domenica 11 marzo 2018

"Storia di una matita. A casa" di Michele D'Ignazio: due chiacchiere con l'autore

Buogniorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
Oggi scopriamo insieme "Storia di una matita. A casa" di Michele D'Ignazio, edito Rizzoli (brossurato a 10€) insieme al suo autore:
È da tempo, ormai, che Lapo ha lasciato il suo paesino di campagna per trasferirsi in una grande città e inseguire il suo sogno: diventare un illustratore. Le dolci colline, i campi di grano e il mare quieto di casa sua sono un ricordo sempre più lontano, fino a quando... Driiiin! Lapo riceve una telefonata: suo padre, conosciuto da tutti come Cespuglio di More per via della chioma sempre aggrovigliata, ha bisogno di lui. Per Lapo è giunto il momento di mettere i sogni da parte e tornare a casa. Ma ad aspettarlo c'è un'incredibile avventura, fatta di amicizie vecchie e nuove, di tramonti, di alberi speciali... e di matite colorate! Un tuffo nel passato e nella natura che svela a Lapo un profondo segreto: i sogni non vanno trascurati, ma coltivati, perché, proprio come piccoli semi, sono in grado di dare vita a grandi storie.

Come nasce "Storia di una matita"?
Tutto è partito da un sogno, dalla storia di Lapo che sogna di fare il disegnatore e che si trasforma in una gigantesca matita.
Il primo libro è nato nel 2012, il secondo nel 2014 e quest'anno è arrivato il terzo. Non so se ce ne saranno altri, perchè lavoro su un libro per volta, senza troppi programmi.

Seguiamo il tuo protagonista in quello che non è solo un ritorno a casa, ma anche un ritorno alla campagna dopo aver scelto di vivere in città.
Sì, Lapo torna a casa, nel suo piccolo paese di campagna dov'è nato e cresciuto. Si era trasferito in una grande città per inseguire il suo sogno, e dopo due libri dove c'è molta città e molta vita urbana stavolta ci sono più alberi, e più natura.
A darmi la spinta sono state anche le domande dei bambini sul padre di Lapo, perchè nei due volumi precedenti la più citata era la madre.
Avevi pronta la sua storia, sapevi che sarebbe arrivata prima o poi, o sei stato stimolato solo dalla richiesta?
Scrivo un volume alla volta, e mi sono affezionato ai personaggi, quindi anche se non avevo pronta la storia del padre è stato naturale, a un certo punto, arrivarci.
Molti degli stimoli arrivano dal confronto costante con i bambini, perchè i miei libri sono stati e continuano ad essere letti e adottati da molte classi nelle scuole. Per esempio, nel secondo volume della serie, "Storia di una matita, A scuola" sono finiti molti accadimenti o elementi da quella che è stata la mia esperienza con i bambini, magari condensati o rielaborati un po'.

Ho apprezzato moltissimo l'idea di rendere protagonista della tua serie uno strumento di scrittura analogico come la matita, soprattutto pensando all'evidente contrasto con i sempre più presenti supporti informatici - anche tra i bambini.
Già in età prescolare hanno in mano un tablet, per esempio, ma spesso questo va a discapito della creatività, mentre con matite e pastelli...
La matita è simbolo di creatività, secondo me.
Nella mia prima storia, poi, ho voluto proprio giocare su questa contrapposizione tra la matita come simbolo di libertà e le fotocopiatrici e le stampanti come sinonimo di ripetitività.
Poi ho lasciato cadere lo spunto perchè non credo si debba andare a creare una guerra tra strumenti di scrittura e supporti elettronici: quello che cerco di fare con le mie storie è far scoprire ai bambini cose che per noi sono naturali, perchè le abbiamo vissute, ma per loro no.
Sono stato anche fortunato, perchè molti elementi e spunti interessanti sono arrivati dopo, durante la scrittura. Dall'idea di trasformarsi in matita, per esempio, arriva tutta una serie di considerazioni: la natura legnosa della matita, però con un cuore di grafite che lascia il segno; è uno strumento che, se utilizzato, va poi temperato, e questa diventa anche una metafora del fermarsi.
Anche del prendersi cura di ciò che si ha in mano, forse.
Il digitale ci ha abituati alla natira usa e getta degli oggetti, mentre la matita se maltrattata è persa perchè non riesce più a temperarla.
Assolutamente, e poi il senso del limite: la matita finisce, e devi esserne consapevole.
Sono tutti spunti venuti fuori scrivendo e dal confronto con i bambini.

Abbiamo parlato di scrittura, quindi devo proprio chiedertelo: come scrivi?
Penna e taccuino, o computer?
Direi metà e metà, perchè tutto parte dagli appunti che prendo a mano, su carta.
Lo sviluppo della storia vero e proprio lo faccio a computer, mentre non riesco a scrivere su tablet o cellulare. Anzi, con il cellulare ho un rapporto conflittuale: curo molto di più le mie matite, o le mie piante, di quanta ne abbia per i miei gadget elettronici.

Stavolta si parla di ritorno alla natura e, soprattutto anche di cura verso la natura e l'ambiente.
Pensi che la favola sia un mezzo efficace per educare i bambini anche in questa direzione, a proteggere la natura ed averne cura?
È esattamente quello che voglio raccontare in questo libro.
Voglio far riflettere i bambini su come spesso basti una bianchettata di asfalto per cancellare anni e anni di cura della terra e delle piante, e su quanto sia più facile distruggere invece di costruire.
Con le favole si può raccontare tutto, bisogna solo saperlo fare...e  non è affatto semplice!

Da lettrice, sono curiosa: quali sono stati i tuoi libri quando eri bambino?
Avevi delle letture del cuore, che  stimolavano particolarmente la tua fantasia?
Devo essere sincero: ho iniziato a leggere quando avevo già tredici, quattordici anni, quindi i libri a cui sono più affezionato non sono quelli per bambini.
Gianni Rodari e Roald Dahl, per dirti, li ho scoperti dopo, quando già scrivevo per bambini.
Sono invece affezionato a due libri di Sepulveda, "Il mondo alla fine del mondo" e "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore" perchè sono due libri che mi hanno fatto esplodere la passione per la lettura e la voglia di viaggiare.
Ci sono altri libri importanti per me, da "Cristo si è fermato a Eboli" a "Fontamara", e poi "Il deserto dei tartari": quest'ultimo per me è davvero importantissimo, perchè credo mi abbia insegnato - e insegni tutt'ora - il senso e il valore dell'attesa.
L'attesa è importante, anche se non bisogna aspettare all'infinito perchè poi diventa troppo tardi: anche "Aspettando Godot", epr esempio, è un ottimo vaccino contro l'attesa infinita.

Ringrazio moltissimo Rizzoli e Michele D'Ignazio per la disponibilità a chiacchierare a Tempo di Libri, e vi consiglio questa serie perchè io ho divorato "Storia di una matita. A casa" mentre tornavo dalla fiera e non vedo l'ora di recuperare anche i precedenti.

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

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