domenica 13 settembre 2015

"La strada stretta verso il profondo Nord" di Richard Flanagan

Buongiorno a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
La chiacchiera librosa di oggi è dedicata a "La strada stretta verso il profondo Nord" di Richard Flanagan, edito da Bompiani (brossurato a 20€):
Dorrigo Evans, medico di origine tasmaniana, è stato deportato in un campo di prigionia giapponese dove, insieme a molti connazionali, viene impiegato nella costruzione della Ferrovia della Morte, la linea ferroviaria tra Bangkok e la Birmania che avrebbe dovuto permettere all’esercito nipponico d’invadere l’India. Un’impresa sovrumana, che costerà la vita a centinaia di migliaia di uomini. Dorrigo fa il possibile per salvare i suoi compagni dalla fame, dalle malattie e dalle violenze delle guardie. A sostenerlo il ricordo di una fugace storia d’amore, vissuta anni prima con la giovane moglie di suo zio. Una manciata di giorni che vale una vita. Una promessa mai pronunciata.
"La strada stretta verso il profondo Nord" è una storia epica d’amore e morte, disperazione e speranza, e Richard Flanagan, con una lingua densa e uno stile superbo, riesce a toccare tutte le corde dell’animo umano, avvolgendo il lettore con una storia sorprendente, dolorosa e di tremenda bellezza.

Da dove iniziare, per parlare di questo romanzo a dir poco travolgente?
Forse dalla guerra, di cui Flanagan racconta una delle pagine più disperate.
O forse da Dorrigo, che vive per Amy e per il ricordo del loro amore passionale e fugace.

Molto è stato scritto sui campi di sterminio tedeschi, e ogni anno puntualmente esce qualche nuovo romanzo ambientato in uno dei teatri dell'ecatombe per mano nazista.
Ma Flanagan ci parla invece del Giappone, e di un ideale di trionfo e superiorità fondati sul sacrificio che è costato centinaia di migliaia di vite umane.
Teatro della parentesi più dolorosa e significativa della vita di Dorrigo Evans è infatti un campo di prigionia giapponese, dove insieme a migliaia di australiani viene costretto a lavorare a un progetto folle e disperato: la costruzione della ferrovia che andrà da Bangkok alla Birmania (il cui scopo era l'invasione dell'India, almeno nei folli progetti originari).

Il romanzo si apre su un Dorrigo ragazzino, salta a un Dorrigo di mezza età che ripensa alla sua giovinezza, ci catapulta in un infernale campo di prigionia e poi ci riporta di nuovo a Amy: la narrazione procede tra salti nel tempo e tra i ricordi, ogni capitolo legato al precedente e al successivo con una maestria tale da rasentare la perfezione.
E' molto difficile ottenere un romanzo fluido quando la narrazione procede in modo così apparentemente disordinato, ma Flanagan ci riesce, catturando la nostra attenzione e non lasciandoci andare fino alla fine.

La storia di Dorrigo non è quella di un eroe, anzi: Dorrigo non è particolarmente bello; è un chirurgo ma non arriverà mai ad essere un vero e proprio luminare del settore; il suo matrimonio sarà privo di amore e di tenerezza, e questo si riverserà anche sul suo rapporto con i figli.
Dorrigo è un uomo qualunque, pieno di difetti e vittima dei suoi stessi errori e delle sue stesse debolezze, più che del mondo circostante.
Il sollievo e la gioia per essere sopravvissuto saranno sempre in guerra con il senso di colpa nei confronti dei compagni che non è riuscito a salvare, in un feroce conflitto interiore che lo accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni.

