Ci sono ritorni attesi, e poi ci sono quelli per i quali il termine "attesa" non sembra sufficiente.
Quello di Kristin Hannah è uno di questi: dopo il successo mondiale di pubblico e critica ottenuto da "L'usignolo", le aspettative per il suo lavoro successivo erano altissime.
E non sono state disattese.
Quando Ernt Allbright torna dalla guerra del Vietnam è un uomo profondamente instabile. Dopo aver perso l'ennesimo posto di lavoro, prende una decisione impulsiva: trasferirsi con tutta la famiglia nella selvaggia Alaska, l'ultima frontiera americana, e cominciare una nuova vita. Sua figlia Leni, tredici anni e protagonista de Il grande inverno (Mondadori), è nel pieno del tumulto adolescenziale: soffre per i continui litigi dei genitori e spera che questo cambiamento porti a tutti un futuro migliore.
Non è entusiasta di lasciare ancora una volta la scuola, perdere altri amici e dover ricominciare da capo, ma è qualcosa a cui ha dovuto abituarsi.
Lo stesso vale per la madre Cora, pronta a fare qualsiasi cosa per l'uomo che ama, anche se questo vuol dire seguirlo in un'avventura sconosciuta. All'inizio l'Alaska sembra la risposta ai problemi di sempre: in un paesino isolato, gli Allbright si uniscono a una comunità di uomini e donne estremamente temprati, fieri di essere autosufficienti in un territorio così ostile e pronti ad aiutarli in ogni modo. Però quando l'inverno avanza e il buio invade ogni cosa, il fragile stato mentale di Ernt peggiora e il delicato equilibrio della famiglia comincia a vacillare. Ora, i tanto temuti pericoli esterni - il ghiaccio, la mancanza di provviste, gli orsi - sembrano nulla in confronto alle minacce che provengono dall'interno del loro nucleo famigliare.
Come si raccontano l'angoscia crescente di una madre disperata e di una moglie rassegnata, o la paura di una figlia che stenta a riconoscere nell'uomo spaventoso che si aggira per casa come una bestia fuori controllo il suo papà? Esattamente così.
Il grande inverno, quello dell'Alaska e delle sue anche diciotto ore di buio al giorno, è protagonista silenzioso e sfondo perfetto per quello che è il culmine della follia distruttiva di un uomo e la lotte di una donna per salvare sua figlia.
La stessa follia che lo rende entusiasta all'inverosimile all'inizio della loro avventura, impegnato in lavori di falegnameria, mentre solo moglie e figlia sembrano rendersi conto davvero della vita a cui stanno andando incontro. Ernt sembra non vedere la sporcizia e non sentire il freddo, sembra pensare solo a quanto quella nuova vita potrebbe cancellare quella precedente.
Scegliere Leni come personaggio centrale permette all'autrice, anche con una narrazione in terza persona, di guidare il lettore lungo il crescendo di follia di Ernt attraverso lo sguardo più ingenuo, fresco e spaventato che ci sia: quello di una figlia.
Persino la neve, che per i bambini è simbolo di gioia e giochi scatenati, per Leni diventa un motivo di paura: la neve, questa neve, copre ogni cosa, è inarrestabile e fredda, molto più fredda di quanto avrebbe mai immaginato. La neve li isola, rendendo la fuga impossibile e quella piccola catapecchia ancora più claustrofobica. Il costante contrasto tra la vastità del territorio circostante e la claustrofobia asfissiante dell'abitazione degli Allbright è uno degli elementi più riusciti del romanzo.
Il grande inverno è un romanzo perfetto, in cui, come in Alaska in inverno, bellezza e pericolo si intrecciano e si fondono fino a diventare una cosa sola.
Una lettura che non delude, e non solo: conquista, coinvolge, appassiona.
Da non perdere.
Il grande inverno di Kristin Hanna (Mondadori) è in libreria.
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