di più di quello di Clara, ma per ovvi motivi: Clara vive nel 1911, il suo legame con il marito appare da subito meno profondo, meno complice.
La mia percezione è stata che Taryn piangesse la perdita di un compagno di vita, Clara quella di un futuro felice e pianificato con una persona alla quale voleva bene, pur non conoscendola a fondo.
L'autrice ha saputo gestire benissimo due storie ambientate sì nella stessa città, ma di fatto in due mondi completamente diversi, e a rendere le emozioni, la gestualità e le abitudini delle due protagoniste in modo perfettamente coerente con l'epoca di riferimento.
Mi è venuta una gran voglia di leggere altri suoi lavori, e ho già sul fidato iPad2 "A bridge across the ocean", il suo ultimo romanzo: sono curiosissima, spero di riuscire a leggerlo presto!
Consigliatissimo, soprattutto a chi avesse amato i romanzi di Sara Jio (usciti in Italia editi Nord) perchè un po' ve la ricorderà, e a chi, come me, avesse pianto calde lacrime leggendo "Il giorno che aspettiamo" di Jill Santopolo: questo vi piacerà davvero tanto.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
mercoledì 24 gennaio 2018
"Nei miei occhi il tuo cielo" di Danielle Younge-Ullman
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Nei miei occhi il tuo cielo" di Danielle Younge-Ullman, edito Piemme (rilegato a 17€):
Ingrid ha trascorso l'infanzia viaggiando in Europa al seguito della mamma, una promettente cantante lirica. Ma quando il sipario cala sulla carriera materna, Ingrid si ritrova di colpo incastrata in una modesta, soffocante quotidianità, sempre sull'orlo del collasso economico ed emotivo. Un giorno, Ingrid scopre che la musica, che aveva sempre considerato solo il contrappunto alla vita di sua madre, è vitale anche per lei. Per poter perseguire i propri sogni, Ingrid dovrà dimostrare di essere abbastanza forte da reggere la pressione e per farlo dovrà trascorrere tre settimane in un campo estivo ai limiti della sopravvivenza, fisica e mentale.
Quando ho visto la copertina italiana del romanzo, il nome dell'autrice mi sembrava familiare: sono andata a controllare, e ho scoperto di avere già sul mio tablet "Everything Beautiful Is Not Ruined" (titolo originale del romanzo), ovviamente rimasto indietro.
L'ho recuperato complice una sera in cui i vicini facevano troppo rumore e mi tenevano sveglia, ed eccoci qui!
Se c'è un cosa che apprezzo dei genitori nei romanzi per ragazzi, è la loro fantasia.
Nella vita reale, delle cose si discute se va bene e non si discute se va male, ma nei romanzi esistono soluzioni alternative come "se vai in questo campo estivo di sopravvivenza per ragazzi a rischio e resisti fino alla fine, allora ne parliamo".
È qui che inizia la storia di Ingrid, che circondata da adolescenti con problemi un bel po' più grossi del suo (dipendenza da droga, ad esempio, o inclinazione alla fuga), deve usare tutta la sua determinazione per dimostrare alla madre di essere davvero pronta per affrontare le sfide che una vita dedicata alla musica comporta.
Crescere con una madre cantante lirica le ha fatto amare la musica, ma il tempo della madre sul palcoscenico è scaduto da tempo e la vita "normale" in cui sono precipitate entrambe le sta stretta da morire.
Quest'estate sarà quella decisiva, quella della scelta: è davvero pronta a imboccare questa strada irta di ostacoli, o resterà solo un sogno nel cassetto?
"Nei miei occhi il tuo cielo" è un romanzo sui sogni, su ciò che si è disposti a fare per realizzarli, ma non solo. Esplora anche con delicatezza quello che è uno dei rapporti più magici della vita, quello tra madre e figlia, ricorrendo con abilità al flashback e ai ricordi di Ingrid per svelare cosa l'abbia portata a mettersi in gioco così, sia dal punto di vista fisico - e qui ha davvero avuto tutta la mia stima - che da quello mentale.
Mi è piaciuto il variegato cast di personaggi di supporto, ho apprezzato meno la discussione fin troppo superficiale che nasce in seguito a una brutta battuta sulla violenza sessuale (anche se comprendo la volontà dell'autrice di rappresentare al meglio l'adolescenza, e quindi anche la sua leggerezza, non è esattamente il tema che avrei scelto sul quale scherzare in un libro dedicato proprio ai più giovani).
Ho trovato invece ben sviluppato il personaggio di Ingrid, della quale è possibile cogliere una vera evoluzione nel corso del romanzo, e molti dei suoi pensieri sono condivisibili dalla maggior parte dei lettori perchè se c'è qualcosa di universale è, da una lato, il fortissimo desiderio di realizzare i propri sogni, e dall'altro la paura di non potercela fare.
Mi è sembrato di respirare - almeno in parte - lo spirito di film come "The Breakfast Club", piccolo gioiellino anni Ottanta ancora attuale, e lo consiglio sicuramente ai fan della letteratura che esplora la ricerca di sè: se vi è piaciuto "Wild" di Cheryl Strayed (uscito nel 2012, sulla scia del film con Reese Witherspoon), vi piacerà anche questo.
Conquisterà i fan di "Non so chi sei, ma io sono qui" di Becky Albertalli, o di "The Hate U Give" di Angie Thomas.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Nei miei occhi il tuo cielo" di Danielle Younge-Ullman, edito Piemme (rilegato a 17€):
Ingrid ha trascorso l'infanzia viaggiando in Europa al seguito della mamma, una promettente cantante lirica. Ma quando il sipario cala sulla carriera materna, Ingrid si ritrova di colpo incastrata in una modesta, soffocante quotidianità, sempre sull'orlo del collasso economico ed emotivo. Un giorno, Ingrid scopre che la musica, che aveva sempre considerato solo il contrappunto alla vita di sua madre, è vitale anche per lei. Per poter perseguire i propri sogni, Ingrid dovrà dimostrare di essere abbastanza forte da reggere la pressione e per farlo dovrà trascorrere tre settimane in un campo estivo ai limiti della sopravvivenza, fisica e mentale.
Quando ho visto la copertina italiana del romanzo, il nome dell'autrice mi sembrava familiare: sono andata a controllare, e ho scoperto di avere già sul mio tablet "Everything Beautiful Is Not Ruined" (titolo originale del romanzo), ovviamente rimasto indietro.
L'ho recuperato complice una sera in cui i vicini facevano troppo rumore e mi tenevano sveglia, ed eccoci qui!
Se c'è un cosa che apprezzo dei genitori nei romanzi per ragazzi, è la loro fantasia.
Nella vita reale, delle cose si discute se va bene e non si discute se va male, ma nei romanzi esistono soluzioni alternative come "se vai in questo campo estivo di sopravvivenza per ragazzi a rischio e resisti fino alla fine, allora ne parliamo".
È qui che inizia la storia di Ingrid, che circondata da adolescenti con problemi un bel po' più grossi del suo (dipendenza da droga, ad esempio, o inclinazione alla fuga), deve usare tutta la sua determinazione per dimostrare alla madre di essere davvero pronta per affrontare le sfide che una vita dedicata alla musica comporta.
Crescere con una madre cantante lirica le ha fatto amare la musica, ma il tempo della madre sul palcoscenico è scaduto da tempo e la vita "normale" in cui sono precipitate entrambe le sta stretta da morire.
Quest'estate sarà quella decisiva, quella della scelta: è davvero pronta a imboccare questa strada irta di ostacoli, o resterà solo un sogno nel cassetto?
"Nei miei occhi il tuo cielo" è un romanzo sui sogni, su ciò che si è disposti a fare per realizzarli, ma non solo. Esplora anche con delicatezza quello che è uno dei rapporti più magici della vita, quello tra madre e figlia, ricorrendo con abilità al flashback e ai ricordi di Ingrid per svelare cosa l'abbia portata a mettersi in gioco così, sia dal punto di vista fisico - e qui ha davvero avuto tutta la mia stima - che da quello mentale.
Mi è piaciuto il variegato cast di personaggi di supporto, ho apprezzato meno la discussione fin troppo superficiale che nasce in seguito a una brutta battuta sulla violenza sessuale (anche se comprendo la volontà dell'autrice di rappresentare al meglio l'adolescenza, e quindi anche la sua leggerezza, non è esattamente il tema che avrei scelto sul quale scherzare in un libro dedicato proprio ai più giovani).
Ho trovato invece ben sviluppato il personaggio di Ingrid, della quale è possibile cogliere una vera evoluzione nel corso del romanzo, e molti dei suoi pensieri sono condivisibili dalla maggior parte dei lettori perchè se c'è qualcosa di universale è, da una lato, il fortissimo desiderio di realizzare i propri sogni, e dall'altro la paura di non potercela fare.
Mi è sembrato di respirare - almeno in parte - lo spirito di film come "The Breakfast Club", piccolo gioiellino anni Ottanta ancora attuale, e lo consiglio sicuramente ai fan della letteratura che esplora la ricerca di sè: se vi è piaciuto "Wild" di Cheryl Strayed (uscito nel 2012, sulla scia del film con Reese Witherspoon), vi piacerà anche questo.
Conquisterà i fan di "Non so chi sei, ma io sono qui" di Becky Albertalli, o di "The Hate U Give" di Angie Thomas.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
martedì 23 gennaio 2018
"La neve che accarezza le camelie" di Lisa Arsani
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "La neve che accarezza le camelie" di Lisa Arsani, edito Les Flaneurs Edizioni (ebook a 2,99€):
Aimeric è un sensibile e talentuoso liceale. Bersaglio dei bulli, salta spesso la scuola e si rifugia in uno splendido orto botanico dove trascorre il tempo coltivando la sua grande passione: il disegno.
In quel cuore verde lavora come custode e giardiniere Aliseo, schietto e pragmatico laureato in fisioterapia, appassionato di sport estremi.
Un ritratto rubato, un'insolita neve primaverile e un accento francese li faranno incontrare, segnando l'inizio di un amore che sboccerà spontaneo, metterà radici profonde e sfiorerà il cielo.
L'amore può mozzarti il fiato come un tuffo da un precipizio. Sorprenderti come neve d'aprile.
Essere delicato come un fiore e arduo come una scalata. Dolce come una poesia e colorato come una risata. L'amore è il ritratto di Aliseo e Aimeric.
Eccomi qui con un'altra recensione di un romanzo M/M italiano, stavolta edito Les Flaneurs Edizioni nella nuova collana Le Marais, dedicata al mondo LGBT.
Bello, bello, bello!
Il mio amore per i romanzi senza controparte femminile continua, e "La neve che accarezza le camelie" mi è piaciuto moltissimo!
Ho apprezzato moltissimo Aliseo, che tra moto e free climbing sembra vivere di adrenalina per soffocare il vuoto che ha nel cuore, e Aimeric, che vede il mondo come una tela sulla quale disegnare i suoi sogni.
Uno ha avuto l'infanzia segnata da una madre problematica, l'altro sembra non riuscire mai a scegliere la persona giusta alla quale affidare il proprio cuore, ma quando si incontrano all'orto botanico in cui Aimeric si è rifugiato per sfuggire ai bulletti della scuola e Aliseo lavora come giardiniere e custode, all'improvviso è come se il mondo si fermasse.
