martedì 21 giugno 2016

Chiacchierata con Jennifer Niven su "Raccontami di un giorno perfetto", la scrittura e qualche anticipazione sul film

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata all'intervista fatta insieme ad altri blogger a Jennifer Niven, passata da Milano prima di recarsi a Rimini per Mare di libri (dove ha vinto con il suo "Raccontami di un giorno perfetto", complimenti!):
È una gelida mattina di gennaio quella in cui Theodore Finch decide di salire sulla torre campanaria della scuola per capire come ci si sente a guardare di sotto. L'ultima cosa che si aspetta però è di trovare qualcun altro lassù, in bilico sul cornicione a sei piani d'altezza. Men che meno Violet Markey, una delle ragazze più popolari del liceo. Eppure Finch e Violet si somigliano più di quanto possano immaginare. Sono due anime fragili: lui lotta da anni con la depressione, lei ha visto morire la sorella in un terribile incidente d'auto. È in quel preciso istante che i due ragazzi provano per la prima volta la vertigine che li legherà nei mesi successivi. I giorni, le settimane in cui un progetto scolastico li porterà alla scoperta dei luoghi più bizzarri e sconosciuti del loro Paese e l'amicizia si trasformerà in un amore travolgente, una drammatica corsa contro il tempo. E alla fine di questa corsa, a rimanere indelebile nella memoria sarà l'incanto di una storia d'amore tra due ragazzi che stanno per diventare adulti. Quel genere d'incanto che solo le giornate perfette sono capaci di regalare.

Le abbiamo fatto tante domande quindi preparatevi uno spuntino, e godetevi la lettura!

1) Per prima cosa volevo sapere come era nata l’idea del progetto scolastico che porta Violet e Theodore a visitare i luoghi particolari dello stato dell’Indiana.
Il personaggio di Finch è ispirato a un ragazzo vero, che io ho amato molto, quando vivevo in California e non nell’Indiana come accade nel libro. Lui lavorava per un’agenzia di viaggi e portava la gente in giro per Los Angeles e io lo aiutavo a organizzare questo tipo di Tour. Lo chiamavamo il nostro girovagare, in inglese “wandering” e portavamo i turisti in luoghi insoliti, dove di solito la gente non va, che magari non erano particolarmente significativi ma che in realtà poi per noi sono diventati posti estremamente speciali. Quando ho dovuto pensare da un punto di vista narrativo a cosa fare per unire i due personaggi, sapendo che Violet non avrebbe mai avuto modo di avere a che fare con Finch dopo la scena del campanile dove inaspettatamente è lui che salva lei, ho pensato che questo progetto di classe sulla geografia potesse essere un buon espediente letterario per farli andare in giro insieme in maniera molto naturale.
I monumenti dell’Indiana citati nel romanzo sono tutti reali?
Io sono cresciuta nell’Indiana e non pensavo che ci fosse qualcosa di rilevante lì, come Violet che non trova la regione interessante. Invece, quando ho dovuto fare la ricerca per il romanzo mi sono imbattuta in un libro che si chiama "Weird Indiana", che elenca una serie di posti stranissimi che si trovano in questo stato. Spulciando la lista ne ho scelti alcuni, dove non ero mai stata.
L’unico che ho inventato completamente è la biblioteca mobile che, almeno dove e come l'ho descritta io, non esiste.

2) Puoi dirci qualcosa sul film che stanno per girare dal libro?
Posso dire che inizieremo a girare in autunno, e che ieri notte, arrivando in aereo da Los Angeles, stavo lavorando alla stesura della sceneggiatura e piangevo disperatamente. Avevo nelle cuffie la playlist che mi ero creata appositamente per le scene del film e per fortuna sull'aereo era buio, perciò non mi si vedeva. L’unica altra anticipazione che posso darvi è che speriamo tantissimo di trovare l’attore che farà Finch entro la fine dell’estate.
L’anno scorso si parlava di Nicholas Hoult per il ruolo di Finch.
Stiamo incontrando candidati dallo scorso autunno e ogni volta che ne vedo uno me ne innamoro, per poi innamorarmi di quello successivo, cosa che accade a tutte le produttrici donna. Fortunatamente il regista è un uomo e lavora a livello mentale. Stiamo vagliando sia attori famosi che poco conosciuti e probabilmente sceglieremo un volto non noto, perché vorremmo che diventasse davvero Finch agli occhi del pubblico.
La protagonista femminile è già stata trovata?
Sì, la presenza di Elle Fanning è confermata anche se la cosa mi fa un po’ di paura, perché lei era già stata contattata due anni fa. Ora la cosa sta andando un po’ per le lunghe e c’è sempre la paura che si stacchi dal progetto, ma penso che non accadrà e ne sono felicissima.