La scelta più coraggiosa di Flanagan, però, non è quella di scegliere come eroe un uomo che di eroico ha ben poco, no.
La scelta più coraggiosa è quella di dare spazio al nemico, perché sarebbe stato fin troppo facile limitarsi a dipingere i giapponesi come un "lupo cattivo".
Flanagan invece li porta uno per uno davanti al lettore, dando spazio ai loro ricordi, alla loro percezione del mondo, e alla società e alla cultura di cui sono frutto.
E' impossibile giustificarne le atrocità, ma di sicuro è possibile comprenderne l'umanità.
Ho trovato angosciante lo sconforto e lo smarrimento di uno degli ufficiali che, in seguito ai processi per crimini di guerra e alla condanna all'impiccagione, realizza che l'imperatore, il "dio" per il volere del quale lui ha ucciso ripetutamente, resterà al suo posto mentre lui morirà.
Alla fine sarà solo una questione di soldi e convenienze politiche, e l'uomo (perché non è più un dio, nemmeno ai suoi occhi) che ha ordinato i massacri resterà nel suo palazzo, lasciando che le colpe vengano pagate da loro, i suoi fedeli servitori.
E' un atto degno di un Dio, questo?
Questa è la condanna vera, non l'impiccagione: vedere tutte le tue certezze, gli ideali che ti hanno forgiato e accompagnato per una vita intera, ridursi a mera polvere.

Il filo conduttore della storia di Dorrigo è sicuramente l'amore per Amy, la giovane moglie dello zio Keith. Un amore al quale sono dedicati gli unici pensieri dolci, teneri e passionali della vita dell'uomo, un amore per il quale si può sopravvivere alla malaria, alla denutrizione, alle piaghe.
Lui e la donna si incontrano, si perdono, si ritrovano a più riprese nel corso degli anni, in un turbinio di attrazione, passione e sogni evanescenti di un futuro insieme.
Ma amore a parte, in questo romanzo ci sono descrizioni decisamente crude degli orrori della prigionia, di cui proprio non è possibile parlare con poesia e svenevolezza.
Mi risulta davvero difficile definire questo romanzo, incasellarlo in uno scaffale e dargli un'etichetta.
E' una storia d'amore? Assolutamente sì: è impossibile separare la storia di Dorrigo dal suo amore per Amy, dalla prima all'ultima pagina. Amy è già lì che lo aspetta, ancora prima di conoscerlo.
O è invece un romanzo sulla guerra, e di condanna?
La guerra occupa più di metà delle pagine, e non riguarda solo Dorrigo.
Riguarda Darky Gardiner, Bonox Baker, Sheephead Morton, Tiny Middleton, Rabbit Hendricks, Jimmy Bigelow: chi sopravvive, chi no.
Rappresentano una generazione distrutta che passerà il resto della vita (se ne avrà una) a chiedersi, in fondo, per che cosa ha effettivamente combattuto.
Sogni spezzati, vite a metà o vissute a mille all'ora, cercando di seppellire sempre più a fondo orrori che nessuno dovrebbe vedere e urla che nessuno dovrebbe sentire.

E' un romanzo unico e straordinario, a cui darei la sesta stella su cinque se si potesse.
Consigliatissimo e promosso che più promosso non si può.

Un bacio a tutte, fanciulle (e fanciulli)!
A presto <3

3 commenti:

  1. Dalla tua recensione emerge chiaramente la complessità di questo libro, di sicuro non si tratta di una lettura semplice da digerire! In ogni caso la storia mi incuriosisce, pur non essendo leggera ( ogni tanto ci vogliono libri più corposi per spezzare)! Interessante, se riesco a trovarlo su Libraccio ci farò un penserino :)

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    1. È davvero un mattoncino, e a tratti mette un po' di angoscia (soprattutto pensando che è fiction fino a un certo punto visto che quegli orrori sono successi davvero...) però è scritto talmente bene che le pagine sono volate <3
      Ora passo a sbirciare per bene le novità del lunedì, l'ho aperto dal cellulare ma voglio dirti cosa mi interessa di più <3

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  2. Se tu gli daresti sei stelle su cinque deve essere veramente un capolavoro!!! Bella recensione, molto sentita!
    Un abbraccio

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