Non contano più i tradimenti o le persecuzioni, conta solo la scoperta dell'altro.
Non voglio svelarvi troppo ella storia di Aimeric e Aliseo, ma ci tengo a dire che è uno dei romanzi M/M italiani migliori che io abbia letto, dove non c'è solo la ricerca di facile erotismo da quattro soldi ma c'è innanzitutto la costruzione di una storia sulla multiculturalità, la tolleranza, il superamento di pregiudizi ed insicurezze.
Lisa Artesami ha scritto un romanzo appassionante e raccontato due vite in cui è facile ritrovare un pezzetto della propria, e in cui funziona tutto: i primi approcci, le mille domande per cercare di conoscersi, il desiderio ancora acerbo di Aimeric e quello solo apparentemente più controllato di Aliseo.
Sicuramente consigliato!
Vi aspetto di nuovo sul blog per scoprire insieme l'ambientazione del romanzo nella mia tappa del blogtour, il primo Febbraio.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "La neve che accarezza le camelie" di Lisa Arsani, edito Les Flaneurs Edizioni (ebook a 2,99€):
Aimeric è un sensibile e talentuoso liceale. Bersaglio dei bulli, salta spesso la scuola e si rifugia in uno splendido orto botanico dove trascorre il tempo coltivando la sua grande passione: il disegno.
In quel cuore verde lavora come custode e giardiniere Aliseo, schietto e pragmatico laureato in fisioterapia, appassionato di sport estremi.
Un ritratto rubato, un'insolita neve primaverile e un accento francese li faranno incontrare, segnando l'inizio di un amore che sboccerà spontaneo, metterà radici profonde e sfiorerà il cielo.
L'amore può mozzarti il fiato come un tuffo da un precipizio. Sorprenderti come neve d'aprile.
Essere delicato come un fiore e arduo come una scalata. Dolce come una poesia e colorato come una risata. L'amore è il ritratto di Aliseo e Aimeric.
Eccomi qui con un'altra recensione di un romanzo M/M italiano, stavolta edito Les Flaneurs Edizioni nella nuova collana Le Marais, dedicata al mondo LGBT.
Bello, bello, bello!
Il mio amore per i romanzi senza controparte femminile continua, e "La neve che accarezza le camelie" mi è piaciuto moltissimo!
Ho apprezzato moltissimo Aliseo, che tra moto e free climbing sembra vivere di adrenalina per soffocare il vuoto che ha nel cuore, e Aimeric, che vede il mondo come una tela sulla quale disegnare i suoi sogni.
Uno ha avuto l'infanzia segnata da una madre problematica, l'altro sembra non riuscire mai a scegliere la persona giusta alla quale affidare il proprio cuore, ma quando si incontrano all'orto botanico in cui Aimeric si è rifugiato per sfuggire ai bulletti della scuola e Aliseo lavora come giardiniere e custode, all'improvviso è come se il mondo si fermasse.
Non contano più i tradimenti o le persecuzioni, conta solo la scoperta dell'altro.
"La neve che accarezza le camelie" di Lisa Arsani vi aspetta su Amazon! |
Lisa Artesami ha scritto un romanzo appassionante e raccontato due vite in cui è facile ritrovare un pezzetto della propria, e in cui funziona tutto: i primi approcci, le mille domande per cercare di conoscersi, il desiderio ancora acerbo di Aimeric e quello solo apparentemente più controllato di Aliseo.
Sicuramente consigliato!
Vi aspetto di nuovo sul blog per scoprire insieme l'ambientazione del romanzo nella mia tappa del blogtour, il primo Febbraio.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
"Paper Heir" di Erin Watt
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Paper Heir" di Erin Watt, edito Sperling & Kupfer (rilegato a 17,90€) in uscita il 30 Gennaio:
Easton Royal ha tutto. È bello, divertente; possiede soldi, macchine, ragazze e un cognome che gli permette di ottenere sempre ciò che vuole. Eppure il passato gli ha lasciato parecchie cicatrici, e il suo presente è più incasinato di sempre. Gli eccessi sembrano non bastargli mai: ogni pretesto è buono per fare a botte e concedersi un bicchiere di troppo, senza pensare alle conseguenze. Tutto lo annoia ed è costantemente alla ricerca di una nuova sfida da affrontare. Forse è per questo che è così attratto dalla sua nuova compagna di scuola, Hartley Wright. Con i suoi occhi grandi e il naso all'insù, Hartley piomba nella vita di Easton in un giorno come tanti. È molto diversa dalle altre studentesse marionette della Astor Park e, soprattutto, non sembra interessata a lui. Per la prima volta, il nome dei Royal non è abbastanza. Ma Hartley è solo l'ennesima sfida, una distrazione gradita nella noia quotidiana, o davvero il più difficile da domare tra i fratelli Royal prova qualcosa per lei?
Un intero romanzo dedicato al fratello Royal che è stato da subito il mio preferito, e con la promessa di un seguito (perchè two is megl' che one, ed Easton meritava una duologia tutta sua): ho letto "Paper Heir" mesi fa, quando l'ARC americana di "Fallen Heir - questo il titolo originale - è arrivata sul mio fidato iPad2 grazie alla gentilezza di Erin Watt.
Aspetto con ansia il seguito causa finale con cliffhanger pazzesco, ma intanto vediamo insieme cosa ci riserva questo primo volume della duologia!
Easton, Easton, Easton: "Paper Heir" è un tuffo nella sua mente e nei suoi pensieri, e molte delle sue insicurezze e paure che venivano solo fatte intuire ora emergono insieme alla confusione che il ragazzo non può fare a meno di provare.
È abituato a essere il fratello più divertente, quello apparentemente incapace di prendere le cose sul serio o di avere un minimo di autocontrollo, ma la sua spavalderia non è altro che uno scudo, con il quale si difende da quello che considera il peggior rischio in assoluto: far vedere a qualcuno il casino che ha dentro.
Ricordate i problemi con l'alcol e le scommesse? Sono sempre lì.
Easton ha un'anima nera, che tende all'autodistruzione, ma stavolta non sempre c'è Ella a stringerlo tra le braccia, a dirgli che tutto si sistemerà: stavolta Easton deve cavarsela da solo.
Da solo... e con Hartley, che sebbene in parte diversa da Ella è ancora una volta una protagonista fiera, orgogliosa e diretta, in perfetto stile Erin Watt.
Sarà la ragazza giusta per lui? E soprattutto, Easton riuscirà a non rovinare tutto?
Lo ammetto, una cosa che mi sento di criticare c'è, nonostante il mio grande amore per Easton: avrei voluto che Hartley si raccontasse con la sua voce, in prima persona.
Conoscerla solo attraverso qualche frammento di conversazione e attraverso il filtro dei pensieri di Easton impedisce di affezionarsi a lei quanto ad Ella, e lascia con la sensazione di non essere arrivati davvero a conoscerla, nemmeno raggiunta l'ultima pagina.
Ciò che non delude assolutamente è invece la voce narrante di Easton, che è esattamente come ce la saremmo aspettata leggendo la trilogia, e che lo conferma nel suo ruolo di fratello scapestrato e casinista, non ancora pronto a maturare - ma forse, chissà, sulla strada giusta - anche se sembra essere pronto a dare una chance all'amore e ad Hartley...
Consigliatissimo alle fan dei fratelli Royal e a tutte coloro che, leggendo la trilogia, si fossero innamorate di Easton (come la sottoscritta): tra una settimana potrete portarvelo a casa ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Paper Heir" di Erin Watt, edito Sperling & Kupfer (rilegato a 17,90€) in uscita il 30 Gennaio:
Easton Royal ha tutto. È bello, divertente; possiede soldi, macchine, ragazze e un cognome che gli permette di ottenere sempre ciò che vuole. Eppure il passato gli ha lasciato parecchie cicatrici, e il suo presente è più incasinato di sempre. Gli eccessi sembrano non bastargli mai: ogni pretesto è buono per fare a botte e concedersi un bicchiere di troppo, senza pensare alle conseguenze. Tutto lo annoia ed è costantemente alla ricerca di una nuova sfida da affrontare. Forse è per questo che è così attratto dalla sua nuova compagna di scuola, Hartley Wright. Con i suoi occhi grandi e il naso all'insù, Hartley piomba nella vita di Easton in un giorno come tanti. È molto diversa dalle altre studentesse marionette della Astor Park e, soprattutto, non sembra interessata a lui. Per la prima volta, il nome dei Royal non è abbastanza. Ma Hartley è solo l'ennesima sfida, una distrazione gradita nella noia quotidiana, o davvero il più difficile da domare tra i fratelli Royal prova qualcosa per lei?
Un intero romanzo dedicato al fratello Royal che è stato da subito il mio preferito, e con la promessa di un seguito (perchè two is megl' che one, ed Easton meritava una duologia tutta sua): ho letto "Paper Heir" mesi fa, quando l'ARC americana di "Fallen Heir - questo il titolo originale - è arrivata sul mio fidato iPad2 grazie alla gentilezza di Erin Watt.
Aspetto con ansia il seguito causa finale con cliffhanger pazzesco, ma intanto vediamo insieme cosa ci riserva questo primo volume della duologia!
Easton, Easton, Easton: "Paper Heir" è un tuffo nella sua mente e nei suoi pensieri, e molte delle sue insicurezze e paure che venivano solo fatte intuire ora emergono insieme alla confusione che il ragazzo non può fare a meno di provare.
È abituato a essere il fratello più divertente, quello apparentemente incapace di prendere le cose sul serio o di avere un minimo di autocontrollo, ma la sua spavalderia non è altro che uno scudo, con il quale si difende da quello che considera il peggior rischio in assoluto: far vedere a qualcuno il casino che ha dentro.
Ricordate i problemi con l'alcol e le scommesse? Sono sempre lì.
Easton ha un'anima nera, che tende all'autodistruzione, ma stavolta non sempre c'è Ella a stringerlo tra le braccia, a dirgli che tutto si sistemerà: stavolta Easton deve cavarsela da solo.
Da solo... e con Hartley, che sebbene in parte diversa da Ella è ancora una volta una protagonista fiera, orgogliosa e diretta, in perfetto stile Erin Watt.
Sarà la ragazza giusta per lui? E soprattutto, Easton riuscirà a non rovinare tutto?
Lo ammetto, una cosa che mi sento di criticare c'è, nonostante il mio grande amore per Easton: avrei voluto che Hartley si raccontasse con la sua voce, in prima persona.
Conoscerla solo attraverso qualche frammento di conversazione e attraverso il filtro dei pensieri di Easton impedisce di affezionarsi a lei quanto ad Ella, e lascia con la sensazione di non essere arrivati davvero a conoscerla, nemmeno raggiunta l'ultima pagina.
Ciò che non delude assolutamente è invece la voce narrante di Easton, che è esattamente come ce la saremmo aspettata leggendo la trilogia, e che lo conferma nel suo ruolo di fratello scapestrato e casinista, non ancora pronto a maturare - ma forse, chissà, sulla strada giusta - anche se sembra essere pronto a dare una chance all'amore e ad Hartley...
