Oggi sul blog c'è un'ospite davvero speciale: Virginia Bramati, autrice di "Tutta colpa della mia impazienza", edito Giunti (rilegato a 14,90€):
«Sono nata con due mesi di anticipo, odio i tempi morti, sono fisicamente allergica ai giochi di pazienza e adoro il tasto fast forward»: Agnese è così, una ragazza esuberante, autonoma, insofferente verso il principio dell'«ogni cosa a suo tempo»…
Ma improvvisamente, ecco che la vita prende una piega terribilmente dolorosa e la scaraventa dal centro di una metropoli che non dorme mai a una grande casa lungo un fiume, lontana quanto basta per essere immersa nei ritmi lenti e immutabili della campagna. Non solo: quando l'inverno finalmente è alle spalle e tutto sta per sbocciare, si ritrova sola, con un esame importante da preparare e solo il ronzio delle api a farle compagnia.
Impulsiva come sempre, Agnese non si arrende e riesce ugualmente a riempirsi le giornate con tutto ciò che non dovrebbe fare… fino a che dalle pagine di un libro non spunta un piccolo dono prezioso: una bustina di semi di Impatiens, la pianta i cui fiori rosa hanno il potere di curare le ferite dell'anima e insegnare l'ascolto e l'armonia.
Abbiamo avuto la splendida opportunità di incontrare Virginia Bramati davanti a un aperitivo, e di chiacchierare con lei del suo nuovo romanzo, appena uscito per Giunti.
Ecco cosa ci ha svelato una delle mie autrici italiane preferite!
Qual è per Agnese il rapporto tra inadeguatezza e adeguatezza?
Agnese ha 19 anni e sta per affrontare gli esami di maturità: l'ho posizionata proprio sull'orlo della vita adulta. Non so se gli esami significano ancora così tanto, ma ho un figlio di quell'età e vedo che gli adolescenti di oggi non sono poi così diversi da quelli del passato.
È sempre un momento di scelte importanti.
Agnese è adeguata in quanto è determinata, vuole fare tante cose e non ha paura di niente.
Ma non sa cosa l'aspetta al termine dell'estate, per cui in questo senso è fragile.
Una mia lettrice ha definito questo libro "innocente e crudele": Agnese fa le cose con l'innocenza di una ragazzina, senza rendersi conto delle conseguenze.
La cosa più bella è stata ricevere due telefonate dalle mie lettrici beta: una mi ha confessato di aver riso come una pazza durante la lettura del romanzo, mentre l'altra ha detto di aver pianto tantissimo perché «le avevo graffiato l'anima». Come se avessero letto due libri diversi con lo stesso titolo, o come se avessero colto in maniera univoca due aspetti che io invece spero di aver intrecciato tra loro. Il libro vuole essere in ogni caso una commedia leggera, con personaggi umoristici, che contiene alcuni momenti di dolore.
Agnese e Adelchi sono entrambi orfani di un genitore, e cercano di sostenersi a vicenda nonostante tutto.
La famiglia di Agnese ha un imprinting molto rigido?
I genitori l'hanno amata tantissimo, ma dopo la morte della madre il padre si è irrigidito nel suo dolore. E poi c'è la zia severa ... che è il compendio di tutte le mie zie.
Io la pressione familiare l'ho avvertita tantissimo, ma come tutti i miei personaggi, Agnese e chi la circonda vive di vita sua.
Anche la struttura di questo romanzo è molto singolare: è come se andassimo all'indietro, invece di andare avanti. Posso chiederti il perchè di questa scelta?
Dipende tutto dalla storia. In principio avevo pensato di organizzare i capitoli seguendo l'ordine cronologico, partendo da quando Agnese arriva col padre a Terzi, nel mese di Gennaio, per arrivare all'estate. In realtà, però, questi primi capitoli più cupi avrebbero dato un'idea sbagliata del romanzo, che fondamentalmente rimane una commedia e vuole essere anche molto divertente.
Anche la copertina è molto solare, e anzi, ho premuto per una copertina estiva.
Mi piaceva che la storia iniziasse al meglio, con la bella stagione e Agnese già un po' pacificata col luogo in cui si trova. Per troppi capitoli saremmo andati avanti in un clima di tristezza, oltre al fatto che Marco Aleardi sarebbe arrivato troppo avanti. Lui compariva già nel mio primo libro e ho sempre pensato che non potevo lasciarlo lì: mi piaceva troppo come personaggio per quanto fosse secondario.
Volevo riproporlo ai lettori, e ci sono riuscita!
È il tuo protagonista maschile preferito in assoluto, o il tuo grande amore è un altro?
Ogni personaggio è un po' il mio preferito, ma Marco era un personaggio che doveva ancora esprimere la sua personalità, al di là del contorno del primo libro. Una persona tormentata e un po' ammaccata dalla vita, di cui volevo raccontare di più.
Visto che hai detto che i tuoi personaggi vivono di vita propria, quando inizia una storia l'hai già ben delineata oppure ti lasci trasportare da loro e non sa dove andrà a finire?
Io mi sono raccontata tutte le mie storie per vent'anni, comprese quelle future che non ho ancora scritto, quindi da questo punto di vista sono tutte già pronte.
