martedì 19 luglio 2016

"L'ultimo parallelo dell'anima" di Pajtim Statovci

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "L'ultimo parallelo dell'anima" di Pajtim Statovci, edito da Frassinelli (rilegato a 18,50€):
Un ragazzo. Un boa reale. Un gatto capriccioso.
Una famiglia, due paesi.
I frammenti di un cuore spezzato.
Uscito in Finlandia nel 2014, "L'ultimo parallelo dell'anima" si sta affermando in tutta Europa come il romanzo rivelazione di un grande talento, che racconta con una prosa immaginifica ed elegante la ricerca di un'identità nell'Europa multietnica di oggi, e i profondi conflitti interiori di un giovane, brillante immigrato, omosessuale, con un passato confuso e un futuro incerto.
Siamo negli anni Ottanta del XX secolo, nella Jugoslavia più arretrata. 
Una giovane donna musulmana è costretta – seguendo riti familiari antichi e feroci – a sposare un uomo che praticamente non ha mai visto prima. 
Nonostante questo, si sforza di essere una buona moglie, ma la vita non fa che metterla di fronte a delusioni e amarezze.
Allo scoppio della guerra, lei, il marito, i figli, decidono di fuggire. Verso il Nord Europa.
Suo figlio crescerà in Finlandia, un paese freddo e livido, dove ci si aspetta che gli immigrati accettino con entusiasmo l'ospitalità che viene loro così generosamente offerta.
È difficile crescere così: strutturalmente emarginati, fisiologicamente subordinati. E se oltre a essere immigrati si è anche omosessuali, le cose peggiorano, e il disagio esistenziale scava l'anima. Per questo il protagonista del romanzo si circonda di figure simboliche, surreali ma profondamente vere: un enorme serpente, e soprattutto un gatto sprezzante e beffardo, che lo condurrà di nuovo in Kosovo, dove tutto era iniziato.

Decisamente singolare e molto, molto raffinato, "L'ultimo parallelo dell'anima" si stacca nettamente dai romanzi mass-market e richiede una certa sensibilità per essere apprezzato fino in fondo.
Ed è stato proprio quest'apparente inaccessibilità a conquistarmi.

Pajtim Statovci racconta due storie in parallelo, a capitoli alterni: quella di un ragazzo disilluso, incapace di vivere appieno e in modo sano la propria omosessualità e decisamente confuso riguardo alle sue stesse aspirazioni, e quella della giovane donna che diventerà, un giorno, sua madre.
E se leggendola vi sembrerà di essere catapultati indietro di chissà quanti decenni, in realtà no: siamo solo negli anni Ottanta, ma nel cuore della Jugoslavia il matrimonio è ancora combinato e le donne non hanno alcuna voce in capitolo sull'argomento.
Abbiamo quindi la possibilità di conoscere la storia dell'uomo e della donna che diventeranno con gli anni i genitori del nostro protagonista, e nel mentre lo vediamo già nel suo presente fatto di acquisti impulsivi come quello di un terrario e di un grosso serpente.
Quale migliore antidoto alla solitudine di un cobra reale che ti si attorciglia attorno al busto?
Grazie a Frassinelli per la copia cartacea del romanzo <3
La prosa di Pajtim Statovci è pulita, chiara e priva di qualsiasi inutile fronzolo, perchè il suo romanzo non ha bisogno di alcun abbellimento.
Mi ha colpita per la sua crudezza, in determinati passaggi, così come per l'inaspettata sensibilità con cui l'autore affronta il tema della solitudine.
Non si tratta solo, a modo suo, di una saga famigliare: è anche un vero e proprio romanzo di formazione, un percorso di crescita e di scoperta di sè.
A questo si lega l'altro tema fondamentale del romanzo, che è quello dell'immigrazione.
Se il paese in cui vivi da quando hai memoria continua a considerarti un ospite nemmeno troppo desiderato, e se la tua patria d'origine ti è completamente sconosciuta, qual è davvero casa tua?
È una domanda molto attuale, che un sacco di giovani si pongono ogni giorno, e trovo fondamentale che si provi a dare loro una risposta ache grazie a romanzi così.

Ho trovato la lettura affascinante anche a causa della mia, ahimè, ignoranza: sapevo molto, molto poco della Jugoslavia e delle sue tradizioni, e soprattutto della sua eredità culturale: l'autore è stato in grado di trasmettere appieno la profondità e l'importanza di queste tradizioni, e l'eredità che ne deriva.
Anche per chi ha lasciato il paese da bambino e vi torna solo una volta adulto (in quella che, ormai, Jugoslavia non è più).

Una voce narrante maschile, omosessuale e piena di incertezze è una grossa scommessa, ma l'autore l'ha vinta regalandoci un protagonista difficile da dimenticare (per non parlare del suo serpente e del gatto. Soprattutto il gatto!).
Mi sento di consigliarlo a chi ama i romanzi un po' particolari, i protagonisti peculiari e le storie fuori dall'ordinario: non vi deluderà!

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

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