Consigliatissimo alle fan dei fratelli Royal e a tutte coloro che, leggendo la trilogia, si fossero innamorate di Easton (come la sottoscritta): tra una settimana potrete portarvelo a casa ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
lunedì 22 gennaio 2018
Per non dimenticare: tre letture per la Giornata della Memoria
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La Giornata della Memoria si avvicina, e oggi voglio segnalarvi tre letture che ho avuto modo di fare - e apprezzare - in queste settimane:
Dalla vicenda di Oskar Schindler, il giovane industriale tedesco che salvò la vita di migliaia di ebrei durante la persecuzione nazista, Steven Spielberg ha tratto "Schindler's List", un film che non si può non vedere almeno una volta nella vita. Amante del lusso e delle belle donne, considerato da molti un collaborazionista, Schindler riuscì a sottrarre uomini, donne e bambini allo sterminio, impiegandoli nella sua fabbrica come personale necessario allo sforzo bellico: un'operazione rischiosa, con la quale mise in pericolo la propria vita. Assolutamente da riscoprire in libreria questo mese, nella bellissima nuova edizione firmata Frassinelli (rilegato a 18,50€)!
Una novità è invece quella portata in libreria da Piemme (insieme a "Ti scrivo da Auschwitz" di Ellis Lehman e Shulamith Bitran, che avevo recensito qui), "Il bambino del treno" di Paolo Casadio (rilegato a 17,50€), che racconta la storia del casellante Giovanni Tini, tra i vincitori del concorso da capostazione, dopo essersi finalmente iscritto al pnf, e del suo arrivo alla stazione di Fornello, nel giugno 1935, insieme alla moglie incinta. Attorno a loro, solo le montagne, ed è lì che crescerà suo figlio Romeo, fino al giorno in cui, nel dicembre del 1934, padre e figlio vedranno passare un treno carico di uomini, donne e bambini diretto in Germania.
È un romanzo molto intenso, che racconta la realtà rurale di inizio Novecento che oggi tendiamo a dimenticare e la consapevolezza che ogni scelta comporta delle conseguenze.
Alcune più spaventose di quanto potremmo mai immaginare.
Ultimo, ma forse il più singolare del gruppo, è "Le assaggiatrici" di Rosella Postorino, edito Feltrinelli (brossurato a 17€): l'autrice, ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda di Rosa, una delle tante ragazza tedesche incaricate di assaggiare il cibo destinato a Hitler - che nel 1943 vive ormai nella costante paura di essere avvelenato, solo una delle sue numerose paranoie.
Certo, in un momento in cui il resto del paese muore di fame, la garanzia di tre pasti caldi al giorno è allettante, ma come convivere con la consapevolezza che un mostro è ancora vivo anche grazie a te? E come continuare a sentirsi una persona, quando ti viene ricordato ora dopo ora che sei soltanto uno strumento nelle mani del regime? È in questo contesto che Rosa si troverà persino a stringere un legame speciale con il loro nuovo comandante, Albert Ziegler.
È un romanzo che offre al lettore una profonda riflessione sull'istinto di sopravvivenza insito nell'animo umano, sulla femminilità e sul bisogno di restare attaccati, anche in mezzo all'orrore, a tutto ciò che ci rende umani.
Non ho voluto presentarvi una carrellata di titoli presi pari pari dalle cartelle stampa ma solo quelli che avevo effettivamente letto, e quest'anno sono questi.
Torno a consigliarvi anche "La pianista di Auschwitz" di Suzy Zail, edito Newton Compton, letto nel 2016 e che avevo davvero apprezzato (la recensione è qui), e classici moderni come "L'amico ritrovato" di Fred Uhlman, che mi ha commossa moltissimo sia in lettura che in rilettura e che trovate nell'Universale Economica Feltrinelli.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La Giornata della Memoria si avvicina, e oggi voglio segnalarvi tre letture che ho avuto modo di fare - e apprezzare - in queste settimane:
Dalla vicenda di Oskar Schindler, il giovane industriale tedesco che salvò la vita di migliaia di ebrei durante la persecuzione nazista, Steven Spielberg ha tratto "Schindler's List", un film che non si può non vedere almeno una volta nella vita. Amante del lusso e delle belle donne, considerato da molti un collaborazionista, Schindler riuscì a sottrarre uomini, donne e bambini allo sterminio, impiegandoli nella sua fabbrica come personale necessario allo sforzo bellico: un'operazione rischiosa, con la quale mise in pericolo la propria vita. Assolutamente da riscoprire in libreria questo mese, nella bellissima nuova edizione firmata Frassinelli (rilegato a 18,50€)!
Una novità è invece quella portata in libreria da Piemme (insieme a "Ti scrivo da Auschwitz" di Ellis Lehman e Shulamith Bitran, che avevo recensito qui), "Il bambino del treno" di Paolo Casadio (rilegato a 17,50€), che racconta la storia del casellante Giovanni Tini, tra i vincitori del concorso da capostazione, dopo essersi finalmente iscritto al pnf, e del suo arrivo alla stazione di Fornello, nel giugno 1935, insieme alla moglie incinta. Attorno a loro, solo le montagne, ed è lì che crescerà suo figlio Romeo, fino al giorno in cui, nel dicembre del 1934, padre e figlio vedranno passare un treno carico di uomini, donne e bambini diretto in Germania.
È un romanzo molto intenso, che racconta la realtà rurale di inizio Novecento che oggi tendiamo a dimenticare e la consapevolezza che ogni scelta comporta delle conseguenze.
Alcune più spaventose di quanto potremmo mai immaginare.
Ultimo, ma forse il più singolare del gruppo, è "Le assaggiatrici" di Rosella Postorino, edito Feltrinelli (brossurato a 17€): l'autrice, ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda di Rosa, una delle tante ragazza tedesche incaricate di assaggiare il cibo destinato a Hitler - che nel 1943 vive ormai nella costante paura di essere avvelenato, solo una delle sue numerose paranoie.
Certo, in un momento in cui il resto del paese muore di fame, la garanzia di tre pasti caldi al giorno è allettante, ma come convivere con la consapevolezza che un mostro è ancora vivo anche grazie a te? E come continuare a sentirsi una persona, quando ti viene ricordato ora dopo ora che sei soltanto uno strumento nelle mani del regime? È in questo contesto che Rosa si troverà persino a stringere un legame speciale con il loro nuovo comandante, Albert Ziegler.
È un romanzo che offre al lettore una profonda riflessione sull'istinto di sopravvivenza insito nell'animo umano, sulla femminilità e sul bisogno di restare attaccati, anche in mezzo all'orrore, a tutto ciò che ci rende umani.
Non ho voluto presentarvi una carrellata di titoli presi pari pari dalle cartelle stampa ma solo quelli che avevo effettivamente letto, e quest'anno sono questi.
Torno a consigliarvi anche "La pianista di Auschwitz" di Suzy Zail, edito Newton Compton, letto nel 2016 e che avevo davvero apprezzato (la recensione è qui), e classici moderni come "L'amico ritrovato" di Fred Uhlman, che mi ha commossa moltissimo sia in lettura che in rilettura e che trovate nell'Universale Economica Feltrinelli.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
venerdì 19 gennaio 2018
"L'ora più buia": il capolavoro di Joe Wright al cinema (e in libreria!)
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Ieri ho avuto l'opportunità di vedere al cinema "L'ora più buia", per la regia di Joe Wright (ricordate "Espiazione"?) e con la strepitosa interpretazione di Gary Oldman valsagli un Golden Globe:
Nel 1940, Winston Churchill, da pochi giorni Primo ministro della Gran Bretagna dopo le dimissioni di Neville Chamberlain, deve affrontare una delle sue prove più turbolente e definitive: decidere se negoziare un trattato di pace con la Germania nazista, o continuare la guerra per difendere gli ideali e la libertà della propria nazione.
Quando le inarrestabili forze naziste iniziano a conquistare tutta l'Europa occidentale e la minaccia di invasione diventa imminente, con un'opinione pubblica non preparata, un re scettico, e col suo stesso partito (i Conservatori) che trama contro di lui, Churchill dovrà sopportare la sua ora più buia, mobilitando l'intera nazione, e tentando di cambiare il corso della storia mondiale.
Certo, ora sembra assurdo, ma nel 1940, con l'Europa in ginocchio e un genocidio in corso, c'era ancora chi credeva che Hitler fosse una persona con la quale fosse possibile negoziare la pace.
C'era però chi, quell'uomo perso nei suoi vaneggiamenti sulla razza e il potere, lo aveva inquadrato subito: Winston Churchill.
Contro al suo stesso partito, contro a un sovrano al quale la sua nomina a primo ministro non andava del tutto a genio, contro chi lo vedeva come un vecchio ubriacone, Winston Churchill è l'uomo dietro al salvataggio dell'armata inglese bloccata a Dunkerque (quello che, quando gli è stato detto che raggiungere l'armata con mezzi militari era impossibile, ha dato ordine di usare imbarcazioni civili evitando quella che poteva essere la perdita di oltre 300'000 vite umane), e la sua è forse una delle figure più carismatiche della storia politica inglese.
Il film di Joe Wright ne mostra pregi e difetti senza censure, dal rapporto di complicità con la moglie (una sempre meravigliosa Kristin Scott Thomas) al bere eccessivo, dal carattere infuocato all'abilità oratoria, e se il film è uno dei più belli visti negli ultimi mesi è soprattutto grazie all'interpretazione di Gary Oldman, giustamente premiata agli ultimi Golden Globe con l'ambita statuetta dorata: rendere l'attore così simile a Winston Churchill ha richiesto più di 200 ore di trucco!
Lily James, dopo "Downton Abbey" e "Cenerentola", fa capolino nel ruolo della segretaria sempre al seguito di Churchill, incaricata di battere a mano i suoi discorsi, ricordargli i suoi impegni e, molto spesso, fare da cassa di risonanza alle sue sfuriate.
Bellissimi costumi, ambientazioni ricostruite nel dettaglio e un ritmo accattivante rendono "L'ora più buia" un film appassionante, che unisce la narrazione di un momento cruciale della storia inglese al tratteggio di un ritratto intimo, non sempre lusinghiero ma profondamente vero, di una delle figure politiche più intriganti del Novecento.
