giovedì 29 ottobre 2015

Chiacchierata con Mary Kubica, tra Campari e nuove sfide

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a BookCity, e in particolare all'evento organizzato da Harper Collins Italia che, nel contesto di un panel sul thriller al femminile, ha permesso a noi lettori di incontrare Mary Kubica. Una delle autrici-rivelazione degli ultimi anni, e di cui è da poco uscito in Italia il secondo romanzo, "La sconosciuta".
Volete saperne di più sul libro? Vi rimando alla recensione spoiler-free.
Qui vi propongo l'intervista che ho potuto fare a Mary Kubica dopo il panel, di cui voglio parlarvi nel dettaglio in separata sede perché sono emersi tantissimi spunti di riflessione che sarebbe un peccato non approfondire.

1) Ho seguito la tua carriera fin da quando è uscito in Italia il tuo primo romanzo, "Una brava ragazza", e devo dirtelo: prima di esso non mi ero mai avvicinata a thriller psicologici, e invece il tuo libro mi ha fatto apprezzare il genere.
Grazie davvero, è il complimento migliore che potresti farmi!

2) Parlando invece di "La sconosciuta", quello che il lettore può apprezzare fin dall'inizio del romanzo è come tu abbia tracciato tre diversi percorsi su piani temporali distinti, e su essi costruito tre differenti storyline, ognuna caratterizzata da un senso crescente di tensione.
E' un meccanismo inusuale, e mi chiedevo se sia stata una scelta precisa fin dall'inizio, o se la storia si sia in un certo qual modo sviluppata così durante la creazione.
Quando ho iniziato a elaborare la storia, avevo solo le voci alternate di Heidi e Chris.
Sapevo che la storia di Willow sarebbe stata raccontata, ma pensavo che Heidi e/o Chris l'avrebbero scoperta in qualche modo per conto loro, anche se ancora non sapevo come questo sarebbe accaduto.
Magari avrebbero indagato su di lei, o fatto delle ricerche sulle origini della ragazza.
Ho iniziato a scrivere il libro alternando le voci di Heidi e Chris, ed è stato solo arrivata a un terzo del romanzo che ho sentito dentro di me che Willow aveva bisogno di raccontare da sola la sua storia, che l'avrebbe fatto meglio. Sarebbe arrivata di più al lettore, magari anche a livello personale, soprattutto perché ci sarebbero stati i suoi pensieri, le sue emozioni.
Ho quindi accantonato la coppia, e scritto la storia di Willow dall'inizio alla fine, per scoprire anch'io chi fosse, che passato avesse avuto. Solo allora ho intrecciato i due lavori e portato avanti ciò che avevo messo da parte.
In questo modo sei potuta entrare nella testa e nel cuore di Willow.
Assolutamente, e credo che il suo sia il personaggio che entra maggiormente nel cuore dei lettori.

3) Io adoro Willow, ma devo ammetterlo: il mio personaggio preferito è quello di Matthew. Non so se te lo dicono spesso, ma ho trovato splendido il gioco suo e di Willow della condivisione di curiosità sulla natura, che ci accompagna fino alla fine. Trovo molto bello che di fatto tu non metta un punto fermo ai loro rapporti, lasciandoci nel dubbio e, forse, anche speranzosi.
Questo mi fa chiedere: hai pensato a cosa succede ai tuoi personaggi dopo la parole FINE?
Certo che sì, è una cosa che ho fatto per entrambi i libri.
Quello che ho voluto fare con "La sconosciuta"è di avere, anche in un contesto cupo, un finale con una nota di speranza. Le vite dei personaggi possono migliorare, tutte quante.
Non ci penso con la stessa intensità con cui penso alla parte di storia che racconto nel romanzo, ma di tanto in tanto mi soffermo a rifletterci sopra.

4) Forse è perché sei tu stessa una donna, e quindi sei in un certo modo portata a scrivere di personaggi che sono almeno in parte come te, ma nei tuoi romanzi il palcoscenico spetta (quasi) sempre a protagoniste femminili. Hai mai pensato di scrivere qualcosa in cui tutti i personaggi fossero davvero altro da te, ad esempio descrivere un universo interamente maschile, o magari popolato di personaggi molto più giovani di te?
Nel mio prossimo romanzo ("Don't you cry", esce in America a maggio 2016) i protagonisti sono decisamente più giovani di me: io ho 37 anni e loro hanno 23 e 18 anni. La loro vita è molto diversa dalla mia, soprattutto quella della ragazza, anche se lei è in qualche modo simile a com'ero io alla sua età.
Ho dovuto comunque staccarmi leggermente dalla mia vita per riflettere su come sia avere 23 anni o 18. In particolare per il diciottenne, che è anche un ragazzo, quindi proprio un altro universo rispetto a me.
Sicuramente, ogni volta che inizio a pensare a un personaggio, è un pensare a qualcosa di diverso da me, donna o uomo che sia, di qualsiasi età.
Puoi anticipare altro del tuo nuovo lavoro? Mi hai incuriosita!
Certo. E' un thriller psicologico: si parla di una ragazza di 23 anni che vive il dramma della sparizione improvvisa della coinquilina. In parallelo, a settanta miglia di distanza, un ragazzo di 18 anni vede l'arrivo di questa donna misteriosa nella sua città. Ho voluto giocare con il binomio scomparsa/comparsa, e spero di poter presto dire qualcosa di più.

