Ricordate "36 domande per farti innamorare di me" di Vicky Grant? È uscito a San Valentino, ed è uno dei romanzi YA più interessanti che io abbia letto negli ultimi anni: immaginate la mia gioia nello scoprire che avrei potuto incontrare Vicky Grant a Milano, durante la sua visita in Italia!
Hildy ha diciotto anni e frequenta l'ultimo anno di liceo. Di buona famiglia, è una studentessa modello fin troppo rispettosa delle regole.
Paul ha quasi diciannove anni, non ha un lavoro fisso ed è meravigliosamente sfrontato e intrigante. Hildy e Paul non si conoscono e appartengono chiaramente a mondi distanti anni luce. È probabile che non si sarebbero mai incontrati se non avessero deciso di partecipare, ognuno per le proprie ragioni, a un esperimento organizzato dal dipartimento di psicologia dell'università. Una ricerca che si propone di rispondere a un quesito semplice quanto ambizioso: può l'amore - sentimento nobilissimo e raro di cui grondano romanzi, film e canzoni pop - essere "pilotato" se non addirittura costruito a tavolino? Per capirlo, Hildy e Paul (vedi alla voce cavie) dovranno rispondere insieme a un questionario di 36 domande.
Di risposta in risposta, alternando le risate ai pianti e passando attraverso arrabbiature, segreti inconfessabili, bugie, fughe improvvise e ritorni inaspettati potrebbero accorgersi che forse, al di là delle loro evidenti differenze, qualcosa di profondo li unisce. Che si tratti di quella cosa che inizia per A di cui tutti sembrano andare in cerca?
Vi avevo proposto la recensione del romanzo qui, proprio in occasione della festa degli innamorati, ed è stato splendido passare quasi tre ore in compagnia di Vicky Grant e chiacchierare di libri, del Canada, della sua famiglia e di quanto l'abbia ispirata nel creare i suoi personaggi.
Nel tuo romanzo, un ruolo centrale spetta alle 36 domande alle quali Hildy e Paul devono rispondere partecipando allo studio universitario retribuito che li fa incontrare.
Da dove è nata l'idea?
Circa due anni fa ho letto un articolo sul New York Times, su questo studio realizzato negli anni Novanta (il creatore è Arthur Aaron ed era il 1997, ndr), e sull'esperienza personale della giornalista che firmava il pezzo, che partecipando allo studio aveva conosciuto un ragazzo.
All'improvviso, di queste domande si parlava dappertutto, persino in tv.
Ho subito pensato che sarebbe stato un ottimo soggetto per un libro: all'inizio volevo limitarmi alle domande alle risposte, senza i capitoli dedicati al backgound dei protagonisti. Solo dialogo.
Però non funzionava.
Inoltre, una volta finito ho realizzato che era un ottimo spunto per una serie, con una diversa coppia in ogni volume.
Il nome della protagonista, Hildy, non è usuale.
È ispirato a qualcuno in particolare?
In effetti sì. Quando volevo che il mio romanzo fosse fatto interamente di dialoghi, pensavo agli scambi di battute brillanti dei film degli anni Trenta e Quantanta, per esempio quelli con protagonisti Katherine Hepburn o Cary Grant, in cui i protagonisti si stuzzicano e si avvicinano piano piano.
C'era un vecchio film in particolare, "The Front Page" (la versione del 1931, ma c'è un remake girato nel 1974 più facilmente reperibile, ndr), che continuava a venirmi in mente.
Ebbene, quando ho scelto di chiamare la mia protagonista Hildy, mi sono resa conto che era lo stesso nome di uno dei personaggi di quel film.
Il bellissimo Mint Garden Cafè, che ci ha accolti per il nostro aperitivo |
Da dove viene la decisione di parlarne nel tuo libro?
Quando scrivi un romanzo, hai bisogno che nella vita del tuo personaggio succeda qualcosa di terribile, pericoloso o doloroso che sia: nesuno vuole leggere un libro in cui al protagonista va tutto bene. Sin dall'inizio, quando cercavo di scrivere esclusivamente dialoghi, sapevo che il "fatto terribile" non sarebbe stata una sparatoria nel bel mezzo del test, per esempio, ma che il dolore sarebbe venuto da dentro, dal passato dei protagonisti.