Assolutamente da vedere, e soprattutto da scoprire anche in libreria, nel romanzo omonimo di Anthony McCarten edito Mondadori:
Eroe di guerra. Patriota. Ubriacone. Imperialista. Politico. Depresso. Scrittore. Visionario. Aristocratico. Voltagabbana. Pittore. Nel maggio del 1940 queste erano solo alcune delle «credenziali» con cui Winston Spencer Churchill si presentava alla Camera dei Comuni per assumere l'incarico di primo ministro del Regno Unito. La nazione era in guerra da otto mesi e le cose non stavano andando affatto bene. Più che un nuovo capo del governo, il paese invocava un condottiero, e pochi, in quei giorni cupi, avrebbero scommesso sull'ormai sessantacinquenne primo lord dell'Ammiragliato. Bastarono invece quattro settimane perché i sudditi di Sua Maestà scoprissero in lui il grande leader, l'uomo capace di commuovere e spronare, il comandante in grado di salvare l'esercito britannico dalla catastrofe di Dunkerque e di decidere così le sorti del conflitto. Eppure, nei giorni drammatici in cui le inarrestabili armate tedesche si impossessavano dell'Europa occidentale e sembravano pronte a sferrare il colpo finale contro la Gran Bretagna, nella sala del Gabinetto di guerra Churchill meditava seriamente sulla possibilità di avviare trattative di pace con Hitler. Ma fino a che punto il leader britannico si spinse sulla via di un accordo con il Führer? Fino a un punto pericoloso, come sembrano rivelare i verbali delle riunioni del Gabinetto di guerra conservati presso i National Archives di Londra. In quelle ore fatali di incertezza ed esitazione, Churchill parve davvero a un passo dal prendere una decisione che avrebbe cambiato i destini del mondo. Perché non lo fece? Perché non diede ascolto a quanti ritenevano che quella fosse l'unica strada per evitare la disfatta? Con "L'ora più buia" lo scrittore e sceneggiatore Anthony McCarten ricostruisce gli eventi di quelle settimane, restituendoci un'immagine di Winston Churchill del tutto inedita, lontana dall'icona dello statista sicuro di sé e certo della vittoria. Da queste pagine emerge invece un uomo lacerato dal dubbio, quasi schiacciato dal peso della responsabilità e ridotto all'angolo dall'incalzare degli eventi, ma che, nonostante tutto, seppe trovare il coraggio di presentarsi davanti al proprio paese, per convincere, ispirare, instillare nel cuore del popolo britannico sentimenti che esso stesso non sapeva di possedere. Fu in quei giorni tormentati che Churchill ruppe gli indugi, respinse ogni ipotesi di trattativa e rivolse alla nazione uno dei discorsi più celebri di tutti i tempi, utilizzando quella che allora sembrava essere l'unica arma a sua disposizione: le parole. Si dice infatti che nell'ora più buia egli seppe mobilitare e mandare in battaglia la lingua inglese. Non è solo una bella metafora. Quel discorso fu indubbiamente un magnifico saggio di arte oratoria, un'arte che Churchill aveva appreso dai greci e latini, in particolare da Cicerone. Ma, soprattutto, fu il suo modo di restare dalla parte giusta della Storia.
Sto leggendo il libro, e mi sta davvero appassionando!
A volte la storia è più avvincente della finzione, e questo è uno di quei casi: consigliato ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
Ieri ho avuto l'opportunità di vedere al cinema "L'ora più buia", per la regia di Joe Wright (ricordate "Espiazione"?) e con la strepitosa interpretazione di Gary Oldman valsagli un Golden Globe:
Nel 1940, Winston Churchill, da pochi giorni Primo ministro della Gran Bretagna dopo le dimissioni di Neville Chamberlain, deve affrontare una delle sue prove più turbolente e definitive: decidere se negoziare un trattato di pace con la Germania nazista, o continuare la guerra per difendere gli ideali e la libertà della propria nazione.
Quando le inarrestabili forze naziste iniziano a conquistare tutta l'Europa occidentale e la minaccia di invasione diventa imminente, con un'opinione pubblica non preparata, un re scettico, e col suo stesso partito (i Conservatori) che trama contro di lui, Churchill dovrà sopportare la sua ora più buia, mobilitando l'intera nazione, e tentando di cambiare il corso della storia mondiale.
Certo, ora sembra assurdo, ma nel 1940, con l'Europa in ginocchio e un genocidio in corso, c'era ancora chi credeva che Hitler fosse una persona con la quale fosse possibile negoziare la pace.
C'era però chi, quell'uomo perso nei suoi vaneggiamenti sulla razza e il potere, lo aveva inquadrato subito: Winston Churchill.
Contro al suo stesso partito, contro a un sovrano al quale la sua nomina a primo ministro non andava del tutto a genio, contro chi lo vedeva come un vecchio ubriacone, Winston Churchill è l'uomo dietro al salvataggio dell'armata inglese bloccata a Dunkerque (quello che, quando gli è stato detto che raggiungere l'armata con mezzi militari era impossibile, ha dato ordine di usare imbarcazioni civili evitando quella che poteva essere la perdita di oltre 300'000 vite umane), e la sua è forse una delle figure più carismatiche della storia politica inglese.
Il film di Joe Wright ne mostra pregi e difetti senza censure, dal rapporto di complicità con la moglie (una sempre meravigliosa Kristin Scott Thomas) al bere eccessivo, dal carattere infuocato all'abilità oratoria, e se il film è uno dei più belli visti negli ultimi mesi è soprattutto grazie all'interpretazione di Gary Oldman, giustamente premiata agli ultimi Golden Globe con l'ambita statuetta dorata: rendere l'attore così simile a Winston Churchill ha richiesto più di 200 ore di trucco!
Lily James, dopo "Downton Abbey" e "Cenerentola", fa capolino nel ruolo della segretaria sempre al seguito di Churchill, incaricata di battere a mano i suoi discorsi, ricordargli i suoi impegni e, molto spesso, fare da cassa di risonanza alle sue sfuriate.
Bellissimi costumi, ambientazioni ricostruite nel dettaglio e un ritmo accattivante rendono "L'ora più buia" un film appassionante, che unisce la narrazione di un momento cruciale della storia inglese al tratteggio di un ritratto intimo, non sempre lusinghiero ma profondamente vero, di una delle figure politiche più intriganti del Novecento.
Assolutamente da vedere, e soprattutto da scoprire anche in libreria, nel romanzo omonimo di Anthony McCarten edito Mondadori:
Rilegato a 19,50€ Ebook a 9,99€ |
Sto leggendo il libro, e mi sta davvero appassionando!
A volte la storia è più avvincente della finzione, e questo è uno di quei casi: consigliato ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
mercoledì 17 gennaio 2018
Rivoluzione sopracciglia: Neve Cosmetics lancia "Brow Model"!
Buongiorno a tutte, fanciulle!
Se c'è una cosa che devo assolutamente sistemare ogni giorno, sono le sopracciglia: non esco di casa senza averle truccate a dovere, e aver applicato un velo di mascara sulle ciglia e un tocco di rossetto sulle labbra.
Ho quindi accolto con entusiasmo il primo lancio 2018 di Neve Cosmetics, "Brow Model":
È la risposta a "Gimme Brow!" di Benefit Cosmetics? Forse.
Di certo, le quattro tonalità di "Brow Model" incontreranno le necessità di tutte noi, bionde, rosse, castane o more:
Se c'è una cosa che devo assolutamente sistemare ogni giorno, sono le sopracciglia: non esco di casa senza averle truccate a dovere, e aver applicato un velo di mascara sulle ciglia e un tocco di rossetto sulle labbra.
Ho quindi accolto con entusiasmo il primo lancio 2018 di Neve Cosmetics, "Brow Model":
È la risposta a "Gimme Brow!" di Benefit Cosmetics? Forse.
Di certo, le quattro tonalità di "Brow Model" incontreranno le necessità di tutte noi, bionde, rosse, castane o more:
Da sinistra: Oslo Blonde, London Ash, Roma Brown e Lisboa Black
"Brow Model" sarà disponibile dal 19 Gennaio sullo store online del marchio e presso i rivenditori autorizzati, e non vedo l'ora di provarlo nella tonalità "Roma Brown" che sembra perfetta per me!
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
martedì 16 gennaio 2018
"Il nostro tempo nel mondo" di Abby Fabiaschi
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Il nostro tempo nel mondo" di Abby Fabiaschi, edito Nord (rilegato a 16,90€):
Maddy aveva una vita serena. Era una moglie amorevole e una madre meravigliosa, il pilastro della famiglia. O almeno così credevano Brady, il marito, ed Eve, la figlia, prima che Maddy si gettasse dal tetto della biblioteca. Adesso, nessuno dei due sa cosa pensare. E poi Brady non ha idea di come mandare avanti una casa, né tantomeno come comunicare con la figlia adolescente. Anche per Eve non è facile avvicinarsi al padre e nemmeno convivere col senso di colpa per tutte le volte in cui, per egoismo o superficialità, non ha dimostrato alla madre l'affetto che meritava. Eppure Brady ed Eve non sono soli: Maddy è ancora lì, accanto a loro, e non ha perso un briciolo della sua vitalità e caparbietà. E anche del suo senso pratico: quello non è certo il momento di piangersi addosso e naufragare nei rimpianti. Meglio agire e indirizzare in qualche modo i suoi familiari. E così si sforza d’introdurre nella loro vita Rory, una dolce e sorridente maestra elementare, che Maddy spera possa diventare una buona amica per Eve e una nuova moglie per Brady. In effetti, grazie all'influenza benefica di Rory, a poco a poco Brady ed Eve imparano a farsi forza a vicenda e, insieme, troveranno il coraggio di cercare le risposte alle domande che li tormentano. Scoprendo che, a volte, la verità è molto più sorprendente di quanto non ci si aspetti...
E se la morte non fosse la fine di tutto?
Se dopo ci fosse ancora la possibilità di intervenire nella vita di chi amiamo, anche se senza essere visti o sentiti?
Abby non sa dove si trovi, o cosa ci sia esattamente davanti a lei, ma sa di poter ancora fare qualcosa per aiutare il marito Brady e la figlia Eve a superare il dolore dovuto alla sua morte, e non intende mollare sino a quando non avrà trovato una sua degna sostituta.
Questa era la curiosa premessa di "Il nostro tempo nel mondo" ed è stata sufficiente a farmi bramare il romanzo, che ho divorato durante le vacanze di Natale, giorni in cui io e il mio iPad2 siamo davvero entrati in simbiosi e ho potuto portarmi avanti leggendo diverse uscite di inizio 2018.
È una lettura che mi ha catturata da subito, perchè la voce di Maddy e la sua tenera determinazione nel voler trovare un sostegno per il marito e la figlia mal si conciliavano con l'ipotesi di suicidio che, oggettivamente, sembrava l'unica possibile.
Maddy era sola, sul tetto della biblioteca, prima che il suo corpo venisse ritrovato a terra di fronte al palazzo: tuttavia, proprio non si riesce a comprendere le ragioni del suo gesto.
L'immagine che emerge della donna dai pensieri e dai ricordi della figlia e del marito, infatti, è quella di una guida per entrambi, di un mediatore quando padre e figlia discutevano e di una fonte di tenerezza e comprensione quando necessarie.
È proprio questo a mancare, in modo prepotente e assordante: manca l'ancora di Brady, e il sostegno di Eve. Manca quella persona che forse Eve ha dato troppe volte per scontata, il motivo per cui esiste un giorno chiamato Festa della Mamma e che ora non sarà più una festa, in casa loro.
Manca qualcuno con cui parlare davvero, perchè il dolore e il lutto finiscono per allontanarla anche dagli amici, e in fondo manca anche il padre, che cerca troppo spesso conforto nel bicchiere invece che tra le braccia di sua figlia.
Brady non riesce ad accettare che la sua Maddy non ci sia più, e di non essersi accorto del dolore che potrebbe averla portata a saltare dal tetto di un palazzo.