3) Visto che è passato un po’ di tempo da quando hai pubblicato il romanzo, in cui si tratta di un tema molto delicato come è il suicidio, ha avuto modo di fare un po’ un bilancio della risposta che ha avuto sia da parte dei giovani che da parte del pubblico adulto?
Le risposte sono state numerosissime e quasi tutte positive, al punto che mi hanno quasi sopraffatta. Ci sono state solo alcune reazioni negative, soprattutto da parte di adulti che inizialmente hanno preso parola per dire che secondo loro i teenager non dovevano essere sottoposti a questo genere di tematiche perché era troppo presto per loro. Hanno anche detto che secondo loro gli adulti dentro il romanzo erano estremamente negligenti. Purtroppo la mia esperienza personale e anche le impressioni, le risposte, i contatti avuti con il pubblico più giovane confermano che le cose stanno così. I ragazzi si sentono spesso non ascoltati, non visti dai propri genitori o comunque dagli adulti che hanno intorno, mentre il libro è diventato per loro un amico, un punto di riferimento, e in alcuni casi è stato anche un’ancora di salvataggio.
Nel libro i genitori appaiono impreparati di fronte ai problemi dei ragazzi. Non è anche un problema di differenza tra la malattia fisica e quella psichica, nel senso che per molti genitori può essere assai più difficile comprendere un problema psichico di un adolescente piuttosto che una malattia "fisica", diagnosticabile più facilmente?
Sicuramente è così. Nel caso dei genitori di Finch vediamo che sono due persone molto concentrate su se stesse. La madre è fortemente esaurita e del tutto assente sul piano emotivo nel rapporto con il figlio, mentre il padre è a sua volta una personalità bipolare, perciò è probabile che abbia trasmesso questo al figlio. È più semplice, e lo dice anche il ragazzo nel romanzo, avere a che fare con un dolore fisico piuttosto che con un disturbo della psiche, anche perché spessissimo c’è un senso di vergogna ad accompagnare un problema non visibile.
Direi che questo è uno stigma sociale che dovrebbe scomparire.
Oltre al suicidio, che è il tema fondante del libro, mi sembra difficile parlare anche di un lutto subito molto presto nella vita, così che si ha davanti un tempo lunghissimo per convivere con il dolore. Consideri equivalente la difficoltà e la profondità dei due temi?
Suicidio e perdita qui sono complementari e funzionano insieme allo stesso modo: come vediamo Finch arrancare per restare aggrappato alla vita, incredulo di fronte al fatto che il mondo continui comunque a girare, la stessa cosa la può avvertire chi subisce una grossa perdita, e si chiede come andare avanti. Sono due punti di vista che a un certo punto coincidono per i due personaggi principali, che per questo si legano uno all’altra.
Credo sia molto importante parlare del lutto e della perdita con i ragazzi, perché molto spesso si tratta di emozioni fortissime che loro non hanno mai provato e se si trovano a doverle gestire non hanno gli strumenti per farlo. È qualcosa che ti ribalta la vita, ma che senza strumenti e risposte è molto difficile affrontare e superare.
L’aumento dei suicidi tra gli adolescenti può dipendere in parte anche da un progressivo allontanamento da parte dei genitori, negligenti o anche solo troppo impegnati?
Questa domanda è molto interessante e io rispondo riferendo quello che mi sento dire dai miei lettori. Loro mi dicono che oggi i genitori non li ascoltano e non hanno mai tempo per loro. Allo stesso tempo, i ragazzi non vogliono dare preoccupazioni ai genitori: hanno paura di sentirsi sminuire o di essere considerati iperemotivi. Invece è importantissimo parlare e sentirsi ascoltati.
Forse i ragazzi hanno bisogno di tempo, in questa vita che ormai va troppo veloce per tutti.
Sembrano i più dinamici, ma in realtà sono molto stressati.
Non c’è forse una necessità di fermarsi un po’?
Non è questo che vogliono fare Violet e Finch guardando il mondo dall’alto della torre campanaria della scuola?
Sì, è molto bella quest’immagine: il mondo da lassù continua a girare molto in fretta. I genitori sono spesso così stressati e sovraccarichi di lavoro da risultare incomprensibili ai figli.
Quello che i due ragazzi fanno è proprio cercare di prendersi del tempo.
Chiudendo il discorso sui genitori, credi che quelli di Finch avranno imparato qualcosa alla fine della storia?
Penso che non abbiano la capacità di comprendere quanto sono stati negligenti e quanto sono stati irresponsabili nei confronti di tutti i loro figli. Si tratta di un’incapacità di accettare una parte di sé, e quindi di una necessità di respingerla.