5) E allora parliamo di te, adesso, e della tua esperienza di scrittrice ma non solo. Molti autori contemporanei hanno rivelato nelle loro interviste di essere diventati forti lettori solo dopo aver iniziato a scrivere. E' stato così anche per te, oppure sei una lettrice che un giorno ha avuto un'idea e ha deciso di iniziare a scrivere?
Io nasco lettrice, se possiamo dire così. Fin da quando ho memoria, da quando ero una bambina, ho sempre amato leggere, ma non pensavo di avere una storia dentro di me da voler raccontare. Per me esisteva solo la lettura. E' stato solo crescendo che la mia immaginazione si è messa in moto, e ho iniziato a trovarmi con questi spunti, queste idee che volevo trasferire sulla carta.
Credo di aver avuto 11, forse 12 anni la prima volta che ho effettivamente scritto qualcosa di mio.

6) La tua immaginazione è molto cinematografica, almeno secondo me. Ci sono parti del tuo romanzo che sembrano uscite da una sceneggiatura, in cui inquadri lo spazio, i personaggi, e la loro posizione in esso con grande precisione e ricchezza di dettagli. Hai mai pensato ad alcune scene del tuo libro in forma cinematografica?
Lo faccio sempre! E' bellissimo che tu lo abbia notato! Lo considero un esercizio di visualizzazione: cerco di mettere a fuoco la scena, immergendomici, e questo mi permette di mettere a fuoco quei piccoli dettagli dell'ambiente che voglio inserire nella scena per renderla più realistica.
Lo faccio anche nella vita di ogni giorno, ad esempio quando passeggio: sono sempre molto consapevole dell'ambiente circostante, e prendo nota di ciò che mi colpisce per poi, eventualmente, inserirlo nella mia storia.

7) Non posso evitare di chiederti, a questo punto, se ti piacerebbe vedere un tuo libro portato sul grande schermo. Molti autori sono decisamente contrari, mentre per altri è fonte di grande eccitazione ed entusiasmo. Qual è la tua posizione al riguardo?
Io credo che sia eccitante, anche se sono consapevole di quanto a volte i film risultino diversi dai libri da cui sono tratti. Questo perché la storia viene modificata durante la stesura della sceneggiatura, a volte con esiti positivi e a volte meno.
Ovviamente l'idea che il mio libro possa essere stravolto mi rende nervosa, ma non posso non riconoscere che il film è sempre un ottimo mezzo di promozione per il libro.
In genere chi vede il film e lo apprezza va poi a leggere il libro da cui è tratto, quindi io in linea di massima sono a favore.
C'è poi l'idea generale che "il libro è meglio", quindi anche chi magari non l'avrebbe acquistato pensa "se il film è così bello, chissà il libro!" e va a procurarselo.
E' vero, l'abbiamo detto tutti almeno una volta "il libro è meglio". Io di sicuro!

8) L'ultima domanda è un consiglio per i miei lettori: se tu dovessi suggerire un thriller (o un thriller psicologico) a qualcuno che non è un fan del genere o che semplicemente non lo conosce, cosa proporresti?
Questo mi viene in mente subito: "Before I go to sleep" di S. J. Watson (è uscito nel 2011 in America: in italiano è "Non ti addormentare", ndr).
L'ho adorato. E' così intelligente, così ben scritto, e il finale mi ha colta di sorpresa.
Anche il libro successivo è splendido (in italiano "Io non ti conosco", ndr).
Mary Kubica è stata così gentile da autografarmi anche
la copia di "Una brava ragazza", oltre a questa <3
Che dire se non che devo assolutamente procurarmi i due romanzi di S.J. Watson, e che spero che l'intervista vi sia piaciuta?
Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

1 commento:

  1. Intervista molto bella Eli! Intento perché sei riuscita a strapparle qualche commento sul suo prossimo lavoro e questo è ottimo e poi perché si percepisce una sintonia tra te e l'autrice!!!
    Anche io trovo il suo modo di scrivere molto cinematografico
    Un bacione

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