Come ha potuto non vedere che sua moglie aveva bisogno d'aiuto?
È qualcosa che gli fa mettere tutto in discussione, e che mette a dura prova il suo rapporto con Eve.
A mettere tutto a posto potrebbe essere Rory, che sembra proprio la persona giusta per Brady ed Eve: la donna ha a sua volta patito un grande dolore, e sarebbe quindi in grado di comprendere i sentimenti dei suoi famigliari e dare loro conforto.
Funzionerà?
"Il nostro tempo nel mondo" non è un romanzo facile da leggere, e credo non sia stato nemmeno facile da scrivere: il dolore, il rimorso, la nostalgia permeano le sue pagine, ed è impossibile non sentirsi profondamente toccati.
Maddy, dal canto suo, è la perfetta voce fuori campo, alla quale ci si affeziona con dolore, sapendo da subito che, per la donna, non potrà esserci un vero lieto fine: che riesca o no nella sua missione, ha perso la possibilità di stare accanto alla sua famiglia.
Ho apprezzato moltissimo questo personaggio evanescente ma allo stesso tempo simbolo di solidità e stabilità, la sua voce, la sua determinazione.
Forse l'unico limite che posso trovargli é che quello che dovrebbe essere un colpo di scena verso la fine del romanzo è in realtà ampiamente prevedibile, ma a lettura finita è chiaro che questa fosse l'unica conclusione possibile, per Maddy, per Brady e anche per Eve.
Nonostante questo, è stata una lettura appassionante, ricca d'emozione e che mi sento davvero di consigliare a tutti.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Il nostro tempo nel mondo" di Abby Fabiaschi, edito Nord (rilegato a 16,90€):
Maddy aveva una vita serena. Era una moglie amorevole e una madre meravigliosa, il pilastro della famiglia. O almeno così credevano Brady, il marito, ed Eve, la figlia, prima che Maddy si gettasse dal tetto della biblioteca. Adesso, nessuno dei due sa cosa pensare. E poi Brady non ha idea di come mandare avanti una casa, né tantomeno come comunicare con la figlia adolescente. Anche per Eve non è facile avvicinarsi al padre e nemmeno convivere col senso di colpa per tutte le volte in cui, per egoismo o superficialità, non ha dimostrato alla madre l'affetto che meritava. Eppure Brady ed Eve non sono soli: Maddy è ancora lì, accanto a loro, e non ha perso un briciolo della sua vitalità e caparbietà. E anche del suo senso pratico: quello non è certo il momento di piangersi addosso e naufragare nei rimpianti. Meglio agire e indirizzare in qualche modo i suoi familiari. E così si sforza d’introdurre nella loro vita Rory, una dolce e sorridente maestra elementare, che Maddy spera possa diventare una buona amica per Eve e una nuova moglie per Brady. In effetti, grazie all'influenza benefica di Rory, a poco a poco Brady ed Eve imparano a farsi forza a vicenda e, insieme, troveranno il coraggio di cercare le risposte alle domande che li tormentano. Scoprendo che, a volte, la verità è molto più sorprendente di quanto non ci si aspetti...
E se la morte non fosse la fine di tutto?
Se dopo ci fosse ancora la possibilità di intervenire nella vita di chi amiamo, anche se senza essere visti o sentiti?
Abby non sa dove si trovi, o cosa ci sia esattamente davanti a lei, ma sa di poter ancora fare qualcosa per aiutare il marito Brady e la figlia Eve a superare il dolore dovuto alla sua morte, e non intende mollare sino a quando non avrà trovato una sua degna sostituta.
Questa era la curiosa premessa di "Il nostro tempo nel mondo" ed è stata sufficiente a farmi bramare il romanzo, che ho divorato durante le vacanze di Natale, giorni in cui io e il mio iPad2 siamo davvero entrati in simbiosi e ho potuto portarmi avanti leggendo diverse uscite di inizio 2018.
È una lettura che mi ha catturata da subito, perchè la voce di Maddy e la sua tenera determinazione nel voler trovare un sostegno per il marito e la figlia mal si conciliavano con l'ipotesi di suicidio che, oggettivamente, sembrava l'unica possibile.
Maddy era sola, sul tetto della biblioteca, prima che il suo corpo venisse ritrovato a terra di fronte al palazzo: tuttavia, proprio non si riesce a comprendere le ragioni del suo gesto.
L'immagine che emerge della donna dai pensieri e dai ricordi della figlia e del marito, infatti, è quella di una guida per entrambi, di un mediatore quando padre e figlia discutevano e di una fonte di tenerezza e comprensione quando necessarie.
È proprio questo a mancare, in modo prepotente e assordante: manca l'ancora di Brady, e il sostegno di Eve. Manca quella persona che forse Eve ha dato troppe volte per scontata, il motivo per cui esiste un giorno chiamato Festa della Mamma e che ora non sarà più una festa, in casa loro.
Manca qualcuno con cui parlare davvero, perchè il dolore e il lutto finiscono per allontanarla anche dagli amici, e in fondo manca anche il padre, che cerca troppo spesso conforto nel bicchiere invece che tra le braccia di sua figlia.
Brady non riesce ad accettare che la sua Maddy non ci sia più, e di non essersi accorto del dolore che potrebbe averla portata a saltare dal tetto di un palazzo.
Come ha potuto non vedere che sua moglie aveva bisogno d'aiuto?
È qualcosa che gli fa mettere tutto in discussione, e che mette a dura prova il suo rapporto con Eve.
A mettere tutto a posto potrebbe essere Rory, che sembra proprio la persona giusta per Brady ed Eve: la donna ha a sua volta patito un grande dolore, e sarebbe quindi in grado di comprendere i sentimenti dei suoi famigliari e dare loro conforto.
Funzionerà?
"Il nostro tempo nel mondo" non è un romanzo facile da leggere, e credo non sia stato nemmeno facile da scrivere: il dolore, il rimorso, la nostalgia permeano le sue pagine, ed è impossibile non sentirsi profondamente toccati.
Maddy, dal canto suo, è la perfetta voce fuori campo, alla quale ci si affeziona con dolore, sapendo da subito che, per la donna, non potrà esserci un vero lieto fine: che riesca o no nella sua missione, ha perso la possibilità di stare accanto alla sua famiglia.
Ho apprezzato moltissimo questo personaggio evanescente ma allo stesso tempo simbolo di solidità e stabilità, la sua voce, la sua determinazione.
Forse l'unico limite che posso trovargli é che quello che dovrebbe essere un colpo di scena verso la fine del romanzo è in realtà ampiamente prevedibile, ma a lettura finita è chiaro che questa fosse l'unica conclusione possibile, per Maddy, per Brady e anche per Eve.
Nonostante questo, è stata una lettura appassionante, ricca d'emozione e che mi sento davvero di consigliare a tutti.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
lunedì 15 gennaio 2018
"La regina di Saba" di Knut Hansum
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "La regina di Saba" di Knut Hansum, edito Iperborea (brossurato a 9€):
Ci sono incontri, sguardi, gesti, parole che possono segnare il cammino di una vita. Ce li portiamo accanto, continuando a rincorrerli e a ritrovarli, e tanto più forte è l'estasi quando l'immagine inseguita ci si ripropone. E questo che accade al consueto vagabondo in cui Hamsun proietta tutta la sua esacerbata irrequietudine, un non meglio precisato critico letterario norvegese che si trova a girovagare senza meta attraverso la Svezia. Fermatosi una notte alla stazione postale di Barby, s'imbatte in un'affascinante ragazza dallo sguardo profondo e dai modi spigliati e anticonvenzionali, e se ne invaghisce perdutamente. Sono gli ultimi mesi del 1888, quando Julius Kronberg espone il suo grande dipinto "La Regina di Saba a Gotebörg", e lo scrittore ravvisa una straordinaria somiglianza con la ragazza. Ma l'idillio ha breve durata. Lei scompare senza lasciare messaggi né tracce, anche se fatalmente indimenticabile. Quattro anni dopo la «regina» ricompare all'improvviso su un treno in partenza da Malmö e riaccende l'amore del protagonista. Inizia così un lungo e imprevedibile inseguimento, un viaggio con ogni sorta di stravaganti incontri che lo porta fino a Kalmar, sulle rive del Baltico, dove finirà per reinventarsi una nuova professione e una nuova vita per continuare il suo assedio. Deciso più che mai a non risparmiarsi nessuna fatica, non esitare davanti a nessun viaggio, non aver paura di nessuna spesa per raggiungere la sua felicità.
Un recupero delle vacanze di cui volevo assolutamente parlarvi, perfetto nella sua semplicità e nelle sue dimensioni decisamente contenute.
Il racconto di Knut Hansum inizia e finisce nel giro di 40 pagine, che racchiudono tutto.
Il viaggio con meta ignota, senza bagaglio e senza un progetto; la curiosità che diventa ossessione; la perdita del senso della misura.
Al protagonista di "La regina di Saba" capita tutto questo, e come conseguenza di un incontro rapido (e per il lettore non particolarmente incisivo) con una ragazza in una pensione, ragazza i cui tratti assomigliano non poco a quelli della regina di Saba nel dipinto di Julius Kronberg.
Ogni suo tentativo di ritrovarla fallisce, sino a quando, anni dopo, la rivede.
Così, per puro caso, ed è così che senza alcuna esitazione salta su un treno, dando inizio a un viaggio che porta noi indietro nel tempo e lui a centinaia di km di distanza da quella che sarebbe stata la sua destinazione. Un viaggio costoso, lungo, scomodo, ma che importa?
Tutto ciò che conta è ritrovarla.
Knut Hansum non aveva bisogno di più di 40 pagine per raccontare gli effetti di un'infatuazione diventata fantasia e sfociata in ossessione, e non aveva bisogno di altre parole per accompagnare il suo protagonista verso un epilogo forse prevedibile, ma non per questo meno spietato.
Non è facile raccontare l'illusione e il suo dissolversi con la stessa eleganza e la stessa misura, ma Knut Hansum ci riesce, e il suo "La regina di Saba" è un racconto da scoprire e da assaporare sorseggiando una tazza di ottimo tè.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "La regina di Saba" di Knut Hansum, edito Iperborea (brossurato a 9€):
Ci sono incontri, sguardi, gesti, parole che possono segnare il cammino di una vita. Ce li portiamo accanto, continuando a rincorrerli e a ritrovarli, e tanto più forte è l'estasi quando l'immagine inseguita ci si ripropone. E questo che accade al consueto vagabondo in cui Hamsun proietta tutta la sua esacerbata irrequietudine, un non meglio precisato critico letterario norvegese che si trova a girovagare senza meta attraverso la Svezia. Fermatosi una notte alla stazione postale di Barby, s'imbatte in un'affascinante ragazza dallo sguardo profondo e dai modi spigliati e anticonvenzionali, e se ne invaghisce perdutamente. Sono gli ultimi mesi del 1888, quando Julius Kronberg espone il suo grande dipinto "La Regina di Saba a Gotebörg", e lo scrittore ravvisa una straordinaria somiglianza con la ragazza. Ma l'idillio ha breve durata. Lei scompare senza lasciare messaggi né tracce, anche se fatalmente indimenticabile. Quattro anni dopo la «regina» ricompare all'improvviso su un treno in partenza da Malmö e riaccende l'amore del protagonista. Inizia così un lungo e imprevedibile inseguimento, un viaggio con ogni sorta di stravaganti incontri che lo porta fino a Kalmar, sulle rive del Baltico, dove finirà per reinventarsi una nuova professione e una nuova vita per continuare il suo assedio. Deciso più che mai a non risparmiarsi nessuna fatica, non esitare davanti a nessun viaggio, non aver paura di nessuna spesa per raggiungere la sua felicità.
