mercoledì 13 novembre 2019

"La vita gioca con me" di David Grossman

Uno dei titoli più attesi dell'autunno era, senza dubbio, La vita gioca con me di David Grossman (Mondadori), una storia famigliare fatta di segreti e incomprensioni che, dopo aver marcato irrimediabilmente il passato, vengono svelati nel presente... affinché non siano dimenticati in futuro.


«Tuvia era mio nonno. Vera è mia nonna. Rafael, Rafi, mio padre, e Nina… Nina non c'è. Nina non è qui. È sempre stato questo il suo contributo particolare alla famiglia», annota Ghili nel suo quaderno.
Ma per la festa dei novant'anni di Vera, Nina è tornata; ha preso tre aerei che dall'Artico l'hanno portata al kibbutz, tra l'euforia di sua madre, la rabbia di sua figlia Ghili, e la venerazione immutata di Rafi, l'uomo che ancora, nonostante tutto, quando la vede perde ogni difesa. E questa volta sembra che Nina non abbia intenzione di fuggire via; ha una cosa urgente da comunicare. E una da sapere. Vuole che sua madre le racconti finalmente cosa è successo in Iugoslavia, nella "prima parte" della sua vita, quando, giovane ebrea croata, si è caparbiamente innamorata di MiloŠ, figlio di contadini serbi senza terra. E di quando MiloŠ è stato sbattuto in prigione con l'accusa di essere una spia stalinista. Vuole sapere perché Vera è stata deportata nel campo di rieducazione sull'isola di Goli Otok, abbandonandola all'età di sei anni e mezzo.
Di più, Nina suggerisce di partire alla volta del luogo dell'orrore che ha risucchiato Vera per tre anni e che ha segnato il suo destino e poi quello della giovane Ghili.
Il viaggio di Vera, Nina, Ghili e Rafi a Goli Otok finisce per trasformarsi in una drammatica resa dei conti e rompe il silenzio, risvegliando sentimenti ed emozioni con la violenza della tempesta che si abbatte sulle scogliere dell'isola. Un viaggio catartico affidato alle riprese di una videocamera, dove memoria e oblio si confondono in un'unica testimonianza imperfetta.

Questa, in sintesi estrema, la storia al centro de La vita gioca con me, nuovo romanzo di David Grossman, e come accade con i suoi lavori, la storia è solo un frammento di ciò che l'autore intende raccontare ai suoi lettori.
La storia di Nina, e della madre Vera - alle due donne spetta senza ombra di dubbio un ruolo centrale - , è narrata attraverso un gioco di opposizioni e contrasti: tra passato e presente, tra ricordo e oblìo, tra amore e odio, tra assenza e presenza. Quelle stesse forze contrastanti che non cessano di governare l'animo umano.

 Abbandonata a sei anni dalla madre Vera al campo di rieducazione di Goli Otok, Nina ha avuto un'infanzia difficile e traumatica, e nemmeno il rapporto positivo con il fratellastro adottivo Rafael (Rafi) è riuscito a colmare la voragine che le è rimasta nel cuore. I due hanno avuto una figlia, Ghili, che si è trovata a subire il medesimo abbandono materno quando Nina, incapace di gestire la quotidianità e i sentimenti, ha messo tra se stessa e la famiglia migliaia di chilometri.
Una storia di abbandoni, e di storie che si ripetono, quindi, ma anche di ritorni e cambiamenti: il compleanno di Vera (novant'anni, una data importante), fanno sì che Nina si faccia coraggio e affronti il lungo viaggio dal rigido Artico e torni al kibbutz, suscitando reazioni contrastanti nei membri della famiglia. Se la madre riesce a stento a contenere l'entusiasmo, e Rafi fa fatica (come sempre) a provare qualcosa per Nina che non sia ammirazione, Ghili non perdona.
Per Nina non è facile gestire il rifiuto e la rabbia della figlia, né difendersi dall'eccessiva ammirazione di Rafi, ma la decisione di registrare tutti insieme un documentario per conservare la memoria della vita della nonna rappresenta un punto di svolta.
È la sua occasione di raccontare cosa le sia accaduto in Iugoslavia, spiegare perchè ha sentito di dover lasciare la figlia quando aveva solo sei anni e più di tutto avrebbe avuto bisogno di lei... e per Nina di non perdere i suoi ricordi.
Senza svelare quale sia il vero motivo del suo ritorno, si può però identificare nel ricordo, e nell'importanza della sua conservazione, uno dei temi centrali affrontati dal romanzo.

Che si legge tutto d'un fiato, nonostante racconti una storia dolorosa, a tratti faticosa da assorbire fino in fondo. E che fa ancora una volta riflettere sull'identità, su quanto sia modellata dai ricordi e dalle esperienze, e quanto dall'amore (e dalla sua assenza).
La Nina che prende congedo dai lettori a fine volume è molto diversa da quella che viene loro presentata nei primi capitoli, e il lettore non potrà fare a meno di compiere, intenzionalmente o no, il suo stesso percorso, ritrovandosi, a lettura ultimata, più consapevole. E forse, capace di perdonare.


La vita gioca con me di David Grossman (Mondadori) è in libreria al prezzo di copertina di 21€.

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