4) Amavi scrivere già da piccola oppure è una passione nata all’improvviso?
Ho sempre amato scrivere, per me è una delle cose più belle in assoluto.
Anche mia madre era una scrittrice e mi ha insegnato a trovare le storie ovunque.
Mi ha anche mostrato quanto coraggio ci voglia, e quanto faccia paura scrivere, e quanto stress comporti, per cui per un certo periodo ho anche pensato “non scriverò mai” e invece, come sapete benissimo tutti voi che scrivete, è qualcosa da cui non si può mai sfuggire: bisogna scrivere.

5) Mi hanno colpita molto i riferimenti a Cesare Pavese e a Virginia Woolf all’interno del libro, perché sono due fari culturali internazionali: per quanto il mondo dei protagonisti appaia ristretto, le citazioni di questi autori ampliano il respiro del racconto. Volevo sapere se questi autori hanno ispirato anche te, a prescindere da questo libro.
È buffo, perché spesso mi hanno chiesto se avessi una connessione forte con Virginia Woolf e se fosse una mia autrice di riferimento, ma devo confessare che non sono mai stata una sua grande fan. Anzi, direi che l’apprezzo di più dopo aver lavorato a questo libro.
Tutto è nato da un regalo che mi è stato fatto da un amico, un libro che conteneva le lettere scritte prima del suicidio da personaggi famosi, e lì ho proprio imparato ad apprezzare le storie e i personaggi  della Woolf e in particolare di Pavese, e in seguito i loro lavori: è quello che sta succedendo adesso in varie parti del mondo dove alcuni lettori di "Raccontami di un giorno perfetto", che probabilmente non avrebbero mai conosciuto questi scrittori, improvvisamente si scoprono interessati: vogliono saperne di più e imparano ad apprezzarli.
Nella formazione di un adolescente di solito ci sono dei libri importanti, di cui ci si ricorda anche in seguito. Quali sono stati i tuoi autori di riferimento?
Flannery O’Connor è per me sempre una delle autrici più importanti, poi Shirley Jackson, Ray Bradbury. Da ragazza leggevo prevalentemente classici.
Scrivevo racconti e inizialmente tutti i miei tentativi letterari erano delle pessime imitazioni di Ray Bradbury.
Un altro libro per me ancora fondamentale è "A sangue freddo" di Truman Capote: sono tutti topoi letterari che rivisito spessissimo, anche perché mi rendo conto che col tempo continuo a convergere sempre di più verso i classici, come le sorelle Brontë oppure Oscar Wilde.
Che libri consiglieresti invece agli adolescenti di oggi?
Jandy Nelson (il suo "Ti darò il sole" è appena uscito per Rizzoli, ndr) è sicuramente la mia scrittrice preferita in questo momento e un altro autore che amo moltissimo, anche come persona, è David Leviathan, che conosco bene.
Sono davvero felice di far parte di questo mondo, che trovo ipercreativo, coraggioso e baldanzoso.
Grazie a Jennifer Niven per aver autografato la mia copia
del romanzo <3
6) Com’è stato scrivere una storia così profonda?
È stata una sfida e non sapevo se ci sarei riuscita realmente, perché in effetti si trattava di una storia estremamente personale e non sapevo nemmeno se dal punto di vista emotivo avrei avuto voglia di rivivere la situazione.
Mi sono detta “ci provo, scrivo il primo capitolo e se funziona vado avanti, altrimenti mi fermo e nessuno lo saprà mai”, ma alla fine il percorso si è rivelato estremamente catartico.