Un recupero delle vacanze di cui volevo assolutamente parlarvi, perfetto nella sua semplicità e nelle sue dimensioni decisamente contenute.
Il racconto di Knut Hansum inizia e finisce nel giro di 40 pagine, che racchiudono tutto.
Il viaggio con meta ignota, senza bagaglio e senza un progetto; la curiosità che diventa ossessione; la perdita del senso della misura.
Al protagonista di "La regina di Saba" capita tutto questo, e come conseguenza di un incontro rapido (e per il lettore non particolarmente incisivo) con una ragazza in una pensione, ragazza i cui tratti assomigliano non poco a quelli della regina di Saba nel dipinto di Julius Kronberg.
Ogni suo tentativo di ritrovarla fallisce, sino a quando, anni dopo, la rivede.
Così, per puro caso, ed è così che senza alcuna esitazione salta su un treno, dando inizio a un viaggio che porta noi indietro nel tempo e lui a centinaia di km di distanza da quella che sarebbe stata la sua destinazione. Un viaggio costoso, lungo, scomodo, ma che importa?
Tutto ciò che conta è ritrovarla.
Knut Hansum non aveva bisogno di più di 40 pagine per raccontare gli effetti di un'infatuazione diventata fantasia e sfociata in ossessione, e non aveva bisogno di altre parole per accompagnare il suo protagonista verso un epilogo forse prevedibile, ma non per questo meno spietato.
Non è facile raccontare l'illusione e il suo dissolversi con la stessa eleganza e la stessa misura, ma Knut Hansum ci riesce, e il suo "La regina di Saba" è un racconto da scoprire e da assaporare sorseggiando una tazza di ottimo tè.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
venerdì 12 gennaio 2018
"Fatti il letto. Piccole cose che cambiano la tua vita... e forse il mondo" di William Harry McRaven
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Fatti il letto. Piccole cose che cambiano la tua vita... e forse il mondo" di William Harry McRaven, edito Piemme (rilegato a 12,90€) in uscita il 16 Gennaio:
Non è un'esperta di riordino o una madre esasperata a dettare questa semplice regola, ma un ammiraglio a quattro stelle della Marina americana. Nel suo discorso tenuto ai laureandi dell'università del Texas alla cerimonia di consegna dei diplomi, William McRaven ha condiviso i dieci principi che ha imparato durante l'addestramento da Navy seal e che lo hanno aiutato a superare le sfide non solo nella sua carriera, ma lungo tutta la sua vita. Perché non è necessario essere un Navy Seal per trovarsi in situazioni difficili, dover prendere decisioni complicate o affrontare compiti apparentemente insormontabili. Chiunque, ha detto, può usare queste semplici regole per migliorare se stesso, e il mondo.
Quel discorso, che ha avuto oltre cento milioni di visualizzazioni in rete, è il punto di partenza di Fatti il letto, un bestseller diventato in breve un piccolo classico, ai vertici delle classifiche per mesi e in corso di pubblicazione in 24 lingue. Intrise di empatia e coraggio, queste pagine hanno il contagioso potere di ispirare il lettore a dare il meglio di sé e ottenere il massimo dalla propria vita.
«Se la mattina vi fate il letto, avrete portato a termine il primo compito della giornata.
Questo vi darà una sensazione di orgoglio e vi incoraggerà a concluderne un altro, e poi un altro ancora. Farsi il letto, inoltre, rimarca la consapevolezza che nella vita le piccole cose contano.
Se non sapete fare bene le piccole cose, non ne farete mai di grandi».
Ero molto curiosa di scoprire questo libro, perchè il video del discorso di William McRaven mi aveva colpita moltissimo, e quindi eccoci qui.
L'ho letto, e che dire? Decisamente all'altezza delle aspettative.
Mi ha colpita per la forte connotazione personale che l'ammiraglio ha saputo dare a quello che rischiava di essere un discorso già sentito, e che invece arriva dritto alla mente e al cuore.
Non sarò mai un Navy Seal e probabilmente non dovrò mai passare indenne un'ispezione dell'uniforme, ma di sicuro da quando l'ho letto ho iniziato ad affrontare in modo diverso cose che, prima, giudicavo delle grandi seccature.
Come rifare il letto al mattino, per esempio.
La filosofia di McRaven incontra appieno il mio modo di gestire le giornate, però, e mi sono ritrovata da subito nelle sue parole: mi piace iniziare la giornata spuntando qualche voce dalla mia lista, è una cosa che ho sempre detto, e quando guardo l'orologio alle 9 e mi rendo conto di aver già fatto tante cose mi sento indubbiamente meglio. Quindi bando alle lagne, e sotto con copriletto e cuscini, che quel letto non si rifarà certo da solo!
Sono dieci, le lezioni di vita che William McRaven ha acquisito negli anni del suo addestramento, e che ha citato nel suo celebre discorso: vediamole insieme in breve, che ne dite?
Se vuoi cambiare il mondo…
... inizia rifacendo il tuo letto ogni mattina, perchè se non riesci a fare le piccole cose nel mondo giusto, difficilmente ti riuscirà con quelle più impegnative;
… trova qualcuno che ti aiuti a pagaiare, perchè non puoi cambiare il mondo da solo - anzi, avrai bisogno di aiuto - e lungo la strada che va dal tuo punto di partenza alla tua destinazione avrai bisogno di amici, colleghi, persino della buona disposizione nei tuoi confronti da parte di perfetti estranei - e di un buon timoniere a guidare tutti quanti;
... giudica una persona dalla misura del suo cuore. L’addestramento militare in questo aiuta: si è tutti uguali, e conta solo la tua determinazione ad arrivare in fondo e con successo. Non conta il colore della tua pelle, la tua educazione, il tuo status.
... supera il fatto che a volte non sarai altro che un biscotto allo zucchero, e continua ad andare avanti. Ok, questa ve la spiego perchè detta così non ha assolutamente senso, giusto? In breve, durante il periodo di addestramento, coloro che fallivano l’ispezione dell’uniforme (se le scarpe non erano lucide, o mancava la fibbia della cintura, e via dicendo) dovevano correre verso la riva e immergersi completamente vestiti, e rotolarsi nella sabbia fino a esserne completamente rivestiti. L’effetto finale è chiamato “biscotto allo zucchero”, e la punizione consiste nel doversi tenere addosso tutto questo tessuto freddo, bagnato e pruriginoso per via della sabbia per l’intera giornata. È una cosa che capita a tutti almeno una volta, ma che non deve fermarti dal fare meglio all’occasione successiva, ed era anche una lezione nel momento in cui ti insegnava che, nonostante i tuoi sforzi, non avresti mai avuto l’uniforme perfetta. E che va bene così.
… non aver paura dei circhi. Lo so, lo so: vi spiego anche questa. Il circo altro non era che un allenamento addizionale di due ore al quale dovevano prendere parte coloro che, nel corso dell’allenamento giornaliero, non avevano performato in modo sufficiente. Un circo era pensato per stancarti, per abbattere il tuo spirito e per farti saltare i nervi, ma la vita è fatta di prove di questo tipo. Probabilmente fallirai spesso, e sarà doloroso, oltre a scoraggiarti e a farti venire voglia di mollare , ma saranno proprio i circhi a renderti una persona migliore.
... devi buttarvi giù dall'ostacolo a capofitto .
… non indietreggiare di fronte agli squali: nel mondo ce ne sono tanti, e se vuoi completare la tua nuotata devi imparare ad affrontarli e a gestirli, prima o poi.
… devi fare del tuo meglio nel momento peggiore.
Durante una missione, è nel momento di massima criticità e pericolo che devi restare calmo, composto. È lì che tutto ciò che hai imparato, le competenze tattiche acquisite, la tua forza fisica e quella interiore devono emergere.
… devi iniziare a cantare quando sei immerso nel fango fino al collo. Questa colorita metafora altro non è che un modo per dire che non bisogna mia perdere la speranza e la voglia di trasmetterla al prossimo, a prescindere da quanto sia catastrofica la nostra condizione. Se sei immerso nel fango fino al collo hai solo la tua voce a disposizione... quindi canta. A pieni polmoni.
… qualsiasi cosa accada, non suonare la campana.
Anche qui urge una spiegazione, lo so. Al centro di ogni complesso di addestramento dei Navy Seal, in un luogo ben visibile a tutti gli allievi, c'è appesa una campana. Tutto ciò che devi fare per lasciare il programma è raggiungerla e suonarla. Suona la campana e non dovrai più alzarti alle cinque, o correre, o concludere un percorso a ostacoli... e non dovrai più gestire le difficoltà legate al tuo addestramento. Basta suonare la campana e ne sei fuori, ma se vuoi portarlo a termine quella campana deve essere sempre ben lontana dalla tua portata.
Se vuoi cambiare il mondo, o anche solamente te stesso, e portare a termine qualcosa di grande, non suonare mai la campana.
Spero di essere riuscita a spiegarvi i tanti riferimenti all'addestramento dei Navy Seal e a trasmettervi quanto mi sia ritrovata nel modo di pensare di William McRaven: non è un libro sull'organizzazione, nè un manuale di autoaiuto, ma è sicuramente una lettura che apre la mente e che aiuta a sentirsi pronti ad affrontare le sfide della vita con tanta grinta in più. Vi renderà anche più produttivi e organizzati, come effetto collaterale, quindi tenetene conto!
Consigliatissimo come autoregalo motivante per il 2018, e state lontani dalle campane ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Fatti il letto. Piccole cose che cambiano la tua vita... e forse il mondo" di William Harry McRaven, edito Piemme (rilegato a 12,90€) in uscita il 16 Gennaio:
Non è un'esperta di riordino o una madre esasperata a dettare questa semplice regola, ma un ammiraglio a quattro stelle della Marina americana. Nel suo discorso tenuto ai laureandi dell'università del Texas alla cerimonia di consegna dei diplomi, William McRaven ha condiviso i dieci principi che ha imparato durante l'addestramento da Navy seal e che lo hanno aiutato a superare le sfide non solo nella sua carriera, ma lungo tutta la sua vita. Perché non è necessario essere un Navy Seal per trovarsi in situazioni difficili, dover prendere decisioni complicate o affrontare compiti apparentemente insormontabili. Chiunque, ha detto, può usare queste semplici regole per migliorare se stesso, e il mondo.
Quel discorso, che ha avuto oltre cento milioni di visualizzazioni in rete, è il punto di partenza di Fatti il letto, un bestseller diventato in breve un piccolo classico, ai vertici delle classifiche per mesi e in corso di pubblicazione in 24 lingue. Intrise di empatia e coraggio, queste pagine hanno il contagioso potere di ispirare il lettore a dare il meglio di sé e ottenere il massimo dalla propria vita.