Hildy è sicuramente più simile a me (ansia inclusa), rispetto a Paul, e proprio a lei ho regalato quello che è un vero aneddoto della mia vita famigliare.
Quando Hildy commenta una foto del fratello dicendo, senza pensare alle conseguenze, che assomiglia proprio tanto a quello che si scopre essere stato l'amante della madre... ebbene, è successo davvero, nella mia famiglia allargata.
La ragazza ricollega a questo evento la scintilla che ha acceso la miccia, e che ha determinato il divorzio dei genitori, e da lì nasce la sua ansia costante di dover essere sempre perfetta, di doversi prendere cura di tutti, di non poter sbagliare più.
Ho trovato che Paul fosse perfetto per Hildy proprio perchè riesce a farle capire che non è il suo compito far sì che tutto sia perfetto, e che anzi, il fratello è perfettamente in grado di cavarsela da solo se gliene si dà l'opportunità.
Esatto: i genitori di Hildy sono sicuramente arrivati al capolinea, non ho dubbi al riguardo, ma Hildy ha bisogno di capire che non è la fine del mondo. Deve anche imparare ad accettare il fatto che non potrà controllare sempre tutto, e che l'unica possibilità che abbiamo nella vita è quella di essere coraggiosi. Il coraggio è una qualità che dobbiamo davvero coltivare, perchè senza coraggio nulla è possibile.
Ho una curiosità: hai immaginato cosa accadrà a Paul e Hildy, una volta voltata l'ultima pagina?
E soprattutto, il pesciolino più abbandonato della storia sopravviverà (quando si incontrano, Hildy ha appena acquistato un pesciolino per l'acquario del fratello minore Gabe, che dimentica nella stanza del test quando se ne va arrabbiata, e se da lì in avanti se ne prende cura Paul, alla fine del romanzo il povero pesciolino viene abbandonato su un taxi, ndr)?
Ti rassicuro: il pesce sopravvive! Immagino che Lloyd, il tassista, lo porti a casa e se ne occupi, divertito dal modo in cui ne è venuto in possesso.
Per quanto riguarda Paul e Hildy, devo ammettere che non li immagino insieme per sempre, anche perchè sono molto giovani ed è solo il loro primo, grande amore.
Però li immagino crescere: Paul stupirà tutti, diventando una persona importante e un vero uomo dìaffari, mentre Hildy... forse il lavoro giusto per lei sarebbe in un museo, o in un luogo simile.
In ogni modo, anche se non restassero insieme, di sicuro ricorderebbero sempre la loro storia, e sarebbe un ricordo felice.
Quali sono i tuoi romanzi e autori/autrici canadesi preferiti?
Sicuramente uno di loro è "Anna dai capelli rossi", la serie completa.
A volte quando ami un libro da bambino e lo riprendi in mano da adulto resti profondamente deluso, ma "Anna dai capelli rossi" è ancora magico, per me.
Anna affronta ogni tipo di difficoltà, ma non si arrende mai, e ha un modo tutto suo di conquistare il cuore di chi la circonda.
Ho apprezzato moltissimo anche "The Unlikely Hero of Room 13B" di Teresa Toten (letto cinque anni fa, ma è un romanzo per ragazzi, ndr): ci sono tantissime autrici di narrativa per ragazzi e giovani adulti che apprezzo, e che leggo.
E poi Alice Munro, autrice di racconti capaci di catturarmi ogni volta. È favolosa.
Grazie a Mondadori e a Vicky Grant per la bellissima serata insieme, per la conversazione brillante (da cui ho estrapolato per voi le domande legate al libro), per le risate: "36 domande per farti innamorare di me" è un romanzo che consiglio proprio TANTO, soprattutto se non sapete dire di no a un po' di romanticismo ma non volete rinunciare all'ironia e al divertimento.
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3
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