Vi racconto come scrivo, così risulterà più chiaro: butto giù i primi capitoli e la fine, prima di tutto il resto. È anche il mio modo di leggere, tra l'altro: anche dei gialli leggo sempre inizio e fine, perché mi affeziono subito ai personaggi, anche quelli minori, e devo vedere se hanno qualche incidente fisico o morale. E perché se poi sono loro gli assassini ci rimango malissimo. Appurato che non sono coinvolti, vado avanti serena a leggere il resto, altrimenti posso anche abbandonare il libro.
Domanda da risposta istintiva: perchè scrivi, Virginia?
Io scrivo perché mi piace leggermi.
Il mio primo libro è rimasto nel cassetto per tanti anni, perché non pensavo affatto di poterlo pubblicare, ma ogni tanto andavo a rileggermelo e magari aggiungevo un pezzettino.
Piaceva a me, e questo mi rendeva felice.
Non avevo il sogno di diventare un'autrice, quindi mi ritengo particolarmente fortunata ad essere qui ora.
Da dove è nata l'idea di parlare di fiori? Perché negli ultimi anni si è parlato tantissimo di linguaggi dei fiori, messaggi dei fiori, potere dei fiori, eccetera.
Come hai approcciato questo tema, magari cercando di essere orginale?
Come ho detto prima, io amo la campagna quindi parlare di fiori mi è venuto molto naturale.
Per questione di gusto e formazione personale difficilmente leggo autori italiani: leggo sopratuttto autori anglosassoni perché mi sono laureata in letteratura angloamericana.
Quello che volevo fare com "Tutta colpa della mia impazienza" era raccontare la campagna, mostrare ai milanesi cosa c'è fuori dalla città...
Ho associato Agnese all'Impatiens perché è un fiore che mi piace molto e che ben si adattava alla sua impazienza. Del resto, quando ho scritto il primo libro sono stata accusata di seguire la moda di parlare di New York, mentre io non avevo la minima idea che esistesse una "moda" al riguardo.
Non leggo volentieri il romanzo al femminile italiano anche perché può accadere che io trovi meravigliosa un'idea e poi mi rimanga dentro, cosa pericolosissima. Lì sì che poi si rischia di copiare! Peggio ancora, penso che un'autrice scriva benissimo e mi chiedo "ma io cosa ci sto a fare qui a scrivere?", e anche i dubbi e le insicurezze sono un campo minato.
Sì, sono una lettrice compulsiva: sono arrivata a leggere "Il senso di Smilla per la neve", libro non facile, in due giorni.
Ha detto che non legge autori italiani. E autrici straniere del suo stesso genere?
Avevo letto, sull'onda del successo, "Il diario di Bridget Jones" e i primi romanzi della Kinsella, ma al di là di quelli non sono sono andata: non mi sono mai data totalmente al chick-lit.
Forse ho scritto il mio primo libro influenzata da quelli, e perché in fondo è il genere di libri più rapido da scrivere. Non amo le lunghe descrizioni e ho dei valori che cerco di trasmettere: non mi piacciono le ragazze che bevono in continuazione e si danno al primo venuto, come succede spesso nei romanzi rosa più alla moda. Io sono una signora "in età" e ho idee che spesso vanno in tutt'altra direzione.
Ha mai pensato di scrivere un altro tipo di libro?
Sì! Grazie di avermi fatto questa domanda, perché adesso posso darvi la risposta che una mia amica mi ha raccomandato di dare in tutte le presentazioni perché così, prima o poi, il mio desiderio potrebbe avverarsi...
Mi piacerebbe scrivere la biografia di Michele Bravi, che ha solo ventidue anni e magari non avrà molto da raccontare, ma il cui percorso musicale mi ha appassionata.
A diciotto anni ha vinto X-Factor con una canzone scritta da Tiziano Ferro, per poi pubblicare il suo primo CD e vederlo andare male. La casa discografica l'ha dato subito per bruciato nel mondo musicale, ma lui ha deciso di prendere una strada diversa, puntando a costruirsi un pubblico attraverso il web. Tre anni dopo si è presentato a Sanremo, arrivando quarto con una canzone meravigliosa, e adesso il suo disco va benissimo. In quattro anni ha vissuto le esperienze che a molti capitano in un arco di tempo più vasto, ed è per questo che mi piacerebbe scrivere la sua biografia.
"Promettimi che non smetteremo mai di stupirci a vicenda" scrive Agnese nella lettera che vuole consegnare al marito il giorno del matrimonio. Come si può vivere in questo modo un amore che duri per tutta la vita?
Non so come sia per gli altri, ma posso dire che io e mio marito (sposati dal 1983), tutto quello che ci è capitato nella vita, anche le cose più drammatiche, le abbiamo prese ridendo, con leggerezza insomma. Con il mutuo sostegno che arriva dal fatto di pensare "io credo in te e ne verremo fuori". Persino quando sembrava che il nostro secondogenito dovesse morire alla nascita riuscivamo a cogliere l'ironia in quello che ci dicevano i dottori, spesso contradditorio e che non rispondeva davvero alle nostre domande. Ci aiutava a non perdere la calma in quella che era una situazione spaventosa.
Grazie a Virginia Bramati e a Giunti per questa bellissima occasione di incontro e di confronto, e sappiate che sono totalmente a favore del progetto Michele Bravi.
Così a favore che, se ancora non avete sentito "Il diario degli errori", potete ascoltarla qui.
Scherzi a parte, "Tutta colpa della mia impazienza" è stata una lettura superpiacevole, divertente e alla quale non mancano le emozioni.
Non fatevelo scappare!
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
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