«Se la mattina vi fate il letto, avrete portato a termine il primo compito della giornata.
Questo vi darà una sensazione di orgoglio e vi incoraggerà a concluderne un altro, e poi un altro ancora. Farsi il letto, inoltre, rimarca la consapevolezza che nella vita le piccole cose contano.
Se non sapete fare bene le piccole cose, non ne farete mai di grandi».
Ero molto curiosa di scoprire questo libro, perchè il video del discorso di William McRaven mi aveva colpita moltissimo, e quindi eccoci qui.
L'ho letto, e che dire? Decisamente all'altezza delle aspettative.
Mi ha colpita per la forte connotazione personale che l'ammiraglio ha saputo dare a quello che rischiava di essere un discorso già sentito, e che invece arriva dritto alla mente e al cuore.
Non sarò mai un Navy Seal e probabilmente non dovrò mai passare indenne un'ispezione dell'uniforme, ma di sicuro da quando l'ho letto ho iniziato ad affrontare in modo diverso cose che, prima, giudicavo delle grandi seccature.
Come rifare il letto al mattino, per esempio.
La filosofia di McRaven incontra appieno il mio modo di gestire le giornate, però, e mi sono ritrovata da subito nelle sue parole: mi piace iniziare la giornata spuntando qualche voce dalla mia lista, è una cosa che ho sempre detto, e quando guardo l'orologio alle 9 e mi rendo conto di aver già fatto tante cose mi sento indubbiamente meglio. Quindi bando alle lagne, e sotto con copriletto e cuscini, che quel letto non si rifarà certo da solo!
Sono dieci, le lezioni di vita che William McRaven ha acquisito negli anni del suo addestramento, e che ha citato nel suo celebre discorso: vediamole insieme in breve, che ne dite?
Se vuoi cambiare il mondo…
... inizia rifacendo il tuo letto ogni mattina, perchè se non riesci a fare le piccole cose nel mondo giusto, difficilmente ti riuscirà con quelle più impegnative;
… trova qualcuno che ti aiuti a pagaiare, perchè non puoi cambiare il mondo da solo - anzi, avrai bisogno di aiuto - e lungo la strada che va dal tuo punto di partenza alla tua destinazione avrai bisogno di amici, colleghi, persino della buona disposizione nei tuoi confronti da parte di perfetti estranei - e di un buon timoniere a guidare tutti quanti;
... giudica una persona dalla misura del suo cuore. L’addestramento militare in questo aiuta: si è tutti uguali, e conta solo la tua determinazione ad arrivare in fondo e con successo. Non conta il colore della tua pelle, la tua educazione, il tuo status.
... supera il fatto che a volte non sarai altro che un biscotto allo zucchero, e continua ad andare avanti. Ok, questa ve la spiego perchè detta così non ha assolutamente senso, giusto? In breve, durante il periodo di addestramento, coloro che fallivano l’ispezione dell’uniforme (se le scarpe non erano lucide, o mancava la fibbia della cintura, e via dicendo) dovevano correre verso la riva e immergersi completamente vestiti, e rotolarsi nella sabbia fino a esserne completamente rivestiti. L’effetto finale è chiamato “biscotto allo zucchero”, e la punizione consiste nel doversi tenere addosso tutto questo tessuto freddo, bagnato e pruriginoso per via della sabbia per l’intera giornata. È una cosa che capita a tutti almeno una volta, ma che non deve fermarti dal fare meglio all’occasione successiva, ed era anche una lezione nel momento in cui ti insegnava che, nonostante i tuoi sforzi, non avresti mai avuto l’uniforme perfetta. E che va bene così.
… non aver paura dei circhi. Lo so, lo so: vi spiego anche questa. Il circo altro non era che un allenamento addizionale di due ore al quale dovevano prendere parte coloro che, nel corso dell’allenamento giornaliero, non avevano performato in modo sufficiente. Un circo era pensato per stancarti, per abbattere il tuo spirito e per farti saltare i nervi, ma la vita è fatta di prove di questo tipo. Probabilmente fallirai spesso, e sarà doloroso, oltre a scoraggiarti e a farti venire voglia di mollare , ma saranno proprio i circhi a renderti una persona migliore.
... devi buttarvi giù dall'ostacolo a capofitto .
… non indietreggiare di fronte agli squali: nel mondo ce ne sono tanti, e se vuoi completare la tua nuotata devi imparare ad affrontarli e a gestirli, prima o poi.
… devi fare del tuo meglio nel momento peggiore.
Durante una missione, è nel momento di massima criticità e pericolo che devi restare calmo, composto. È lì che tutto ciò che hai imparato, le competenze tattiche acquisite, la tua forza fisica e quella interiore devono emergere.
… devi iniziare a cantare quando sei immerso nel fango fino al collo. Questa colorita metafora altro non è che un modo per dire che non bisogna mia perdere la speranza e la voglia di trasmetterla al prossimo, a prescindere da quanto sia catastrofica la nostra condizione. Se sei immerso nel fango fino al collo hai solo la tua voce a disposizione... quindi canta. A pieni polmoni.
… qualsiasi cosa accada, non suonare la campana.
Anche qui urge una spiegazione, lo so. Al centro di ogni complesso di addestramento dei Navy Seal, in un luogo ben visibile a tutti gli allievi, c'è appesa una campana. Tutto ciò che devi fare per lasciare il programma è raggiungerla e suonarla. Suona la campana e non dovrai più alzarti alle cinque, o correre, o concludere un percorso a ostacoli... e non dovrai più gestire le difficoltà legate al tuo addestramento. Basta suonare la campana e ne sei fuori, ma se vuoi portarlo a termine quella campana deve essere sempre ben lontana dalla tua portata.
Se vuoi cambiare il mondo, o anche solamente te stesso, e portare a termine qualcosa di grande, non suonare mai la campana.
Spero di essere riuscita a spiegarvi i tanti riferimenti all'addestramento dei Navy Seal e a trasmettervi quanto mi sia ritrovata nel modo di pensare di William McRaven: non è un libro sull'organizzazione, nè un manuale di autoaiuto, ma è sicuramente una lettura che apre la mente e che aiuta a sentirsi pronti ad affrontare le sfide della vita con tanta grinta in più. Vi renderà anche più produttivi e organizzati, come effetto collaterale, quindi tenetene conto!
Consigliatissimo come autoregalo motivante per il 2018, e state lontani dalle campane ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
"Favola splatter" di Beppe Tosco e Francesco Tosco
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Favola splatter" di Beppe Tosco e Francesco Tosco, edito Frassinelli (rilegato a 16,90€) in uscita il 16 Gennaio:
Milano. Tra 15 anni. Gheorge Pop è un criminale pieno di idee brillanti. L'ultima, davvero geniale, è quella di riutilizzare la cocaina che - una volta evacuata dai suoi consumatori - abbonda nelle fogne di Milano: raccoglierla, filtrarla, ripulirla, e rimetterla in circolazione. Little Virgin, la chiama (raffinato inglesismo per Madunina). Un tragico giorno d'estate, però, un temporale fa cadere un'enorme gru sul deposito in cui Pop tiene ammassate tonnellate di droga da ripulire, che trascinate dal vento si spargono sopra Milano. E la città impazzisce: i freni inibitori scompaiono, e gli operosi cittadini di Milano si abbandonano ai loro desideri più nascosti. Desideri che, nella stragrande maggioranza dei casi, si rivelano essere estremamente violenti. Vendette, violenze, omicidi dilagano per le vie di Milano, e, come se non bastasse quello che succede davvero, qualcuno si diverte a gettare benzina sul fuoco attraverso il web, dove spopola l'hashtag #MilanoFiesta, che viralizza e diffonde all'infinito le immagini e i video della follia. In questo contesto inizia l'odissea di uno strano trio: Vladi, un ragazzino di origini russe strutturalmente orfano; Lola, adolescente tanto impaurita quanto decisa, e il comandante dei carabinieri De Leo, che - non potendo fare nulla per fermare l'ondata di violenza - decide che la cosa migliore da fare sia provare a salvare almeno i due ragazzini. E intanto si domanda: ma è possibile che sia stata solo una nuvola di droga a scatenare tutto questo?
Meravigliosamente inquietante, e temo più vero di quanto ci piaccia ammettere.
Cosa c'è di più spaventoso, infatti, della violenza che si nasconde dentro di noi, sotto strati e strati di freni inibitori, di convenzioni sociali e di educazione imposta con più o meno successo sin dalla tenera età?
"Favola splatter" ci racconta, insomma, e racconta una Milano che non è più tanto da bere quanto da corsa. Una città frenetica, che non dorme e non ti fa dormire mai, che stimola e sovrastimola i suoi abitanti e che, anche se non la cambierei con nessun altro posto al mondo, a volte finisce per sopraffare chi l'abita. Quale ambientazione migliore per il dramma stupefacente (è il caso di dirlo) che vede l'imponente scorta di Gheorge Pop di quella che dovrebbe diventare, con l'aiuto di un buon chimico, cocaina riciclata e di nuovo pura al 96%, dispersa tra raffiche di vento degne della migliore tempesta estiva?
L'intera città inspira ed espira una droga capace di farle perdere ogni freno inibitore, e i suoi abitanti cedono ai loro desideri più sfrenati.
#MilanoFiesta nasce così, sui media che diffondono senza sosta video e immagini di quello che sembra un sadico e caotico rave a cielo aperto, e una violenza di strada che ricorda quella così ben narrata da Hubert Selby Jr. nel suo celebre "Ultima uscita per Brooklyn": un hashtag per catalogare la follia sanguinaria che nessuno sembra capace di fermare.
Beppe Tosco racconta la violenza quotidiana e insita in ognuno di noi attraverso la sua caratterizzazione più estrema e, a tratti, carica di humour nero, ma racconta anche cosa voglia dire essere un eroe oggi, attraverso il personaggio di De Leo.
De Leo non è un cavaliere senza macchia e senza paura, non possiede una spada laser e non può estrarre nessuna spada dalla roccia. Sa di non potere nulla contro un'intossicazione di massa per via aerea, ma sa anche cosa è davvero importante nel momento in cui l'umanità si abbandona totalmente alla violenza e alla mera crudeltà: preservare l'innocenza, per salvare il futuro.
È questo a legarlo a Lola e Vladi, e non volendovi rovinare la lettura ci tengo a dirvi di tenerli d'occhio, i giovani membri dell'improbabile terzetto: Vladi vi farà sorridere fino all'ultima pagina.
De Leo si chiede anche se davvero basti respirare un po' di polvere bianca per scendere in strada e squarciare gole, spezzare gambe e pugnalare ventri, e la risposta (parziale e che, in fondo, è quella che da esseri umani temiamo) alla sua domanda arriva nelle ultime pagine di questo romanzo che, ve lo assicuro, si legge tutto d'un fiato.