7) Hai degli aneddoti particolari da raccontare sulla pubblicazione del libro?
Sì! Quando ho iniziato a scrivere per la prima volta un libro, molto tempo fa, in realtà avevo solo l’idea da cui partire e ho provato a mandare delle lettere ad agenti letterari per vedere se quest’idea poteva funzionare. Molti mi hanno risposto dicendo che era un’idea bellissima, ma avrebbero voluto leggere il libro, che però non esisteva ancora.
Potreste pensare che io abbia imparato la lezione, ma non è stato così.
Quindici anni dopo, quando il mio agente letterario è morto improvvisamente, mi sono trovata nella condizione di cercarne un altro, e di nuovo ho scritto delle lettere esponendo un mio progetto, che era la storia che poi ho sviluppato in "Raccontami di un giorno perfetto". Tutti erano interessati ma io non avevo ancora il libro: evidentemente non avevo imparato nulla dalla prima volta.

8) Pensi mai di tornare a scrivere anche per gli adulti?
Non voglio dire che non tornerò alla letteratura per adulti, però senz’altro, se lo volessi fare, manterrei come mio rifugio il genere Young Adult, perché qui mi sento veramente a casa.
Adoro scrivere per i ragazzi, non solo per il pubblico ma per tutte le persone coinvolte in questo mondo: gli editori, i blogger, i librai in questo ambiente dimostrano uno slancio e un entusiasmo che raramente ho trovato nell’ambito della letteratura più “alta”.

9) Ci può dire qualcosa di "Holding Up The Universe", che uscirà negli Stati Uniti a Ottobre? 
In particolare, pensi di essere cresciuta, come persona e come autrice?
Mi sento sicuramente cresciuta. Questo sarà il mio nono libro e guardandomi indietro vedo come ho scritto in passato:da un lato riscriverei tutti i libri precedenti, ma dall’altro li lascerei perché mi rappresentano com’ero in quel momento.
Sto vedendo che il mio stile tende a raffinarsi e ad armonizzarsi.
È anche cambiato l'ambiente in cui scrivo: non sono mai stata abituata a scrivere con una musica di sottofondo perché mi ha sempre distratto, invece in questo caso l’ho fatto e avvertito un senso di libertà mai provato prima, che mi ha reso felice e di cui sono rimasta sorpresa.
Sono contentissima ma un po’ nervosa perché si tratta di un libro molto diverso da "Raccontami di un giorno perfetto", nel cui mondo sono rimasta immersa per tanti anni.
Adesso mi ritrovo in un mondo diverso, e mi sembra ancora strano parlare dei personaggi Libby e Jack, anche se spero che anche questi personaggi riescano a suscitare una risposta nei lettori.
Ha in mente qualcuno che potrebbe interpretare Jack e Libby in un film?
Non è stato ancora fatto un casting per questo libro.
L’agente cinematografico ha in mano il romanzo in questo momento, ma non si è ancora discusso del fatto che se ne possa fare un film, anche se sicuramente, in quel caso, sarebbe un film molto divertente.

E su una nota divertente vi lascio, sperando che la nostra chiacchierata vi sia piaciuta!
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

4 commenti:

  1. Mi è piaciuta molto la domanda sui genitori (tra le altre). E devo dire che queste domande hanno aggiunto piccoli tasselli alla storia di Finch e Violet!

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  2. Bellissima intervista!! Mi piace troppo quest'autrice. Elisa non sai quanto ti invidio per la copia autografata :')

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  3. Non sapevo avessero già bloccato Elle Fanning, come sono contenta!

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