Mi ha ricordato alcuni dei miei grandi amori, dal già citato Hubert Selby Jr. a Bret Easton Ellis, senza che si perdessero l'ironia e il senso dell'umorismo caratteristici del lavoro televisivo e radiofonico di Beppe Tosco: consigliato, potrebbe stupirvi.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "Favola splatter" di Beppe Tosco e Francesco Tosco, edito Frassinelli (rilegato a 16,90€) in uscita il 16 Gennaio:
Milano. Tra 15 anni. Gheorge Pop è un criminale pieno di idee brillanti. L'ultima, davvero geniale, è quella di riutilizzare la cocaina che - una volta evacuata dai suoi consumatori - abbonda nelle fogne di Milano: raccoglierla, filtrarla, ripulirla, e rimetterla in circolazione. Little Virgin, la chiama (raffinato inglesismo per Madunina). Un tragico giorno d'estate, però, un temporale fa cadere un'enorme gru sul deposito in cui Pop tiene ammassate tonnellate di droga da ripulire, che trascinate dal vento si spargono sopra Milano. E la città impazzisce: i freni inibitori scompaiono, e gli operosi cittadini di Milano si abbandonano ai loro desideri più nascosti. Desideri che, nella stragrande maggioranza dei casi, si rivelano essere estremamente violenti. Vendette, violenze, omicidi dilagano per le vie di Milano, e, come se non bastasse quello che succede davvero, qualcuno si diverte a gettare benzina sul fuoco attraverso il web, dove spopola l'hashtag #MilanoFiesta, che viralizza e diffonde all'infinito le immagini e i video della follia. In questo contesto inizia l'odissea di uno strano trio: Vladi, un ragazzino di origini russe strutturalmente orfano; Lola, adolescente tanto impaurita quanto decisa, e il comandante dei carabinieri De Leo, che - non potendo fare nulla per fermare l'ondata di violenza - decide che la cosa migliore da fare sia provare a salvare almeno i due ragazzini. E intanto si domanda: ma è possibile che sia stata solo una nuvola di droga a scatenare tutto questo?
Meravigliosamente inquietante, e temo più vero di quanto ci piaccia ammettere.
Cosa c'è di più spaventoso, infatti, della violenza che si nasconde dentro di noi, sotto strati e strati di freni inibitori, di convenzioni sociali e di educazione imposta con più o meno successo sin dalla tenera età?
"Favola splatter" ci racconta, insomma, e racconta una Milano che non è più tanto da bere quanto da corsa. Una città frenetica, che non dorme e non ti fa dormire mai, che stimola e sovrastimola i suoi abitanti e che, anche se non la cambierei con nessun altro posto al mondo, a volte finisce per sopraffare chi l'abita. Quale ambientazione migliore per il dramma stupefacente (è il caso di dirlo) che vede l'imponente scorta di Gheorge Pop di quella che dovrebbe diventare, con l'aiuto di un buon chimico, cocaina riciclata e di nuovo pura al 96%, dispersa tra raffiche di vento degne della migliore tempesta estiva?
L'intera città inspira ed espira una droga capace di farle perdere ogni freno inibitore, e i suoi abitanti cedono ai loro desideri più sfrenati.
#MilanoFiesta nasce così, sui media che diffondono senza sosta video e immagini di quello che sembra un sadico e caotico rave a cielo aperto, e una violenza di strada che ricorda quella così ben narrata da Hubert Selby Jr. nel suo celebre "Ultima uscita per Brooklyn": un hashtag per catalogare la follia sanguinaria che nessuno sembra capace di fermare.
Beppe Tosco racconta la violenza quotidiana e insita in ognuno di noi attraverso la sua caratterizzazione più estrema e, a tratti, carica di humour nero, ma racconta anche cosa voglia dire essere un eroe oggi, attraverso il personaggio di De Leo.
De Leo non è un cavaliere senza macchia e senza paura, non possiede una spada laser e non può estrarre nessuna spada dalla roccia. Sa di non potere nulla contro un'intossicazione di massa per via aerea, ma sa anche cosa è davvero importante nel momento in cui l'umanità si abbandona totalmente alla violenza e alla mera crudeltà: preservare l'innocenza, per salvare il futuro.
È questo a legarlo a Lola e Vladi, e non volendovi rovinare la lettura ci tengo a dirvi di tenerli d'occhio, i giovani membri dell'improbabile terzetto: Vladi vi farà sorridere fino all'ultima pagina.
De Leo si chiede anche se davvero basti respirare un po' di polvere bianca per scendere in strada e squarciare gole, spezzare gambe e pugnalare ventri, e la risposta (parziale e che, in fondo, è quella che da esseri umani temiamo) alla sua domanda arriva nelle ultime pagine di questo romanzo che, ve lo assicuro, si legge tutto d'un fiato.
Mi ha ricordato alcuni dei miei grandi amori, dal già citato Hubert Selby Jr. a Bret Easton Ellis, senza che si perdessero l'ironia e il senso dell'umorismo caratteristici del lavoro televisivo e radiofonico di Beppe Tosco: consigliato, potrebbe stupirvi.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
giovedì 11 gennaio 2018
"La musica perfetta" di Kat French
Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "La musica perfetta" di Kat French, edito HarperCollins (rilegato a 16,90€) in uscita il 25 Gennaio:
Honeysuckle Jones ha bisogno di un uomo. O meglio, questo pensano le sue migliori amiche Nell e Tash, che ora hanno una missione: aiutarla a trovare quello giusto. Deve essere intelligente, attento, divertente, ma soprattutto non dev'essere goffo. Insomma, deve avere delle buone mani. Da pianista, per esempio. Il nuovo vicino di casa di Honey, l'ex chef Hal, non è certo il candidato ideale: è scorbutico, asociale, e non suona nemmeno il pianoforte. Eppure, nonostante l'antipatia evidente, la sua voce ha un certo non so che, e sembra in grado di sviluppare una qualche alchimia, scariche elettriche, cose del genere. Peccato che sia decisamente l'uomo sbagliato. Ma quando Honey scopre il vero motivo che si nasconde dietro tanta ostilità, decide di concedergli un'altra occasione... di diventarle simpatico. Perché a volte sono le note dissonanti a rendere una musica perfetta.
Finalmente in libreria!
Ricordate quando era apparso su Amazon nel 2016?
Non era il momento giusto, ma ora ci siamo: Kat French e il suo irresistibile cast da commedia anglosassone ("Love Actually" e "Notting Hill" in primis) arrivano in libreria il 25 Gennaio, e credetemi: questo vorrete leggerlo!
Honeysuckle è decisamente #UnaDiNoi, single e in cerca di un principe azzurro che pare proprio essersi perso per strada.
Certo, ha accanto amiche strepitose che le organizzano ogni sorta di appuntamenti al buio con papabili candidati, ma chissà come mai, nessuna di queste strade sembra portare mai da qualche parte... mentre i rarissimi sorrisi del vicino scontroso Hal riescono sempre a farle battere il cuore.
Lui non è certo un principe azzurro, anzi!
Hal è musone, brontolone, a volte semplicemente maleducato, e anche se all'inizio è facile pensare che tra i due non potrà mai nascere qualcosa, una volta svelato il segreto che l'uomo porta nel cuore è decisamente più facile giustificarlo.
E poi sa cucinare: solo per questo, con me le porte si spalancano (e c'è una scena parecchio sexy che vede Hal e Honey impegnati proprio in cucina, in quella che vorrebbe essere una lezione ma poi...).
Detto così, rischiava di essere la solita storia letta tante volte, però: l'amore tra vicini che non si sopportano non è esattamente un argomento nuovo.
E invece...
E invece Kat French è riuscita a costruire un romanzo romantico ma, soprattutto, divertente.
Alcune scene sono esilaranti, certe battute ve le ricorderete a lungo, e volterete l'ultima pagina con un sorriso rilassato stampato in volto perchè "La musica perfetta" è decisamente una coccola rilassante.
Tra amiche fin troppo pronte a condividere tutto con Honeysuckle, persino un'uscita a caccia di vibratori (ve le ricordate Carrie e Charlotte alla scoperta del coniglio, guidate da Miranda?), agli esauberanti vecchietti con i quali ha a che fare per lavoro - con esiti imprevedibili - avrete di chi divertirvi ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "La musica perfetta" di Kat French, edito HarperCollins (rilegato a 16,90€) in uscita il 25 Gennaio:
Honeysuckle Jones ha bisogno di un uomo. O meglio, questo pensano le sue migliori amiche Nell e Tash, che ora hanno una missione: aiutarla a trovare quello giusto. Deve essere intelligente, attento, divertente, ma soprattutto non dev'essere goffo. Insomma, deve avere delle buone mani. Da pianista, per esempio. Il nuovo vicino di casa di Honey, l'ex chef Hal, non è certo il candidato ideale: è scorbutico, asociale, e non suona nemmeno il pianoforte. Eppure, nonostante l'antipatia evidente, la sua voce ha un certo non so che, e sembra in grado di sviluppare una qualche alchimia, scariche elettriche, cose del genere. Peccato che sia decisamente l'uomo sbagliato. Ma quando Honey scopre il vero motivo che si nasconde dietro tanta ostilità, decide di concedergli un'altra occasione... di diventarle simpatico. Perché a volte sono le note dissonanti a rendere una musica perfetta.
Finalmente in libreria!
Ricordate quando era apparso su Amazon nel 2016?
Non era il momento giusto, ma ora ci siamo: Kat French e il suo irresistibile cast da commedia anglosassone ("Love Actually" e "Notting Hill" in primis) arrivano in libreria il 25 Gennaio, e credetemi: questo vorrete leggerlo!
Honeysuckle è decisamente #UnaDiNoi, single e in cerca di un principe azzurro che pare proprio essersi perso per strada.
Certo, ha accanto amiche strepitose che le organizzano ogni sorta di appuntamenti al buio con papabili candidati, ma chissà come mai, nessuna di queste strade sembra portare mai da qualche parte... mentre i rarissimi sorrisi del vicino scontroso Hal riescono sempre a farle battere il cuore.
Lui non è certo un principe azzurro, anzi!
Hal è musone, brontolone, a volte semplicemente maleducato, e anche se all'inizio è facile pensare che tra i due non potrà mai nascere qualcosa, una volta svelato il segreto che l'uomo porta nel cuore è decisamente più facile giustificarlo.
E poi sa cucinare: solo per questo, con me le porte si spalancano (e c'è una scena parecchio sexy che vede Hal e Honey impegnati proprio in cucina, in quella che vorrebbe essere una lezione ma poi...).
Detto così, rischiava di essere la solita storia letta tante volte, però: l'amore tra vicini che non si sopportano non è esattamente un argomento nuovo.
E invece...
E invece Kat French è riuscita a costruire un romanzo romantico ma, soprattutto, divertente.
Alcune scene sono esilaranti, certe battute ve le ricorderete a lungo, e volterete l'ultima pagina con un sorriso rilassato stampato in volto perchè "La musica perfetta" è decisamente una coccola rilassante.
Tra amiche fin troppo pronte a condividere tutto con Honeysuckle, persino un'uscita a caccia di vibratori (ve le ricordate Carrie e Charlotte alla scoperta del coniglio, guidate da Miranda?), agli esauberanti vecchietti con i quali ha a che fare per lavoro - con esiti imprevedibili - avrete di chi divertirvi ;)
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3